Materiali polimerici: scoperto un metodo di calcolo per predirne i comportamenti durante la deformazione
Grazie a una collaborazione tra ricercatori dell’Università di Pisa e di enti di ricerca statunitensi, è stato scoperto un metodo di calcolo in grado di predire su quali tempi si riorganizza un materiale polimerico se sottoposto a deformazioni continue. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Advances con il titolo “Predictive relation for the alpha-relaxation time of a coarse-grained polymer melt under steady shear”, permetterà un miglior controllo di processi industriali di grande rilievo, quali l'estrusione di materie plastiche e la stampa 3D, la cui comprensione teorica è stata finora assai limitata.
Frutto di indagini condotte tramite simulazioni numeriche, la ricerca è stata condotta grazie anche al decisivo supporto dell'IT Center dell’Università di Pisa e vede come primo autore e co-autore corrispondente Andrea Giuntoli, dottorato nel 2018 presso UniPi e come secondo autore Francesco Puosi, anche lui dottorato presso UniPi, e attualmente attivo presso la sezione di Pisa dell’INFN e il Dipartimento di Fisica grazie ad una fellowship Marie Sklodowska-Curie, e Dino Leporini, professore associato del dipartimento di Fisica.
Nella foto, da sinistra, Dino Leporini, Andrea Giuntoli e Francesco Puosi.
“Il contributo pisano è stato duplice – spiega il professor Leporini – Il primo è stato segnalare il ruolo dell'elasticità nei processi di riorganizzazione molecolare quando il mezzo polimerico è sotto deformazione. Tale ruolo era stato in precedenza già notato dal mio gruppo di ricerca in sistemi non deformati. Il secondo è stato procedere alla messa a punto del codice numerico grazie all'IT center dell’Ateneo. Questo step preliminare ha garantito la piena efficienza delle simulazioni effettuate utilizzando i mezzi di calcolo messi successivamente a disposizione dal NIST, il National Institute of Standards and Technology (Maryland, USA), altro partner dello studio”.
La ricerca si è interessata ai fluidi non-newtoniani in cui la viscosità dipende dalla velocità di deformazione del sistema: “Tutti i sistemi sotto deformazione o scorrimento sono stati della materia pilotati fuori equilibrio da un’azione esterna – continua Giuntoli – La comprensione microscopica, e non fenomenologica, di questi stati è ancora molto scarsa. Vista la loro importanza tecnologica, il nostro studio si è occupato in particolare di polimeri, fluidi non-newtoniani per eccellenza, che si caratterizzano anche per l'eterogeneità della loro dinamica, variabile da punto a punto. L'indagine è riuscita a identificare una relazione tra le proprietà del polimero grazie alla quale possiamo predire la sua fluidità molecolare per una data velocità di deformazione o scorrimento”.
Uno dei campi in cui il controllo del comportamento sotto deformazione è fondamentale è certamente quello della stampa 3D, o manifattura additiva, utilizzata anche durante l'emergenza Coronavirus per produrre valvole per respiratori: “La stampante 3D realizza manufatti in tre dimensioni depositando nuovo materiale strato su strato – conclude Puosi – Per i polimeri la deposizione avviene tramite l'estrusione del materiale da un ugello riscaldato che lo rende altamente fluido. La stampante sposta la testa di estrusione, appoggiando il materiale fuso in punti precisi, dove si raffredda e si solidifica (come una pistola per colla a caldo molto precisa). Al termine di uno strato, la piattaforma di creazione si sposta verso il basso e il processo si ripete fino al completamento dell'intero manufatto”.
Gli enti coinvolti nella ricerca sono l’Istituto per i Processi Chimico-Fisici del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IPCF-CNR) di Pisa, Materials Science and Engineering Division, National Institute of Standards and Technology, Gaithersbug, Maryland, USA, Department of Physics, Wesleyan University, Middletown, Connecticut, USA.
Avviso di fabbisogno interno per le esigenze del progetto di ricerca “Copy-editing di manoscritti da sottomettere per la pubblicazione di materiale scientifico”.
Avviso di fabbisogno interno per traduzione di saggio presso il dipartimento di civiltà e forme del sapere
L’Ateneo sostiene l’appello della Rete delle Università per la Sostenibilità
Nella situazione attuale, condizionata dall’emergenza Covid-19, la Rete delle Università per la Sostenibilità (RUS) della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) ha prodotto una lettera aperta per stimolare l’impegno da parte di tutta la comunità accademica a realizzare gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Anche l’Ateneo di Pisa sostiene l’appello e invita tutta la comunità universitaria a leggerlo e a condividere e sostenere le politiche legate a questi temi.
Dal 2017 l’Università di Pisa aderisce alla RUS e nel corso di questi anni ha reso più visibile, sistematico e concreto il proprio contributo in materia di educazione e promozione della Sostenibilità in riferimento ai 17 obiettivi
(Sustainable Development Goals SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Attualmente alcuni rappresentanti del corpo docente dell’Ateneo partecipano attivamente ai sette gruppi di lavoro della RUS e coordinano quello sul Cibo.
L’Ateneo ha inoltre inserito il riferimento alla Sostenibilità nel proprio Statuto ed ha istituito una Commissione di Sostenibilità di Ateneo, costituita da rappresentanti del personale docente e tecnico-amministrativo e degli studenti. Sono compiti della Commissione la redazione di un Piano di Sostenibilità per l’Ateneo e la promozione di azioni concrete per l’attuazione dell’Agenda 2030, sia all’interno della comunità universitaria sia rivolte alla cittadinanza e alle imprese del territorio.
Nasce "APPunti di Innovazione", il podcast a cura del Contamination Lab Pisa
Nei giorni dell'emergenza coronavirus l'Università di Pisa coglie le nuove opportunità per sperimentare nuovi strumenti di divulgazione. In quest'ottica nasce "APPunti di Innovazione", il podcast a cura del Contamination Lab Pisa (CLab) che approfondisce i temi dell'imprenditoria innovativa, delle start up e dell'innovazione in senso più ampio attraverso interviste a esperti del settore. È appena stata pubblicata la prima puntata dedicata al tema delle Life Sciences, con Andrea Paolini, direttore generale di Toscana Life Sciences, che parla delle opportunità attuali e delle nuove frontiere per le aziende e start up del settore. Il podcast è disponibile su Spreaker, Spotify e Apple Podcast.
Il progetto si cala nel contesto della campagna "UnipiNonSiFerma" e vuole costituire un nuovo strumento di divulgazione e approfondimento dei temi trattati durante i seminari, avvalendosi di interviste interattive in formato audio. Un breve trailer del progetto è attualmente disponibile su Spreaker, Spotify e su tutte le principali piattaforme di podcasting mentre ogni venerdì verrà rilasciato un episodio dedicato ad un tema specifico. Il CLab Pisa è il primo CLab d'Italia ad esplorare lo strumento del podcast per interviste a esperti in chiave divulgativa.
Il Contamination Lab Pisa è un progetto organizzato dall'Università di Pisa, in collaborazione con Scuola Sant'Anna, Scuola Normale Superiore e IMT Lucca e cofinanziato dal MIUR, che offre a studenti e ricercatori seminari e laboratori che approfondiscono le principali tematiche e competenze per chi vuole sviluppare una idea innovativa e costituire una Start Up.
Il CLab Pisa è anche parte di "Italian Clab Network", rete nazionale che raccoglie circa 20 Contamination Lab sparsi in tutta Italia. Il network mette in connessione tra di loro i Contamination Lab esistenti e quelli futuri che operano e si riconoscono nella sfida complessiva di dare un contributo alla creazione di un ecosistema imprenditoriale, di creare riflessione e nuovo know-how in materia di diffusione della cultura di impresa e della creazione di impresa nei contesti universitari.
Covid-19: via libera dell'Aifa allo studio clinico guidato dall'AOUP
Nuovo importante riconoscimento della ricerca pisana nella lotta al Covid-19. L'Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ha infatti autorizzato lo studio multicentrico sul Baricitinib, guidato dallo staff del professor Francesco Menichetti, professore ordinario dell’Università di Pisa e primario del reparto di malattie infettive dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana. Si tratta di un farmaco impiegato per la cura dell'artrite reumatoide, di cui adesso si vuole valutare l'efficacia, la sicurezza e la tollerabilità per un possibile utilizzo nel trattamento dei pazienti Covid-19.
«La notizia dell'autorizzazione dell'Aifa per questo nuovo importante studio clinico - ha commentato il rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella - arriva a pochi giorni da quello della Regione per la sperimentazione della plasmaterapia nei pazienti critici affetti da Coronavirus. Due riconoscimenti importanti che confermano l'alto livello della ricerca condotta dalla nostra Università. Il contributo che sta dando l’AOUP alla lotta contro il Covid-19 – ha aggiunto Mancarella - è anche la prova di quanto sia fondamentale per l'Italia investire di più nel nostro sistema sanitario e in quello della ricerca pubblica».
«La malattia da Coronavirus ha due fasi – ha spiegato il professor Francesco Menichetti -. Una legata all'aggressione virale, che causa l'iniziale danno polmonare, e una seconda causata dall'eccessiva risposta infiammatoria di difesa da parte del sistema immunitario del paziente colpito. Quest'ultima è la responsabile dell'aggravamento della polmonite».
«Il farmaco al centro del nostro studio, il Baricitinib - prosegue il primario del reparto di malattie infettive dell’AOUP -, è normalmente utilizzato per il trattamento dei pazienti con artrite reumatoide, ma è potenzialmente utile anche nei pazienti con Covid-19, per una sua duplice azione di mitigazione della cascata infiammatoria e di riduzione dell’ingresso del virus nelle cellule polmonari».
«Nella nostra Azienda Ospedaliera - informa Menichetti – lo abbiamo già impiegato in un piccolo gruppo di pazienti (circa 30) con Covid-19 e polmonite severa. Dopo un trattamento con 4 mg al di’ per via orale per 10-14 giorni, è stato osservato un miglioramento dei parametri clinici nell’ 83% dei casi e la maggior parte dei pazienti trattati non ha avuto necessità di ventilazione invasiva».
«Adesso – conclude - è il momento di armonizzare i tempi concitati di un'epidemia con il necessario rigore della ricerca scientifica e il protocollo di cui siamo capofila ha proprio l’obiettivo, partendo da questi primi risultati positivi, di verificare l'efficacia, la sicurezza e tollerabilità del Baricitinib nei pazienti con polmonite da SARS-CoV2».
Nasce così lo studio multicentrico, prospettico e randomizzato disegnato dal professor Francesco Menichetti e dai suoi collaboratori, il dottor Marco Falcone e la dottoressa Giusy Tiseo, con l'importante contributo della professoressa Marta Mosca, valutato positivamente dal Comitato tecnico scientifico di Aifa e definitivamente approvato dal Comitato etico dell'Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani.
Già operativo il centro promotore di Pisa, che sarà rapidamente affiancato dal Niguarda a Milano e dagli Ospedali di Bergamo, Pavia e Brescia.
Emergenza Covid-19: robot in corsia grazie al progetto Lhf-Connect
LHF-Connect è il progetto che mette a disposizione delle strutture sanitarie le istruzioni per la costruzione di un robot di telepresenza, guidato tramite un software sviluppato da un team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in collaborazione con l’Università di Pisa e rilasciato gratuitamente e open source, disponibile anche sulla piattaforma TechForCare.com recentemente lanciata dall’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti (I-Rim) e Maker Faire Rome.
Il primo robot assemblato è ora operativo nelle corsie dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP) di Cisanello (Pisa) e permette al personale sanitario di controllare i pazienti ricoverati affetti da Covid-19 in remoto e di connetterli con le loro famiglie e amici attraverso le video chiamate, per alleviare i lunghi periodi di degenza. Altri test sono stati eseguiti nel Nuovo Ospedale Apuano della Azienda USL Toscana Nordovest. La tecnologia consente inoltre di prestare forme di assistenza di base come la consegna dei farmaci, diminuendo l’esposizione del personale sanitario al virus e riducendo la possibilità di contagio.
In particolare il dispositivo è stato testato, sia in reparti Covid-19 che di terapia intensiva e sub-intensiva, mettendo in comunicazione una paziente ricoverata in corsia e i suoi familiari, che dal momento del ricovero non avevano avuto la possibilità di vedersi. La procedura è avvenuta senza rendere necessaria l’esposizione del personale medico. Durante la sperimentazione si sono valutate anche le procedure per la sanificazione del dispositivo e sono state studiate le modalità per garantire la massima protezione della privacy.
Si sono inoltre sperimentate le potenzialità nel campo della telemedicina effettuando un consulto a distanza in un reparto di terapia intensiva tra il direttore del Dipartimento di Anestesia e rianimazione dell’AOUP Fabio Guarracino e un paziente intubato. Il medico ha osservato i monitor e interloquito con l’infermiere che assisteva il paziente. L’utilizzo di LHF-Connect ha consentito di ridurre sensibilmente i tempi complessivi del consulto, poiché non si è resa necessaria la fase di preparazione e vestizione del medico, e di limitare l’esposizione del personale al rischio di contagio. Inoltre il consulto può avvenire a distanza, anche da una città all’altra, aprendo la strada a molte numerose applicazioni.
Un terzo robot, assemblato autonomamente seguendo le istruzioni del progetto, è invece operativo presso il Centro Polivalente Anziani Asfarm di Induno Olona (Va), un RSA al momento Covid19-free, grazie alle azioni preventive dei gestori della struttura, dove il dispositivo mette in comunicazione gli ospiti con i parenti e, tele-operato dagli operatori della struttura, fornisce assistenza portando quotidiani o medicinali.
Il robot è dotato di una intelligenza artificiale che ne aiuta la navigazione, ma viene supervisionato a distanza da una persona che gli impartisce gli ordini. Al momento il robot viene utilizzato con l’assistenza remota di ricercatori o di operatori sanitari, ma il progetto prevede di istruire i volontari che offriranno alcune ore per guidare a distanza i robot nei reparti Covid-19 che li richiedono, aiutando il personale sanitario già sovraccarico di attività. I volontari possono dare la propria disponibilità sul sito del progetto.
Tecnicamente LHF-Connect è costituito da una base mobile realizzata modificando un’aspirapolvere robotico commerciale, da un piedistallo e due cellulari o tablet. Il software sviluppato dal team IIT e Università di Pisa permette la supervisione del robot da parte di un operatore remoto, rendendolo così in grado di raggiungere i letti dei pazienti ricoverati in isolamento. Quando la connessione tra il paziente e il medico o il parente è stabilita, il pilota volontario abbandona la comunicazione per garantire la privacy.
Il progetto LHF, di cui LHF-Connect è il primo prodotto, prende il nome da “Low Hanging Fruits” cioè quei frutti della ricerca robotica più avanzata svolta negli anni passati, e che sono oggi a portata di mano per una applicazione vasta e immediata. Nell’emergenza Covid-19, i ricercatori del progetto LHF hanno raccolto le necessità delle strutture ospedaliere e pensato a soluzioni rapide e realizzabili con oggetti commerciali di largo consumo, collaudati e disponibili facilmente, in breve tempo e con una spesa ridotta.
Nel caso del robot di telepresenza la spesa complessiva dei componenti necessari si aggira intorno ai 1000 euro, mentre il software viene rilasciato gratuitamente dai ricercatori IIT e reso disponibile, secondo lo spirito Open Source, a tutti i coloro che vogliano utilizzarlo o migliorarne le funzionalità.
Questo progetto ha potuto svilupparsi anche grazie all’azienda iRobot, la casa madre di Roomba - il robot aspirapolvere più diffuso e prodotto in milioni di esemplari – che ha concesso al progetto tutto italiano LHF-Connect di accedere alle proprie librerie software usandole e modificandole. Il progetto LHF è libero da ogni interesse commerciale e aperto all’utilizzo di qualsiasi prodotto possa essere utile.
“Abbiamo parlato molto con i medici ed il personale sanitario, e abbiamo scoperto che non c'era bisogno di “rocket science” per essere veramente utili – oggi e dovunque serva - in questo momento di emergenza. Ci è stato detto che un semplice robot di telepresenza sarebbe stato di grande aiuto per gli operatori, continuamente esposti a rischi di contagio, e per i ricoverati in reparti Covid-19, che rimangono isolati per settimane senza poter avere contatti con le proprie famiglie” racconta Antonio Bicchi, ricercatore IIT, professore all’Università di Pisa e Presidente di I-Rim “Il nostro obiettivo è dare ora il nostro contributo per la gestione delle strutture ospedaliere e un leggero sollievo ai ricoverati e alle loro famiglie. La ricerca italiana in Robotica, che è una delle più forti al mondo, continua intanto a preparare il futuro.” conclude Bicchi.
“Il progetto LHF-Connect offre grandi opportunità ai pazienti affetti da Covid-19, alle persone che vogliono essere loro vicine ed al personale sanitario, duramente impegnato in questa situazione di vera emergenza,” dice Mauro Ferrari, Professore di Chirurgia e Direttore del Centro ENDOCAS dell’Università di Pisa. “Le potenzialità del progetto, tuttavia, si potranno sviluppare oltre i confini di questa fase e saranno utilissime per disegnare una assistenza sanitaria molto più improntata sull’uso della telemedicina. Per questo, sia la Direzione Aziendale, sia i medici già coinvolti nel progetto hanno manifestato interesse e grande disponibilità”.
“Quando si sarà allentata la pressione sui ricoveri per Covid-19, che stiamo già osservando da qualche settimana anche nel nostro ospedale – dichiara il direttore generale dell’Aoup Silvia Briani – è naturale che riprendano gradualmente tutte le attività ma niente potrà più essere replicato con le stesse modalità della fase pre-Covid-19 perché ci saranno nuovi standard di sicurezza cui attenersi. Per cui stiamo già lavorando alla cosiddetta ‘ripartenza’ in accordo con le indicazioni regionali e queste potenzialità offerte dal dispositivo, in particolare sulla telemedicina/teleconsulto sono interessanti e meritano quindi di essere testate”.
"Un progetto concreto che dà un contributo sostanziale nella gestione di questa emergenza che coinvolge ogni ambito della nostra vita, compreso quello affettivo. Ma che soprattutto richiede nuove modalità di intervento in campo assistenziale e medico - commenta il Rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella -. Con LHF-Connect facciamo un passo in più verso la Fase 2 e la nostra Università è fiera di aver fatto parte di questo progetto che nasce da una preziosa collaborazione tra pubblico e privato e che conferma, una volta di più, come il nostro sistema Universitario sia un'eccellenza su cui è necessario investire per il futuro del Paese"
Il progetto rientra nell’iniziativa TechForCare, una piattaforma, recentemente lanciata su iniziativa di I-RIM, l’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti che riunisce la ricerca accademica più visionaria e l’industria aperta alle tecnologie avanzate e Maker Faire Rome - The European Edition punto di incontro della community dei makers e degli innovatori.
TechForCare ha il ruolo di raccogliere le esigenze tecnologiche nate in seguito all’emergenza Covid-19 e connetterle con chi tra Istituti di ricerca e Makers può offrire soluzioni pronte in breve tempo.
Qualsiasi struttura sanitaria che abbia bisogno di questa specifica soluzione può collegarsi al sito www.lhfconnect.net dove, oltre a poter vedere il robot in azione, sono disponibili tutti i disegni, il software e le istruzioni per chiunque voglia replicare il dispositivo. Questa e altre iniziative saranno anche presenti sulla piattaforma TechForCare.com e sul sito istituzionale dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT).
Emergenza Covid-19: Lhf-Connect, il progetto per la realizzazione rapida di un robot per la telepresenza e la telemedicina
24 aprile 2020 – LHF-Connect è il progetto che mette a disposizione delle strutture sanitarie le istruzioni per la costruzione di un robot di telepresenza, guidato tramite un software sviluppato da un team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in collaborazione con l’Università di Pisa e rilasciato gratuitamente e open source, disponibile anche sulla piattaforma TechForCare.com recentemente lanciata dall’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti (I-Rim) e Maker Faire Rome.
Il primo robot assemblato è ora operativo nelle corsie dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP) di Cisanello (Pisa) e permette al personale sanitario di controllare i pazienti ricoverati affetti da Covid-19 in remoto e di connetterli con le loro famiglie e amici attraverso le video chiamate, per alleviare i lunghi periodi di degenza. Altri test sono stati eseguiti nel Nuovo Ospedale Apuano della Azienda USL Toscana Nordovest. La tecnologia consente inoltre di prestare forme di assistenza di base come la consegna dei farmaci, diminuendo l’esposizione del personale sanitario al virus e riducendo la possibilità di contagio.
In particolare il dispositivo è stato testato, sia in reparti Covid-19 che di terapia intensiva e sub-intensiva, mettendo in comunicazione una paziente ricoverata in corsia e i suoi familiari, che dal momento del ricovero non avevano avuto la possibilità di vedersi. La procedura è avvenuta senza rendere necessaria l’esposizione del personale medico. Durante la sperimentazione si sono valutate anche le procedure per la sanificazione del dispositivo e sono state studiate le modalità per garantire la massima protezione della privacy.
Si sono inoltre sperimentate le potenzialità nel campo della telemedicina effettuando un consulto a distanza in un reparto di terapia intensiva tra il direttore del Dipartimento di Anestesia e rianimazione dell’AOUP Fabio Guarracino e un paziente intubato. Il medico ha osservato i monitor e interloquito con l’infermiere che assisteva il paziente. L’utilizzo di LHF-Connect ha consentito di ridurre sensibilmente i tempi complessivi del consulto, poiché non si è resa necessaria la fase di preparazione e vestizione del medico, e di limitare l’esposizione del personale al rischio di contagio. Inoltre il consulto può avvenire a distanza, anche da una città all’altra, aprendo la strada a molte numerose applicazioni.
Un terzo robot, assemblato autonomamente seguendo le istruzioni del progetto, è invece operativo presso il Centro Polivalente Anziani Asfarm di Induno Olona (Va), un RSA al momento Covid19-free, grazie alle azioni preventive dei gestori della struttura, dove il dispositivo mette in comunicazione gli ospiti con i parenti e, tele-operato dagli operatori della struttura, fornisce assistenza portando quotidiani o medicinali.
Il robot è dotato di una intelligenza artificiale che ne aiuta la navigazione, ma viene supervisionato a distanza da una persona che gli impartisce gli ordini. Al momento il robot viene utilizzato con l’assistenza remota di ricercatori o di operatori sanitari, ma il progetto prevede di istruire i volontari che offriranno alcune ore per guidare a distanza i robot nei reparti Covid-19 che li richiedono, aiutando il personale sanitario già sovraccarico di attività. I volontari possono dare la propria disponibilità sul sito del progetto.
Tecnicamente LHF-Connect è costituito da una base mobile realizzata modificando un’aspirapolvere robotico commerciale, da un piedistallo e due cellulari o tablet. Il software sviluppato dal team IIT e Università di Pisa permette la supervisione del robot da parte di un operatore remoto, rendendolo così in grado di raggiungere i letti dei pazienti ricoverati in isolamento. Quando la connessione tra il paziente e il medico o il parente è stabilita, il pilota volontario abbandona la comunicazione per garantire la privacy.
Il progetto LHF, di cui LHF-Connect è il primo prodotto, prende il nome da “Low Hanging Fruits” cioè quei frutti della ricerca robotica più avanzata svolta negli anni passati, e che sono oggi a portata di mano per una applicazione vasta e immediata. Nell’emergenza Covid-19, i ricercatori del progetto LHF hanno raccolto le necessità delle strutture ospedaliere e pensato a soluzioni rapide e realizzabili con oggetti commerciali di largo consumo, collaudati e disponibili facilmente, in breve tempo e con una spesa ridotta.
Nel caso del robot di telepresenza la spesa complessiva dei componenti necessari si aggira intorno ai 1000 euro, mentre il software viene rilasciato gratuitamente dai ricercatori IIT e reso disponibile, secondo lo spirito Open Source, a tutti i coloro che vogliano utilizzarlo o migliorarne le funzionalità.
Questo progetto ha potuto svilupparsi anche grazie all’azienda iRobot, la casa madre di Roomba - il robot aspirapolvere più diffuso e prodotto in milioni di esemplari – che ha concesso al progetto tutto italiano LHF-Connect di accedere alle proprie librerie software usandole e modificandole. Il progetto LHF è libero da ogni interesse commerciale e aperto all’utilizzo di qualsiasi prodotto possa essere utile.
“Abbiamo parlato molto con i medici ed il personale sanitario, e abbiamo scoperto che non c'era bisogno di “rocket science” per essere veramente utili – oggi e dovunque serva - in questo momento di emergenza. Ci è stato detto che un semplice robot di telepresenza sarebbe stato di grande aiuto per gli operatori, continuamente esposti a rischi di contagio, e per i ricoverati in reparti Covid-19, che rimangono isolati per settimane senza poter avere contatti con le proprie famiglie” racconta Antonio Bicchi, ricercatore IIT, professore all’Università di Pisa e Presidente di I-Rim “Il nostro obiettivo è dare ora il nostro contributo per la gestione delle strutture ospedaliere e un leggero sollievo ai ricoverati e alle loro famiglie. La ricerca italiana in Robotica, che è una delle più forti al mondo, continua intanto a preparare il futuro.” conclude Bicchi.
“Il progetto LHF-Connect offre grandi opportunità ai pazienti affetti da Covid-19, alle persone che vogliono essere loro vicine ed al personale sanitario, duramente impegnato in questa situazione di vera emergenza,” dice Mauro Ferrari, Professore di Chirurgia e Direttore del Centro ENDOCAS dell’Università di Pisa. “Le potenzialità del progetto, tuttavia, si potranno sviluppare oltre i confini di questa fase e saranno utilissime per disegnare una assistenza sanitaria molto più improntata sull’uso della telemedicina. Per questo, sia la Direzione Aziendale, sia i medici già coinvolti nel progetto hanno manifestato interesse e grande disponibilità”.
“Quando si sarà allentata la pressione sui ricoveri per Covid-19, che stiamo già osservando da qualche settimana anche nel nostro ospedale – dichiara il direttore generale dell’Aoup Silvia Briani – è naturale che riprendano gradualmente tutte le attività ma niente potrà più essere replicato con le stesse modalità della fase pre-Covid-19 perché ci saranno nuovi standard di sicurezza cui attenersi. Per cui stiamo già lavorando alla cosiddetta ‘ripartenza’ in accordo con le indicazioni regionali e queste potenzialità offerte dal dispositivo, in particolare sulla telemedicina/teleconsulto sono interessanti e meritano quindi di essere testate”.
"Un progetto concreto che dà un contributo sostanziale nella gestione di questa emergenza che coinvolge ogni ambito della nostra vita, compreso quello affettivo. Ma che soprattutto richiede nuove modalità di intervento in campo assistenziale e medico - commenta il Rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella -. Con LHF-Connect facciamo un passo in più verso la Fase 2 e la nostra Università è fiera di aver fatto parte di questo progetto che nasce da una preziosa collaborazione tra pubblico e privato e che conferma, una volta di più, come il nostro sistema Universitario sia un'eccellenza su cui è necessario investire per il futuro del Paese"
Il progetto rientra nell’iniziativa TechForCare, una piattaforma, recentemente lanciata su iniziativa di I-RIM, l’Istituto per la Robotica e le Macchine Intelligenti che riunisce la ricerca accademica più visionaria e l’industria aperta alle tecnologie avanzate e Maker Faire Rome - The European Edition punto di incontro della community dei makers e degli innovatori.
TechForCare ha il ruolo di raccogliere le esigenze tecnologiche nate in seguito all’emergenza Covid-19 e connetterle con chi tra Istituti di ricerca e Makers può offrire soluzioni pronte in breve tempo.
Qualsiasi struttura sanitaria che abbia bisogno di questa specifica soluzione può collegarsi al sito www.lhfconnect.net dove, oltre a poter vedere il robot in azione, sono disponibili tutti i disegni, il software e le istruzioni per chiunque voglia replicare il dispositivo. Questa e altre iniziative saranno anche presenti sulla piattaforma TechForCare.com e sul sito istituzionale dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). (https://www.iit.it/iit-vs-covid-19)
“Vicini a distanza”, il video della CRUI sulla didattica a distanza durante l'emergenza coronavirus
La Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), con la collaborazione anche dell'Università di Pisa, ha realizzato “Vicini a distanza” il video che racconta la pronta reazione degli atenei durante l’emergenza epidemiologica sul fronte della didattica a distanza. Oggi alle ore 12 le università diffondono il video attraverso i propri siti istituzionali e i canali social con l’hashtag #viciniadistanza.
La CRUI con la partecipazione delle università di tutto il paese ha realizzato il "Muro che unisce" (https://www.crui.it/il-muro-che-unisce.html) un insieme di immagini che raccontano il grande lavoro fatto in questa fase per la didattica, gli esami e le sedute di laurea. L'Università di Pisa ha collaborato per ora con le foto messe a disposizione dai professori Marcello Braglia di Impianti industriali meccanici (insieme allo studente Leonardo Marazzini), Gloria Cappelli di Lingua inglese (insieme alle studentesse Simona Barone, Cristina Distefano, Adriana Perrelli e Sara Vassalle), e Sergio Cortesini di Storia dell'arte contemporanea.
Negli scorsi giorni l'Università di Pisa aveva già supportato e contribuito al progetto con un proprio video e con altre iniziative lanciate con l'hashtag #UnipiNonSiFerma, a testimonianza di una comunità attiva e vivace anche di fronte alle difficoltà di questa fase.
Nasce "APPunti di Innovazione", il podcast a cura del Contamination Lab Pisa
Nei giorni dell'emergenza coronavirus l'Università di Pisa coglie le nuove opportunità per sperimentare nuovi strumenti di divulgazione. In quest'ottica nasce "APPunti di Innovazione", il podcast a cura del Contamination Lab Pisa (CLab) che approfondisce i temi dell'imprenditoria innovativa, delle start up e dell'innovazione in senso più ampio attraverso interviste a esperti del settore.
È appena stata pubblicata la prima puntata dedicata al tema delle Life Sciences, con Andrea Paolini, direttore generale di Toscana Life Sciences, che parla delle opportunità attuali e delle nuove frontiere per le aziende e start up del settore. Il podcast è disponibile su Spreaker, Spotify e Apple Podcast.
Il progetto si cala nel contesto della campagna "UnipiNonSiFerma" e vuole costituire un nuovo strumento di divulgazione e approfondimento dei temi trattati durante i seminari, avvalendosi di interviste interattive in formato audio. Un breve trailer del progetto è attualmente disponibile su Spreaker, Spotify e su tutte le principali piattaforme di podcasting mentre ogni venerdì verrà rilasciato un episodio dedicato ad un tema specifico. Il CLab Pisa è il primo CLab d'Italia ad esplorare lo strumento del podcast per interviste a esperti in chiave divulgativa.
Il Contamination Lab Pisa è un progetto organizzato dall'Università di Pisa, in collaborazione con Scuola Sant'Anna, Scuola Normale Superiore e IMT Lucca e cofinanziato dal MIUR, che offre a studenti e ricercatori seminari e laboratori che approfondiscono le principali tematiche e competenze per chi vuole sviluppare una idea innovativa e costituire una Start Up.
Il CLab Pisa è anche parte di "Italian Clab Network", rete nazionale che raccoglie circa 20 Contamination Lab sparsi in tutta Italia. Il network mette in connessione tra di loro i Contamination Lab esistenti e quelli futuri che operano e si riconoscono nella sfida complessiva di dare un contributo alla creazione di un ecosistema imprenditoriale, di creare riflessione e nuovo know-how in materia di diffusione della cultura di impresa e della creazione di impresa nei contesti universitari.