Incarico professionale sull'interpretazione semantica, elaborazione grafica di immagini ed elaborazione grafica per il progetto Europeo H2020 Desira
Avviso di fabbisogno interno: ttività: “Aggiornamento e mantenimento della versione in lingua inglese del sito web del Dipartimento”
Studenti Erasmus: l'Ateneo vicino ai ragazzi e alle loro famiglie
"Caro Presidente, cari Ministri, vi scriviamo per condividere un’angosciante situazione che le Università italiane stanno vivendo in queste ore. Migliaia di nostre studentesse e nostri studenti, attualmente all’estero per soggiorni di studio, ci stanno contattando per ricevere da noi indicazioni, in molti casi desiderosi di rientrare in Italia".
Si apre così la lettera che la CRUI ha inviato al Governo il 17 marzo. Una lettera fortemente voluta dal rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella, e dagli altri rettori toscani per affrontare una situazione rimasta forse un po' sullo sfondo delle cronache quotidiane relative alla gestione nazionale dell'emergenza Covid-19, ma assolutamente in primo piano per chi guida le università del nostro Paese.
"In questi ultimi due giorni - racconta il rettore Mancarella - abbiamo intensamente operato di concerto con gli altri rettori e prorettori toscani, nonché con la Conferenza dei Rettori delle Università italiane, ponendo al Presidente del Consiglio, alla Farnesina e al Ministero dell’Università e della Ricerca, le problematiche inerenti tutti i nostri studenti attualmente impegnati in attività formative all'estero. Stiamo sollecitando e sensibilizzando in ogni modo le autorità governative al fine di gestire al meglio e con solerzia la situazione in questo complicato momento".
Un lavoro incessante, quello che l'Ateneo sta portando avanti tra le mille difficoltà di questo periodo, e di cui gli studenti sono costantemente aggiornati dal rettore in persona e dal prorettore per la Cooperazione e le relazioni internazionali e coordinatore istituzionale dei programmi Erasmus+, Francesco Marcelloni.
L'emergenza Covid-19 ha infatti trasformato, per molti studenti in mobilità, un’esperienza formativa e meravigliosa come quella dell’Erasmus in un vero e proprio incubo. Complici le situazioni che cambiano rapidamente e informazioni ufficiali spesso farraginose e contradditorie che creano situazioni talvolta complesse, come quella dello studente livornese rientrato con non poche difficoltà da Valencia e di cui si è occupata anche la stampa.
"Dispiace che alcune indicazioni fornite a tutte le università dal MUR e dal MAECI e comunicate dagli atenei agli studenti si siano poi rivelate imprecise – commenta il professor Marcelloni - Noi, però, non possiamo sostituirci alle istituzioni, a cui è demandata la gestione dell’emergenza e la tutela dei cittadini italiani nel mondo. Proprio per questo ci stiamo attenendo scrupolosamente alle indicazioni che ci arrivano dall’unità di crisi della Farnesina, cercando di trasmetterle il più velocemente possibile ai nostri studenti in mobilità. Da quando è iniziata l’emergenza, siamo in costante contatto con tutti gli studenti. I docenti e tutto il personale dell’amministrazione che si occupa dell’Internazionalizzazione del nostro Ateneo stanno lavorando a tempo pieno, pur nelle difficoltà di questi giorni, monitorando costantemente la situazione dei nostri studenti in mobilità e supportando loro e le loro famiglie in questo difficile momento".
Avviso di fabbisogno interno per incarico di prestazione occasionale su “stesura di un rapporto relativo alla percezione delle politiche di sostenibilità nel settore pubblico
Avviso di fabbisogno interno: “Esecuzione di attività di rilevazione, verifica e monitoraggio delle fasi di somministrazione relativamente all’indagine su -Identità, bisogni e caratteri strutturali delle associazioni di promozione sociale in Toscana
Avviso di fabbisogno interno: “Esecuzione di inserimento dei dati relativamente all’indagine su “Identità, bisogni e caratteri strutturali delle associazioni di promozione sociale in Toscana
Borsa di studio della durata di 9 mesi per lo svolgimento dell’attività di approfondimento della ricerca dal titolo: “Nuove metodiche per l’introduzione della chiralità su strutture eterocicliche di interesse farmaceutico”
Elezioni del Rettore dell'Università di Genova
Emergenza mascherine: i ricercatori dell’Università di Pisa e dell’Università di Firenze al lavoro per proporre soluzioni
Nei giorni dell'emergenza Covid-19 la ricerca non si ferma e cerca di raccogliere le difficili sfide che pone l'attuale situazione sanitaria. È quello che sta succedendo nelle Università di Firenze e Pisa, dove alcuni ricercatori sono al lavoro per reperire le evidenze scientifiche disponibili e pubblicate riguardo alla possibilità di sanificare le mascherine protettive di tipo FFP2 e FFP3 idonee per il personale sanitario, così da fornire indicazioni operative agli ospedali e alle aziende sanitarie unicamente in casi di perdurante grave carenza numerica di questi presidi di protezione individuale.
L'allarme, lanciato alcuni giorni fa, riguarda alcuni operatori sanitari (e non solo loro, ma anche gente comune) che hanno iniziato a sterilizzare in maniera non corretta mascherine già utilizzate, con il rischio di danneggiarle o di non decontaminarle. Alcuni specializzandi della Scuola di Scienze della Salute Umana dell'Università di Firenze hanno dunque chiesto aiuto ai bioingegneri dell'Università di Pisa, iniziando con loro una collaborazione in smart working attraverso la piattaforma virtuale UBORA. Questa piattaforma, nata grazie ad un finanziamento Horizon 2020 gestito dal Centro di Ricerca E. Piaggio dell'Università di Pisa, promuove la coprogettazione di dispositivi medici con un approccio open source in grado di dare risposte adeguate alle sfide nel campo della salute, con grande attenzione per le necessità dei diversi paesi, oltre a mettere in condivisione know-how e risorse.
L'idea è partita da Alessandra Ninci e Fabrizio Chiesi, della Scuola di Specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell'Università di Firenze, sotto la supervisione di Paolo Bonanni e Guglielmo Bonaccorsi, docenti di Igiene generale e applicata presso l'Ateneo fiorentino. I ricercatori hanno cominciato ad analizzare i lavori scientifici prodotti in seguito alla pandemia da virus H1N1 (comunemente detta "febbre suina") che ha messo a nudo le difficoltà nel reperire grossi quantitativi di questi dispositivi di protezione individuale.
“Sentiamo la necessità, specialmente in questo momento – spiega Carmelo De Maria, bioingegnere del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e in forza al Centro di Ricerca E. Piaggio, – di mettere in campo un progetto collettivo, tramite la condivisione delle esperienze e del sapere scientifico, per proporre una procedura operativa standard (SOP) che garantisca la sicurezza di tutti quei professionisti che si trovano in prima linea per fronteggiare questa emergenza”.
“Studiando la letteratura scientifica – continua De Maria – emerge chiaramente che alcuni metodi di sterilizzazione rischiano di alterare le proprietà di filtrazione e la capacità della maschera di aderire al volto, cosa che è fondamentale per la protezione degli operatori. Si stanno dunque valutando trattamenti a bassa temperatura e non aggressivi per i materiali polimerici che compongono la maschera. Ma esistono vari tipi di mascherine, fatte di materiali molto diversi, quindi è opportuno mettere a punto trattamenti che possano essere efficaci su tutte quante e non solo su alcune di esse”.
Inoltre, conclude De Maria: “Non esistono, ad oggi, indicazioni dei fabbricanti per la risterilizzazione delle mascherine. La nostra sfida è coinvolgere altri esperti nel nostro team di ricerca tramite la piattaforma UBORA e sperimentare questo nuovo approccio il prima possibile, così da poter essere d’aiuto a medici e pazienti”.
L’Università di Pisa in collaborazione con l’Universidad Politecnica di Madrid ha anche lanciato una Design Competition, aperta a tutti, per promuovere lo sviluppo di dispositivi innovativi e sicuri in grado di aiutare pazienti ed operatori sanitari impegnati in emergenze come quella del Covid-19.
Emergenza mascherine, i ricercatori di Unipi e Unifi al lavoro per proporre soluzioni
Nei giorni dell'emergenza Covid-19 la ricerca non si ferma e cerca di raccogliere le difficili sfide che pone l'attuale situazione sanitaria. È quello che sta succedendo nelle Università di Firenze e Pisa, dove alcuni ricercatori sono al lavoro per reperire le evidenze scientifiche disponibili e pubblicate riguardo alla possibilità di sanificare le mascherine protettive di tipo FFP2 e FFP3 idonee per il personale sanitario, così da fornire indicazioni operative agli ospedali e alle aziende sanitarie unicamente in casi di perdurante grave carenza numerica di questi presidi di protezione individuale.
L'allarme, lanciato alcuni giorni fa, riguarda alcuni operatori sanitari (e non solo loro ma anche gente comune) che hanno iniziato a sterilizzare in maniera non corretta mascherine già utilizzate, con il rischio di danneggiarle o di non decontaminarle. Alcuni specializzandi della Scuola di Scienze della Salute Umana dell'Università di Firenze hanno dunque chiesto aiuto ai bioingegneri dell'Università di Pisa, iniziando con loro una collaborazione in smart working attraverso la piattaforma virtuale UBORA. Questa piattaforma, nata grazie ad un finanziamento Horizon 2020 gestito dal Centro di Ricerca E. Piaggio dell'Università di Pisa, promuove la coprogettazione di dispositivi medici con un approccio open source in grado di dare risposte adeguate alle sfide nel campo della salute, con grande attenzione per le necessità dei diversi paesi, oltre a mettere in condivisione know-how e risorse.
I ricercatori in riunione telematica.
L'idea è partita da Alessandra Ninci e Fabrizio Chiesi, della Scuola di Specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell'Università di Firenze, sotto la supervisione di Paolo Bonanni e Guglielmo Bonaccorsi, docenti di Igiene generale e applicata presso l'Ateneo fiorentino. I ricercatori hanno cominciato ad analizzare i lavori scientifici prodotti in seguito alla pandemia da virus H1N1 (comunemente detta "febbre suina") che ha messo a nudo le difficoltà nel reperire grossi quantitativi di questi dispositivi di protezione individuale.
“Sentiamo la necessità, specialmente in questo momento – spiega Carmelo De Maria, bioingegnere del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e in forza al Centro di Ricerca E. Piaggio, – di mettere in campo un progetto collettivo, tramite la condivisione delle esperienze e del sapere scientifico, per proporre una procedura operativa standard (SOP) che garantisca la sicurezza di tutti quei professionisti che si trovano in prima linea per fronteggiare questa emergenza”.
Nella foto Carmelo De Maria.
“Studiando la letteratura scientifica – continua De Maria – emerge chiaramente che alcuni metodi di sterilizzazione rischiano di alterare le proprietà di filtrazione e la capacità della maschera di aderire al volto, cosa che è fondamentale per la protezione degli operatori. Si stanno dunque valutando trattamenti a bassa temperatura e non aggressivi per i materiali polimerici che compongono la maschera. Ma esistono vari tipi di mascherine, fatte di materiali molto diversi, quindi è opportuno mettere a punto trattamenti che possano essere efficaci su tutte quante e non solo su alcune di esse”.
Inoltre, conclude De Maria: “Non esistono, ad oggi, indicazioni dei fabbricanti per la risterilizzazione delle mascherine. La nostra sfida è coinvolgere altri esperti nel nostro team di ricerca tramite la piattaforma UBORA e sperimentare questo nuovo approccio il prima possibile, così da poter essere d’aiuto a medici e pazienti”. L’Università di Pisa in collaborazione con l’Universidad Politecnica di Madrid ha anche lanciato una Design Competition, aperta a tutti, per promuovere lo sviluppo di dispositivi innovativi e sicuri in grado di aiutare pazienti ed operatori sanitari impegnati in emergenze come quella del Covid-19.