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ragazza iraniana copyLa Rete delle Università italiane per la Pace - di cui fa parte anche l'Università di Pisa - esprime la propria vicinanza e solidarietà alle studentesse di nazionalità iraniana iscritte presso gli atenei italiani e più in generale a tutte le donne iraniane e ai tanti giovani uomini iraniani che in questi giorni stanno coraggiosamente protestando.

“La morte di Mahsa Amini a Teheran e di altre cinque donne che erano scese in piazza per protestare scuote profondamente le nostre coscienze” – dichiarano Enza Pellecchia e Marco Mascia, coordinatrice e coordinatore della Rete – “non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla violazione di diritti umani fondamentali. Ci attiveremo per organizzare iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica”.

Lunedì 26 e martedì 27 settembre, alla Gipsoteca di Arte Antica, si terrà il convegno "2012-2022: 10 anni del Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Pisa. Esperienze e prospettive a confronto”, una due giorni di incontri e riflessioni per festeggiare i dieci anni dello SMA dell’Ateneo pisano. La sessione mattutina del 26 settembre si aprirà alle 9 con i saluti istituzionali del rettore Paolo Mancarella e la presentazione di Chiara Bodei, attuale presidente dello SMA, che introdurrà i suoi predecessori – Marilina Betrò, Roberto Barbuti, Alfonso Maurizio Iacono, e Nicoletta De Francesco – per un breve excursus sulla storia del Sistema. Seguiranno gli interventi dei direttori di tutti i musei che fanno parte dello SMA. Alle 12.30 Sabrina Balestri, coordinatrice organizzativa del Sistema, terrà un intervento dal titolo “Lo SMA dietro le quinte”. Seguirà un breve saluto di Loredana Lorenzini, dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale.

Nel pomeriggio, a partire dalle 14.30, è prevista una sessione dal titolo “I musei universitari: collezioni che non si vogliono più nascondere” con ospiti i direttori di sistemi museali universitari da tutta Italia (Bologna, Padova, Firenze, Napoli Federico II e Siena) e il curatore della Gipsabguss-und Antikensammlung dell’Università di Tubinga, Alexander Heinemann. Aprirà gli interventi Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, in collegamento da remoto.

Martedì 27 settembre il convegno si aprirà alle ore 9 con una sessione dal titolo “Dopo la pandemia: musei a confronto” e alle 11.30 si terrà la tavola rotonda finale condotta dalla professoressa Antonella Gioli, con tutti i relatori e con i rappresentanti dei musei della rete museale pisana.

Gli interventi saranno trasmessi in streaming sul seguente link: http://call.unipi.it/10anniDiSMA. La partecipazione in presenza è gratuita ed è possibile esclusivamente su prenotazione fino al raggiungimento del numero massimo dei posti disponibili. Per prenotare, collegarsi a questo link.

 

Si cibano degli insetti impollinatori, ma a differenza dei loro simili non tessono le tele, piuttosto si mimetizzano sui fiori prendendone il colore per sorprendere e catturare le prede con chele grandi e robuste. Sono i “ragni granchio”, piccoli araneidi che come rivela uno studio dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista “Ecological Indicators”, hanno un ruolo fondamentale come indicatori e custodi della biodiversità vegetale.

“Molti organismi, appartenenti sia al regno vegetale che animale, sono spesso privi di una nota importanza nei vari ecosistemi sia naturali che antropizzati – spiega Stefano Benvenuti docente dell’Ateneo pisano e autore dello studio - i ragni granchio ne sono un chiaro esempio dal momento che essi sfuggono spesso alla vista degli osservatori risultando così trascurati nella valutazione della biodiversità di un determinato ecosistema”.

La presenza di questi predatori è dunque un indice della complessità di un ecosistema e la loro specifica funzione sembra quella di contenere la prolificità delle specie di fiori dominanti. La loro predazione degli impollinatori che visitano i fiori limita infatti il trasferimento del polline e la relativa formazione di seme lasciando così “spazi ecologici” alle specie meno abbondanti.


Teatro della sperimentazione sono state le cosiddette “wildflower strips”, strisce di fiori ai margini delle colture allestite al Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi dell’Università di Pisa. Seguendo le suggestioni del famoso scienziato James Lovelock sull’autoregolazione dell’intera biosfera, è emerso che anche questi micro-ecosistemi funzionano con la stessa logica di Gaia secondo la quale tutta la biodiversità ha un ruolo cruciale nel mantenere l’equilibrio degli ecosistemi. La creazione di queste “wildflower strips” ha così portato alla formazione di una piramide alimentare, costituita dai fiori selvatici alla base (produttori), dagli impollinatori al centro (consumatori) e dai ragni granchio all’apice (predatori).

 

“Dal momento che gli agroecosistemi sono notoriamente carenti di biodiversità – conclude Benvenuti - i ragni granchio sono quindi un valido indicatore della complessità biologica di un determinato ambiente, assumendo inoltre il ruolo ecologico di “custodi” della biodiversità. In pratica ogni organismo, anche se apparentemente insignificante, può avere un ruolo cruciale nel mantenimento della biodiversità e dell’equilibrio dinamico degli ecosistemi”.

 

Si cibano degli insetti impollinatori, ma a differenza dei loro simili non tessono le tele, piuttosto si mimetizzano sui fiori prendendone il colore per sorprendere e catturare le prede con chele grandi e robuste. Sono i “ragni granchio”, piccoli araneidi che come rivela uno studio dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista “Ecological Indicators”, hanno un ruolo fondamentale come indicatori e custodi della biodiversità vegetale.

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Ragno granchio che ha appena catturato un apoideo


“Molti organismi, appartenenti sia al regno vegetale che animale, sono spesso privi di una nota importanza nei vari ecosistemi sia naturali che antropizzati – spiega Stefano Benvenuti docente dell’Ateneo pisano e autore dello studio - i ragni granchio ne sono un chiaro esempio dal momento che essi sfuggono spesso alla vista degli osservatori risultando così trascurati nella valutazione della biodiversità di un determinato ecosistema”.

La presenza di questi predatori è dunque un indice della complessità di un ecosistema e la loro specifica funzione sembra quella di contenere la prolificità delle specie di fiori dominanti. La loro predazione degli impollinatori che visitano i fiori limita infatti il trasferimento del polline e la relativa formazione di seme lasciando così “spazi ecologici” alle specie meno abbondanti.

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Ragno granchio che ha appena catturato un bombo appostato nelle vicinanze dei fiori

Teatro della sperimentazione sono state le cosiddette “wildflower strips”, strisce di fiori ai margini delle colture allestite al Centro di Ricerche Agro-Ambientali “Enrico Avanzi dell’Università di Pisa. Seguendo le suggestioni del famoso scienziato James Lovelock sull’autoregolazione dell’intera biosfera, è emerso che anche questi micro-ecosistemi funzionano con la stessa logica di Gaia secondo la quale tutta la biodiversità ha un ruolo cruciale nel mantenere l’equilibrio degli ecosistemi. La creazione di queste “wildflower strips” ha così portato alla formazione di una piramide alimentare, costituita dai fiori selvatici alla base (produttori), dagli impollinatori al centro (consumatori) e dai ragni granchio all’apice (predatori).

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Ragno granchio, mimetizzato con la parte centrale dell’infiorescenza, che ha appena catturato un dittero


“Dal momento che gli agroecosistemi sono notoriamente carenti di biodiversità – conclude Benvenuti - i ragni granchio sono quindi un valido indicatore della complessità biologica di un determinato ambiente, assumendo inoltre il ruolo ecologico di “custodi” della biodiversità. In pratica ogni organismo, anche se apparentemente insignificante, può avere un ruolo cruciale nel mantenimento della biodiversità e dell’equilibrio dinamico degli ecosistemi”.

 

 

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Per informazioni rivolgersi al personale dell'Unità Elettorale e costituzione strutture universitarie
(mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., tel. 0502212378-350-221)

Dopo l’attesa forzata degli anni di pandemia, la cospicua donazione libraria che il professore Mario Mirri ha lasciato alla Biblioteca di Filosofia e storia dell’Università di Pisa è finalmente disponibile. I circa 1500 volumi sono stati inseriti nel catalogo di Ateneo e del Sistema Bibliotecario Nazionale, grazie all’impegno prioritario dedicatogli dal personale bibliotecario.

Mario Mirri (1925-2018), allievo di Delio Cantimori e Armando Saitta, fondatore e ispiratore della cosiddetta ‘scuola pisana’, è stato uno degli storici più importanti del nostro paese. Ha insegnato Storia moderna all’Università di Pisa ed è stato tra i fondatori della rivista “Società e Storia”.

 

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Nato a Cortona (Arezzo) nel 1925, Mirri è stato studioso di storia del Settecento, di storia degli Stati territoriali, di storia dell’agricoltura e di storia dell’istruzione agraria nell’Ottocento.
Cresciuto a Vicenza, fu membro attivo della Resistenza. Già da giovanissimo frequentava gli ambienti dell’antifascismo azionista e liberalsocialista vicentino, quello che poi avrebbe dato vita alla cosiddetta banda dei “piccoli maestri”. Nel romanzo di Luigi Meneghello, Mirri è citato come “Marietto”, ed era il più giovane di tutti. Laureatosi in filosofia a Padova, nel 1948 Mirri fu ammesso alla Scuola Normale di Pisa con una borsa di perfezionamento riservata agli ex partigiani. Fu allievo di Delio Cantimori e si perfezionò nel 1951 con una tesi su “Ceto dirigente e politica agraria nel Settecento in Toscana”, vincitrice del premio “Biblioteca di G. Feltrinelli” nel 1954.
Nel 1949 fu nominato assistente volontario alla cattedra di Storia moderna all’Università di Pisa; nel 1955 divenne assistente straordinario e contemporaneamente docente di Storia e Filosofia nella scuola secondaria superiore. Nel 1963 fu chiamato come professore incaricato di Storia del Risorgimento dalla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa e contemporaneamente vinse il concorso ad assistente ordinario presso la cattedra di Storia moderna. Nell 1967-68, dopo il trasferimento di Armando Saitta a Roma, Mario Mirri fu nominato professore ordinario di Storia moderna a Pisa e dall’anno accademico 1987-88 fino al pensionamento nel 1995 ha ricoperto la cattedra di Storia della storiografia.

Il professor Mirri è stato protagonista di una stagione di profondo rinnovamento della storiografia sull’agricoltura e lo sviluppo capitalistico, fondando quella che poi è stata chiamata “la scuola pisana”, ovvero una generazione di storici che ha affrontato tematiche innovative per l’epoca come la demografia, la storia economica, quella della cultura materiale. Nella sua lunga carriera di storico, Mirri è stato autore di saggi importantissimi sulle riforme settecentesche, sull’agricoltura, sull’istruzione agraria e, negli ultimi anni, ha offerto originali riletture della stessa Resistenza. Per suo impulso e impegno, è nato proprio a Pisa prima un Istituto di Storia medievale, moderna e contemporanea e poi un dipartimento di Storia, e infine un corso di laurea in Storia, attivato a livello nazionale. Un altro settore che Mirri ha molto curato è stato quello del Dottorato di ricerca in Storia, istituito nel 1983, di cui è stato per molti anni coordinatore.

Mario Mirri è stato insignito dell’Ordine del Cherubino nel 1979 e nominato emerito nel 1995-1996.

 

Venerdì 23 settembre alle 11, nel Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi (Lungarno Galileo Galilei, 9) si inaugura la mostra “Gli anni ’80 in 80 scatti”, una raccolta di 20 stampe fotografiche realizzate dall’artista e sinologo Andrea Cavazzuti, oltre a 60 fotografie digitalizzate (diapositive) rintracciate negli album delle famiglie emigrate dalla Cina in Italia negli anni ’80. Nata da un’idea dell’associazione EOE (EstOvestEst), la mostra è patrocinata dal Comune di Pisa e dall’Istituto Confucio di Pisa, partner principale di EOE, con il supporto anche di IMAGO e ACSI. Intervengono all'inaugurazione, Paolo Pesciatini, assessore al turismo e commercio Comune di Pisa, Alessandro Tosi, direttore del Museo della Grafica, Wang Yunlin, direttrice dell'Istituto Confucio Pisa, Elisa Debernardi, presidente associazione EOE, Cristian Biasci, vicepresidente associazione EOE.

 

L’esposizione sarà aperta al pubblico da venerdì 23 settembre a lunedì 10 ottobre 2022, visitabile tutti i giorni dalle ore 10:00 alle ore 19:00 escluso il lunedì.

In occasione della mostra, venerdì 30 settembre è previsto un dibattito per raccontare la Cina di quegli anni e il modo in cui iniziavano ad affacciarsi al contesto italiano le prime famiglie cinesi, il loro processo di integrazione e le prime relazioni. Oltre all’artista Andrea Cavazzuti, all’incontro parteciperanno Barbara Pasquale, documentarista e video editor; Carlo Laurenti, scrittore e traduttore; Zhi An, professore e scrittore collegato direttamente dalla Cina via streaming.

SULLA MOSTRA

La raffinata ricerca di Andrea Cavazzuti che si presenta con stampe in bianco e nero di fotografie realizzate in quegli anni, contrasta con le foto proposte in video, riprese dagli album di famiglia, foto a colori che mantengono il sapore delle stampe comuni che ognuno di noi conserva tra i propri ricordi, e costituiscono uno spunto di riflessione su un periodo della nostra storia recente che, se ben vista con sguardi molto diversi, sottolinea una lontananza che oggi appare quasi dimenticata. Così spiega il suo rapporto con la Cina il fotografo Andrea Cavazzuti in un’intervista di Olivo Barbieri “…allenato com’ero a cercare oltre gli stereotipi anche in patria, fotografavo una Cina non vista e, quel che è peggio, nemmeno immaginata, quindi invisibile. Le cose già viste soddisfano, consolano, hanno a che fare con la memoria, mentre il non visto è secco, scostante, refrattario, a volte antipatico. La Cina mi si presentava come uno straordinario bazar di oggetti, scene e comportamenti non omologati tra i nostri cliché culturali. Per me era irresistibile: gli oggetti in vista, la totale mancanza di privacy, le attività umane messe in scena su un palcoscenico sempre aperto, il paradiso del fotografo”. E conclude “Non è possibile immaginare cosa sarà la Cina domani senza considerare cosa sia stata fino a ieri. E’ l’ultima frontiera di espansione della civiltà globale per come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. È l’ultimo e definitivo confronto di civiltà. Dopo la Cina, saremo al bivio. Mi illudo e spero, con questa mia scelta di vita, di aver dato a me stesso e ai miei figli almeno la possibilità, una volta giunti al bivio, di saper leggere i segnali stradali”.

CENNI BIOGRAFICI SU ANDREA CAVAZZUTI

Andrea Cavazzuti (Milano, 1959) è artista, fotografo, video e film maker e sinologo. Laureato in lingua e letteratura cinese presso Ca’ Foscari di Venezia. Nei primi anni ottanta si reca in Cina a Nanchino nel 1981 e poi a Shanghai nel 1982 per studiare per due anni alla Fudan University, esperienza che stabilì il suo legame indissolubile con la Cina. Inizia a fotografare negli anni settanta. Negli anni novanta si dedica a video e film. Il suo lavoro tratta diversi aspetti dell’arte e della società. Ha realizzato e partecipato a numerose produzioni, sia televisive che cinematografiche, poi distribuite da RAI, ARTÈ, SRF, ABC e Sky TV, nonché proiettate in cinema e istituzioni culturali internazionali. Il suo lavoro è stato esposto in Musei quali, Triennale di Milano, Italia; Guangdong Museum of Art, Guangzhou, Cina; Museo Marco, Vigo, Spagna; Working People’s Cultural Palace, Pechino e Changjiang Museum, Taiyuan, Cina; MAXXI, Roma, Italia; Carnegie Hall, New York, Stati Uniti; Museo Ferroviario di Pietrarsa, Napoli, Italia.

Il corso di laurea in Ingegneria per il Design industriale attivato tre anni fa all’Università di Pisa ha la sua prima brillante laureata. Mercoledì 21 settembre ha infatti conseguito il titolo Diana Vergari, originaria di Grosseto, che ha discusso una tesi intitolata “Strategie di ecodesign nell’innovazione di prodotto: un esempio applicativo nel settore della calzatura”, con relatori il dott. Francesco Tamburrino dell’Università di Pisa e gli ingegneri Elisabetta Abbate e Carlo Brondi del CNR Milano. La commissione di laurea è stata presieduta dal rettore Paolo Mancarella.

Nella sua tesi la neodottoressa Diana Vergari ha studiato la progettazione ecologica (o ecodesign) di una calzatura sportiva tramite un’analisi comparativa di più soluzioni progettuali alternative. In particolare, si è valutato l’impatto ambientale delle parti costituenti la scarpa in relazione a una calzatura tradizionale di riferimento. La tesi è stata svolta in collaborazione con l'istituto STIIMA (Istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato) del CNR di Milano.

Il corso di laurea in Ingegneria per il Design industriale si propone di formare figure professionali in grado di gestire autonomamente il processo di sviluppo di prodotti industriali, dalla fase concettuale e di ideazione alle fasi di progettazione, test, produzione e post-produzione, e caratterizzate dalla capacità di relazionarsi con molteplici esperti in diverse aree, e di affrontare la crescente complessità di sistemi e prodotti attuali e futuri. Si tratta pertanto di un percorso multidisciplinare articolato, che risponde a una domanda di formazione trasversale, espressa dall'industria dei beni di consumo e dei beni durevoli, dagli studi e dalle società di progettazione, nonché dai diversi settori della commercializzazione e distribuzione.

 

Nella foto, da sinistra: il professor Marco Giorgio Bevilacqua (membro commissione e vicepresidente del corso di studi), il professor Sandro Barone (membro commissione), la neodottoressa Diana Vergari, la professoressa Maria Vittoria Salvetti (direttrice del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale), Paolo Maria Mancarella (Rettore e Presidente commissione), il professor Rocco Rizzo (direttore del Dipartimento di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni), il professor Armando Viviano Razionale (segretario commissione e presidente del corso di studi), il professor Alessandro Paoli (membro commissione), il dott. Francesco Tamburrino (membro commissione).

Il corso di laurea in Ingegneria per il Design industriale attivato tre anni fa all’Università di Pisa ha la sua prima brillante laureata. Mercoledì 21 settembre ha infatti conseguito il titolo Diana Vergari, originaria di Grosseto, che ha discusso una tesi intitolata “Strategie di ecodesign nell’innovazione di prodotto: un esempio applicativo nel settore della calzatura”, con relatori il dott. Francesco Tamburrino dell’Università di Pisa e gli ingegneri Elisabetta Abbate e Carlo Brondi del CNR Milano. La commissione di laurea è stata presieduta dal rettore Paolo Mancarella.

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Nella sua tesi la neodottoressa Diana Vergari ha studiato la progettazione ecologica (o ecodesign) di una calzatura sportiva tramite un’analisi comparativa di più soluzioni progettuali alternative. In particolare, si è valutato l’impatto ambientale delle parti costituenti la scarpa in relazione a una calzatura tradizionale di riferimento. La tesi è stata svolta in collaborazione con l'istituto STIIMA (Istituto di Sistemi e Tecnologie Industriali Intelligenti per il Manifatturiero Avanzato) del CNR di Milano.

Il corso di laurea in Ingegneria per il Design industriale si propone di formare figure professionali in grado di gestire autonomamente il processo di sviluppo di prodotti industriali, dalla fase concettuale e di ideazione alle fasi di progettazione, test, produzione e post-produzione, e caratterizzate dalla capacità di relazionarsi con molteplici esperti in diverse aree, e di affrontare la crescente complessità di sistemi e prodotti attuali e futuri. Si tratta pertanto di un percorso multidisciplinare articolato, che risponde a una domanda di formazione trasversale, espressa dall'industria dei beni di consumo e dei beni durevoli, dagli studi e dalle società di progettazione, nonché dai diversi settori della commercializzazione e distribuzione.

 

Nella foto, da sinistra: il professor Marco Giorgio Bevilacqua (membro commissione e vicepresidente del corso di studi), il professor Sandro Barone (membro commissione), la neodottoressa Diana Vergari, la professoressa Maria Vittoria Salvetti (direttrice del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale), Paolo Maria Mancarella (Rettore e Presidente commissione), il professor Rocco Rizzo (direttore del Dipartimento di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni), il professor Armando Viviano Razionale (segretario commissione e presidente del corso di studi), il professor Alessandro Paoli (membro commissione), il dott. Francesco Tamburrino (membro commissione).

Venerdì 23 settembre alle 11, nel Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi (Lungarno Galileo Galilei, 9) si inaugura la mostra “Gli anni ’80 in 80 scatti”, una raccolta di 20 stampe fotografiche realizzate dall’artista e sinologo Andrea Cavazzuti, oltre a 60 fotografie digitalizzate (diapositive) rintracciate negli album delle famiglie emigrate dalla Cina in Italia negli anni ’80. Nata da un’idea dell’associazione EOE (EstOvestEst), la mostra è patrocinata dal Comune di Pisa e dall’Istituto Confucio di Pisa, partner principale di EOE, con il supporto anche di IMAGO e ACSI. Intervengono all'inaugurazione, Paolo Pesciatini, assessore al turismo e commercio Comune di Pisa, Alessandro Tosi, direttore del Museo della Grafica, Wang Yunlin, direttrice dell'Istituto Confucio Pisa, Elisa Debernardi, presidente associazione EOE, Cristian Biasci, vicepresidente associazione EOE.

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L’esposizione sarà aperta al pubblico da venerdì 23 settembre a lunedì 10 ottobre 2022, visitabile tutti i giorni dalle ore 10:00 alle ore 19:00 escluso il lunedì.

In occasione della mostra, venerdì 30 settembre è previsto un dibattito per raccontare la Cina di quegli anni e il modo in cui iniziavano ad affacciarsi al contesto italiano le prime famiglie cinesi, il loro processo di integrazione e le prime relazioni. Oltre all’artista Andrea Cavazzuti, all’incontro parteciperanno Barbara Pasquale, documentarista e video editor; Carlo Laurenti, scrittore e traduttore; Zhi An, professore e scrittore collegato direttamente dalla Cina via streaming.

SULLA MOSTRA

La raffinata ricerca di Andrea Cavazzuti che si presenta con stampe in bianco e nero di fotografie realizzate in quegli anni, contrasta con le foto proposte in video, riprese dagli album di famiglia, foto a colori che mantengono il sapore delle stampe comuni che ognuno di noi conserva tra i propri ricordi, e costituiscono uno spunto di riflessione su un periodo della nostra storia recente che, se ben vista con sguardi molto diversi, sottolinea una lontananza che oggi appare quasi dimenticata. Così spiega il suo rapporto con la Cina il fotografo Andrea Cavazzuti in un’intervista di Olivo Barbieri “…allenato com’ero a cercare oltre gli stereotipi anche in patria, fotografavo una Cina non vista e, quel che è peggio, nemmeno immaginata, quindi invisibile. Le cose già viste soddisfano, consolano, hanno a che fare con la memoria, mentre il non visto è secco, scostante, refrattario, a volte antipatico. La Cina mi si presentava come uno straordinario bazar di oggetti, scene e comportamenti non omologati tra i nostri cliché culturali. Per me era irresistibile: gli oggetti in vista, la totale mancanza di privacy, le attività umane messe in scena su un palcoscenico sempre aperto, il paradiso del fotografo”. E conclude “Non è possibile immaginare cosa sarà la Cina domani senza considerare cosa sia stata fino a ieri. E’ l’ultima frontiera di espansione della civiltà globale per come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi. È l’ultimo e definitivo confronto di civiltà. Dopo la Cina, saremo al bivio. Mi illudo e spero, con questa mia scelta di vita, di aver dato a me stesso e ai miei figli almeno la possibilità, una volta giunti al bivio, di saper leggere i segnali stradali”.

CENNI BIOGRAFICI SU ANDREA CAVAZZUTI

Andrea Cavazzuti (Milano, 1959) è artista, fotografo, video e film maker e sinologo. Laureato in lingua e letteratura cinese presso Ca’ Foscari di Venezia. Nei primi anni ottanta si reca in Cina a Nanchino nel 1981 e poi a Shanghai nel 1982 per studiare per due anni alla Fudan University, esperienza che stabilì il suo legame indissolubile con la Cina. Inizia a fotografare negli anni settanta. Negli anni novanta si dedica a video e film. Il suo lavoro tratta diversi aspetti dell’arte e della società. Ha realizzato e partecipato a numerose produzioni, sia televisive che cinematografiche, poi distribuite da RAI, ARTÈ, SRF, ABC e Sky TV, nonché proiettate in cinema e istituzioni culturali internazionali. Il suo lavoro è stato esposto in Musei quali, Triennale di Milano, Italia; Guangdong Museum of Art, Guangzhou, Cina; Museo Marco, Vigo, Spagna; Working People’s Cultural Palace, Pechino e Changjiang Museum, Taiyuan, Cina; MAXXI, Roma, Italia; Carnegie Hall, New York, Stati Uniti; Museo Ferroviario di Pietrarsa, Napoli, Italia.

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