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Giulio Regeni AmnestyIl Ministero dell'Università e della Ricerca ha istituito cinque premi per tesi di laurea magistrale e di dottorato, intitolati alla memoria di Giulio Regeni, ricercatore italiano rapito e ucciso cinque anni fa in Egitto mentre stava svolgendo attività di studio e ricerca per il suo dottorato. Il bando, emanato dal MUR e gestito dalla CRUI, intende valorizzare la competenza e la qualità di studenti universitari e di giovani ricercatori su temi riguardanti l’attuazione concreta della tutela dei diritti umani negli ambiti economici, sociali e politici.

I premi si configurano come assegnazioni in denaro ai tesisti, su base concorsuale, in un’unica soluzione secondo la seguente ripartizione:
1) Azione 1: tre premi annuali per tesi di laurea magistrale;
2) Azione 2: due premi annuali per tesi di dottorato di ricerca.

Possono essere presentate le tesi discusse tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2020.

I soggetti ammessi alla presentazione delle candidature non sono gli studenti autori delle tesi, bensì, in loro vece, solo ed esclusivamente:
a) Direttori dei Dipartimenti delle università italiane, statali e non statali legalmente riconosciute (inclusi gli Istituti di alta formazione dottorale e le Scuole di studi superiori);
b) Presidi di Scuole o Facoltà universitarie, con funzione di raccordo interdipartimentale delle medesime istituzioni.

Le strutture proponenti dovranno essere afferenti ad una delle seguenti aree CUN: 10, 11, 12, 13, 14.

È possibile presentare domanda di partecipazione on line dal 15 gennaio al 15 marzo.
Per approfondire: https://www.crui.it/giulio-regeni-bando-per-5-premi-istituiti-dal-mur.html

(fonte: Ufficio stampa CRUI)

Il clima in Europa 12mila anni fa era in molte regioni più piovoso di oggi, in alcune aree del Mediterraneo fino a 1000-2000 mm all’anno in più rispetto all’attuale. E’ questo quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances e condotto da un consorzio internazionale di università fra cui quella di Pisa.

La scoperta rovescia le attuali convinzioni, sinora si riteneva infatti che il clima in quell’epoca fosse generalmente più arido, e migliora sensibilmente i modelli predittivi sul clima grazie anche ad una maggiore comprensione dell’importanza della corrente a getto polare (un vento molto veloce di alta quota) per il clima di quel periodo.

“Per l’Europa si tratta della prima ricostruzione quantitativa delle precipitazioni avvenute durante lo Younger Dryas, cioè il periodo di rapido raffreddamento del clima avvenuto circa 12.000 anni fa, alla fine dell’ultima era glaciale”, spiega il professore Adriano Ribolini del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.

 

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“Oggi – continua Ribolini - abbiamo segnali che la corrente a getto polare potrebbe cambiare con il riscaldamento del clima, probabilmente spostandosi verso nord e diventando più intermittente. Questo potrebbero portare a più eventi estremi, ad esempio ondate di caldo in estate ed una maggiore frequenza di tempeste e alluvioni in inverno”.

Il team di scienziati ha esaminato una grande quantità di dati paleoglaciologici, ricostruendo la forma di 120 ghiacciai dello Younger Dryas, distribuiti dalla Norvegia al Marocco, includendo i Balcani e la Turchia. Dall’analisi è emerso un modello di circolazione atmosferica globale da cui si evidenzia il ruolo fondamentale della corrente a getto polare che, allora come adesso, ha veicolato precipitazioni atmosferiche (pioggia e neve) dall'Atlantico sul continente. Il risultato è che alcune regioni erano sostanzialmente più umide di oggi (Gran Bretagna, Irlanda, Portogallo, Spagna e la regione mediterranea centro-orientale) e altre più aride (Francia, Belgio, Olanda, Germania e l'Europa orientale). In qualche punto della regione mediterranea le precipitazioni erano più abbondanti anche di 1000-2000 mm all’anno rispetto a quelle attuali; in altre regioni a Nord delle Alpi erano invece anche fino a 1000 mm all’anno in meno delle attuali.

“I dati paleoclimatici, come le precipitazioni ricavate in questo studio, possono essere utilizzati per testare e migliorare i modelli matematici di previsione del clima esistenti, verificando se questi stessi dati riescono a simulare correttamente le condizioni del passato – conclude Ribolini – Per quanto riguarda l’Università di Pisa il nostro compito in particolare è stato di contribuire alla ricostruzione dell’estensione dei paleoghiacciai e del calcolo dei valori di precipitazioni che ne garantivano l’esistenza nell’intero continente europeo”.

La ricerca è stata finanziata dal Leverhulme Thrust, oltre all’Ateneo pisano hanno partecipato l’University of Aberdeen come capofila e altre cinque università/enti di ricerca (Manchester, Londra, Amsterdam, Zurigo, Bergen).

Il clima in Europa 12mila anni fa era in molte regioni più piovoso di oggi, in alcune aree del Mediterraneo fino a 1000-2000 mm all’anno in più rispetto all’attuale. E’ questo quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances e condotto da un consorzio internazionale di università fra cui quella di Pisa.
La scoperta rovescia le attuali convinzioni, sinora si riteneva infatti che il clima in quell’epoca fosse generalmente più arido, e migliora sensibilmente i modelli predittivi sul clima grazie anche ad una maggiore comprensione dell’importanza della corrente a getto polare (un vento molto veloce di alta quota) per il clima di quel periodo.
“Per l’Europa si tratta della prima ricostruzione quantitativa delle precipitazioni avvenute durante lo Younger Dryas, cioè il periodo di rapido raffreddamento del clima avvenuto circa 12.000 anni fa, alla fine dell’ultima era glaciale”, spiega il professore Adriano Ribolini del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.
“Oggi – continua Ribolini - abbiamo segnali che la corrente a getto polare potrebbe cambiare con il riscaldamento del clima, probabilmente spostandosi verso nord e diventando più intermittente. Questo potrebbero portare a più eventi estremi, ad esempio ondate di caldo in estate ed una maggiore frequenza di tempeste e alluvioni in inverno”.
Il team di scienziati ha esaminato una grande quantità di dati paleoglaciologici, ricostruendo la forma di 120 ghiacciai dello Younger Dryas, distribuiti dalla Norvegia al Marocco, includendo i Balcani e la Turchia. Dall’analisi è emerso un modello di circolazione atmosferica globale da cui si evidenzia il ruolo fondamentale della corrente a getto polare che, allora come adesso, ha veicolato precipitazioni atmosferiche (pioggia e neve) dall'Atlantico sul continente. Il risultato è che alcune regioni erano sostanzialmente più umide di oggi (Gran Bretagna, Irlanda, Portogallo, Spagna e la regione mediterranea centro-orientale) e altre più aride (Francia, Belgio, Olanda, Germania e l'Europa orientale). In qualche punto della regione mediterranea le precipitazioni erano più abbondanti anche di 1000-2000 mm all’anno rispetto a quelle attuali; in altre regioni a Nord delle Alpi erano invece anche fino a 1000 mm all’anno in meno delle attuali.
“I dati paleoclimatici, come le precipitazioni ricavate in questo studio, possono essere utilizzati per testare e migliorare i modelli matematici di previsione del clima esistenti, verificando se questi stessi dati riescono a simulare correttamente le condizioni del passato – conclude Ribolini – Per quanto riguarda l’Università di Pisa il nostro compito in particolare è stato di contribuire alla ricostruzione dell’estensione dei paleoghiacciai e del calcolo dei valori di precipitazioni che ne garantivano l’esistenza nell’intero continente europeo”.
La ricerca è stata finanziata dal Leverhulme Thrust, oltre all’Ateneo pisano hanno partecipato l’University of Aberdeen come capofila e altre cinque università/enti di ricerca (Manchester, Londra, Amsterdam, Zurigo, Bergen).

Per l’anno accademico 2020/2021, l’Università di Pisa ha vinto 2 borse di studio aggiuntive di dottorato di ricerca a tema vincolato e incentrato sulle tematiche riguardanti le aree interne e marginalizzate del Paese. Il tutto per un finanziamento complessivo di 158.295 euro da parte del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) nell'ambito del Piano Stralcio “Ricerca e Innovazione 2015-2017”.

Entrambi i progetti prevedono sia partnership con aziende che con pubbliche amministrazioni locali, presso le quali i dottorandi svolgeranno parte delle loro ricerche. L’Ateneo pisano, a fronte dei 6 progetti presentati tutti valutati positivamente e approvati dall’ANVUR, è l’unico in Toscana ad aver ottenuto questo finanziamento.

Borse di studio finanziate - XXXVI Ciclo – (a.a. 2020/2021)

Borsa di dottorato in Biologia (DOT13GFICX) - Il progetto presentato, a tema vincolato, intende investigare un approccio innovativo per la cura delle lesioni del midollo spinale che sfrutta la terapia cellulare sostitutiva in sinergia con il meccanismo dello stretch-growth. La forza meccanica, infatti, è stata descritta come uno dei migliori induttori di allungamento assonale tanto che i dati preliminari mostrano, infatti, un tasso di allungamento 3 volte maggiore rispetto a quello raggiunto spontaneamente.

Borsa di dottorato Scienze giuridiche (DOT1398IR1) – Al fine di permettere agli enti locali di fornire alla cittadinanza informazioni aggiornate e in formato immediatamente fruibile, il progetto presentato, a tema vincolato, intende sviluppare degli applicativi digitali che aiutino a trasformare il dato normativo complesso e stratificato in una informazione semplificata che possa essere diffusa al momento giusto (quando serve al cittadino) e aggiornata in maniera automatica, usando gli algoritmi.

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