Ai blocchi di partenza il progetto Erasmus+ APPRAIS, modernizzerà il sistema universitario iracheno
C’è anche l’Università di Pisa tra i partner di APPRAIS (governAnce, quality, accountability: a Piloting reform PRrocess in kurdistAn regIon of Iraq), il progetto che ha recentemente ottenuto dalla Commissione Europea un contributo complessivo di circa un milione di euro per migliorare e sviluppare il sistema di istruzione superiore nella regione del Kurdistan dell’Iraq. Coordinato dall’Unione delle Università del Mediterraneo (UNIMED) e presentato sull’azione di “Capacity-building in the Field of Higher Education” del programma Erasmus+, vede impegnati in prima linea i professori Francesco Marcelloni (a destra nella foto), prorettore alla cooperazione e relazioni internazionali, e Marco Abate (a sinistra nella foto), prorettore per la didattica. L’Università di Pisa vi partecipa insieme a quelle di Oslo, Murcia ed Evora. Completano il consorzio otto atenei iracheni, inclusi i politecnici di Erbil, Suleimania e Duhok.
L'idea del progetto, di durata triennale, nasce da una volontà precisa del Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca Scientifica iracheno (MOHESR KRG), che ha incoraggiato diverse università irachene ad adottare il sistema educativo europeo per attuare il processo di Bologna. Il progetto riguarda infatti la governance, la pianificazione strategica e la gestione degli istituti di istruzione superiore, con un’attenzione particolare al miglioramento delle capacità delle risorse umane e alla proposta di una riforma del sistema di istruzione superiore locale attraverso l'attuazione del processo di Bologna.
“Migliorare la qualità dell’istruzione rendendola più equa e inclusiva non è un obiettivo solo nazionale o europeo – commenta il prorettore Francesco Marcelloni – Per raggiungerlo occorre allargare oltre l’Europa la platea dei paesi che fanno riferimento al quadro creato dal processo di Bologna. Condividere un patrimonio di conoscenze e lo stesso linguaggio, introdurre un sistema di titoli comprensibili e comparabili basato su regole uniformi, garantire la trasparenza dei corsi di studio attraverso un comune sistema di crediti, permettere il riconoscimento dei titoli e dei periodi di studio consentirà di far dialogare i sistemi universitari di paesi anche lontani, modernizzando e migliorando l’istruzione superiore a livello globale”.
Nell’autunno del 2019 una delegazione di eminenti accademici, rettori, prorettori e presidi, insieme a membri dei Ministeri dell'Istruzione della Regione autonoma curda (KRG) e dell'Iraq federale (IQ), e al personale dell’UNESCO, aveva visitato dipartimenti e laboratori dell'Università di Pisa nell'ambito di un progetto coordinato dall'UNESCO. In quell’occasione, la delegazione guidata dalla professoressa Katherine Isaacs - in qualità di vice presidente del “Gruppo dei Seguiti di Bologna" (BFUG) ed esperta coinvolta nello stesso progetto dell’UNESCO - aveva potuto studiare da vicino come vengono organizzati in Europa i corsi di studio secondo i principi dell'apprendimento incentrato sullo studente.
L'Iraq (IQ federale e Regione autonoma curda), grazie al progetto dell'UNESCO, ha già creato un quadro dei titoli e un sistema di accreditamento. Ora nell’ambito di APPRAIS, l’Università di Pisa e i suoi partner europei contribuiranno ad attuare concretamente il processo di Bologna negli istituti superiori della regione del Kurdistan iracheno, definendo una tabella di marcia per migliorare la governance universitaria. Attraverso la formazione e il supporto forniti dai partner europei a quelli iracheni, inoltre, il progetto migliorerà le competenze di presidenti, vicepresidenti, responsabili degli uffici internazionali e responsabili della qualità in materia di pianificazione strategica, garanzia di qualità e riconoscimento dei crediti, nonché le capacità del personale addetto alla gestione amministrativa dell'università, alla garanzia della qualità e alle strategie di internazionalizzazione. “Infine – aggiunge il prorettore Marcelloni – grazie alla fase di armonizzazione, il processo pilota di riforma non si fermerà alla sola regione del Kurdistan, ma sarà esteso a tutto il Paese mediorientale. Ogni università definirà il proprio piano strategico istituzionale, rendendo possibile e tangibile il cambiamento”.
Il Museo di Storia Naturale e l’Orto e Museo Botanico riaprono al pubblico dal 19 gennaio
A partire da martedì 19 gennaio il Museo di Storia Naturale e l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa riaprono al pubblico. Le visite saranno consentite dal lunedì al venerdì (non nei giorni festivi), fintanto che la Toscana sarà considerata “zona gialla”. In base all’evolversi della situazione verrà data comunicazione tempestiva della possibilità di rimanere aperti.
Il numero di visitatori sarà contingentato e, per il Museo di Storia Naturale, l’ingresso sarà possibile solo previa prenotazione online sul sito del museo al link: https://www.msn.unipi.it/it/prenota-online/.
Per tutti i dettagli vi invitiamo a consultare i siti internet dei musei e del Sistema Museale di Ateneo.
Il Museo di Storia Naturale e l’Orto e Museo Botanico riaprono al pubblico dal 19 gennaio
A partire da martedì 19 gennaio il Museo di Storia Naturale e l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa riaprono al pubblico. Le visite saranno consentite dal lunedì al venerdì (non nei giorni festivi), fintanto che la Toscana sarà considerata “zona gialla”. In base all’evolversi della situazione verrà data comunicazione tempestiva della possibilità di rimanere aperti.
Il numero di visitatori sarà contingentato e, per il Museo di Storia Naturale, l’ingresso sarà possibile solo previa prenotazione online sul sito del museo al link: https://www.msn.unipi.it/it/prenota-online/.
Per tutti i dettagli vi invitiamo a consultare i siti internet dei musei e del Sistema Museale di Ateneo.
Incarico di supporto alla Scuola di Ingegneria per attività connesse al progetto INGEGNERIA.POT.
Bando per il conferimento di n. 2 borse di ricerca dal titolo: “Studio Osservazionale multiregionale di Farmacovigilanza attiva: Implementazione di un modello di gestione integrata delle terapie oncologiche per assicurare la qualità delle cure
Mangiare sano e far bene all’ambiente: al via ciclo “Pillole di nutraceutica”
Al via il ciclo di incontri “Pillole di nutraceutica”, cinque appuntamenti on line con i ricercatori dell’Università di Pisa sul valore salutistico degli alimenti, per vivere meglio e far bene anche all’ambiente. Si inizia il 21 gennaio dalle 15 alle 16.30 con un incontro sulle proprietà nutraceutiche, cioè nutritive e terapeutiche, dell'olio extravergine di oliva, dell'acqua, ma anche di ortaggi e zafferano. Moderati dal professor Federico Da Settimo, ne parleranno i professori Marco Macchia, Vincenzo Calderone e la professoressa Carlotta Granchi del Dipartimento di Farmacia e il dottor Diego Moriconi del Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica. Per partecipare basta collegarsi al link https://www.youtube.com/watch?v=O_0QJKbEl-k o alla pagina facebook di Media Eventi unipi.
Il ciclo “Pillole di nutraceutica” è organizzato dal Centro Interdipartimentale di Ricerca Nutraceutica e Alimentazione per la Salute Nutrafood dell'Università di Pisa e rientra nelle piano di sostenibilità di Ateneo trattando appunto temi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell'ONU.
I prossimi appuntamenti sono “Dalla scienza alla tavola: Pane, olio e formaggio” il 26 febbraio, “Scarti vegetali da rifiuto a risorsa per la salute dell’uomo e degli animali” il 19 marzo, Potenzialità di Nutraceutici nel trattamento di Patologie” il 16 aprile e “Humanimal: produzioni per una dieta sana” il 14 maggio.
Evoluzione dell'obliquità di Giove e Saturno causata dalla rapida migrazione dei loro satelliti
Le recenti osservazioni della missione spaziale Cassini hanno rivelato la sorprendente velocità con cui Titano, il più grande dei satelliti di Saturno, si sta allontanando dal suo pianeta. Tale scoperta ha permesso a un team di ricercatori, tra cui Giacomo Lari, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Pisa, di fornire una nuova spiegazione per l'attuale valore dell'inclinazione dell'asse di rotazione (detta anche obliquità) di Saturno. Il risultato in questione è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy e vede coinvolti anche due ricercatori dell'Osservatorio di Parigi, Melaine Saillenfest e Gwenaël Boué. Questo articolo si aggiunge ai lavori già pubblicati dallo stesso team di ricerca riguardo alla futura crescita dell'obliquità di Giove a causa della migrazione mareale dei satelliti Galileiani. I risultati ottenuti hanno importanti implicazioni sull'evoluzione dei pianeti del Sistema Solare e sulla conoscenza degli esopianeti.
"Dalle teorie di formazione planetaria, sappiamo che le obliquità iniziali di Giove e Saturno erano quasi nulle – spiega Giacomo Lari – È necessario quindi capire quale meccanismo ha permesso all'asse di rotazione di Saturno di raggiungere un'inclinazione pari a 27°. Lo scenario comunemente accettato finora prevedeva che, durante la tarda migrazione planetaria (conclusa al più 4 miliardi di anni fa), la frequenza media di precessione del nodo di Nettuno, indicata con s8, fosse diminuita fino a diventare uguale alla frequenza di precessione dell'asse di rotazione di Saturno, bloccandolo in una cosiddetta "risonanza spin-orbit secolare". Mentre s8 continuava a calare, l'obliquità di Saturno sarebbe stata forzata a crescere per mantenere la risonanza. Una volta che Nettuno ha smesso di migrare, l'obliquità si sarebbe stabilizzata al valore osservato oggi. La rapida migrazione di Titano rende però impossibile questo scenario. Infatti, ora sappiamo che 4 miliardi di anni fa Titano si trovava su un'orbita molto più vicina a Saturno, impedendo alla frequenza di precessione del nodo di Nettuno di raggiungere quella molto più bassa dell'asse di rotazione di Saturno".
I ricercatori hanno dimostrato che è comunque possibile ottenere l'obliquità odierna del pianeta partendo da un valore minimo di circa 3°. In questo nuovo scenario, la frequenza di precessione dell'asse di rotazione è lentamente aumentata a causa della migrazione di Titano e ha raggiunto, molto più recentemente (circa 1 miliardo di anni fa), il valore di s8, permettendo la cattura in risonanza. A causa del continuo allontanamento di Titano e al blocco in risonanza, l'obliquità di Saturno è piano piano cresciuta fino a raggiungere oggi 27°.
Lo stesso meccanismo è stato recentemente proposto dallo stesso team di ricercatori per la futura evoluzione di Giove: a causa della migrazione dei satelliti Galileiani (Io, Europa, Ganimede e Callisto), nei prossimi miliardi di anni Giove entrerà in una risonanza spin-orbit con la frequenza media di precessione del nodo di Urano (s7) e la sua obliquità di soli 3° sarà forzata ad aumentare. Perciò, a differenza di quanto pensato precedentemente, le obliquità di Giove e Saturno non sono fissate una volta per tutte al termine della migrazione planetaria, ma evolvono in maniera continua a causa della migrazione mareale dei loro satelliti. Inoltre, dato che la vicinanza a risonanze spin-orbit e la veloce migrazione dei satelliti appaiono essere delle condizioni non troppo rare per i giganti gassosi, è molto probabile che lo stesso meccanismo trovato per Giove e Saturno intervenga nell'evoluzione dei pianeti extrasolari.
"È interessante notare come questo risultato abbia delle importanti conseguenze sulla storia dell'evoluzione delle orbite dei pianeti del nostro Sistema Solare – conclude Giacomo Lari – I modelli di evoluzione orbitale dei pianeti sono stati finemente calibrati in modo da riuscire a riprodurre l'aumento di obliquità di Saturno ed evitare quello di Giove. Alla luce delle nuove scoperte, questi vincoli non hanno più alcuna ragione di essere considerati, in quanto la crescita di inclinazione dell'asse di rotazione di Saturno non è avvenuta durante la tarda migrazione planetaria come precedentemente pensato".
Evoluzione dell'obliquità di Giove e Saturno causata dalla rapida migrazione dei loro satelliti
Le recenti osservazioni della missione spaziale Cassini hanno rivelato la sorprendente velocità con cui Titano, il più grande dei satelliti di Saturno, si sta allontanando dal suo pianeta. Tale scoperta ha permesso a un team di ricercatori, tra cui Giacomo Lari, assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Pisa, di fornire una nuova spiegazione per l'attuale valore dell'inclinazione dell'asse di rotazione (detta anche obliquità) di Saturno. Il risultato in questione è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy e vede coinvolti anche due ricercatori dell'Osservatorio di Parigi, Melaine Saillenfest e Gwenaël Boué. Questo articolo si aggiunge ai lavori già pubblicati dallo stesso team di ricerca riguardo alla futura crescita dell'obliquità di Giove a causa della migrazione mareale dei satelliti Galileiani. I risultati ottenuti hanno importanti implicazioni sull'evoluzione dei pianeti del Sistema Solare e sulla conoscenza degli esopianeti.
“Dalle teorie di formazione planetaria, sappiamo che le obliquità iniziali di Giove e Saturno erano quasi nulle – spiega Giacomo Lari – È necessario quindi capire quale meccanismo ha permesso all'asse di rotazione di Saturno di raggiungere un’inclinazione pari a 27°. Lo scenario comunemente accettato finora prevedeva che, durante la tarda migrazione planetaria (conclusa al più 4 miliardi di anni fa), la frequenza media di precessione del nodo di Nettuno, indicata con s8, fosse diminuita fino a diventare uguale alla frequenza di precessione dell'asse di rotazione di Saturno, bloccandolo in una cosiddetta "risonanza spin-orbit secolare". Mentre s8 continuava a calare, l'obliquità di Saturno sarebbe stata forzata a crescere per mantenere la risonanza. Una volta che Nettuno ha smesso di migrare, l'obliquità si sarebbe stabilizzata al valore osservato oggi. La rapida migrazione di Titano rende però impossibile questo scenario. Infatti, ora sappiamo che 4 miliardi di anni fa Titano si trovava su un'orbita molto più vicina a Saturno, impedendo alla frequenza di precessione del nodo di Nettuno di raggiungere quella molto più bassa dell'asse di rotazione di Saturno”.
I ricercatori hanno dimostrato che è comunque possibile ottenere l'obliquità odierna del pianeta partendo da un valore minimo di circa 3°. In questo nuovo scenario, la frequenza di precessione dell'asse di rotazione è lentamente aumentata a causa della migrazione di Titano e ha raggiunto, molto più recentemente (circa 1 miliardo di anni fa), il valore di s8, permettendo la cattura in risonanza. A causa del continuo allontanamento di Titano e al blocco in risonanza, l'obliquità di Saturno è piano piano cresciuta fino a raggiungere oggi 27°.
Giacomo Lari.
Lo stesso meccanismo è stato recentemente proposto dallo stesso team di ricercatori per la futura evoluzione di Giove: a causa della migrazione dei satelliti Galileiani (Io, Europa, Ganimede e Callisto), nei prossimi miliardi di anni Giove entrerà in una risonanza spin-orbit con la frequenza media di precessione del nodo di Urano (s7) e la sua obliquità di soli 3° sarà forzata ad aumentare. Perciò, a differenza di quanto pensato precedentemente, le obliquità di Giove e Saturno non sono fissate una volta per tutte al termine della migrazione planetaria, ma evolvono in maniera continua a causa della migrazione mareale dei loro satelliti. Inoltre, dato che la vicinanza a risonanze spin-orbit e la veloce migrazione dei satelliti appaiono essere delle condizioni non troppo rare per i giganti gassosi, è molto probabile che lo stesso meccanismo trovato per Giove e Saturno intervenga nell'evoluzione dei pianeti extrasolari.
Illustrazione di Coline Saillenfest.
“È interessante notare come questo risultato abbia delle importanti conseguenze sulla storia dell'evoluzione delle orbite dei pianeti del nostro Sistema Solare – conclude Giacomo Lari – I modelli di evoluzione orbitale dei pianeti sono stati finemente calibrati in modo da riuscire a riprodurre l'aumento di obliquità di Saturno ed evitare quello di Giove. Alla luce delle nuove scoperte, questi vincoli non hanno più alcuna ragione di essere considerati, in quanto la crescita di inclinazione dell'asse di rotazione di Saturno non è avvenuta durante la tarda migrazione planetaria come precedentemente pensato”.