Borsa di Studio dal titolo “Norma, uso e corruptio linguae nei dialoghi spagnoli e italo-spagnoli di tema linguistico (ss. XVI e XVII)”
Incarico presso il Centro di Ricerca “E. Piaggio” dal titolo “The “Extended-Personal Reality”: augmented recording and transmission of virtual senses through artificial-IntelligENCE – EXPERIENCE”;
Incarico per l'attività: “Perizia Giurata che rappresenti l’attestazione da parte di un soggetto professionalmente qualificato sugli elementi fattuali riguardanti le spese rendicontate dal Dip. di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare
Alla ricerca di Zippalanda, la città santa ittita consacrata al Dio della Tempesta
Si chiama Zippalanda la città santa ittita consacrata al Dio della Tempesta sulle cui tracce è al lavoro dal 2008 la missione italo-turca in Anatolia Centrale alla quale partecipa anche l’Università di Pisa. L’ultima campagna di scavi a nel sito di Uşaklı Höyük terminata in autunno ha rivelato la presenza di probabili tracce di un insediamento dell’età del Bronzo Medio, ancora precedenti alla città ittita che secondo gli studiosi sarebbe appunto da identificarsi con Zippalanda.
“Il risultato conseguito è di grande importanza perché per la prima volta abbiamo trovate prove chiare della presenza che il sito era abitato già nell’età del Bronzo Medio, cioè nella prima metà del II millennio a.C – spiega il professore Anacleto D’Agostino dell’Università di Pisa - questo indica chiaramente che il luogo in cui si sviluppò la città ittita era stato secoli prima di un insediamento esteso, che occupava oltre alla cittadella almeno una larga porzione della città bassa”.
Nel corso di questi anni le indagini di superficie e gli scavi hanno rivelato che il sito di Uşaklı Höyük è stato occupato in maniera estesa a partire dalla fine del Bronzo Antico fino all’epoca romano-bizantina, con sporadiche tracce più recenti che arrivano sino al periodo ottomano.
Il più antico pavimento a mosaico conosciuto nel Vicino Oriente e probabilmente uno dei più antichi al mondo risalente al Bronzo Tardo
“L’imponenza degli edifici ritrovati, i testi, nonché la posizione geografica – spiega D’Agostino – sono prove a sostegno dell’ipotesi che Uşaklı Höyük sia proprio la città perduta di Zippalanda dedicata al Dio della Tempesta. Il dio era infatti venerato sul vicino monte Daha, dove il sovrano ittita, secondo il testo della Festa della Primavera, si recava in pellegrinaggio con un viaggio di due giorni dalla capitale Hattuša facendo tappa proprio a Uşaklı”.
Le ricerche archeologiche hanno infatti portato alla luce una serie di edifici pubblici, fra templi e palazzi, sull’acropoli e nella città bassa oltre ai resti di una cittadella fortificata dell’età del Ferro. Non ultimo nell’estate del 2018 è stato scoperto il più antico pavimento a mosaico conosciuto nel Vicino Oriente e probabilmente uno dei più antichi al mondo risalente al Bronzo Tardo. La parte sinora portata in superficie è grande circa 3 metri per 7 ed è costituita da 3.147 pezzi di pietre di forma irregolare che formano tre cornici rettangolari, ciascuna delle quali contiene tre file di triangoli di diversi colori, principalmente bianco, rosso chiaro e blu-nero.
La campagna di scavo a Uşaklı Höyük
Il progetto archeologico della Missione Archeologica Italo-Turca in Anatolia Centrale (Uşaklı Höyük Archaeological Project) in cui è impegnato l’Ateneo pisano è l’unico a direzione italiana che opera su un insediamento ittita nell’area che fu centro del regno prima e poi dell’impero. Sostenuto finanziariamente per l’anno 2020, dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dall’Università di Pisa, dalla Fondazione Oriente Mediterraneo e dall’Università degli Studi di Firenze, il progetto coinvolge archeologi, filologi, ricercatori e studenti delle Università di Pisa, Firenze, Siena e Yozgat Bozok, coordinati da Anacleto D’Agostino (Pisa), Stefania Mazzoni e Giulia Torri (Firenze), Valentina Orsi (Siena) e Demet Taşkan (Yozgat Bozok).
Alla ricerca di Zippalanda, la città santa ittita consacrata al Dio della Tempesta
Si chiama Zippalanda la città santa ittita consacrata al Dio della Tempesta sulle cui tracce è al lavoro dal 2008 la missione italo-turca in Anatolia Centrale alla quale partecipa anche l’Università di Pisa. L’ultima campagna di scavi a nel sito di Uşaklı Höyük terminata in autunno ha rivelato la presenza di probabili tracce dell’insediamento dell’età del Bronzo Medio, ancora precedenti alla città ittita che secondo gli studiosi sarebbe appunto da identificarsi con Zippalanda.
“Il risultato conseguito è di grande importanza perché per la prima volta abbiamo trovate prove chiare della presenza che il sito era abitato già nell’età del Bronzo Medio, cioè nella prima metà del II millennio a.C – spiega il professore Anacleto D’Agostino dell’Università di Pisa - questo indica chiaramente che il luogo in cui si sviluppò la città ittita era stato secoli prima di un insediamento esteso, che occupava oltre alla cittadella almeno una larga porzione della città bassa”.
Nel corso di questi anni le indagini di superficie e gli scavi hanno rivelato che il sito di Uşaklı Höyük è stato occupato in maniera estesa a partire dalla fine del Bronzo Antico fino all’epoca romano-bizantina, con sporadiche tracce più recenti che arrivano sino al periodo ottomano.
“L’imponenza degli edifici ritrovati, i testi, nonché la posizione geografica – spiega D’Agostino – sono prove a sostegno dell’ipotesi che Uşaklı Höyük sia proprio la città perduta di Zippalanda dedicata al Dio della Tempesta. Il dio era infatti venerato sul vicino monte Daha, dove il sovrano ittita, secondo il testo della Festa della Primavera, si recava in pellegrinaggio con un viaggio di due giorni dalla capitale Hattuša facendo tappa proprio a Uşaklı”.
Le ricerche archeologiche hanno infatti portato alla luce una serie di edifici pubblici, fra templi e palazzi, sull’acropoli e nella città bassa oltre ai resti di una cittadella fortificata dell’età del Ferro. Non ultimo nell’estate del 2018 è stato scoperto il più antico pavimento a mosaico conosciuto nel Vicino Oriente e probabilmente uno dei più antichi al mondo risalente al Bronzo Tardo. La parte sinora portata in superficie è grande circa 3 metri per 7 ed è costituita da 3.147 pezzi di pietre di forma irregolare che formano tre cornici rettangolari, ciascuna delle quali contiene tre file di triangoli di diversi colori, principalmente bianco, rosso chiaro e blu-nero.
Il progetto archeologico della Missione Archeologica Italo-Turca in Anatolia Centrale (Uşaklı Höyük Archaeological Project) in cui è impegnato l’Ateneo pisano è l’unico a direzione italiana che opera su un insediamento ittita nell’area che fu centro del regno prima e poi dell’impero. Sostenuto finanziariamente per l’anno 2020, dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dall’Università di Pisa, dalla Fondazione Oriente Mediterraneo e dall’Università degli Studi di Firenze, il progetto coinvolge archeologi, filologi, ricercatori e studenti delle Università di Pisa, Firenze, Siena e Yozgat Bozok, coordinati da Anacleto D’Agostino (Pisa), Stefania Mazzoni e Giulia Torri (Firenze), Valentina Orsi (Siena) e Demet Taşkan (Yozgat Bozok).
Neanderthal, nuove ricerche in corso sull'Uomo di Altamura
La ricerca scientifica punta nuovamente i riflettori sull’Uomo di Altamura, il più completo scheletro di Neanderthal mai scoperto e uno fra i più antichi, risalente a circa 150mila anni fa.
Rinvenuto nel 1993 in Puglia, nelle profondità della grotta carsica di Lamalunga in Alta Murgia, è tuttora imprigionato nella roccia a diversi metri di profondità, coperto di incrostazioni calcaree che ne rendono difficile l’osservazione. L’eccezionale reperto, testimonianza di un uomo preistorico precipitato in un pozzo naturale dove morì di stenti, è di fondamentale importanza per i ricercatori. È stato oggetto di un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell'Università e della Ricerca (MUR) e autorizzato dalla competente Soprintendenza Archeologica, che ha permesso una serie di indagini scientifiche condotte negli ultimi anni (2017-2020), i cui risultati iniziano ora a essere pubblicati su riviste internazionali.
Lo studio appena pubblicato su PLOS ONE si è occupato dei denti del Neanderthal di Altamura e del suo "apparato di masticazione" (mascella e mandibola). Lo hanno realizzato insieme l’Università di Firenze, la Sapienza Università di Roma e l’Università di Pisa. I responsabili delle unità operative – che hanno operato in condizioni molto difficili - sono stati Jacopo Moggi Cecchi, antropologo dell’Ateneo fiorentino, Damiano Marchi (Università di Pisa) e Giorgio Manzi (Sapienza Università di Roma), che è anche il coordinatore del progetto complessivo del MUR.
Il gruppo di ricerca ha condotto una serie di osservazioni e rilevamenti sul posto, calandosi all’interno della grotta. “Grazie all’ausilio di sonde videoscopiche ad alta risoluzione (che dobbiamo alla collaborazione della Olympus Europa) – spiega Jacopo Moggi Cecchi - siamo riusciti a osservare le caratteristiche della dentatura e delle ossa mascellari, ottenendo nuove informazioni sull’età e lo stato di salute e confermando la presenza di caratteri tipici dei Neanderthal”.
“La presenza del terzo molare (il "dente del giudizio") e il grado di usura masticatoria indicano un individuo adulto, piuttosto avanti negli anni, ma non anziano. L'uomo doveva aver avuto qualche problema di salute; è stata infatti osservata la perdita di due denti prima della morte: uno lo aveva perso da diversi anni, l'altro in tempi successivi – aggiunge Giorgio Manzi -. È una delle rare volte nelle quali si osservano queste circostanze in un Neanderthal, visto che nella preistoria antica l’incidenza di problemi dentari era molto bassa”.
“Abbiamo anche effettuato – spiega Damiano Marchi responsabile del gruppo di ricerca dell'Università di Pisa di cui fa parte anche il professor Giovanni Boschian – una radiografia dei denti anteriori, utilizzando per la prima volta a questo scopo un apparecchio a raggi X portatile KaVo NOMAD Pro 2. In questo modo abbiamo così individuato una lesione nell’osso, alla base di un incisivo, che potrebbe essere dovuta a una forte stress non riconducibile all’alimentazione”. Tutto suggerisce insomma che lo stile di vita di quest’uomo del Paleolitico medio fosse già molto complesso.
Nuove acquisizioni su questo straordinario reperto potranno essere raggiunte con la pubblicazione delle altre ricerche in corso. Inoltre, molto di più è atteso con lo studio approfondito del reperto in laboratorio, quando saranno superate le difficili e insolite condizioni nelle quali i ricercatori devono ora operare all’interno della grotta, ossia quando sarà possibile estrarre le ossa di questo formidabile reperto dalle profondità del sistema carsico.
L’articolo su PLOS ONE:
“In situ observations on the dentition and the oral cavity of the Neanderthal skeleton from Altamura (Italy)”
https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0241713
INVITO CONFERENZA STAMPA:Università di Pisa e Confindustria Livorno Massa Carrara ancora insieme per il futuro delle nuove generazioni - Firma del rinnovo dell’accordo quadro venerdì 4 dicembre alle ore 12,00
Confindustria Livorno Massa Carrara e Università di Pisa ancora insieme per il futuro delle nuove generazioni: con la firma del rinnovo dell'accordo quadro in programma in videoconferenza alle 12,00 di venerdì 4 dicembre, le due istituzioni consolideranno la collaborazione, già avviata con la sottoscrizione della prima edizione della convenzione nel 2017, arricchendola e sviluppandola con una serie di interventi orientati alla crescita tecnica ed economica del territorio. Saranno così incrementate le sinergie tra la realtà produttiva e realtà accademica.
Oltre al potenziamento delle attività di orientamento, di presentazione del tessuto industriale di Livorno, Massa e Carrara e di interazione con i vari Dipartimenti su progetti specifici, focus della convenzione è l'implementazione della collaborazione nell'ambito dell'alta formazione rivolta ai manager, ai responsabili e referenti aziendali, la collaborazione nell'ambito dell'internazionalizzazione, del trasferimento tecnologico e della valorizzazione dei risultati della ricerca.
Alla conferenza stampa per la firma della convenzione interverranno il rettore dell'Università di Pisa Prof. Paolo Maria Mancarella, il presidente di Confindustria Livorno Massa Carrara Cav. Lav. Dott. Piero Neri, il Prorettore per la ricerca applicata e il trasferimento tecnologico di Unipi, prof. Marco Raugi e il direttore generale di Confindustria Livorno Massa Carrara, dott. Umberto Paoletti.
I colleghi giornalisti sono invitati a partecipare alla conferenza stampa per la firma della convenzione, cliccando al link seguente:
Confindustria Livorno Massa Carrara ha inviato l'invito a questa riunione Webex.
Neanderthal, nuove ricerche in corso sull'Uomo di Altamura
La ricerca scientifica punta nuovamente i riflettori sull’Uomo di Altamura, il più completo scheletro di Neanderthal mai scoperto e uno fra i più antichi, risalente a circa 150mila anni fa. Rinvenuto nel 1993 in Puglia, nelle profondità della grotta carsica di Lamalunga in Alta Murgia, è tuttora imprigionato nella roccia a diversi metri di profondità, coperto di incrostazioni calcaree che ne rendono difficile l’osservazione. L’eccezionale reperto, testimonianza di un uomo preistorico precipitato in un pozzo naturale dove morì di stenti, è di fondamentale importanza per i ricercatori. È stato oggetto di un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell'Università e della Ricerca (MUR) e autorizzato dalla competente Soprintendenza Archeologica, che ha permesso una serie di indagini scientifiche condotte negli ultimi anni (2017-2020), i cui risultati iniziano ora a essere pubblicati su riviste internazionali.
Lo studio appena pubblicato su PLOS ONE si è occupato dei denti del Neanderthal di Altamura e del suo "apparato di masticazione" (mascella e mandibola). Lo hanno realizzato insieme l’Università di Firenze, la Sapienza Università di Roma e l’Università di Pisa “In situ observations on the dentition and the oral cavity of the Neanderthal skeleton from Altamura (Italy)”. I responsabili delle unità operative – che hanno operato in condizioni molto difficili - sono stati Jacopo Moggi Cecchi, antropologo dell’Ateneo fiorentino, Damiano Marchi (Università di Pisa) e Giorgio Manzi (Sapienza Università di Roma), che è anche il coordinatore del progetto complessivo del MUR.
Il gruppo di ricerca ha condotto una serie di osservazioni e rilevamenti sul posto, calandosi all’interno della grotta. “Grazie all’ausilio di sonde videoscopiche ad alta risoluzione (che dobbiamo alla collaborazione della Olympus Europa) – spiega Jacopo Moggi Cecchi - siamo riusciti a osservare le caratteristiche della dentatura e delle ossa mascellari, ottenendo nuove informazioni sull’età e lo stato di salute e confermando la presenza di caratteri tipici dei Neanderthal”.
“La presenza del terzo molare (il "dente del giudizio") e il grado di usura masticatoria indicano un individuo adulto, piuttosto avanti negli anni, ma non anziano. L'uomo doveva aver avuto qualche problema di salute; è stata infatti osservata la perdita di due denti prima della morte: uno lo aveva perso da diversi anni, l'altro in tempi successivi – aggiunge Giorgio Manzi -. È una delle rare volte nelle quali si osservano queste circostanze in un Neanderthal, visto che nella preistoria antica l’incidenza di problemi dentari era molto bassa”.
“Abbiamo anche effettuato – spiega Damiano Marchi responsabile del gruppo di ricerca dell'Università di Pisa di cui fa parte anche il professor Giovanni Boschian – una radiografia dei denti anteriori, utilizzando per la prima volta a questo scopo un apparecchio a raggi X portatile KaVo NOMAD Pro 2. In questo modo abbiamo così individuato una lesione nell’osso, alla base di un incisivo, che potrebbe essere dovuta a una forte stress non riconducibile all’alimentazione”. Tutto suggerisce insomma che lo stile di vita di quest’uomo del Paleolitico medio fosse già molto complesso.
Nuove acquisizioni su questo straordinario reperto potranno essere raggiunte con la pubblicazione delle altre ricerche in corso. Inoltre, molto di più è atteso con lo studio approfondito del reperto in laboratorio, quando saranno superate le difficili e insolite condizioni nelle quali i ricercatori devono ora operare all’interno della grotta, ossia quando sarà possibile estrarre le ossa di questo formidabile reperto dalle profondità del sistema carsico.