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Trovare una sistemazione in affitto nel mercato privato sarà più agevole anche “a distanza” per gli studenti universitari fuori sede che si iscrivono agli Atenei della Toscana, grazie al servizio “Cerco Alloggio” finanziato dalla Regione Toscana e dall’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario della Toscana.

Si tratta di un servizio concepito mediante applicazione web-based, raggiungibile dalla home page del sito istituzione dell’Azienda DSU Toscana www.dsu.toscana.it, per supportare gli universitari toscani nella ricerca di una sistemazione (posto letto e/o stanza e/o appartamento) nelle principali sedi di Ateneo di Firenze, Pisa e Siena,

L’emergenza sanitaria Covid ha indotto la società Apulia Student Service che ha sviluppato la piattaforma, ad introdurre nuovi strumenti che potessero continuare a garantire gli elevati standard di qualità e soddisfazione già raggiunti.

Pertanto i virtual tours degli alloggi da affittare, già presenti sul sito, si sono trasformati in vere e proprie visite guidate tramite un’app di call-conference che permette una full immersion guidata all’interno degli appartamenti.

Gli studenti possono verificare nel portale gli annunci e prendere visione di ogni ambiente interno, oltre le informazioni sull’ubicazione, sul costo della locazione, sui contatti dei proprietari, ed altri dettagli utili. Ogni alloggio presente sulla piattaforma, prima della sua “pubblicazione” sul portale, viene controllato dallo staff di Cerco Alloggio presente in ognuna delle città monitorate.

Tutti gli utenti registrati possono inoltre consultare la sezione “Modulistica” per scaricare i fac-simile dei contratti di locazione ed altre informazioni utili, ed inoltre, possono accedere alla funzionalità “Contratto digitale” per la compilazione semplificata del contratto di affitto e all’applicazione “Calcolo del canone concordato” per determinare il valore del canone per i contratti di locazione agevolati.

Con questo servizio gli studenti possono ricevere agevolmente una adeguata risposta ai propri bisogni abitativi, con una piattaforma che stimola anche i proprietari di casa a registrarsi e proporsi, potendo così fruire di un servizio qualificato di student housing che accorcia i tempi usualmente impiegati per la locazione del proprio immobile.

Una misura concreta che che facilita lo scambio di domanda e offerta di alloggio nelle città toscane sedi di Ateneo, spesso interessate da affitti a prezzi molto alti anche in assenza di regolari contratti di locazione.

http://www.cercoalloggio.com/toscana 

Un virus umano fino ad ora sconosciuto e possibile causa del cancro mammario umano è stato identificato in alcuni resti umani dell’Età del Rame e del periodo rinascimentale. La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista americana “Aging” ideato e condotto da Generoso Bevilacqua, già professore di Anatomia Patologica dell’Università di Pisa insignito dell’Ordine del Cherubino. La ricerca ha analizzato i resti di 36 individui vissuti fra il 2700 a.C. e il XVII secolo d.C. trovando in sei di essi tracce molecolari di un virus umano fino ad ora sconosciuto, un betaretrovirus molto simile all’MMTV (Mouse Mammary Tumor Virus), che è l’agente causale dei tumori mammari del topo.

“Convinto dell’eziologia virale della malattia umana, ma al contempo convinto che il virus del topo non potesse passare alla donna – racconta Bevilacqua - mi sono persuaso dell’esistenza di un virus umano simile e ho dedicato gli ultimi quindici anni della mia attività di ricerca a cercare di individuarlo”.

Una prima conferma dell’esistenza del virus è arrivata da uno studio che Bevilacqua ha condotto cinque anni fa sulla saliva umana, ovvero uno dei mezzi più comuni di trasmissione di malattie infettive. Un betaretrovirus simile al MMTV è stato identificato nel 10% di donne e uomini sani e nel 60% delle pazienti con cancro mammario.

“La lista dei tumori umani a origine virale è alquanto lunga: tumori delle alte vie respiratorie, dell’esofago, del fegato, forse della prostata, e anche linfomi e leucemie – sottolinea Bevilacqua - Per questo l’idea che anche i tumori della mammella possano farne parte non è affatto peregrina anche perché ad oggi non vi sono solide ipotesi alternative”.

Il passo successivo è stato quindi di ipotizzare che se il virus esiste nell’uomo moderno, doveva già esserci nei tempi antichi e da qui l’idea di cercarlo nel tartaro dei denti, che è un prodotto della saliva e che ha una composizione tale da preservare in modo ottimale i microorganismi presenti nella bocca e i loro acidi nucleici in particolare.

 

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La mandibola di uno dei crani studiati, le aree geografiche di provenienza dei 36 crani oggetto dello studio; i pallini rossi indicano i siti dove i casi positivi sono stati ritrovati

 

“Lo studio pubblicato su Aging suggerisce inoltre in qual modo l’MMTV murino abbia potuto trasferirsi nella specie umana diventando un betaretrovirus umano – conclude Bevilacqua. E’ ormai noto che i virus animali possono passare all’uomo mediante un “salto di specie”, che in genere si verifica in ambienti e periodi di stretta coabitazione fra animali e persone, come all’inizio della diffusione dell’agricoltura avvenuta circa 10mila anni fa nella cosiddetta “mezzaluna fertile”, il vasto territorio che va dalla Mesopotamia alla valle e al delta del Nilo. Qui l’abbondanza di vegetali rappresentò un ambiente particolarmente favorevole per i topi, e non solo, dando inizio alla loro coabitazione con l’uomo, in un ambiente di forte promiscuità”.

Il professor Bevilacqua, attualmente docente nel dottorato di ricerca in Scienze Cliniche e Traslazionali nell’Università di Pisa e direttore della Medicina di Laboratorio della Casa di Cura San Rossore, ha cominciato a studiare il modello di cancro mammario del topo indotto dall’MMTV 45 anni fa come allievo di Francesco Squartini, professore di Anatomia Patologica a Pisa, uno dei grandi esperti nello studio di questa malattia. Per lo studio pubblicato su Aging si è avvalso, per la raccolta dei 36 crani antichi, dell’aiuto di Gino Fornaciari, già Professore di Storia della Medicina nell’Ateneo pisano e uno dei padri della Paleopatologia, e di Pasquale Bandiera dell’Università di Sassari. Al fine di evitare qualsiasi possibilità di contaminazione con DNA del topo sono stati condotti meticolosi controlli e al fine di escludere la presenza di sequenze betavirali endogene umane (HERVs) è stato condotto un accuratissimo studio di bioinformatica grazie alle competenze specifiche di Enzo Tramontano, Professore di Virologia nell’Università di Cagliari, e della sua collaboratrice Nicole Grandi. Lo studio dei resti antichi si è avvalso anche del supporto di Giuseppe Naccarato, Valentina Giuffra, Antonio Fornaciari e Cristian Scatena del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie d’Università di Pisa. Gli studi molecolari sono stati svolti con la collaborazione di Chiara Maria Mazzanti, Francesca Lessi, e Paolo Aretini della Fondazione Pisana per la Scienza e di Prospero Civita del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Ateno pisano. Precedenti articoli sull’argomento hanno visto la collaborazione di Maria Adelaide Caligo, di Manuela Roncella e di Matteo Ghilli del centro di Genetica Oncologica e della Senologia dell’AOUP.

La scoperta del primo betaretrovirus umano, candidato ad essere la causa del cancro della mammella nella donna, apre alla possibilità di un vaccino, come è accaduto per l’HPV e il cancro del collo dell’utero.

Un virus umano fino ad ora sconosciuto e possibile causa del cancro mammario umano è stato identificato in alcuni resti umani dell’Età del Rame e del periodo rinascimentale. La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista americana “Aging” ideato e condotto da Generoso Bevilacqua, già professore di Anatomia Patologica dell’Università di Pisa insignito dell’Ordine del Cherubino. La ricerca ha analizzato i resti di 36 individui vissuti fra il 2700 a.C. e il XVII secolo d.C. trovando in sei di essi tracce molecolari di un virus umano fino ad ora sconosciuto, un betaretrovirus molto simile all’MMTV (Mouse Mammary Tumor Virus), che è l’agente causale dei tumori mammari del topo.

“Convinto dell’eziologia virale della malattia umana, ma al contempo convinto che il virus del topo non potesse passare alla donna – racconta Bevilacqua - mi sono persuaso dell’esistenza di un virus umano simile e ho dedicato gli ultimi quindici anni della mia attività di ricerca a cercare di individuarlo”.

Una prima conferma dell’esistenza del virus è arrivata da uno studio che Bevilacqua ha condotto cinque anni fa sulla saliva umana, ovvero uno dei mezzi più comuni di trasmissione di malattie infettive. Un betaretrovirus simile al MMTV è stato identificato nel 10% di donne e uomini sani e nel 60% delle pazienti con cancro mammario.

“La lista dei tumori umani a origine virale è alquanto lunga: tumori delle alte vie respiratorie, dell’esofago, del fegato, forse della prostata, e anche linfomi e leucemie – sottolinea Bevilacqua - Per questo l’idea che anche i tumori della mammella possano farne parte non è affatto peregrina anche perché ad oggi non vi sono solide ipotesi alternative”.

Il passo successivo è stato quindi di ipotizzare che se il virus esiste nell’uomo moderno, doveva già esserci nei tempi antichi e da qui l’idea di cercarlo nel tartaro dei denti, che è un prodotto della saliva e che ha una composizione tale da preservare in modo ottimale i microorganismi presenti nella bocca e i loro acidi nucleici in particolare.

“Lo studio pubblicato su Aging suggerisce inoltre in qual modo l’MMTV murino abbia potuto trasferirsi nella specie umana diventando un betaretrovirus umano – conclude Bevilacqua. E’ ormai noto che i virus animali possono passare all’uomo mediante un “salto di specie”, che in genere si verifica in ambienti e periodi di stretta coabitazione fra animali e persone, come all’inizio della diffusione dell’agricoltura avvenuta circa 10mila anni fa nella cosiddetta “mezzaluna fertile”, il vasto territorio che va dalla Mesopotamia alla valle e al delta del Nilo. Qui l’abbondanza di vegetali rappresentò un ambiente particolarmente favorevole per i topi, e non solo, dando inizio alla loro coabitazione con l’uomo, in un ambiente di forte promiscuità”.

Il professor Bevilacqua, attualmente docente nel dottorato di ricerca in Scienze Cliniche e Traslazionali nell’Università di Pisa e direttore della Medicina di Laboratorio della Casa di Cura San Rossore, ha cominciato a studiare il modello di cancro mammario del topo indotto dall’MMTV 45 anni fa come allievo di Francesco Squartini, professore di Anatomia Patologica a Pisa, uno dei grandi esperti nello studio di questa malattia. Per lo studio pubblicato su Aging si è avvalso, per la raccolta dei 36 crani antichi, dell’aiuto di Gino Fornaciari, già Professore di Storia della Medicina nell’Ateneo pisano e uno dei padri della Paleopatologia, e di Pasquale Bandiera dell’Università di Sassari. Al fine di evitare qualsiasi possibilità di contaminazione con DNA del topo sono stati condotti meticolosi controlli e al fine di escludere la presenza di sequenze betavirali endogene umane (HERVs) è stato condotto un accuratissimo studio di bioinformatica grazie alle competenze specifiche di Enzo Tramontano, Professore di Virologia nell’Università di Cagliari, e della sua collaboratrice Nicole Grandi. Lo studio dei resti antichi si è avvalso anche del supporto di Giuseppe Naccarato, Valentina Giuffra, Antonio Fornaciari e Cristian Scatena del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie d’Università di Pisa. Gli studi molecolari sono stati svolti con la collaborazione di Chiara Maria Mazzanti, Francesca Lessi, e Paolo Aretini della Fondazione Pisana per la Scienza e di Prospero Civita del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Ateno pisano. Precedenti articoli sull’argomento hanno visto la collaborazione di Maria Adelaide Caligo, di Manuela Roncella e di Matteo Ghilli del centro di Genetica Oncologica e della Senologia dell’AOUP.

La scoperta del primo betaretrovirus umano, candidato ad essere la causa del cancro della mammella nella donna, apre alla possibilità di un vaccino, come è accaduto per l’HPV e il cancro del collo dell’utero.

Tutto pronto per l'inizio del nuovo anno accademico. Mentre le iscrizioni procedono, i Dipartimenti dell'Università di Pisa hanno reso note le modalità di ripartenza dei vari Corsi di Laurea. Tutte le informazioni sono facilmente raggiungibili dal sito di Ateneo.

Agli studenti interessati a sapere se il proprio corso partirà "in presenza" o se si terrà inizialmente a distanza basterà, infatti, andare sulla pagina dedicata ai Corsi di Laurea (https://www.unipi.it/index.php/lauree ), selezionare il proprio corso e poi cliccare sulla tab: "Covid-19: cosa cambia".

46 piero paolicchiÈ scomparso il 4 agosto all’età di 80 anni Piero Paolicchi (foto a destra), già professore ordinario di Psicologia Sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche della nostra università. In pensione dal 2010, il professor Paolicchi si era laureato in Ateneo in Lettere Moderne nel 1962, quindi era stato associato a Scienze Politiche dal 1980 al 2000 ed aveva ricoperto l’incarico di direttore Centro di Ateneo di Formazione e Ricerca Educativa (CAFRE) dal 2001 al 2009. Alle molte pubblicazioni accademiche, il professor Paolicchi ha associato importanti collaborazioni internazionali, in particolare con il Cambridge Handbook of Sociocultural Psychology, ed una intensa attività di divulgatore con libri che lo hanno reso noto al grande pubblico come "Il fattore I — La teoria generale dell'imbecillità", "Homo Ethicus" e "La variabile G".

L’Ateneo si unisce al cordoglio per la sua scomparsa, i funerali del professor Paolicchi si svolgeranno oggi 5 agosto alle 16,30 nella Chiesa della Sacra Famiglia.

Pubblichiamo di seguito un ricordo del professor Paolicchi a firma dell’amico e collega Antonio Aiello, ordinario di Psicologia Sociale presso il dipartimento di Scienze Politiche del nostro Ateneo.

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Piero Paolicchi è stato Professore Ordinario di Psicologia Sociale a Pisa. Piero era un uomo sincero, schietto, arguto verso cui una distinzione tra il lato umano e quello del professore universitario costituirebbe una leggerezza imperdonabile. Un collega e amico di molti nella città e nella comunità accademica Pisana dove è stato attivo nella Scuola di Servizio Sociale prima e nella Facoltà di Scienze Politiche e Sociali poi, nonché in numerosi e qualificati Centri di Ricerca.

Piero affrontava con grande curiosità, grinta e interesse l’approccio verso i temi di ricerca applicata che l’hanno appassionato come psicologo sociale per oltre trent’anni, mai disgiunti da pari atteggiamento verso i suoi interlocutori, spesso oggetto delle sue stesse ricerche, gli studenti, le persone fragili, i cittadini. Piero credeva in una psicologia fuori da quei confini che le correnti dominanti nella letteratura suggerivano come mainstream; confini che credeva un dovere etico del ricercatore sociale dover varcare con determinazione e passione (ri)portando la psicologia nei contesti sociali e culturali della vita quotidiana, nelle scuole, nella comunità.

Animato dall'idea di dover studiare, comprendere e intervenire con proposte per soluzioni e cambiamenti nei processi delle convivenze, nella didattica, nei “rapporti diseguali” ha sempre preferenzialmente adottato metodi di ricerca qualitativi con l’intento di raggiungere la persona e i suoi ruoli - l’essere studente, genitore, cittadino - nei contesti dove tali processi hanno luogo.

Numerosi sono i contributi che Piero lascia ai suoi colleghi ricercatori, di spessore e livello, pubblicati a livello nazionale e internazionale grazie anche a qualificati contatti che vedono nella figura di Jerome Bruner una fra quelle certamente di richiamo e influenza maggiore; nei rapporti con i colleghi psicologi Piero credeva fermamente nel lavoro in Rete e questo ha contribuito anche a una sempre maggiore visibilità esterna della psicologia sociale dell’Università di Pisa. Parimenti, Piero non si è certamente distratto su quelli che amava definire i suoi interlocutori “non addetti ai lavori”, per cui il tradurre nel linguaggio quotidiano costrutti anche particolarmente complessi della psicologia sociale diventava la sfida delle parole, in una ricombinatoria per certi versi sorprendente nel contaminarsi con la preferenza accordata nelle sue ricerche al metodo narrativo e biografico.
Piero continuerà a esser produttivo nei lavori dei suoi molti allievi consapevoli della sfida di interpretare la psicologia sociale e le scienze sociali per la comunità come nelle sue prospettazioni. Piero ci ha quindi lasciati come ricercatore ma non certo con “pagine bianche” se non nelle righe intenzionalmente a disposizione dei suoi amici e colleghi e dei suoi molti apprendisti collocati, anche come professionisti, in quei molti contesti che Piero amava e frequentava come ricercatore sociale nella consapevolezza che una delle versioni migliori con cui guardare e interpretare questo ruolo fosse quello legato all’azione collettiva. Il passaggio di mano della sua penna consentirà dunque a mantenerlo vitale nei nostri ricordi ma soprattutto nelle parole che verranno dette e scritte come ricercatori, studiosi e professionisti del sociale.

Antonio Aiello

La pupilla è una finestra aperta sui nostri processi cerebrali e fisiologici, in grado di fornire un metodo oggettivo per misurare lo stato di coscienza e le sue alterazioni – spesso ritenuti impenetrabili – raggiunti attraverso la meditazione mindfulness. È questo il risultato di una ricerca condotta dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Firenze sul tema “Spontaneous pupillary oscillations increase during mindfulness meditation”, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista Current Biology.

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È ormai un dato di fatto che la meditazione sia in grado di esercitare una profonda influenza sulla funzionalità cerebrale e i risultati della nuova ricerca introducono la misura della pupilla come un nuovo strumento per studiare questi processi. Il grande vantaggio di questo approccio è la sua semplicità, che si combina con l’oggettività dei dati che restituisce. Una delle grandi barriere nello studio dell’uomo risiede infatti nella difficoltà di studiare i processi senza disturbarli. Ad esempio, durante la meditazione, è molto difficile misurare la percezione e il comportamento con domande dirette che, per definizione, interromperebbero l’attività di meditazione. Al contrario, la misura della pupilla avviene automaticamente, e fornisce un dato oggettivo in grado di distinguere una persona che sta meditando da una che si sta semplicemente rilassando e ascoltando della musica.

“La pupilla è l’apertura attraverso cui la luce entra nell’occhio – spiega la professoressa Paola Binda dell’Università di Pisa, senior author del lavoro – A lungo si è pensato che la sua grandezza fosse regolata solo in base alla quantità di luce: più piccola quando c’è tanta luce, più grande quando ce n’è poca, come capita al diaframma delle macchine fotografiche. Tuttavia, le ricerche del nostro e di altri laboratori hanno rivelato che la grandezza della pupilla è regolata anche da una moltitudine di altri fattori: percettivi, cognitivi, fisiologici”.

La ricerca appena pubblicata su Current Biology si è focalizzata sulle variazioni spontanee del diametro pupillare: “Quando la luce è costante, la pupilla si costringe ogni pochi secondi e poi torna a dilatarsi, in modo ciclico – aggiunge il professor David C. Burr dell’Università di Firenze, corresponding author del lavoro – Apparentemente casuali, queste variazioni sono in realtà cariche di significato fisiologico, visto che in precedenti ricerche abbiamo trovato che la loro ampiezza si correla con la plasticità del cervello, quindi con la nostra capacità di apprendere e di adattarci al nostro ambiente. Di qui l’idea di misurare queste variazioni in una situazione molto particolare dal punto di vista percettivo e cognitivo: durante la meditazione”.

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Da sinistra: Antonella Pomè, Paola Binda e David Burr.

Completano il team di ricerca la dottoressa Antonella Pomè dell’Università di Firenze, che ha partecipato alla ricerca durante la sua formazione nel XXXII ciclo del dottorato toscano di Neuroscienze, e la studentessa Annalisa Capuozzo che l’ha seguita per la sua tesi di laurea magistrale in Psicologia. “Un gruppo di volontari che avevano precedentemente ricevuto un training specifico nella "mindfulness meditation" si è prestato ad eseguire una breve sessione di meditazione (a occhi aperti), indossando un paio di occhiali in grado di registrare il diametro delle loro pupille – racconta la dottoressa Pomè – I risultati dimostrano un notevole aumento della motilità delle pupille durante la meditazione, rispetto al periodo precedente e seguente”.

La ricerca è frutto di una rete di eccellenza che coinvolge i due atenei toscani e altrettanti progetti finanziati dalla Commissione Europea: il progetto Pupiltraits (finanziato con circa 1.5 milioni di euro per una durata di 5 anni), ospitato all’Università di Pisa e coordinato dalla professoressa Paola Binda, e il progetto GenPercept (finanziato con circa 2.5 milioni di euro per una durata di 5 anni,) ospitato all’Università di Firenze con titolare il professor David C. Burr.

populismi coverNell’ambito di un dialogo scientifico interdisciplinare che ha coinvolto due Progetti di Ricerca di Ateneo sul tema del populismo all’interno del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere e del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, si segnala l’uscita del volume a cura di Antonio Masala e Lorenzo Viviani dal titolo “L'età dei populismi. Un'analisi politica e sociale”, Carocci, Roma, 2020.

Il volume affronta la questione del populismo e le sue implicazioni in riferimento alle trasformazioni delle democrazie e delle società contemporanee. La prospettiva interdisciplinare adottata non si concentra sull’ampia fenomenologia di casi di populismo, ma tesse la trama dei cambiamenti storico-politici e sociali con cui si misurano le liberal-democrazie in una fase di ridefinizione degli attori, dei luoghi, dei tempi e dei linguaggi della politica.

Attraverso un dialogo serrato tra filosofia, storia e sociologia politica ne viene proposto un inquadramento teorico, con un’analisi critica dei diversi approcci interpretativi disponibili, esaminandone le sfide in termini di ideologia e di strategia e retorica politiche. Ampio spazio viene dedicato al rapporto tra populismo, democrazia liberale, rappresentanza politica e crisi dei partiti tradizionali. Si affronta inoltre la sua relazione con la scienza, con le nuove tecnologie e con il complesso sistema della comunicazione, in particolare quella digitale. Il volume si articola in quattro parti, di cui la prima dedicata a “Populismi, democrazia, ideologia”, la seconda a “Populismi, politica, storia”, la terza a “Populismi, comunicazione, scienza”, la quarta a “Populismi, partiti, immigrazione”.

Studiare i populismi richiede anche di analizzare come varia la struttura delle opportunità politiche in ragione delle fasi di transizione che accompagnano i processi di modernizzazione e di trasformazione delle basi sociali delle democrazie. Nella relazione fra itinerari della modernizzazione e diverse traiettorie della democrazia, si creano infatti possibili crisi nel processo di legittimazione dell’autorità politica. L’insorgere dei populismi esprime dunque una frattura politica che può emergere proprio all’interno delle trasformazioni della democrazia laddove si incrinano i processi di riconoscimento, di fiducia, di lealtà nei confronti delle forme della rappresentanza politica, il cuore della democrazia liberale.

Lungi dall’essere un “prodotto finito”, la democrazia è infatti un processo che si compone di una continua ridefinizione degli attori, dei contenuti e delle forme delle sue due componenti: la democrazia nel suo funzionamento procedurale e la democrazia come progetto di trasformazione della società.

Il primo dottorato di questa tematica prende avvio con la firma della convenzione tra Cnr, Sapienza Università di Roma, Politecnico di Torino, Università Campus Bio-Medico di Roma, Università di Napoli “Federico II” e Università di Pisa. Il Mur ha costituito presso il Cnr un Comitato per elaborare una strategia unitaria e realizzare un coordinamento nazionale. Il PhD-AI.it prenderà avvio con l’anno accademico 2021/2022, sono già disponibili 194 borse. Si stima che il settore porterà entro il 2030 ad una crescita del 16% del Pil mondiale e avrà un impatto sul 70% delle aziende. Il mercato in Italia è agli albori, ma siamo al decimo posto mondiale come numero di pubblicazioni e al quinto come impatto scientifico

Prenderà avvio con l’anno accademico 2021/2022 il primo Dottorato nazionale in Intelligenza artificiale coordinato da CNR e Università di Pisa e istituito con una convenzione firmata, oltre che dall’Ateneo pisano, anche da Sapienza Università di Roma, Politecnico di Torino, Università Campus Bio-Medico di Roma e Università di Napoli “Federico II”.

“L'intelligenza artificiale rappresenta uno dei settori ad alto impatto che condizioneranno la competitività dei Paesi nel prossimo futuro. Su questo l'Italia deve investire per avere un ruolo internazionale ed essere in grado di competere sulle tecnologie avanzate. Il dottorato nazionale in Intelligenza artificiale è il primo passo verso questa direzione", afferma Gaetano Manfredi, ministro dell'Università e della ricerca.

"Poter avere un ruolo attivo nello sviluppo delle strategie nazionali, coordinando insieme al CNR il Dottorato nazionale in Intelligenza Artificiale, ci riempie d’orgoglio – ha commentato il Rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella – Del resto, l’Università di Pisa ha una solida tradizione di ricerca e formazione in ambito ICT: abbiamo da poco celebrato i 50 anni dall’istituzione proprio a Pisa del primo corso di laurea italiano in Informatica. Con questa nuova avventura, contiamo di dare un contributo concreto al nostro Paese per sfruttare appieno le opportunità offerte dall’Intelligenza Artificiale e vivere presto una nuova stagione di crescita e di sviluppo".

L’Intelligenza artificiale (Ai) è il pilastro di una nuova rivoluzione industriale che, secondo la Commissione Europea, avrà lo stesso impatto di trasformazione sulla società e l’industria prodotto in passato dal motore a vapore e dall'elettricità. Il McKinsey Global Institute stima che entro il 2030 l’AI porterà ad una crescita del 16% del PIL mondiale e avrà un impatto sul 70% delle aziende. Complessivamente, il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia è agli albori, con una spesa in tecnologie nel settore di poche centinaia di milioni di euro l’anno. Questi dati sono in linea con lo studio McKinsey sul livello di “prontezza” (AI readiness) delle varie nazioni all’utilizzo dell’Ai, che ci colloca tra i paesi che al momento mostrano una “moderata” capacità di sfruttare i benefici economici che derivano da quest’innovazione, ma con un potenziale ampiamente positivo, soprattutto se le tecnologie saranno sfruttate in settori industriali strategici per il Paese quali il manifatturiero, la robotica industriale e di servizio e l’agroalimentare.

A questo scopo il Mur ha costituito presso il Cnr un Comitato con il compito di elaborare la strategia italiana nell’alta formazione per l’Ai e ha finanziato con 4 M€ il CNR e con 3,85 M€ l’Università di Pisa al fine di implementare la strategia elaborata dal Comitato per dar vita al Dottorato Nazionale in Intelligenza Artificiale. L'obiettivo è quello di creare un sistema competitivo su scala mondiale e in grado non solo di trattenere in Italia i nostri migliori laureati, ma anche di attrarre talenti dagli altri Paesi.

Il primo risultato del Comitato è la convenzione appena firmata per istituire un Dottorato nazionale in Intelligenza artificiale (PhD-AI.it) che, con il coordinamento del CNR e dell’Università di Pisa, si articolerà in cinque corsi, promossi sul territorio nazionale da raggruppamenti di università ed enti pubblici di ricerca, ciascuno coordinato da un’università capofila:

PhD-AI.it: Area salute e scienze della vita, coordinato dall’Università Campus Bio-Medico di Roma;
PhD-AI.it: Area agrifood e ambiente, coordinato dall’Università degli Studi di Napoli Federico II;
PhD-AI.it: Area sicurezza e cybersecurity, coordinato da Sapienza Università di Roma;
PhD-AI.it: Area industria 4.0, coordinato dal Politecnico di Torino
PhD-AI.it: Area società, coordinato dall’Università di Pisa.

Oltre alle università capofila e al Cnr parteciperanno ai cinque corsi del PhD-AI.it altre università ed enti di ricerca italiani, selezionati mediante una chiamata aperta che verrà lanciata nel mese di settembre. L’obiettivo è chiamare a raccolta tutte le risorse nazionali per perseguire l’eccellenza scientifica e, allo stesso tempo, garantire un’ampia e qualificata copertura delle università ed enti di ricerca nazionali.

I dottorandi del PhD-AI.it riceveranno sia una “formazione orizzontale”, sugli aspetti fondazionali dell’Ai, comune tra i cinque corsi, sia una “formazione verticale”, relativa alla propria area di specializzazione. Il Dottorato nazionale in Intelligenza artificiale sarà coordinato dal Consiglio di Coordinamento Nazionale, che promuoverà, integrerà e coordinerà le attività formative comuni tra le diverse sedi.

Il PhD-AI.it prenderà avvio con l’anno accademico 2021/2022 (37° ciclo). Per i primi due cicli (37° e 38°), sono già disponibili, complessivamente, 194 borse (97 cofinanziate dal CNR e 97 cofinanziate dal ministero attraverso l’Università di Pisa), per un investimento complessivo che, col co-finanziamento degli atenei, supera i 15 milioni di euro. Il bando di ammissione al PhD-AI.it verrà pubblicato agli inizi del 2021 e i corsi avranno inizio a novembre 2021.

Uno studio sui lavori scientifici nel settore dell’AI, basato su dati Scopus di Elsevier, posiziona l’Italia al decimo posto a livello mondiale come numero di pubblicazioni. Analizzando però il loro impatto scientifico vediamo che l’Italia si colloca al quinto posto. “L’Italia può sicuramente contare su un grande punto di forza: la qualità della sua ricerca scientifica. Il nuovo dottorato nazionale in Intelligenza artificiale nasce da una forte sinergia tra il Cnr e l’università e mette a sistema le migliori competenze nazionali. L’Italia deve ripartire dalla ricerca, digitale e intelligenza artificiale sono cruciali per il futuro del paese”, conclude il presidente del Cnr, Massimo Inguscio.

 

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