A Pisa il centro su Cloud Computing e Big Data
L'Università di Pisa e Microsoft Italia lanciano "Cloud OS Immersion", un nuovo centro di competenza e laboratorio per far toccare con mano ai giovani, alle aziende e ai professionisti italiani i vantaggi delle nuove tecnologie integrate nel Sistema Operativo della Cloud. Il nuovo centro intende facilitare l'incontro con la tecnologia e favorire il dialogo e la condivisione di esperienze tra gli esperti Microsoft, i ricercatori universitari, gli studenti, le aziende e gli operatori di canale, per mettere a fattor comune le conoscenze su Cloud Computing e Big Data.
Il centro si propone inoltre quale punto di riferimento per IT Pro, operatori di canale e decisori aziendali su tematiche, quali IT management e automation, virtualizzazione, cloud privato, pubblico e ibrido, applicazioni mobile e social, big data, open data e analytics, e in generale "IT as a Service". La filiera dell'information technology beneficerà di una grande opportunità di formazione, ma anche di business entrando in contatto con aziende interessate alle nuove tecnologie e dando vita insieme ad esse a progetti di innovazione, a conferma dell'impegno costante di Microsoft per il proprio ecosistema di partner.
Attraverso il centro si intende inoltre formare i professionisti di domani, offrendo ai giovani la possibilità di acquisire capacità tecniche largamente richieste nel mondo professionale, in modo da facilitarne l'inserimento nel mercato del lavoro. Microsoft metterà a disposizione le proprie competenze nell'ambito del Cloud Computing e delle imprese per contribuire a fornire, insieme ad altre realtà industriali e non, formazione sulle tecnologie cloud all'interno della didattica universitaria.
Capitalizzando le precedenti esperienze "Private Cloud Immersion" e "Transform the Datacenter Immersion", messe in pista negli scorsi mesi da Microsoft proprio con l'obiettivo di promuovere l'innovazione e apprezzate dalle aziende per la capacità di offrire consulenza su misura, il nuovo centro di Pisa intende andare oltre, per esplorare nuovi temi e raggiungere nuove basi geografiche. Pisa rappresenterà l'apripista e il fulcro di un modello a raggiera attraverso il quale l'esperienza delle sessioni interattive e dell'immersione negli scenari applicativi verrà riproposta in altri centri universitari o presso partner e aziende clienti su tutto il territorio nazionale. Presupposto dell'ampia portata delle attività del nuovo centro, l'abilità dell'Università di Pisa di far rete a livello istituzionale e con altri protagonisti del sistema universitario, e la capacità di networking di Microsoft con le community degli sviluppatori e gli operatori ICT.
"In un momento così difficile per l'Italia - ha dichiarato il professor Antonio Cisternino, dell'IT Center dell'Università di Pisa - le tecnologie dell'informazione possono contribuire a dare uno slancio all'economia del Paese, e l'università può dare il suo contributo, affiancando alla formazione di solide basi concettuali, occasioni per approfondire gli aspetti tecnologici e industriali, offrendo percorsi più completi e luoghi di incontro tra studenti, professori, industria locale e nazionale".
"Siamo entusiasti di dar vita a un centro di competenza che intende fare dell'approccio esperienziale il proprio punto di forza - ha dichiarato Luca Venturelli, direttore della Divisione Server & Cloud di Microsoft Italia - poiché siamo convinti che sia questo ciò di cui il Paese ha bisogno: far toccare con mano le opportunità offerte dal Cloud Computing e dalle nuove tecnologie per promuovere l'innovazione a tutti i livelli, all'interno della filiera ICT, nel mondo delle aziende e tra i giovani. Capitalizzando sulla consolidata partnership con un polo d'eccellenza come l'Università di Pisa e facendo rete con le istituzioni e le community, potremo mostrare alle imprese scenari applicativi ad hoc offrendo consulenza su misura e, al contempo, formare studenti e partner favorendo il loro incontro con il mondo delle aziende per far decollare insieme progetti d'innovazione a supporto della competitività del territorio".
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I bambini dei Medici affetti da rachitismo
La vita al chiuso nelle bellissime dimore rinascimentali e l'allattamento prolungato condizionarono la buona salute dei bambini di casa Medici.
Uno studio condotto sui resti scheletrici di nove piccoli principi fiorentini vissuti tra il XVI e il XVII secolo dimostra che i bambini della potente famiglia di regnanti toscani erano affetti da rachitismo, una patologia causata dalla carenza di vitamina D che provoca l'indebolimento e la deformazione delle ossa. Lo studio è stato condotto da un'equipe di ricercatori dell'Università di Pisa guidati dal professor Gino Fornaciari, direttore della Divisione di Paleopatologia, i cui risultati sono stati pubblicati in un articolo uscito sull'"International Journal of Osteoarchaeology".
Il rachitismo è considerato una malattia dell'industrializzazione, solitamente associato con condizioni di vita precarie in città sovraffollate, dove l'esposizione al sole era molto limitata. Ma i bambini dei Medici - dai neonati fino ai 5 anni di età - appartenevano a una classe sociale elevata e perciò è stato piuttosto inaspettato scoprire che fossero affetti da questa patologia.
I resti dei bambini sono stati riesumati dalle Cappelle Medicee nella Basilica di San Lorenzo a Firenze; la cripta che conteneva le loro sepolture è stata scoperta nel 2004 attraverso un passaggio sotto un disco di marmo, considerato fino allora un semplice elemento decorativo del pavimento, che in realtà nascondeva l'accesso ad una camera sotterranea sconosciuta.
L'esame sia macroscopico che radiologico delle ossa ha mostrato che sei dei nove bambini presentano segni evidenti di rachitismo, in particolare un incurvamento delle ossa degli arti superiori e inferiori, risultanti rispettivamente dalle attività di gattonamento e deambulazione su ossa estremamente malleabili. Uno dei bambini, Filippo (1577-1582), noto come don Filippino, mostra anche un anomalo allargamento della teca cranica, sempre conseguente al rachitismo.
Ma l'aspetto più sorprendente è che la malattia fosse il risultato dello stile di vita privilegiato in cui furono allevati i bambini.
Il rachitismo si previene facilmente mangiando cibi come uova e formaggio e trascorrendo un po' di tempo al sole, che stimola la sintesi della vitamina D attraverso la cute. Per indagare l'alimentazione di questi bambini i ricercatori hanno analizzato l'isotopo dell'azoto 15N nel collagene delle ossa, che è un indicatore dell'assunzione di proteine nella dieta attraverso il latte e la carne. Dallo studio paleonutrizionale è emerso che i bambini erano stati allattati fino ai due anni di vita, una pratica tradizionale in epoca rinascimentale. Il latte materno, pur essendo il miglior nutrimento per i neonati, è carente di vitamina D, tanto che oggi se ne raccomanda l'integrazione alimentare. Le fonti storiche suggeriscono che in epoca rinascimentale il latte materno era integrato con pappe preparate con pane e mele; ma i cereali sono molto poveri di vitamina D, mentre la frutta non ne contiene affatto.
Inoltre, nel XVI secolo, era usanza diffusa avvolgere i bambini in pesanti fasce e i piccoli Medici probabilmente dovevano passare gran parte del loro tempo all'ombra dei grandi palazzi e delle lussuose ville di proprietà della famiglia, e dunque non avevano modo di trascorrere molto tempo all'aria aperta e di esporsi alla luce solare come i loro coetanei meno fortunati.
Tra i bambini dei Medici, anche due neonati mostrano segni di rachitismo. I ricercatori ipotizzano che le stesse madri soffrissero di carenza di vitamina D a causa delle loro ripetute gravidanze; ad esempio Eleonora di Toledo (1522-1562), moglie di Cosimo I, mise al mondo ben 11 bambini in 14 anni. Nel Rinascimento l'ideale di bellezza femminile imponeva un incarnato pallido e le donne di alto rango, per distinguersi dalle contadine che si abbronzavano la pelle durante i lavori nei campi, evitavano l'esposizione al sole, usando anche un pesante trucco, per mantenere la pelle bianchissima.
Dunque questi due fattori legati allo stile di vita, ossia l'allattamento prolungato e una vita al chiuso, sono da considerare i responsabili della patologia che afflisse i piccoli principi di casa Medici.
Guarda il video Exploring Gian Gastone de' Medici's tomb
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I radar 'verdi' che non emettono onde elettromagnetiche
Non emettono onde elettromagnetiche, non inquinano e per funzionare usano i segnali già presenti nell'ambiente. Sono queste le caratteristiche dei "passive radar", una tecnologia in cui Pisa è all'avanguardia grazie al lavoro congiunto del Laboratorio Radar dell'Università di Pisa e dal Laboratorio Nazionale Radar e Sistemi di Sorveglianza (RaSS) del CNIT (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni).
Gli impieghi potenziali dei radar passivi sono moltissimi e fra le ultime applicazioni in ordine di tempo ci sono quelle studiate nel progetto triennale HABITAT (Harbour Traffic Optimization System) di cui è coordinatore scientifico il professor Fabrizio Berizzi del Laboratorio radar dell'Ateneo pisano. HABITAT, che giungerà a conclusione a fine 2013, è finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) ed ha l'obiettivo di migliorare i sistemi di controllo del traffico portuale e costiero.
"La totale assenza di emissioni radio che caratterizzano la famiglia dei radar passivi – ha spiegato il professor Fabrizio Berizzi - dà la possibilità di realizzare un sistema integrato per il monitoraggio del territorio estremamente compatibile con l'ambiente. Il principio base è infatti quello di riutilizzare le onde radio già presenti per altri scopi e riciclarle al fine di realizzare la funzionalità radar".
Questo genere di sistema di sorveglianza, sebbene passivo, è infatti in grado di offrire tutti i vantaggi caratteristici dei radar convenzionali, quindi una capacità di costante monitoraggio, sia di giorno che di notte ed indipendentemente dalle condizioni meteorologiche. I segnali tipici da sfruttare sono quelli della televisione digitale terrestre (DVB-T), della telefonia mobile (3G-UMTS) oppure quelli delle trasmissioni televisive satellitari (DVB-S).
Il gruppo di ricerca pisano è attivo nel settore dei radar passivi sin dal 2007 e nel 2009 ha sperimentato questa tecnologia per la prima volta in Italia monitorando il traffico urbano grazie ad un dimostratore realizzato ad hoc (nella foto: il dimostratore pisano e alcuni componenti del gruppo di ricerca sul radar passivo, da sinistra verso destra, Christian Moscardini, Amerigo Capria e Michele Conti).
"Una delle peculiarità del sistema che abbiamo messo a punto – ha detto Amerigo Capria ricercatore del CNIT - è il totale impiego di soluzioni commerciali a basso costo per cui i costi finali del nostro dimostratore non raggiungono i 4.000 euro al contrario dei sistemi radar classici i cui costi vanno normalmente dalle centinaia di migliaia di euro fino ad alcuni milioni".
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Concerto di primavera
L'associazione studentesca "Gruppo Universitari San Frediano" organizza per venerdì 14 giugno 2013 nel giardino della chiesa di San Frediano(ingresso via Paoli) il "Concerto di Primavera", con musica, barbecue, presentazione del campo estivovento. L'evento è realizzato con il patrocinio del consiglio degli studenti dell'Università di Pisa.
Info
Sito web: http://grusf.it/
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Secrets of pre-Columbian mummies at the Museum of Human Anatomy
Secrets of pre-Columbian mummies preserved at the "Filippo Civinini" Museum of Human Anatomy of the University of Pisa (Department of Translational Research and New Technology in Medicine and Surgery) will soon be revealed by an international research team. Thanks to an agreement with the University of Huddersfield (UK), signed last February, pre-Columbian remains dating back 700 years, which can be traced to the Chimù and Chancay cultures, will be analysed with modern investigative techniques. Such techniques will be able to establish the cause of death and reveal details of the traditions and life-habits of these cultures.
The study will be led by Professor Stefano Vanin (together with two of his collaborators) from the University of Huddersfield. They will carry out an entomological analysis on the abovementioned remains. Vanin has, in fact, collected parasites and other insects which colonised the bodies before and after death which will be analysed and classified. In this way, it will be possible to offer information on the social characteristics and health of these particular groups of Peruvian people who lived long ago. Some results have already been noted. "Our initial observations allowed us to identify a flea and some lice," announces Professor Gianfranco Natale, Professor of Human Anatomy at Pisa University and director of the museum. "Thanks to this study we will be able to establish if the bacillus of the plague was present in the American continent also during the pre-Columbian epoch."
There are three pre-Columbian mummies at the Museum of Human Anatomy. One is a child and the other two are male adults. They arrived in Pisa during the second half of the eighteen hundreds. They were carried inside characteristic 'fardos', cloth wrappings of varying layers into which bodies (in the fetal position) were laid. These corpses were bundled up in layers of cloth which contained objects of daily life such as shoes, metal objects and also food fragments.
The story of their arrival in Pisa is fascinating. The mummies and the strongboxes containing artefacts for funereal rites (which today are preserved at the museum) are part of the remains collected in South America by Carlo Regnoli (1838-1873), a Pisan medical doctor and Professor of Ophthalmology. He distinguished himself in a number of ways. As a medical doctor he took part in the Third Italian War of Independence by curing wounded soldiers. Being fond of archeology, he carried out research both in Egypt and in South America. In 1869 he went on an important expedition in Peru from where he brought back pre-Columbian vases, botanical remains, mummy exemplars and artefacts for funereal rites, which he later donated to the Museum of Human Anatomy.
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The museum, established by Filippo Civinini during the 1830's, hosts around 3,400 exhibits subdivided into medical collections to which the pre-Columbian and Egyptian archeological collections have been added. As well as the mummies, the most interesting pre-Columbian remains preserved in Pisa are the 121 vases belonging to the pre-Inca culture, a basket, votive objects and an 'antara', a terracotta musical instrument. Further pre-Columbian items are preserved in thirty-six elegant glass ampoules containing fragments of vases, shells and, above all, plant remains.
Other remains are preserved in five wooden strongboxes. These include skulls, artefacts for funereal rites (utensils, bowls, cloth, plant remains) as well as various 'fardos' which will assuredly be of great interest to medical and scientific research.
Even more striking is an impressive collection of heads from a family whose members were decapitated. Some scalps have also been preserved.
Inside one of the many pre-Columbian skulls a small page was found which made reference to a 'Botica y Drogueria del Ynca by Abbondio Roncoroni, Cordoba'. This brief text recounts the dramatic story of a person to whom the skull belonged. "This skull belongs to Cacicco Canepan who died in the "Paso de los Poleos" zone, Rio 4th, Province of Cordoba in the Argentinian Republic. The 9th Cavalry Regiment killed him. It was commanded by Commander Don Isidro Sora in the month of March of the year 1869. He belongs to the tribe of Rauqueles Indians." Probably Regnoli bought this skull at an archeological market in Cordoba.
I segreti delle mummie precolombiane del Museo di Anatomia umana
I segreti delle mummie precolombiane conservate nel Museo di Anatomia umana "Filippo Civinini" dell'Università di Pisa (Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia) saranno presto svelati da un team internazionale di ricerca. Grazie a un accordo con la University of Huddersfield (Regno Unito) firmato lo scorso febbraio, i resti precolombiani risalenti a circa 700 anni fa e riconducibili alle culture Chimù e Chancay saranno analizzati con moderne tecniche d'indagine in grado di stabilire le cause della morte e rivelare dettagli sulle loro tradizioni e abitudini di vita.
Lo studio sarà condotto dal professor Stefano Vanin della University of Huddersfield insieme a due sue collaboratrici, che effettueranno sui resti analisi di carattere entomologico: Vanin ha infatti raccolto parassiti e altri insetti presenti sui corpi prima e dopo la morte che saranno analizzati e classificati. In questo modo sarà possibile dare informazioni anche sulle caratteristiche sociali e sullo stato di salute dell'antica popolazione peruviana. E già arrivano i primi risultati: "Le prime osservazioni hanno permesso d'individuare una pulce e alcuni pidocchi – annuncia il professor Gianfranco Natale, docente di Anatomia umana dell'Ateneo e direttore del museo – Grazie a questo studio, si potrà stabilire se il bacillo della peste era presente nel continente americano anche in epoca precolombiana".
Le mummie precolombiane del Museo di Anatomia umana sono tre (un bambino e due maschi adulti) e sono arrivate a Pisa nella seconda metà dell'Ottocento all'interno dei caratteristici fardos, contenitori di stoffa a vari strati in cui venivano riposti i corpi in posizione fetale. I defunti venivano fasciati in strati di tessuto che contenevano oggetti della vita quotidiana, come scarpe o oggetti di metallo, e anche frammenti di cibo.
Molto affascinante è la storia del loro arrivo a Pisa: le mummie e le casse contenenti i corredi funerari oggi conservati nel museo fanno parte dei reperti raccolti in Sudamerica da Carlo Regnoli (1838-1873), medico pisano e docente di Oftalmoiatria che si distinse su vari fronti: come medico partecipò alla Terza Guerra d'Indipendenza curando i militari feriti e, appassionato di archeologia, compì ricerche sia in Egitto che in Sudamerica. Nel 1869 effettuò un'importante spedizione in Perù da dove riportò i vasi precolombiani, resti botanici, gli esemplari di mummie e i corredi funerari, poi donati al Museo di Anatomia Umana.
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Istituito da Filippo Civinini intorno agli anni '30 dell'Ottocento, il museo raccoglie circa 3400 preparati suddivisi in collezioni di carattere medico, a cui si aggiungono le collezioni archeologiche egizie e precolombiane. Oltre alle mummie, tra i reperti precolombiani più interessanti sono conservati a Pisa 121 vasi appartenenti alle culture preincaiche, un cestino di fibra vegetale, oggetti votivi e un'antara, uno strumento musicale di terracotta. Altro materiale precolombiano è conservato in trentasei eleganti ampolle di vetro che contengono frammenti di vasi, conchiglie, ma soprattutto resti vegetali.
In cinque casse di legno sono conservati altri reperti tra cui crani, corredi funerari (utensili, ciotole, stoffe, altri resti vegetali), nonché diversi fardos che rivestono sicuramente un interesse medico-scientifico. Più impressionante, invece, è una collezione di teste provenienti da una famiglia i cui membri furono decapitati. Si conservano, infine, alcuni scalpi. All'interno di uno dei numerosi crani precolombiani è stato ritrovato un foglietto con un'intestazione di una Botica y Drogueria del Ynca, da Abbondio Roncoroni, Córdoba.
Il breve testo racconta la drammatica storia della persona a cui apparteneva il cranio: "Questo Craneo è del Cacicco Cañepan morto nel «Paso de los Poleos» dep.to Rio 4°, Provincia di Córdoba nella Repubblica Argentina. Lo uccise il Reg.to di Cav.ria N. 9 comandato dal Com.te Don Isidro Sora nel mese di marzo dell'anno 1869. Appartiene alla tribù degli Indii Rauqueles". Probabilmente Regnoli acquistò questo cranio in un mercato archeologico di Cordoba.
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La Commissione Europea seleziona il 3milionesimo studente Erasmus
Nell'anno accademico 2012/2013, gli studenti Erasmus raggiungeranno quota 3 milioni. Per festeggiare questo importante traguardo, la Commissione Europea selezionerà il 3 milionesimo studente Erasmus di ciascun Paese partecipante al Programma di mobilità.
I ragazzi individuati saranno invitati a rappresentare la propria Nazione in occasione dei festeggiamenti che avranno luogo a Bruxelles.
Gli studenti selezionati dovranno essere disponibili a rilasciare interviste sulla loro esperienza di formazione all'estero e potranno essere invitati a partecipare ad attività organizzate a livello nazionale. Le loro immagini saranno pubblicate nel sito della Commissione Europea. Nelle procedure di selezione, la Commissione sarà affiancata dal Consiglio Internazionale dell'Erasmus Student Network.
È possibile presentare la propria candidatura via internet, nel sito dell'International Exchange Erasmus Student Network entro il 23 giugno 2013.
La professoressa Elisabetta Catelani tra i 35 saggi scelti da Letta
C'è anche una docente dell'Università di Pisa nella commissione di 35 saggi nominati dal presidente Enrico Letta per lavorare alle modifiche della Costituzione. Elisabetta Catelani, docente di Diritto costituzionale dell'Ateneo, farà parte della commissione di esperti di diritto che elaboreranno proposte per le riforme della Carta. Elisabetta Catelani si è laureata in Giurisprudenza all'Università di Firenze nel 1983 discutendo la tesi in Diritto costituzionale dal titolo "La giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di rilevanza nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale negli anni 1978/1982". Dopo essere stata ricercatrice dell'ateneo fiorentino, nel 1996 ha vinto il concorso come docente associato all'Università di Pisa. Nell'ottobre 2000 è diventata professore ordinario di Diritto costituzionale presso la facoltà di Economia e da settembre 2004 insegna "Istituzioni di Diritto pubblico". Dopo la riforma dello Statuto dell'Università entrata in vigore nel settembre 2012, afferisce al dipartimento di Giurisprudenza.
Tra i 35 saggi nominati da Letta ci sono anche due giuristi laureati all'Università di Pisa e che adesso insegnano in altri Atenei: Stefano Ceccanti, oggi professore ordinario di Diritto comparato a Roma, e Mario Chiti, ordinario di Diritto amministrativo all'Università di Firenze.
«Quel ritratto che mi fece Franco Fortini»
A cinque anni dalla scomparsa di Carlo Madrignani, storico della letteratura e professore all'Università di Pisa, esce il volume "Verità e visioni. Poesia, pittura, cinema, politica di Carlo A. Madrignani" (ETS, 2013) a cura di Alessio Giannanti e Giuseppe Lo Castro con un saggio introduttivo di Antonio Resta.
Il libro raccoglie una serie di saggi di Carlo Madrignani su poesia, pittura, cinema e politica, sparsi in riviste, miscellanee e cataloghi. Scritti d'occasione e poco noti, esterni agli interessi più immediati dell'autore, che si incentravano in particolare sulla narrativa dell'Ottocento. Il brano che qui proponiamo è un commento di Madrignani sul ritratto che gli fece Franco Fortini, uno schizzo eseguito su "un cartoncino di scarto (sul retro si legge un invito ad una conferenza universitaria) nelle more di una congrega accademica".
IL RITRATTO
I ritratti mi suscitano un indefinibile imbarazzo – anche quelli fotografici. Mi stupiscono e mi disorientano. Eppure amerei aver attaccati al muro di una qualche sala col caminetto due grandi olii con ritratti benportanti di avi materni – ma vivo in una casa con stanze piccole, senza camino – e senza olii edipici.
Sulla mensola di una lunga libreria (quella degli scrittori stranieri) c'è, in una cornice di vile metallo con fregi déco dei primi del secolo, un ritratto, doverosamente ingiallito (manca il vetro), cui volgo furtivamente frequenti occhiate interrogative. È un cartoncino di scarto (sul retro si legge un invito ad una conferenza universitaria) segnato da tenui e ispessite linee rossastre, non di sanguigna, ma di biro. L'abile accostamento disegna un viso, occhialuto, semicapelluto, di un ovale piuttosto allungato, intonato a mestizia. È un lavoro di fine esecuzione, ben costruito, amabilissimo alla lettura, da cui trapela un gusto d'interpretazione composto e quasi raggelato. Insomma un esercizio di tutto rispetto. Ma la causa della mia ripetuta curiosità, dell'attrazione tutta particolare e mai appagata è dovuta a due fattori singolari: il primo è l'oggetto del ritratto, che è lo scrivente, l'altro la firma piccola e nitida dell'esecutore, che recita 'F. Fortini', cioè il Fortini poeta e saggista di cui molti conoscono la passione (tutta privata, a quel che ne so) per l'esercizio grafico e pittorico.
Non voglio inventarmi elogi, come si fa per altri artisti-disegnatori (Fellini, Pasolini ecc.); non ho materiale sottomano e non ne vedo l'opportunità, in questa sede. Tralascio di ricostruire il lungo, segmentato filo dei ricordi da quando incontrai Fortini a Sarzana nei primi anni '60, anche se la tentazione è forte. Sono ancora sotto il fascino di quel ritratto: il narcisismo ha l'ovvia sua parte, ma più un dubitativo senso del doppio o meglio di una strana mescolanza di sé e dell'altro da sé. Cosa pensasse il ritrattista, nelle more di quella congrega accademica, nel mentre che tracciava le sapienti linee, non saprei proprio rievocarlo. Era molto concentrato sul cartoncino e mi parlava a rapidi cenni di un disgustato saggio (forse ancora in pectore) sul carducciano Montale, sulla sua codarda poesia da bardo della borghesia ambrosiana. Ero coinvolto, ma non stupefatto. Ora lo so: solo Fortini poteva permettersi di intravvedere e confutare in anticipo l'invadente accademismo dei montaliani di professione, con quanto di vile e di corrotto comportano questo costume, questo stile, questa ovazione «doverosi».
Quando gli carpii, incuriosito, il disegno, lo tenni furtivamente disteso in mezzo ad un libro e mi misi a studiarlo, fra l'inameno vociare dei colleghi. Sentivo che nel disegno s'era infiltrato il senso di quel discorso smozzicato e che quel viso chiuso e rabbuiato, la tensione contratta degli occhi chiusi continuavano a «parlare». Da allora fisso ripetutamente la parte inferiore del viso; quel grumo di forza e di rancore che è dato dalla bocca appena dischiusa mi consegna la vera identità di quel ritratto, al di là di ogni facile identificazione. E vedo i miei tratti confondersi in una sovrimpressione che si dilata in un altro ritratto, nel quale l'artista emerge e s'impone a visualizzare il disgusto per quegli (e questi) tristi conformismi. E scatta e si dilata un altro ricordo con incongrua connessione. Pochi anni prima, una cena nella campagna lucchese, quando sentimmo per la prima volta parole forti e insinuanti, dove primeggiano due bocche e un destino. «Il raffio di ferro / che trascina / la tua bocca e la mia / è uno solo».
[1985]
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Carlo Alberto Madrignani (Sarzana 1936 - Pisa 2008), allievo di Luigi Russo, ha insegnato Letteratura italiana nelle università di Siena, Pisa e Cagliari; definitivamente dal 1974 come professore ordinario a Pisa. Ha collaborato a riviste di prestigio come «Belfagor», «La rassegna della letteratura italiana», «Quaderni piacentini» e «Problemi», con numerosi articoli e recensioni su autori anche contemporanei.
L’italiano di ICoN per mille brasiliani
Quasi mille studenti universitari brasiliani pronti a venire in Italia hanno iniziato a studiare l'italiano via Internet. A permettere questa soluzione è un corso online realizzato da ICoN, (Italian Culture on the Net), un consorzio interuniversitario per la diffusione della lingua e della cultura italiana all'estero che ha la sua sede principale a Pisa. Il corso procederà fino ad agosto e lascerà poi il passo a più tradizionali corsi in presenza organizzati dalle università ospiti.
Dalla base operativa di Pisa sono state adesso attivate cinquanta classi virtuali indirizzate all'apprendimento dell'italiano di base per 937 giovani brasiliani. Gli studenti, che lavorano al proprio computer o in laboratori informatici in Sud America, sono sostenuti e guidati nello studio da tutori brasiliani e italiani. I vantaggi del sistema sono evidenti: gli studenti arriveranno in Italia avendo già fatto pratica con la nostra lingua. Il servizio offerto dal Consorzio non si limita però all'erogazione dei corsi. Le attività degli studenti saranno infatti tracciate e monitorate costantemente, in modo da valutare i loro ulteriori bisogni linguistici e il livello di competenza raggiunto.
Gli studenti coinvolti fanno parte del progetto internazionale denominato "Ciência sem Fronteiras" ("Scienza senza frontiere"), promosso e interamente finanziato dal governo di Brasilia. Il progetto permette a studenti, studiosi e ricercatori brasiliani di spostarsi nelle università e nei centri di ricerca di alta qualificazione nel resto del mondo. Un'occasione importante anche per le università italiane, chiamate a dare un contributo alla formazione della futura classe dirigente di un paese in rapida crescita.
"L'economia del Brasile è in forte espansione, ma per continuare su questa strada ha bisogno urgente di altri laureati – spiega il professor Mirko Tavoni, presidente di ICoN -. Le università brasiliane non riescono a formarne un numero sufficiente e il governo di Dilma Rousseff ha scelto quindi di finanziare gli studi dei cittadini brasiliani nei più importanti atenei del mondo. ICoN è entrato a far parte di questo programma con un progetto di formazione linguistica di base interamente sovvenzionato dal governo brasiliano".
Per seguire buona parte dei corsi e partecipare alla vita del paese ospite, infatti, gli studenti devono avere almeno una padronanza di base dell'italiano. Per questo i responsabili di "Ciência sem Fronteiras" si sono rivolti all'Istituto Italiano di Cultura di San Paolo, punto di riferimento per le istituzioni e i cittadini italiani in Brasile, che a sua volta ha contattato ICoN. Il Consorzio ICoN, che riunisce 19 tra le principali università italiane e ha oltre dieci anni di esperienza nei corsi di lingua online, è quindi stato incaricato dall'IIC di gestire la formazione linguistica per il prossimo gruppo di studenti in arrivo. "Circa un anno fa abbiamo condotto un'esperienza pilota – racconta Mirko Tavosanis, direttore di ICoN -. La qualità tecnica e didattica dei nostri corsi ha convinto i nostri interlocutori a proseguire su questa strada."
Il successo dell'iniziativa rappresenta un buon esempio di come possa funzionare il sistema-paese: nello sviluppo del programma è stato determinante il ruolo dell'Università di Bologna e della rete italo-brasiliana a supporto di "Ciência sem Fronteiras" che, al momento, comprende anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche e quattordici università italiane individuate dal governo brasiliano.