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Comunicati stampa
Venerdì, 11 Ottobre 2019 08:47

A Pisa la study visit del progetto DHIP

Con la study visit che si è svolta nell’ultima settimana di settembre il progetto DHIP - Development of Higher Education Institutions’ Internationalization Policies è entrato nel vivo. Diciannove rappresentanti da nove università di Paraguay, Argentina e Colombia e dell’Università di Sassari sono giunti in visita a Pisa dal 23 al 28 settembre. Il progetto, co-finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Erasmus+, ha quale obiettivo generale l’innovazione attraverso l’internazionalizzazione nelle istituzioni universitarie dell’America Latina.

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Dopo una fase preparatoria di analisi dello stato dell’arte delle strategie di internazionalizzazione in nove università d’oltreoceano, l’azione principale di DHIP consiste nel progettare e attuare piani di miglioramento (Internationalization Enhancement Plan), volti a rafforzare la capacità delle istituzioni universitarie di rendersi soggetti attivi in una rete internazionale. Il potenziamento delle relative competenze trasversali, di tipo amministrativo e scientifico, passa attraverso una serie di attività formative. A tale scopo, il progetto, coordinato dal nostro ateneo e gestito dall’Unità Programmi Internazionali di Cooperazione Formazione e Mobilità, prevede il ricorso a un complesso di strumenti e metodologie, per esempio seminari e laboratori, webinar, ideazione e realizzazione di eventi sociali multiculturali e appunto le study visit, come quella che si è svolta in contemporanea a Pisa e Bilbao e che sarà ospitata a novembre a Porto. Tra i partner europei di DHIP, infatti, sono presenti anche l’Universidade do Porto e la spagnola Universidad de Deusto.

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Il filo rosso che ha guidato l’agenda della settimana a Pisa è stato il public engagement, argomento al centro anche del workshop presieduto dal rettore Paolo Mancarella che si è svolto in Sapienza venerdì 27 settembre e che ha visto la presenza di Monica Barni – vicepresidente della Giunta e Assessore alla cultura, università e ricerca della Regione Toscana – della prorettrice dell’Università di Sassari (partner del progetto DHIP) Silvia Serreli e di una delegazione diplomatica composta da Sonia Biederman dell’Ambasciata del Paraguay e Sol Carolina Parra dell’Ambasciata Argentina. Al seminario hanno partecipato anche il professor Francesco Marcelloni (prorettore alla cooperazione e relazioni internazionali) e il professor Marco Gesi (prorettore per i rapporti con gli enti del territorio). L’apertura verso il resto del mondo, cardine dell’internazionalizzazione, si è così saldata all’apertura verso il territorio e la comunità e la felice concomitanza di Bright - La notte dei ricercatori ha consentito di mostrare agli ospiti il volto più festoso dell’ateneo.

In un incontro organizzato al Centro di Ricerche Agro-Ambientali "Enrico Avanzi" (CiRAA), il direttore Marcello Mele ha illustrato i progetti internazionali in corso per lo studio dei sistemi agricoli sostenibili, mentre il giorno dopo gli ospiti si sono recati al GATE (Galileo Aggregator for Technology & Enterprises), il centro per l’innovazione nato dalla collaborazione tra Erre Quadro (spin-off dell’Università di Pisa) e la Fondazione Giacomo Brodolini come aggregatore di imprese attorno alle tecnologie digitali.

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Le visite alle strutture del Sistema Museale d’Ateneo hanno permesso di raccontare lo sviluppo della conoscenza nella lunga storia dell’Università di Pisa, con la guida appassionata della professoressa Flora Silvano (Collezioni Egittologiche) e del professor Gianfranco Natale (Museo di anatomia umana). Nella stessa giornata docenti e amministrativi delle università partner hanno potuto ammirare il vasto patrimonio del Museo di storia naturale di Calci e visitare la Certosa.

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In coerenza con il focus tematico della settimana, l’agenda ha previsto accanto alle riunioni tecniche tra i partner del progetto due incontri con altrettante Unità dell’ateneo, i Servizi per il trasferimento tecnologico e i Servizi per la ricerca – Sezione ricerca europea e internazionale.

Sin dal primo giorno i partecipanti alla study visit hanno potuto incontrare gli studenti che usufruiscono di una borsa di studio per frequentare i corsi di laurea magistrale presso l'Università di Pisa grazie al progetto Inclinados hacia América Latina, gestito dall’Unità Promozione Internazionale, che ha collaborato alle attività di accoglienza durante tutta la settimana.

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A chiudere l’iniziativa, lasciando negli ospiti un ottimo ricordo di Pisa e della sua università “diffusa”, la presenza all’evento della serata di venerdì 27 “La Sapienza Night Experience” insieme al rettore, cha li ha cordialmente salutati menzionando l’importanza del progetto DHIP. Infine la visita a Virgo, l’interferometro gravitazionale frutto della collaborazione tra fisici e ingegneri appartenenti a 20 diversi gruppi di ricerca provenienti da sei paesi europei, magnifico e concreto esempio di internazionalizzazione.

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Domenica 13 ottobre alle 18 al Teatro Rossi Aperto (via Collegio Ricci 1) a Pisa è in programma “Vedrò con mio diletto”, un concerto in ricordo di Marco Grondona, docente di discipline musicologiche all'Università di Pisa scomparso lo scorso agosto. Massimo Signorini alla fisarmonica accompagnerà la cantante Maria Salvini nell’esecuzione di brani da vari compositori fra cui Häendel, Vivaldi, Šostakovic e Kurt Weill.

Nasceva mezzo secolo fa il corso di laurea in Scienze dell’Informazione dell’Università di Pisa, primo curriculum di studi in Informatica in Italia e catalizzatore di talenti e trasformazioni tecnologiche. Un traguardo celebrato attraverso un’innovativa mostra multimediale e interattiva, collegata alle celebrazioni di Informatica50, con un fitto calendario di eventi di approfondimento.

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Realizzata dall’Università di Pisa, in collaborazione con La Jetée e con gli allestimenti di Acme04, “Hello World!”, visitabile al Centro Congressi Le Benedettine di Pisa dal 10 ottobre 2019 al 31 gennaio 2020 (ingresso libero), è un viaggio nell’evoluzione di una specie, quella delle macchine per il calcolo: dai primi giganteschi computer fino ai moderni personal, passando per i più arditi modelli della Apple e la rivoluzione degli smartphone.

“Hello World!”, il cui titolo rimanda al più semplice esercizio di programmazione, rappresenta inoltre un percorso sociologico, che accompagna i visitatori lungo 150 anni di storia, attraverso le pietre miliari dell’informatica. È anche la storia di un’epoca e di un’avventura, quella avviata negli anni Cinquanta da un gruppo di scienziati, politici e industriali capaci di immaginare un futuro dove la tecnologia, la formazione e la ricerca in informatica fossero una delle chiavi per il cambiamento sociale, economico e culturale del Paese.

La mostra è suddivisa in 5 sezioni (Macchine meccaniche per il calcolo, Da calcolatrici a calcolatori, La nascita del Personal Computer, Il PC e il design, Il computer con le sneakers), inclusa la ricostruzione della CEP, il primo calcolatore scientifico italiano, realizzato a Pisa grazie anche alla sinergia con il Laboratorio di Ricerche Elettroniche Olivetti. Un’azione combinata che rese Pisa la culla dell’informatica made in Italy.

Ad accompagnare i visitatori nel viaggio, un particolare percorso cromatico, “soundscape” elettronici, esperienze in VR360°, proiezioni di filmati e di foto d’epoca e pannelli interattivi dai quali scaturiscono esperti “virtuali” pronti a rispondere alle domande del pubblico.

La mostra temporanea attinge dalla collezione permanente del Museo degli Strumenti per il Calcolo di Pisa, unica in Italia e importante a livello internazionale per completezza e significato dei pezzi. Da qui sono stati scelti gli esemplari più rappresentativi, in grado di ricostruirne l’evoluzione, dalle macchine meccaniche fino ai computer Apple, coprendo un arco temporale che va dalla seconda metà dell’Ottocento fino ai primi anni Duemila. Arricchiscono l’esperienza alcuni contenuti aumentati, fruibili tramite smartphone.

Sfoglia la gallery con le immagini della mostra:

 

Venerdì, 11 Ottobre 2019 07:40

The oldest cetaceans retained a sense of smell

It may sound strange but it may happen that the patient entering the hospital for a CT scan is not a human but an animal lived more than 40 million years ago. In this case the "patient" is the fossil skull of an archaeocete kept at the Natural History Museum of the University of Pisa and the CT scan provided a three-dimensional image of its delicate internal structures. Very important was the observation of the thin bony sheets linked to the sense of smell; their presence and dimension testify that the smell of these ancient cetaceans was intermediate in between the well-developed ability to sniff of terrestrial mammals and the one totally absent in dolphins or extremely reduced in baleen whales. This is an important new paleontological evidence confirming that cetaceans derive from terrestrial animals and in particular from the artiodactyls, a group of mammals today represented by camels, deers, pigs and hippopotamuses.

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CT scan of the skull of Aegyptocetus tarfa in the Department of Translational research and new technologies in medicine and surgery at the University of Pisa (photo E. Peri).


The study, recently published in the Journal of Anatomy, involved Prof. Giovanni Bianucci and his PhD student Emanuele Peri, paleontologists at the Department of Earth Sciences of the University of Pisa, Dr. Giacomo Aringhieri, researcher at the Department of Translational research and new technologies in medicine and surgery at the University of Pisa and Prof. Philip Gingerich, paleontologist at the Museum of Paleontology, University of Michigan. The specimen studied is part of a skeleton described in 2012 by Giovanni Bianucci and Philip Gingerich with the name of Aegyptocetus tarfa. This extraordinary fossil was casually discovered in 2002 by a marble worker of Pietrasanta, in the province of Lucca, Tuscany, when cutting a block of limestone from Egypt.

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The skull of Aegyptocetus tarfa (photo G. Bianucci).


"In recent years - explains Giovanni Bianucci - many exceptionally well-preserved fossils of archaeocetes have been discovered and they have allowed us to reconstruct in detail the progressive transformation of these mammals to adapt to aquatic life: the forelimbs have turned into pectoral fins and posterior limbs have disappeared, replaced by the caudal fin. Thanks to these discoveries, today archaeocetes represent one of the strongest evidence supporting evolution.

Most of these discoveries had already been made when we began to study the skeleton of Aegyptocetus tarfa: it seemed that there was nothing new to say about it, especially because its limbs had not preserved. However, impressed by the exceptional mineralization and perfect conservation of its bones, we tried to reconstruct the internal anatomy of the skull and in particular the turbinates (those delicate bony plates found in the nasal cavities of mammals), through computerized axial tomography (CT scan). Therefore in 2015 I proposed to Emanuele, a student of Geological Sciences and Technologies, to develop this topic as research for his degree thesis".

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The skeleton of Aegyptocetus tarfa in the Archaeocete exhibition hall of the Natural History Museum of the University of Pisa (photo G. Bianucci).


"We have been lucky - says Emanuele Peri - because thanks to the perfect preservation of the bony plates and the high contrast of density between the bone and the surrounding rock, it has been possible to obtain thousands of sections of the skull then assembled together by a software that allowed us to reconstruct the shape of the turbinates in three dimensions. But the biggest surprise was when we realized that Aegyptocetus tarfa presented a big difference in the development of the turbinates having an olfactory function (ectoturbinates) and those having respiratory function (maxilloturbinates). The ectoturbinates were about a quarter of those of present terrestrial mammals, suggesting that this archaeocete still had a rather developed sense of smell, whereas the maxilloturbinates were extremely reduced to indicate that the loss of their function as already occurred".

"This discovery is very important - continues Bianucci - both because it is the first time that the turbinates of an archaeocete are reconstructed in such a good detail but, above all, for the precious information on the evolution of these marine mammals we obtained through the non invasive examination of extremely delicate structures generally not preserved in fossils. Moreover, the comparison between the turbinates of Aegyptocetus tarfa and those of various artiodactyls gave us a further confirmation that the cetaceans derive from this large group of mammals".

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Three-dimensional CT-scan reconstruction of skulls and related turbinates in dorsal and lateral view of Aegyptocetus tarfa (image processing: E. Peri).

"I particularly wish to underline - concludes Prof. Davide Caramella, director of the School of Specialization in Radiology at the University of Pisa - that this interdisciplinary collaboration is of great value especially for our young Researchers. In fact, testing innovative applications in a context that is "atypical" for us, such as the paleontological one, can lead not only to important scientific discoveries, such as the one just published, but also represents an opportunity to look beyond the classical boundaries of our discipline and expand the research perspectives of 3D imaging".

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Three-dimensional CT-scan reconstruction of skulls and related turbinates in dorsal and lateral view of three extant artiodactyls (image processing: E. Peri).


Sembrerà strano ma può capitare che il paziente che entra in ospedale per una TAC non sia un malato ma un animale vissuto più di 40 milioni di anni fa. In questo caso il “paziente” è il cranio fossile di un archeoceto conservato al Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa e la TAC ha permesso di ottenere un’immagine tridimensionale delle sue delicate strutture interne. Importantissima è stata l’osservazione delle sottili lamine ossee legate al senso dell’olfatto che testimoniano come questi antichi cetacei avessero un fiuto intermedio tra quello ben sviluppato dei mammiferi terrestri e quello totalmente assente dei delfini o estremamente ridotto delle balene. Si tratta di una nuova importante “prova paleontologica” a conferma del fatto che i cetacei derivano da animali terrestri e in particolare dagli artiodattili, quel gruppo di mammiferi oggi rappresentato da cammelli, cervi, maiali e ippopotami.

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TAC del cranio di Aegyptocetus tarfa presso il Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa (foto E. Peri).


Lo studio, da poco pubblicato su Journal of Anatomy, ha coinvolto il professor Giovanni Bianucci e il suo dottorando Emanuele Peri, paleontologi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, Giacomo Aringhieri, ricercatore del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa e il professor Philip Gingerich, paleontologo del Museum of Paleontology, University of Michigan. Il reperto studiato è parte di uno scheletro descritto nel 2012 da Giovanni Bianucci e Philip Gingerich con il nome di Aegyptocetus tarfa. Si tratta di un fossile straordinario scoperto casualmente nel 2002 quando un marmista di Pietrasanta, in provincia di Lucca, aveva tagliato in lastre un blocco di calcare proveniente dall’Egitto.

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Il cranio di Aegyptocetus tarfa (foto G. Bianucci).


“In questi ultimi anni - spiega Giovanni Bianucci - sono stati scoperti molti fossili di archeoceti eccezionalmente ben conservati che hanno permesso di ricostruire in dettaglio la progressiva trasformazione subita dal corpo di questi mammiferi per adattarsi alla vita acquatica: gli arti anteriori si sono trasformati in pinne pettorali e quelli posteriori sono scomparsi, sostituiti dalla pinna caudale. Grazie a queste scoperte, gli archeoceti rappresentano oggi una delle prove più solide a sostegno dell’evoluzione.

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Lo scheletro di Aegyptocetus tarfa nella sala degli Archeoceti del Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa (foto G. Bianucci).


La maggior parte di queste scoperte era già stata fatta quando ci siamo messi a studiare lo scheletro di Aegyptocetus tarfa: sembrava che non ci fosse niente di nuovo da dire a questo proposito, tanto più che gli arti di questo archeoceto non si sono conservati. Tuttavia, impressionati dall’eccezionale mineralizzazione e conservazione delle ossa di Aegyptocetus tarfa, abbiamo provato a ricostruire tramite la tomografia assiale computerizzata (TAC) l’anatomia interna del cranio e in particolare i turbinati, cioè quelle delicate lamine ossee che si trovano nelle cavità nasali dei mammiferi. Pertanto nel 2015 ho proposto a Emanuele, allora studente di Scienze e Tecnologie Geologiche, di sviluppare questa ricerca nell’ambito della sua tesi di laurea”.

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Ricostruzione 3D tramite TAC del cranio e dei relativi turbinati di Aegyptocetus tarfa in veduta dorsale e laterale (elaborazione immagine: E. Peri).


“Siamo stati fortunati – afferma Emanuele Peri – perché grazie alla perfetta conservazione delle lamine ossee e all’elevato contrasto di densità tra l’osso e la roccia inglobante, è stato possibile ottenere migliaia di sezioni del cranio poi assemblate insieme da un software che ci ha permesso di ricostruire tridimensionalmente la forma dei turbinati. Ma la sorpresa maggiore è stata quando ci siamo accorti che in Aegyptocetus tarfa c’era grande differenza nello sviluppo dei turbinati responsabili dell’olfatto (ectoturbinati) e quelli deputati a inumidire e riscaldare l’aria per la respirazione (mascelloturbinati). I primi erano circa un quarto di quelli dei mammiferi terrestri attuali, suggerendo che questi archeoceti avessero ancora un olfatto piuttosto sviluppato, mentre i secondi erano estremamente ridotti ad indicare che avevano già perso la loro funzione”.

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Ricostruzione 3D tramite TAC del cranio e dei relativi turbinati di tre artiodattili attuali in veduta dorsale e laterale ((elaborazione immagine: E. Peri).


“Questa scoperta è molto importante – continua Bianucci – sia perché è la prima volta che i turbinati di un archeoceto vengono ricostruiti con questo dettaglio ma soprattutto per le preziose informazioni sull’evoluzione di questi mammiferi marini che l’esame di queste delicate strutture, in genere non conservate nei fossili, ci ha permesso di ottenere. Inoltre, il confronto tra i turbinati di Aegyptocetus tarfa e quelli di vari artiodattili ci ha dato un’ulteriore conferma che i cetacei derivano da questo grande gruppo di mammiferi attuali”.

“Tengo particolarmente a sottolineare – conclude il professor Davide Caramella, direttore della Scuola di specializzazione in radiodiagnostica dell’Università di Pisa – come questa collaborazione interdisciplinare sia di grande valore specialmente per i nostri giovani ricercatori. Infatti la sperimentazione di applicazioni innovative in un contesto per noi "atipico" come quello paleontologico può portare non solo a importanti scoperte scientifiche, come quella appena pubblicata, ma rappresenta anche un’occasione per volgere lo sguardo oltre i confini classici della nostra disciplina ampliando le prospettive della ricerca nel campo dell'imaging”.

Dopo il successo dell'iniziativa “La Sapienza Night Experience” con circa 800 persone che hanno assistito dal vivo alla serata evento del 27 settembre, il racconto della storia del Palazzo simbolo dell’Università di Pisa continua con una mostra istallazione che sviluppa e approfondisce quanto proposto in quell'occasione.
Per tutto ottobre il cortile della Sapienza ospita infatti un percorso narrativo composto da pannelli illustrativi e quattro monitor posti agli angoli del colonnato che si aggiungono, in una cornice grafica coordinata, alla piccola mostra permanente con i reperti archeologici rinvenuti durante il restauro.
I video racconti, a cura di Lorenzo Garzella in collaborazione con Nanof, l'Acquario della Memoria e l'Ufficio Stampa e Comunicazione dell'Ateneo, sono sottotitolatati in lingua inglese. Ripercorrono l'evoluzione dell'area in cui è sorta la Sapienza fin dalle case torri medievali e dalla piazza del Grano, passando poi per il periodo mediceo in cui fu costruito il Palazzo per arrivare, attraverso l'epoca dei Lorena, alla Prima Riunione degli Scienziati Italiani del 1839, al Risorgimento con l'eroico episodio di Curtatone e Montanara, al fascismo e alla guerra, al periodo delle contestazioni studentesche. La visita di Papa Wojtyla con l'omaggio alla statua di Galileo Galilei apre la sezione contemporanea delle vicende del Palazzo, con la chiusura del 2012 e la riapertura del 2018 preludio alla Cerimonia del ricordo e delle scuse per l'infamia delle leggi razziali e all'ultima laurea honoris causa conferita a Don Luigi Ciotti.

L'associazione L’IstaMina ha pubblicato una guida per le matricole del corso di laurea in Medicina e Chirurgia.

La publicazione sarà distribuita martedì 15 ottobre alle 15 durante un'assemblea dedicata.

La  guida è stata realizzata con i fondi di ateneo per le attività studentesche autogestite (rif. 2006).

Scarica il pdf della Guida

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