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La serotonina, un neurotrasmettitore conosciuto anche con il nome di “molecola della felicità”, è essenziale per “preservare” i circuiti neuronali, sia durante lo sviluppo, che è notoriamente un periodo in cui il cervello possiede una spiccata plasticità, sia nel corso della vita adulta. La notizia giunge dall’Università di Pisa ed è pubblicata sulla rivista eNeuro, il giornale open-access della American Society for Neuroscience. I ricercatori responsabili di questa scoperta fanno parte del gruppo di ricerca del professore Massimo Pasqualetti del dipartimento di Biologia, e sono gli stessi che alcuni anni fa “fotografarono” per la prima volta come il cervello si sviluppa in assenza di serotonina.

neuroni serotoninergici

In particolare, la scoperta è stata possibile grazie all’utilizzo di raffinate tecniche di genetica molecolare, che hanno consentito di generare topi di laboratorio in cui è stato possibile “spegnere” la produzione della serotonina nel cervello, ed alla possibilità di visualizzare in maniera selettiva i neuroni serotoninergici e le loro fibre nervose, mediante metodiche di microscopia confocale.

“Abbiamo mostrato per la prima volta - spiegano Marta Pratelli, Sara Migliarini e Barbara Pelosi, le giovani ricercatrici in forza al gruppo del professore Pasqualetti - che inattivando la sintesi di serotonina nel cervello di un individuo adulto, si producono evidenti alterazioni a carico delle fibre dei neuroni serotoninergici che innervano importanti aree cerebrali. Sorprendentemente però, quando la produzione di serotonina viene ripristinata mediante la somministratore di un comune integratore alimentare come il 5-idrossitriptofano,le alterazioni strutturali osservate precedentemente non sono più presenti, ed i normali circuiti cerebrali sono ripristinati”.

Massimo Pasqualetti e Marta Pratelli

“Questa scoperta - conclude Massimo Pasqualetti - dimostra per la prima volta che i neuroni serotoninergici possiedono, durante l’intero corso della vita, una straordinaria plasticità che li rende capaci di riadattare la propria struttura in risposta a cambiamenti del livello della serotonina cerebrale. Durante l’arco della nostra vita, fattori genetici, specifici trattamenti farmacologici, oppure molteplici fattori ambientali come lo stress o una dieta povera di triptofano, possono portare ad uno sbilanciamento dei livelli di serotonina nel cervello. Alla luce di queste nuove scoperte, emerge la possibilità che questi fattori possano modificare la struttura anatomica dei neuroni serotoninergici interferendo con il loro normale funzionamento. Questi risultati inoltre contribuiscono a svelare come uno sbilanciamento dei livelli di questo importante neurotrasmettitore possa contribuire all’insorgenza di patologie neuropsichiatriche come i disturbi dell’umore”.

In alto, ricostruzione in 3D al computer delle fibre dei neuroni serotoninergici, foto in basso, da sinistra, Massimo Pasqualetti e Marta Pratelli

Due specie vegetali legate al territorio toscano, come fagiolo zolfino in primis e pomodoro costoluto fiorentino, si sono rivelati dei potenti alleati per prevenire le complicanze del diabete. E’ questo quanto emerge a conclusione del progetto IDARA finanziato dalla Regione Toscana e coordinato dal professor Umberto Mura del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa.

In particolare l’obiettivo del progetto era di individuare nuove molecole capaci di inibire in modo selettivo l’aldoso reduttasi, un enzima responsabile di molte complicanze del diabete che però, se totalmente bloccato, non è più in grado di svolgere parte della sua azione che è anche positiva e detossificante.

“Il progetto ha messo in evidenza la grossa potenzialità di alcune specie vegetali quali fonti di inibitori differenziali aprendo la strada ad un nuovo approccio investigativo nella individuazione di componenti utili alla prevenzione delle complicanze del diabete e al controllo di processi infiammatori correlati – spiega Umberto Mura – viene così ad ampliarsi il quadro d’azione benefica che una appropriata alimentazione è in grado di offrire”.

Il progetto biennale IDARA – acronimo che sta per Inibitori Differenziali dell’Aldoso Reduttasi negli Alimenti – è stato finanziato dalla Regione Toscana nell'ambito del Bando di Ricerca Nutraceutica. Il dipartimento Biologia dell’Università di Pisa come capofila e quello di Farmacia hanno condotto la ricerca affiancati da alcuni partner sul territorio – la Galileo Research, i Laboratori Baldacci e l’Azienda Agricola Fattoria Le Prata nell’area pisana e l’Azienda Agricola Mario Agostinelli a Reggello, Firenze.

A conclusione del progetto, il 22 giugno nell’aula magna Fratelli Pontecorvo del Polo Fibonacci dell’Università di Pisa si svolgerà il workshop “Alimenti funzionali: un valido ausilio nel controllo della patologia diabetica e dei processi infiammatori”.

 

Ne hanno parlato:
Ansa salute e benessere
Ansa terra e gusto
Repubblica.it
Toscana24 - Il sole24Ore
InToscana.it
IlGiornalediSicilia.it
LaSicilia.it
GoNews.it
Meteoweb.it
Pisatoday.it
RadioVeronca (adnKronos)
PisaInformaFlash.it

Una ricerca internazionale ha testato con esito positivo un nuovo farmaco per la cura dell’oftalmopatia correlata ai disturbi della tiroide, una malattia a tutt’oggi non trattata in modo soddisfacente. L’Università di Pisa, e in particolare la sezione dipartimentale di Medicina interna ad indirizzo immuno-endocrino diretta dal professor Alessandro Antonelli, è fra i partner dello studio che è stato pubblicato sul “New England Journal of Medicine”.

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“Il teprotumumab, un anticorpo monoclonale – spiega Antonelli – è risultato efficace nel ridurre l’infiammazione ed anche la protusione oculare, cioè la sporgenza anomala del bulbo oculare, tipica dell’oftalmopatia e rappresenta perciò una nuova promettente opzione terapeutica per i pazienti affetti da questa patologia”.

Il farmaco è stato testato in uno studio multicentrico, in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo. Nella ricerca sono stati trattati 88 pazienti con l’obiettivo di osservare la risposta della patologia oculare alla terapia.

“Nei pazienti con oftalmopatia attiva – ha concluso Antonelli - il teprotumumab è risultato efficace nella terapia dell’oftalmopatia basedowiana, riducendo l’infiammazione ed anche la protusione oculare, e rappresenta perciò una nuova promettente opzione terapeutica in questi pazienti”.

"Soft robotics al servizio dell'uomo" è il titolo del nuovo video di "Raccontare la ricerca", il progetto comunicativo promosso dall'Ateneo in collaborazione con il dipartimento di Civiltà e forme del sapere, che racconta i principali progetti scientifici promossi all'Università di Pisa.

Il video racconta le ricerche del Centro "Enrico Piaggio" e in particolare le tecnologie della Soft Robotics, robotica soffice che si adatta all'ambiente e alle persone che le stanno intorno, presentate e raccontate da Arti Ahluwalia, Antonio Bicchi e Matteo Bianchi.

"Raccontare la ricerca" è una serie di video che affrontano, in modo semplice, ma scientificamente rigoroso, grandi temi di interesse generale su cui l'Università di Pisa sta sviluppando importanti ricerche, mostrando i volti e le parole di chi quotidianamente si impegna nell'attività di studio e avvicinando i cittadini e la comunità accademica ad argomenti spesso complessi o molto specialistici.

L'intera serie è visibile a questo link: http://bit.ly/2mNFIwd

Nuove ricerche archeologiche alle Terme di Nerone. Il 12 giugno parte una campagna di scavi organizzata  dal Comune di Pisa, dall’Università di Pisa e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno che terminerà il 28 luglio.

«L’Amministrazione Comunale promuove, insieme all’Università di Pisa, un’indagine archeologica nell’area - spiega l’assessore ai lavori pubblici Andrea Serfogli – Si tratta di un investimento di 40mila euro, che servirà sia a scoprire qualcosa di più sulla nostra storia, sia ad avere gli elementi per ragionare sulla riqualificazione del Bastione del Parlascio che si legherà all’intervento realizzato sulle Antiche Mura con l’apertura del camminamento in quota e del nuovo parco verde intorno».

Il progetto del Comune prevede in futuro di far partire altre campagne di scavo, sempre in collaborazione con l’Università, nell’area tra San Zeno e Largo del Parlascio. «Stiamo pensando ad acquisire dall’Università alcuni terreni in quell’area, sotto i quali si trovano reperti di epoca romana - continua Serfogli - L’obiettivo è di creare un parco archeologico a ridosso della cinta muraria ampliando e arricchendo così l'offerta turistica della città».

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La campagna di scavi è resa possibile grazie alla convezione siglata tra Comune di Pisa e Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, con l’obiettivo di creare collaborazione per la valorizzazione e lo studio del patrimonio artistico cittadino.

«Dopo più di un secolo si realizza una scavo ai soli fini della ricerca – commenta la professoressa Maria Letizia Gualandi dell’Ateneo e direttrice scientifica degli scavi - Gli scavi non solo ci permetteranno di sapere di più della storia romana di Pisa, sconosciuta ai più, ma anche di rispondere al “diritto al patrimonio artistico”, restituendo ai cittadini la conoscenza di questo monumento, che è fondamentale per saperlo valorizzare». L’interazione tra cittadini e cantiere sarà garantita dal sito web e dai canali social, in particolare la pagina facebook “Terme di Nerone – Pisa”, già attiva.

La Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno, svolgerà, per conto del Mibact, un ruolo di supervisor sulla campagna di scavi. «Inoltre, la Soprintendenza è interessata allo studio e alla catalogazione dei beni, oltreché vigilare sulle operazioni» afferma il soprintendente Andrea Muzzi.

terme nerone

Gli obiettivi di ricerca. L'impianto termale noto come Terme di Nerone, databile tra I e II secolo d.C., costituisce l’unica testimonianza archeologica oggi visibile della Pisa di età romana. Gli scavi, condotti a più riprese a partire dal XIX secolo, hanno però messo in luce solo una porzione limitata dell’edificio, la cui planimetria è ancora in larga parte sconosciuta, così come poco note sono le diverse fasi edilizie del complesso. Perciò gli scavi serviranno a completare la planimetria delle Terme, a ricostruirne con una grafica 3D gli elevati, datarne le diverse fasi edilizie. Inoltre, lo scavo consentirà di recuperare nel terreno mai scavato informazioni sulla storia delle Terme dopo l’abbandono: trasformazioni e demolizioni medievali e moderne, le cui tracce sono state brutalmente cancellate dagli scavi novecenteschi, il cui unico obiettivo era riportare in luce i ruderi romani; e anche di scoprire che c’era prima delle Terme, prima cioè del I-II secolo d.C, scavando sotto i piani pavimentali dell’edificio, alla ricerca di resti di muri, pavimenti e strade della Pisa romana-repubblicana e, prima ancora, di quella etrusca.

Formazione universitaria. La campagna di scavi offrirà un’eccellente opportunità di stage per gli studenti dei corsi universitari di Archeologia, che completano la loro formazione con un’esperienza di scavo archeologico di alto profilo, utilizzando tutti i più moderni strumenti messi a disposizione dalla tecnologia e sfruttando le più diverse competenze scientifiche che solo una sede universitaria offre.

Cantiere “aperto”. Le Terme sorgono in un’area nevralgica del centro storico, al culmine dell’asse Borgo-via Carducci e in collegamento (anche visivo) con piazza del Duomo, l’area a più alta vocazione turistica. Sono pertanto il luogo ideale per quell’operazione culturale d’avanguardia che è l’esposizione della ricerca. Nessuna barriera impedirà la vista dello scavo, anzi: camminamenti e pannelli permetteranno a chiunque di “entrare” nello scavo mentre lo si fa e di godere di visite guidate offerte dagli stessi archeologi.

terme nerone

Tutto esaurito nell’aula magna della ex Facoltà di Scienze per parlare di scienza, fra bufale, fake news e social network. Lo scorso 6 giugno si è svolta in Ateneo una giornata di formazione per insegnanti e studenti delle scuole superiori di secondo grado dal titolo “Anche la comunicazione scientifica è una scienza!”.

“Hanno partecipato all’incontro più di 110 tra docenti e studenti delle province di Pisa, Firenze, Livorno, Lucca, Massa Carrara, La Spezia insieme a circa 70 nostri studenti di Scienze Biologiche e Biotecnologie”, ha sottolineato il professore Filippo Barbanera, coordinatore dell’iniziativa.

corso insegnanti biologia

La giornata si è aperta con i saluti di benvenuto del professore Alberto Castelli, direttore del Dipartimento di Biologia. Sono quindi intervenuti come relatori docenti delle università di Pisa, Torino, Trento, Trieste, della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Trieste), medici dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana e liberi professionisti (giornalisti scientifici, nutrizionisti, tecnici faunistici). L’obiettivo comune degli interventi è stato mettere a fuoco contenuti e metodi corretti cui dovrebbe ispirarsi la comunicazione scientifica sui mass media e sui sempre più diffusi social network. In particolare, si è parlato di inesattezze o vere e proprie bufale che circolano su temi di attualità in ambito naturalistico (dall’evoluzione ai conflitti uomo-lupo alle specie aliene ecc.) e biomedico (omeopatia, vaccini, cellule staminali, ecc.).

“E' stato un incontro molto partecipato e i commenti che abbiamo raccolto da parte degli insegnanti e degli studenti sono stati molto positivi – ha raccontato Filippo Barbanera – speriamo di poter ripetere presto il successo con qualche iniziativa analoga”.

corso docenti biologia

La giornata di formazione è stata organizzata dal dipartimento di Biologia nell’ambito delle iniziative previste dal progetto “Piano nazionale Lauree Scientifiche” (PLS Biologia Biotecnologie) a cui l’Ateneo pisano aderisce insieme ad altre 42 università italiane. Il progetto, finanziato dal Ministero per l’Istruzione, Università e Ricerca, terminerà il 30 ottobre del 2018 ed ha come obiettivo finale accrescere le competenze biologiche e biotecnologiche degli studenti dell’ultimo triennio delle scuole secondarie, sviluppare le attività di autovalutazione da parte degli studenti delle scuole per una scelta più consapevole del loro futuro percorso universitario, ed aggiornare la formazione degli insegnanti. Per quanto poi riguarda gli studenti universitari, il progetto mira a ridurre il tasso di abbandono tra primo e secondo anno favorendo così il completamento del percorso di studio nei tempi previsti, ed a migliorare la didattica universitaria soprattutto negli insegnamenti del primo anno.

Ad oggi, nell’ambito del progetto PLS, circa 150 studenti di 12 scuole hanno potuto svolgere stage nei laboratori di ricerca del dipartimento di Biologia su temi concordati con i propri insegnanti. I docenti del dipartimento hanno inoltre svolto seminari nelle scuole che hanno visto un’alta partecipazione degli studenti. Similmente, gli insegnanti delle scuole interessati a partecipare a seminari di approfondimento presso il dipartimento di Biologia sono stati inseriti in un’apposita mailing list. Presso le scuole interessate, è stata poi avviata un’attività di autovalutazione in base alla quale gli studenti hanno potuto svolgere un test a risposta multipla che ricalca quello per accedere ai corsi di laurea a numero programmato di Scienze Biologiche e Biotecnologie. Infine, sono in corso azioni di tutorato nei confronti degli studenti del primo anno di Scienze Biologiche e Biotecnologie tramite attivazione di corsi di recupero di matematica con due tutor espressamente dedicati in ambito PLS, iniziative peraltro parallele allo svolgimento del corso previsto dal regolamento dei corsi di laurea.

Un innovativo laser in grado di emettere un fascio molto focalizzato è stato ottenuto grazie alla duplice natura delle onde Terahertz. Lo studio è stato pubblicato su Light: Science & Applications da un gruppo di ricercatori dell’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Nano-Cnr) e dell’Università di Pisa, in collaborazione con la Scuola normale superiore (Sns) e l’Università di Cambridge. Le onde Terahertz, che penetrano facilmente plastica, vestiti e altri materiali, sono una nuova frontiera della radiologia applicata alla rilevazione di armi o agenti biologici nascosti, o per evidenziare difetti nei materiali, negli imballaggi o nelle opere d'arte.

Laboratori CNR SNS

Le Terahertz sono onde elettromagnetiche 'vicine' alle microonde e all’infrarosso e hanno una natura ibrida: si propagano sia con le proprietà delle onde - come le onde radio – sia con quelle dei raggi di luce. Per questo è possibile manipolarle combinando le tecniche di questi due campi, sia con antenne che con lenti o specchi. È quanto è stato fatto nel nuovo laser, da Luca Masini, Alessandro Pitanti, Lorenzo Baldacci, Miriam Vitiello di Nano-Cnr, coordinati da Alessandro Tredicucci (foto in basso) dell'Università di Pisa, con l'obiettivo di generare un fascio di onde Terahertz altamente collimato da superare i limiti imposti dai microlaser disponibili finora.

"L’idea originale è quella di utilizzare in un unico dispositivo le due anime della radiazione Terahertz: quella ereditata dalla luce e quella proveniente dalle microonde - spiega Luca Masini di Nano-Cnr e Sns - Infatti, per generare la radiazione il dispositivo la tratta come fosse luce, usando un disco di materiale artificiale composto da strati di semiconduttore, mentre per diffonderla verso l'esterno la manipola come un’onda, utilizzando un'antenna in oro integrata nel dispositivo. Il risultato è un'emissione verticale e molto focalizzata che permette di impiegare questo laser in apparecchiature per analisi spettroscopica di materiali e di integrarlo nei nuovi laboratori miniaturizzati, i cosiddetti Lab-On-a-Chip".

Le onde Terahertz, considerate i raggi X del futuro per le grandi potenzialità di imaging (dai body scanner alla rivelazione di veleni, alle recenti applicazioni per il risparmio idrico), unite a bassi rischi per la salute, sono tra le frontiere della fotonica.

Alessandro Tredicucci inside


"Generare radiazione Terahertz ha rappresentato una sfida scientifica per molti anni - commenta Alessandro Tredicucci, pioniere di questo settore - ora la nuova sfida è farne una tecnologia, con dispositivi sempre meno complessi. Il nostro laser, che per la prima volta utilizza un approccio ibrido, va in questa direzione poiché permette di miniaturizzare il dispositivo e ridurre i consumi necessari per il funzionamento". Il laser è stato sviluppato nell’ambito del progetto europeo ERC SouLMan coordinato da Alessandro Tredicucci.

 

Riconoscersi allo specchio è una prerogativa degli esseri umani e di poche altre specie, come scimmie antropomorfe, elefanti asiatici, delfini e gazze, una capacità che presuppone una coscienza di sé e specifiche competenze cognitive e percettive. Il comune denominatore di queste specie è un cervello complesso, che spesso corrisponde a un sistema sociale altrettanto complesso. A partire da queste premesse quattro ricercatori del Dipartimento di Scienze Veterinarie e Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa, Paolo Baragli, Elisa Demuru, Chiara Scopa ed Elisabetta Palagi, hanno lanciato una nuova sfida scientifica per capire se anche i cavalli sono capaci di riconoscersi allo specchio. I risultati dello studio pilota sono stati pubblicati in un articolo uscito sulla rivista PlosOne e saranno presentati al pubblico in un incontro divulgativo che si svolgerà il 9 giugno alle 16.30 al Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa (via Roma 79, Calci).

cavallo


Abbiamo selezionato il cavallo non solo in quanto animale sociale capace di riconoscere individualmente gli esseri umani e i propri simili con modalità multisensoriali – spiega Paolo Baragli – ma soprattutto per il ruolo che questa specie ha svolto e svolge in condivisione con l'uomo, in ambito produttivo, ludico-sportivo e terapeutico grazie agli Interventi Assistiti con Animali, genericamente indicati con il termine di Pet Therapy”. “Inoltre la capacità di riconoscersi allo specchio è da considerare elemento predeterminante in forme sociali complesse sia dal punto di vista cognitivo che empatico” – aggiunge Elisabetta Palagi.

Per realizzare l’esperimento i ricercatori hanno utilizzato il mark test, una tecnica messa a punto e usata per i primati che consiste nell’applicare una marcatura colorata su un punto del corpo che l'animale può vedere solo con l'aiuto di una superficie riflettente. In questo modo il soggetto, se capace di riconoscersi, attua una serie di comportamenti volti a interagire con il segno, provando ad esempio a grattarlo via. Come controllo si applica una marcatura trasparente, invisibile, che garantisce la stessa sensazione tattile della marcatura colorata, senza però fornire alcuno stimolo visivo.

I risultati hanno rivelato che tre cavalli su quattro interagivano con la marcatura, grattandosi più frequentemente la guancia sinistra quando su essa era presente il segno colorato rispetto a quando la stessa guancia era marcata con il segno trasparente. Inoltre, uno dei tre cavalli ha mostrato un forte interesse anche quando il segno colorato era sulla guancia destra.

Questi risultati non confermano appieno la capacità di riconoscersi allo specchio nel cavallo – specifica Elisabetta Palagi - tuttavia l'accurata video analisi ha rivelato la presenza di particolari comportamenti che i soggetti mettevano in atto esclusivamente davanti alla superficie riflettente; ad esempio, subito dopo aver esplorato la loro immagine riflessa, i cavalli guardavano dietro lo specchio, come a voler verificare l'assenza o la presenza di un altro individuo”.

A partire da questo studio pilota, i ricercatori intendono quindi sciogliere le riserve sulla capacità di auto-riconoscimento dei cavalli individuando una nuova metodologia sperimentale adatta a questi animali. Il mark test infatti è stato concepito per le grandi scimmie antropomorfe, animali con elevate capacità manipolatorie di cui i cavalli sono privi.

“La difficoltà di rimuovere la marcatura potrebbe indurre nei cavalli stati d'ansia e frustrazione che inevitabilmente ridurrebbero la motivazione a rimuovere il segno colorato, nonostante questo possa essere perfettamente percepito come presente sul proprio corpo – spiega Paolo Baragli - Abbiamo già eseguito dei nuovi test su un campione più numeroso presso il centro Addestramento Etologico (San Marcello Pistoiese) apportando modifiche al disegno sperimentale in modo da tenere conto delle specificità anatomiche dei cavalli e presto inizieremo l’analisi dei dati raccolti”.

Ne hanno parlato:

La Nazione Pisa
Il Tirreno
Il Tirreno Pisa
Larepubblica.it
Lastampa.it
Ilsole24ore.com
Fanpage.it
Agi.it
Nationalgeographic.it
Cavallomagazine.it
Controradio.it
Quotidiano.net
Pisainformaflash.it
Informazione.it
Intoscana.it
Greenreport.it
Il Ruggito del Coniglio (Rai Radio2)

 

 

Fra i migliori giovani ricercatori al mondo in oncologia premiati al congresso dell'American Society of Clinical Oncology che si sta svolgendo a Chicago in questi giorni, dal 2 al 6 giugno, c’è anche Daniele Rossini specializzando dell’Università di Pisa in Oncologia medica presso l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana.

daniele rossini

Daniele (foto), 29 anni, è il più giovane fra i nove italiani premiati con il Conquer Cancer Foundation Merit Award, un riconoscimento assegnato ogni anno ai primi autori di lavori che portano ad un sostanziale avanzamento nel proprio settore di studi. Il ricercatore pisano, ora in America al convegno, si occupa del tumore retto metastatico in collaborazione con il Gruppo oncologico nord-ovest e sotto la guida del professore Alfredo Falcone e della dottoressa Chiara Cremolini.

In particolare, Daniele Rossini ha studiato la messa a punto di uno schema terapeutico per i malati di cancro al colon-retto metastatico che dopo un primo ciclo di trattamento subiscono una recidiva della malattia.

Ne hanno parlato:

Il Corriere della Sera
Ansa (english)
Repubblica.it
Corriere.it

 

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