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Una delegazione dell’Università di Pisa ha partecipato al corso mascherato del Carnevale di Viareggio che si è svolto domenica 23 febbraio per sensibilizzare i giovani e l’opinione pubblica sul cambiamento climatico.

Sotto la figura di cartapesta di Greta Thunberg del carro di Lebigre-Roger intitolato “Home sweet home – Nessun posto è come casa” che ha vinto l’edizione 2020 del Carnevale ha sfilato un gruppo in rappresentanza del dipartimento di Scienze della Terra e del Museo di Storia Naturale di Calci. Mascherati con camici e parrucche c'erano dottorandi, studenti, borsisti e sei docenti - Giovanni Zanchetta, Monica Bini, Roberto Giannecchini, Elena Maggi, Claudia Vannini e Duccio Bertoni.

 

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La delegazione UNIPI al Carnevale di Viareggio per sensibilizzare giovani e opinione pubblica sul cambiamento climatico


Prima della partenza del corso mascherato, il presidente del corso di laurea in scienze ambientali Giovanni Zanchetta ha presentato il corso, spiegando perché iscriversi e cosa offre agli studenti, quindi tutta la delegazione dell’Università di Pisa ha sfilato con uno striscione con su scritto “Scienze ambientali, perché la Terra è l’unico pianeta che abbiamo”.

“E’ importante usare anche situazioni di divertimento per parlare con i giovani – spiega la professoressa Monica Bini responsabile dell’orientamento a Scienze della Terra –i ragazzi e le ragazze che seguono Greta con entusiasmo spesso infatti non sanno dove si studiano questi temi”.

MEGA Materials srl, spin off dell’Università di Pisa con sede presso il Dipartimento di Fisica, si è aggiudicata il secondo posto nella sfida “AI & Robotics for climate Change” del Talent’s Tour promosso da Fondazione Mondo Digitale e Invitalia. Questa competizione, tappa pisana della RomeCup2020, si è tenuta qualche giorno fa al Polo Didattico Porta Nuova e ha visto la partecipazione di 8 team.
 
Il team di MEGA Materials, composto da Giovanni Cittadino e da Eugenio Damiano, ha presentato un progetto sull’aumento dell’efficienza delle celle fotovoltaiche bifacciali tramite conversione dello spettro solare. L’applicazione di opportuni materiali al di sotto della cella solare consente infatti di riconvertire parte della radiazione infrarossa, che andrebbe altrimenti persa, rendendola disponibile per la produzione di corrente.
 
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La giuria era composta da Lucia Pallottino, Università di Pisa, Riccardo Costanzi, Università di Pisa, e Susanna Zuccarini, Invitalia. Il primo post è andato al team "Elements Works", composto da Michele Grassi e Alessandra Licciardello. Il progetto, che prevede una boa intelligente dotata di drone per analizzare gli ambienti meno accessibili, si propone di raccogliere e analizzare dati tramite intelligenza artificiale per la valutazione dei mari. Ecosostenibile e a basso costo, la boa NetH2o si inserisce in un mercato ancora inesplorato e dalle grandi potenzialità. Terzo classificato invece "Blue Eco Line", un team composto da Lorenzo Lubrano Lavadera, Michael Mugnai, Ferdinando Virdia. Il progetto verte su un sistema automatizzato che intercetta i rifiuti nel loro percorso lungo i fiumi, prima che essi entrino in mare. Il sistema, flessibile e a basso impatto ambientale e manutentivo può essere costruito sulle sponde dei corsi di acqua e integrato con i comuni sistemi di raccolta rifiuti. 

Per i 77 allievi dell’edizione 2020 si è concluso il percorso del PhD+, il programma promosso all’interno del Contamination Lab dell’Università di Pisa che ha l’obiettivo di stimolare lo spirito imprenditoriale, favorire i contatti e le opportunità di confronto tra studenti di laurea magistrale, dottorandi, dottori di ricerca e docenti. Al termine dei 13 seminari che componevano il programma di quest’anno, i partecipanti, divisi in team multidisciplinari, hanno presentato il pitch delle proprie idee innovative, alcune delle quali saranno sviluppate nella seconda parte del CLab, il CYB+ che inizierà il 18 febbraio con 31 iscritti. Il Contamination Lab è sviluppato dall’Ateneo pisano in collaborazione con Scuola IMT Alti Studi Lucca, Scuola Normale Superiore e Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa. 

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Gli allievi del PhD+ che hanno partecipato all'evento finale dei pitch. A sinistra il professor Leonardo Bertini.

Delle 15 idee innovative scaturite quest’anno dal PhD+, sono 9 quelle che i ragazzi hanno illustrato durante l’evento finale che si è tenuto alle Benedettine. Ospite speciale è stata la rappresentante del Polo Tecnologico di Navacchio, Silvia Marchini, che ha assistito ai pitch dei ragazzi. «Le idee d’impresa di quest’anno toccano ambiti molto diversi tra loro, dai più tecnologici, a quelli umanistico-letterari – commenta il professor Leonardo Bertini, delegato del rettore per la promozione delle iniziative di spin off, start up e brevetti – Quello che accomuna questi progetti è la forte vocazione all’innovazione e l’augurio che facciamo a tutti i nostri allievi è che possano riuscire, grazie agli strumenti che diamo loro, a trasformarli in vere imprese».

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Tra le idee innovative c’è quella proposta da Anita Paolicchi, Carolina Paolicchi e Francesca Mannocci, che hanno pensato a una casa editrice, Astarte Edizioni, che si occupi di temi legati al mondo mediterraneo; oppure Eurikos, un pannello fonoassorbente in grado di produrre presentato da Luca Bonatti; un team numeroso composto da Rebecca Piccarducci, Rebecca Ferrisi, Lorenzo Germelli, Lorenzo Flori, Giovanni Petrarolo, Stefania Merlino, Davide Musco, Antonio Ritacco e Marco Cardia, ha ideato EXPAPP, un servizio che genera uno scontrino elettronico per la lotta allo spreco alimentare; MoWu around, ideato da Lorenzo Cenceschi, Luca Mastrosimone, Oreste Sabatino e Chiara Vellucci, è un sistema che permette di analizzare e modellizzare quantitativamente il flusso turistico per un turismo più sostenibile; Àngela Puig Sirera, Giovanni Rallo e Andrea Sbrana hanno proposto PhD-, un sistema di monitoraggio del consumo idrico delle città.

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C’è poi Smart alcoltest di Rudy Semola e Alessandro Carpenzano, un sistema da integrare nelle automobili che impedisce l’accensione della vettura in caso di stato di ebbrezza; Tessra, ideato da Elgeziry Mahmoud Samir Mahmoud Hassan, offre una piattaforma cloud per analisi e design di materiali e processi innovativi; Miriam Colella e Andrea Giumetti hanno presentato Uroboros Project, un progetto per creare una rete di contatti per valorizzare le realtà artistiche e museali poco valorizzate: infine Giacomo Cillari, Roberto Rugani e Giulia Lamberti, hanno parlato di VESTA, moduli abitativi ad alte prestazioni per situazioni d'emergenza.

Un brindisi con acqua pubblica per dire addio alla plastica. Così il rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella, ha dato il via lunedì 10 febbraio a una nuova stagione per la vita dell’Ateneo, proiettata verso una sempre maggior sostenibilità ambientale. "Oggi – ha commentato il rettore – abbiamo inaugurato sette nuovi erogatori di acqua pubblica che, assieme alla distribuzione delle borracce, ci aiuteranno ad abbattere le bottigliette di plastica consumate nel nostro Ateneo. Circa 2.000 al giorno solo nel Polo Piagge e 350.000 all'anno in tutto l'Ateneo, pari a 7 tonnellate di PET per la cui produzione vengono emesse nell’atmosfera quasi 16 tonnellate di CO2. Senza contare l’impatto del trasporto e del loro smaltimento. È solo un primo passo, ma grazie anche alla neo-costituita Commissione di Ateneo, daremo rapidamente un contributo incisivo allo sviluppo sostenibile e al miglioramento della qualità di vita di tutta Pisa".

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Dopo le circa 10.000 borracce distribuite agli immatricolati (presto disponibili per la comunità universitaria a un prezzo simbolico) e l’eliminazione della plastica monouso in occasione di riunioni, eventi e momenti istituzionali, prosegue così la conversione dell’Università di Pisa in “Ateneo sostenibile”. Tante le novità presentate: dai sette nuovi erogatori di acqua pubblica nei poli Piagge (3), Fibonacci (2) e Guidotti (2), alla costituzione della Commissione di Ateneo per lo sviluppo sostenibile.
Presieduta dal prorettore Marco Raugi, nominato anche come referente all’interno della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS), la Commissione avrà il compito di guidare l’Università in questo cammino, dettando obiettivi e strategie e misurando i risultati. La Commissione, composta in modo paritetico da docenti, rappresentanti del personale tecnico-amministrativo e studenti, è formata dai seguenti 18 membri: Marco Raugi (presidente), Daniele Antichi, Sabrina Arras, Leonardo Baldacci, Federico Boggia, Carlo Carminati, Cristina Cruciano, Michela Gesualdi, Lisa Ghezzi, Elisa Giuliani, Camilla Guerrero Molano, Luca Lanini, Valentino Liberto, Marina Caterina Magnani, Elena Menchetti, Elena Perini, Giovanna Pizzanelli, Andrea Somma

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Le iniziative presentate al Polo Piagge sono solo le ultime, in ordine di tempo, messe in atto dall’Università di Pisa per supportare l’affermazione di una vera e propria cultura della sostenibilità ambientale. Già da qualche anno, infatti, l’Ateneo ha inserito questo impegno nel suo Statuto e, più recentemente, nel suo Piano Strategico, facendone un elemento centrale della propria attività.
Alla fine dello scorso anno all’Orto e Museo Botanico è stato aperto un erogatore di acqua potabile, che nelle prime settimane di funzionamento è stato utilizzato da un gran numero di studenti, personale universitario e visitatori.

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Attualmente sono almeno quattro i centri di ricerca che hanno un richiamo evidente agli obiettivi di sviluppo sostenibile enunciati dall’ONU, a partire dal Centro di ricerche agro-ambientali “Enrico Avanzi”, che con quasi cinquant'anni di attività è una delle più grandi e riconosciute realtà d’Europa per lo studio dei sistemi agricoli sostenibili. Inoltre, sono attivi i  Centri interdipartimentali sulla Nutraceutica e alimentazione per la salute, sull’Energia per lo sviluppo sostenibile (CIRESS) e  per lo studio degli effetti del cambiamento climatico (CIRSEC). Da quasi quattro anni, infine, è attivo il Green Data Center di Ateneo, che è stato progettato seguendo criteri di sostenibilità e per ottenere una riduzione dei consumi e delle emissioni.

Nella foto in alto: il rettore Mancarella e l'assessore Bedini inaugurano l'erogatore al Polo Piagge.

Nella foto al centro: i membri della Commissione presenti all’inaugurazione con il rettore e il direttore generale, Grasso.

Nella foto in basso: un momento dell’inaugurazione con, da sinistra, Marco Raugi, presidente della Commissione di Ateneo per lo Sviluppo Sostenibile; Filippo Bedini, assessore all'Ambiente del Comune di Pisa; il rettore Paolo Mancarella; Elisa Giuliani, referente della Commissione su "Resource, Water and Waste Management”; il direttore generale, Riccardo Grasso.

 

agrochimica_inside.jpgE' uscita on line, liberamente scaricabile in formato pdf, una pubblicazione della Pisa University Press sulle ricerche condotte all'Università di Pisa in tema di cambiamento climatico. La raccolta intitolata The researches of the University of Pisa in the field of the effects of climate change è il frutto del primo incontro del neonato Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico (CIRSEC) che si è svolto a dicembre scorso.

Pubblichiamo di seguito una presentazione della pubblicazione del professore Giacomo Lorenzini Direttore del CIRSEC.

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Nonostante la persistente presenza di fenomeni di ‘negazionismo’, la comunità scientifica è ormai concorde che sia in atto una preoccupante serie di fenomeni che coinvolgono diversi aspetti del nostro clima. Non si tratta soltanto di evidenze di tipo strumentale, ma vi sono dimostrazioni di natura fisica (es. il progressivo ritiro dei ghiacciai) e biologica (es. l’allungamento di cicli dei vegetali). E’ altrettanto pacifico che sono le attività umane (e soprattutto la combustione di materiali fossili a fini energetici) ad avere un ruolo determinante nella genesi di tali variazioni, ed è la prima volta che prendiamo atto che variazioni climatiche intervengono non solo a causa di processi naturali di lungo periodo.

Le nuove condizioni climatiche rischiano di avere impatti importanti sulla nostra storia, sulla geografia e su tutte le nostre attività quotidiane, con inevitabili riflessi sulla salute di tutti gli organismi viventi e sul loro benessere. Il clima influenza i rapporti sociali (es. migrazioni), lo stato psicologico (aggressività, disturbi mentali, cognizione) e le condizioni economiche (agricoltura, pesca, turismo), per non parlare degli aspetti ecologici in senso lato e, inevitabilmente, i cambiamenti climatici interferiscono con tutti questi processi, sì da costituire una minaccia per il nostro futuro.

Anche in Italia abbiamo subito recentemente situazioni critiche in termini di “ondate di calore”, eventi piovosi estremi ed alluvioni e incendi forestali che si ritiene possano essere correlati appunto con i cambiamenti climatici in corso.Azioni di contrasto si devono basare innanzitutto su nuove politiche energetiche, ma, ad esempio, anche i nostri comportamenti alimentari dovrebbero essere ridiscussi. Nel frattempo siamo chiamati ad adottare strategie per minimizzare già nel breve periodo l’impatto degli scenari climatici presenti e di quelli previsti. Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo meglio conoscere la natura e l’intensità degli effetti fenomeno.

Recentemente si è costituito presso l’Università di Pisa il Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico dell'Università di Pisa, che raccoglie le competenze di 100 ricercatori, afferenti a 13 dipartimenti. Lo scorso 6 dicembre si è svolto l’evento di presentazione, basato su 36 relazioni, che letteralmente spaziano dalla ‘A’ (Antropocene) alla ‘Z’ (zoonosi). E non poteva essere diversamente, in quanto le variazioni climatiche in atto condizionano infiniti aspetti delle condizioni sanitarie e del benessere degli organismi viventi e dell’ambiente che li ospita. Sette le sessioni: salute umana e animale, agroecosistemi, biosistemi naturali terrestri, temi geologici, biologia marina, aspetti economici, sociali e politici.

Tutti i contributi scientifici sono raccolti in uno special issue di Agrochimica, edito dalla Pisa University Press, dal titolo “The researches of the University of Pisa in the field of the effects of climate change, reperibile on-line e liberamente scaricabile (formato pdf) in configurazione open access.
Particolarmente curiosa è la copertina del volume, che raffigura i dati della serie italiana delle ormai famose “warming stripes”, ovvero rappresentazioni cromatiche delle temperature medie degli ultimi 120 anni. Anche gli scettici (‘negazionisti’) devono prendere atto che le medie degli anni recenti sono inequivocabilmente superiori ai valori del secolo scorso. E se aumenta la temperatura si innescano reazioni a catena che coinvolgono fenomeni biologici, chimici e fisici che implicano conseguenze a medio-lungo termine di difficile individuazione e dagli effetti non sempre facilmente prevedibili. C’è necessità di approfondire questi argomenti e l’Università di Pisa è pronta a continuare a dare il proprio contributo.

Giacomo Lorenzini
Direttore CIRSEC UniPI

Una nuova agricoltura in grado di sostenere la sfida del cambiamento climatico per una gestione più sostenibile del territorio. E’ questa l’obiettivo di Agromix, un progetto europeo appena approvato al quale partecipa il Centro Ricerche Agro-ambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa sotto la responsabilità scientifica del dottor Daniele Antichi. Il consorzio Agromix, formato da 28 partner provenienti da 14 diversi Paesi Europei, ha ricevuto un finanziamento di circa 7 milioni di euro e sarà attivo per i prossimi quattro anni.

 

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Tenuta Paganico


“Noi come Centro Avanzi ci occuperemo di misurare e monitorare alcuni indicatori agro-ambientali e socio-economici dei sistemi agricoli biodiversi in relazione ai cambiamenti climatici - spiega Daniele Antichi – fra questi la stabilità nel tempo delle produzioni e la qualità dei prodotti, il sequestro di carbonio nel suolo e le ridotte emissioni di gas serra, il consumo idrico e risparmio di concimi minerali, la redditività e le dinamiche dei prezzi”.
La sperimentazione avverrà a San Piero a Grado, nei campi del dispositivo sperimentale “Arnino LTE” su una superficie complessiva di circa 40 ettari sui quali si testano sistemi agroforestali in cui coesistono colture erbacee, animali al pascolo ed alberi da legno, e presso l’azienda agricola “Tenuta di Paganico” di Civitella Paganico (GR), dove si conduce a livello aziendale una forte integrazione tra allevamento animale e produzioni vegetali.

 

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Daniele Antichi


Attraverso il coinvolgimento delle aziende agricole e degli attori delle filiere interessate, il progetto guiderà la transizione dei sistemi agricoli verso una maggiore resilienza nei confronti dei cambiamenti climatici. Nello specifico, basandosi su un network di ben 83 diversi siti sperimentali e casi studio aziendali e regionali, Agromix approfondirà la conoscenza dei nuovi modelli di business e testerà il potenziale di mitigazione e di adattabilità nei confronti dei cambiamenti climatici da parte di sistemi agricoli che integrano allevamento animale e produzioni colturali, incrementando la biodiversità dei sistemi produttivi e diversificando il paniere dei prodotti.
Il Centro Avanzi contribuirà alla realizzazione del progetto Agromix attraverso la partecipazione di un gruppo di lavoro interdisciplinare coordinato dal dottor Daniele Antichi e dai professori Fabio Bartolini (responsabile di un WorkPackage sugli aspetti socio-economici dei sistemi misti e agroforestali) e Marcello Mele (direttore del Centro “Avanzi” e responsabile di un task sulle produzioni animali).

“Questo nuovo progetto europeo – conclude Antichi - è un’ulteriore conferma del ruolo fondamentale che il Centro Avanzi svolge da trent’anni nel coordinare le conoscenze interdisciplinari e promuovere modelli innovativi di agricoltura sostenibile”.

Si chiamano ipossia e acidificazione i due pericoli che insieme possono minacciare gravemente la salute degli oceani e l’intero clima del nostro pianeta. L’unione di questi due stress ambientali di origine antropica è infatti in grado di minare l’equilibrio dei fondali marini, un ecosistema fragile ma fondamentale per contribuire alla cattura ed al sequestro di CO2 dall’atmosfera. Questo rischio ambientale è stato per la prima volta messo a fuoco da uno studio coordinato dai ricercatori dell’Università di Pisa e pubblicato sulla rivista “Global Change Biology”. La ricerca, finanziata in parte dal MIUR tramite il progetto TETRIS, è stata condotta da Chiara Ravaglioli e Fabio Bulleri del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano, in collaborazione con il Plymouth Marine Laboratory, la Southampton University e la Florida State University.

 

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Da destra Chiara Ravaglioli dell’Università di Pisa e Ana Queiros del Plymouth Marine laboratory, durante lo svolgimento dell’esperimento

 


Secondo i ricercatori a minacciare l’equilibrio dei fondali marini sarebbe proprio l’azione congiunta di questi due fenomeni in gran parte dipendenti dalle attività umane. L’acidificazione corrisponde infatti ad un aumento della concentrazione di CO2 nei mari provocato da un incremento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera; l’ipossia è invece un fenomeno che deriva da una diminuzione di ossigeno negli oceani causato da accumulo eccessivo di nutrienti, legato per esempio all’uso dei fertilizzanti in agricoltura.

“Eventi di ipossia, come quello simulato nel nostro studio, si osservano frequentemente lungo le zone marine costiere e la previsione è che si intensifichino ulteriormente a causa dei cambiamenti climatici – spiega la dottoressa Chiara Ravaglioli prima autrice dell’articolo - Valutarne gli effetti legati all’azione simultanea dell’acidificazione è quindi fondamentale per capire come gli ecosistemi marini risponderanno a queste condizioni in un possibile scenario futuro”.

Per condurre la sperimentazione, i ricercatori hanno utilizzato dei “mesocosmi” di ultima generazione, cioè dei laboratori in cui vengono simulate le condizioni degli ecosistemi marini. Durante i test, gli scienziati hanno marcato le alghe con carbonio-13 per seguire il flusso di carbonio, dalla sua assunzione da parte degli invertebrati marini sino al successivo accumulo nel sedimento.

“I risultati della nostra ricerca forniscono indicazioni importanti per la gestione dei sistemi marini – sottolinea Fabio Bulleri - ad esempio, la riduzione di uno stress che agisce su scala locale o regionale, come ad esempio un apporto eccessivo di nutrienti, può mitigare gli impatti del cambiamento climatico come l’acidificazione sui sedimenti marini”.

 

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La vasca di mesocosmi (1m3), riempita di acqua di mare, in cui sono stati collocati i cilindri trasparenti contenenti il sedimento con la comunità di invertebrati marini. All’interno di ciascun cilindro sono state manipolate le diverse condizioni sperimentali (alcuni erano mantenuti in condizioni naturali, altri sottoposti ad un aumento di CO2 o una diminuzione di O2 o la combinazione dei due stress). La CO2 è stata iniettata all’interno di ciascun cilindro grazie all’utilizzo dei piccoli tubi di plastica che si vedono in foto. La concentrazione di O2 è stata manipolata sigillando con silicone tutte le aperture del cilindro per circa 48 h.



Lo studio degli habitat marini è un filone di ricerca consolidato nell’Ateneo pisano. Protagonista di questa ricerca è Chiara Ravaglioli, 31 anni di Sinalunga (Siena), attualmente assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Biologia, unità di Biologia Marina ed Ecologia. I suoi principali interessi di ricerca riguardano lo studio degli effetti dei cambiamenti climatici globali e delle attività umane sulle comunità marine costiere.

Insieme a lei ha coordinato lo studio Fabio Bulleri, 49 anni di Livorno, professore associato del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa dove tiene i corsi di Ecologia ed Impatto dei Cambiamenti Climatici in Ambienti Marini. La sua attività di ricerca che conta all’attivo circa 90 articoli su riviste scientifiche indicizzate è incentrata sugli ambienti marini costieri, utilizzati come sistemi modello per affrontare tematiche di ecologia di base.

 

Sono stati resi noti lo scorso 28 giugno, durante il presidio settimanale dei Fridays for Future, i risultati del sondaggio “Riempi la borraccia, svuota il cestino”, promosso dall’Università di Pisa in collaborazione con Legambiente, Sinistra Per… e Greenpeace gruppo locale Pisa. A studenti e personale UNIPI è stato sottoposto un questionario per sodare le loro abitudini in fatto di consumo di acqua in bottiglia.

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“Il questionario – afferma Simone d'Alessandro, docente del dipartimento di Economia e Management e del Centro REMARC - ha messo in luce alcune abitudini all'interno dell'Università di Pisa riguardo al consumo di acqua in bottiglia. In particolare abbiamo notato che la maggior parte di coloro che acquistano acqua confezionata all'Università lo fanno anche a casa propria, un trend che potrebbe essere modificato se una volta installati gli erogatori e abbandonate le bottiglie in plastica questa abitudine fosse imitata anche a casa. Inoltre, è risultato che a un maggiore consumo di bottigliette è associata una ridotta consapevolezza sui temi ambientali, segno che l’Università, come centro di creazione e diffusione della conoscenza, deve farsi parte attiva nel diffondere una maggior consapevolezza della gravità e dell’urgenza del problema e di come cambiamenti nei nostri comportamenti possono contribuire alla riduzione degli impatti”.

Chiarissimi in ogni caso i risultati del sondaggio: la quasi totalità degli oltre 3.300 partecipanti ritiene che le bottigliette di plastica vadano sostituite con erogatori di acqua.

“L'Università crede fino in fondo a questa necessità – prosegue Elisa Giuliani, docente del dipartimento di Economia e Management e direttrice del Centro REMARC –- e sta mettendo pieno impegno in questo progetto. In questo momento stiamo cercando di superare tutti gli ostacoli burocratici per poter procedere il più rapidamente possibile”.

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Un primo passo, come sottolineano Jacopo Bettin e Elena Giusti, di Legambiente Pisa e Ruggero Castaldi, di Sinistra Per..., affinché l'Università promuova una visione di sostenibilità al suo interno e all'esterno, che vada a scardinare le nostre abitudini fondate sull’usa e getta.

“Chi ha risposto alla domanda aperta al questionario lo ha evidenziato bene – dice Elena Giusti - l’entusiasmo per l’iniziativa sugli erogatori c’è, ma si è detto anche che i livelli di spreco generale sono alti, e non solo riguardo la distribuzione dell’acqua. L’Università deve ridurre la quantità di rifiuti che produce, eliminare il monouso nelle mense e nei bar dell'Ateneo, nei distributori automatici; migliorare poi la gestione della differenziata, e modellare una vera e propria campagna di informazione su quali sono i comportamenti più sostenibili e quali gli impatti di una comunità numerosa come quella dell'Università di Pisa".

“L’acqua del rubinetto è sicura e controllata molto più frequentemente di quella in bottiglia – conclude Myriam Bartolucci, Fridays for Future - E la sua potabilità è garantita per legge. Come hanno evidenziato alcuni dei partecipanti al questionario, l’accesso all’acqua è un diritto e quindi l’Università pubblica deve poterlo garantire”. (Fonte Fridays for Future Pisa).

Negli ultimi 40 anni l’inverno sulla costa toscana è diventato meno freddo: la temperatura media a gennaio e a febbraio è infatti aumentata di quasi 2 gradi, da circa 8°C a 9.9°C, e se si considera tutta la stagione, da novembre a marzo, l’incremento è stato di 1,6 gradi, da 9.9°C a 11.5°C. Il dato emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista “Scientia Horticulture” e condotta dal gruppo di lavoro del professore Rolando Guerriero, oggi in pensione, composto da Raffaella Viti, Rossano Massai e Calogero Iacona del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell’Università di Pisa e da Susanna Bartolini dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna.

I ricercatori hanno analizzato i dati sulla fioritura di 40 diverse varietà di albicocco coltivate nell’Azienda Sperimentale dell’Ateneo pisano a Venturina (Livorno) per oltre quaranta anni, dal 1973 al 2016. Il periodo di fioritura degli alberi da frutto è infatti strettamente legato alle temperature dei mesi invernali e proprio per questo è uno degli indicatori più utilizzati per gli studi sui cambiamenti climatici. Da questo punto di vista la ricerca pisana è poi un caso unico: a Venturina si trova una delle più importanti collezioni di germoplasma di albicocco di tutto il bacino del Mediterraneo e così è stato possibile osservare la fioritura di più varietà nelle stesse condizioni sperimentali e per un periodo molto lungo.


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Fioritura dell'albicocco


I risultati dello studio hanno mostrato un aumento significativo delle temperature medie mensili del periodo autunno-invernale con incremento più marcato a partire dagli anni '90. In particolare, l'escursione termica media giornaliera, cioè la differenza fra la temperatura massima diurna e la minima notturna, è diminuita di quasi 1 grado e mezzo passando da 10.1°C degli anni '70-'80 a 8.8°C del 2013-2016. Un calo drammaticamente significativo c’è stato poi anche per le Unità di Freddo, cioè le ore con una temperatura inferiore ai 7 °C che servono alle piante per il superamento della dormienza delle gemme a fiore, che sono passate da circa 1.300 negli anni '70-'80 a 800 nel 2012-2016.


“Dal punto di vista delle coltivazioni, si tratta di cambiamenti climatici che incidono negativamente sui principali processi biologici stagionali causando spesso produzioni irregolari e, di conseguenza, significative riduzioni della produttività dei frutteti – spiega Rossano Massai - La maggior parte delle varietà esaminate, appartenenti sia al germoplasma italiano che straniero, opportunamente raggruppate in funzione della diversa epoca di fioritura, ha mostrato negli anni importanti ritardi nell’epoca di fioritura e rilevanti riduzioni dell’intensità della fioritura”.

Un mancato o insufficiente superamento della dormienza influisce infatti negativamente sulla schiusura delle gemme e, di conseguenza, sull’epoca e sulla abbondanza della fioritura. Come risultato negli ultimi 40 anni, l'abbondanza della fioritura (cioè il numero di fiori per cm di ramo ed espressa con un indice da 1, scarsa, a 5, molto abbondante) si è quasi dimezzata rispetto al passato soprattutto per le varietà a fioritura precoce, passando da un valore medio di 3.7 negli anni '70 a poco più di 2 nel periodo 2010-16.

“Il quadro complessivo che emerge dalla ricerca lascia ipotizzare un cambiamento di scenario con uno spostamento più a nord della coltura – conclude Susanna Bartolini – se in passato nell’area della Maremma Toscana si potevano ottenere produzioni interessanti e economicamente sostenibili anche con varietà a fioritura più tardiva ora appare più opportuno orientarsi verso varietà a basso fabbisogno in freddo e adatte a climi caldi o semiaridi; inoltre il calo complessivo della produttività potrebbe portare ad una forte limitazione all’approvvigionamento locale di frutta e alla necessità di importazione dall’esterno del fabbisogno”. Questa ricerca diviene quindi importante proprio nell’ottica del contenimento delle conseguenze negative dovute all’impatto del cambiamento climatico, garantendo il mantenimento della produttività del frutteto.

fridays for future pisaVenerdì 28 giugno, alle ore 18.00 in Piazza XX Settembre il presidio settimanale dei ragazzi dei “Venerdì del futuro” contro l’emergenza climatica vedrà anche la partecipazione dell’Università di Pisa. Nelle scorse settimane infatti l’Ateneo  ha lanciato un sondaggio sul consumo di acqua in bottiglia di plastica "Riempi la borraccia, svuota il cestino", in occasione del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2019. La campagna di sensibilizzazione, condotta in collaborazione con Legambiente Pisa, Sinistra per… e Greenpeace gruppo locale Pisa, punta a rendere l’Università di Pisa un luogo plastic-free.

L’evento vedrà gli interventi di Elisa Giuliani, del dipartimento di Economia e Management e direttrice del Centro REMARC, Università di Pisa, Simone D’Alessandro, del dipartimento di Economia e Management dell’UNIPI e membro del gruppo energia di RUS (Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile), Elena Giusti, Greenpeace gruppo locale Pisa, Jacopo Bettin, Legambiente Pisa, e Myriam Bartolucci, Fridays for Future. Subito dopo, la premiazione con dieci borracce, estratte a sorte tra le persone che hanno compilato il questionario.

“Renderemo noti i risultati del sondaggio per poter avviare delle riflessioni – conclude Simone D’Alessandro – tra i dati più interessanti, il 70% di coloro che hanno partecipato conferma di fare uso di bottigliette di plastica, ma il 100% ritiene che dovrebbero essere eliminate all’interno dell’Ateneo. Le Università, come centro di creazione e diffusione della conoscenza, devono farsi parte attiva nel diffondere una maggior consapevolezza della gravità e dell’urgenza del problema ambientale e di come piccole innovazioni e cambiamenti nei nostri comportamenti possono contribuire alla riduzione degli impatti”.

“Venerdì, il nostro consueto presidio si unisce volentieri all’iniziativa dell’Università – commenta Myriam Bartolucci, educatrice ambientale e attivista Fridays for Future – Il tema è di importanza capitale nella lotta per la salvaguardia del nostro pianeta, dove ogni anno vengono utilizzati 1,5 milioni di tonnellate di plastica per produrre bottiglie di acqua. In Italia, il paese con il più alto consumo di acqua in bottiglia in Europa (e terzo al mondo dopo Messico e Thailandia), ogni anno devono essere smaltiti oltre 10 miliardi di bottiglie di plastica. Un italiano infatti consuma annualmente in media 200 bottiglie di acqua. Per produrle vengono usati circa 86 kg di acqua e 10 kg di petrolio, e dispersi in atmosfera ben 11,5 kg di Anidride Carbonica. Tutto questo quando potremmo usare l’acqua del rubinetto, che è controllata e non reca danni a salute e ambiente. Dobbiamo invertire rotta ora, perché la produzione e l’uso della plastica devono subire una diminuzione radicale”.

 

 

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