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La professoressa Elisa Giuliani (foto) del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa è stata selezionata fra i sei finalisti per il miglior articolo uscito sul Journal of World Business nel 2019. Al centro della pubblicazione della professoressa c’è il rapporto fra management internazionale e diritti umani.

 

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“E’ un argomento molto dibattuto da anni a livello internazionale, ma di cui si parla ancora poco a livello nazionale – spiega Elisa Giuliani - eppure il mondo si muove per capire come smuovere le imprese a rispettare i diritti umani, inclusi quelli del lavoro, della salute, i diritti legati all'ambiente. In Italia siamo ancora a fare le analisi costi-benefici quando la frontiera si è spostata”.

Elisa Giuliani dirige il centro Remarc (Responsible management research center) dell’Università di Pisa. I suoi interessi di ricerca riguardano il rapporto tra business internazionale, geografia economica e sviluppo. Più recentemente si è concentrata sul rapporto tra affari internazionali e diritti umani e alla conformità socio-ambientale degli standard nelle catene di valore globali.

Grande successo e partecipazione per “Climbing for Climate”, l’escursione guidata dalla Certosa alla Verruca di Calci organizzata dall’Università di Pisa insieme alla Scuola Sant’Anna quale testimonianza attiva contro il cambiamento climatico. L’iniziativa giunta quest’anno alla seconda edizione si è svolta sabato 19 settembre in tutta Italia su impulso della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile - RUS, in collaborazione con il Club alpino italiano - Cai.
In totale hanno aderito 27 università di 10 regioni, da nord a sud, tutte per promuovere i temi dell’Agenda 2030 attraverso la mobilità attiva.

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“Climbing for Climate”, è stato patrocinato dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - MATTM, dal Comitato Glaciologico Italiano - CGI, dal Sustainable Development Solutions Network - SDSN e inserito nel calendario del Festival dello sviluppo sostenibile promosso dall'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - ASviS.

Venerdì 18 settembre è stato inviato ai presidenti della Commissione Europea e del parlamento EU, ai primi ministri degli Stati membri della EU, nonché ai primi ministri di molti altri Stati un appello sottoscritto da quasi 100 economisti di diversi paesi del mondo affinché la crisi generata dalla pandemia sia l'occasione per riorientare l'economia.

"E' sempre più urgente abbandonare un sistema fondato sulla produzione di beni che diventano in fretta rifiuti per andare verso un'economia a basse emissioni e che metta meno a rischio l'umanità - sostengono i promotori dell'appello - Soprattutto oggi è possibile un cambio di rotta per uscire dalla fallacia della finestra rotta (Bastiat 1850) e sostenere con efficacia i bisogni e il benessere. Occorre ristrutturare l'economia e uscire dall'ossessione del PIL come unico indicatore cui guardare. Gli economisti sanno bene che il PIL nasconde gravi inefficienze nell'allocazione del lavoro e delle risorse: che lo dicano!".

L'appello è consultabile su https://remarc.ec.unipi.it/a-plea-to-politicians-ask-the-economists-to-tell-the-truth/ ed è stato promosso da Tommaso Luzzati, Tiziano Di Stefano e Simone D'Alessandro del Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Pisa. Ha raccolto l'adesione, come primi firmatari, di personalità di spicco a livello mondiale in tema di sviluppo sostenibile tra cui Tim Jackson, direttore del Centre for the Understanding of Sustainable Prosperity dell Università del Surrey (UK).

Coi suoi due bracci di 3 chilometri adagiati nella campagna pisana, vicino Cascina, l’interferometro Virgo non è solo uno dei tre più grandi e sensibili rivelatori di onde gravitazionali al mondo. Proprio per rivelare le oscillazioni dello spazio-tempo, generate a milioni o addirittura miliardi di anni luce dalla Terra, i fisici di Virgo hanno bisogno infatti di riconoscere (e se possibile schermare il rivelatore da) tutti i ‘rumori’ di origine umana o ambientale, che potrebbero coprire i flebili segnali gravitazionali: vibrazioni sismiche e moti delle maree, suoni e perturbazioni di origine umana, come aerei, attività agricole o industriali, fino ai minimi movimenti periodici della crosta terrestre o ai ‘battiti’ delle pale eoliche. Si tratta di una sfida scientifica e tecnologica incredibile, che consente oggi al rivelatore di misurare variazioni di lunghezza dei suoi bracci più piccole del diametro di un protone: un miliardesimo di milionesimo di metro.

“Allo stesso tempo questa estenuante caccia alle perturbazioni esterne, rende l’interferometro e il corollario di sensori di cui si serve, un grande e sensibilissimo orecchio in ascolto del contesto ambientale in cui è immerso – dice Stavros Katsanevas, direttore dell’European Gravitational Observatory di Pisa - E, potenzialmente, trasforma Virgo ed EGO in uno straordinario laboratorio per studiare i fenomeni dell’ambiente: ad esempio l’attività sismica o l’andamento delle maree e i moti ondosi nei pressi della costa toscana.”

Un’opportunità che non si è lasciata sfuggire il dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, impegnato da sempre nello studio dell’ecosistema marino in prossimità delle coste toscane. “In effetti sia le attività umane che i cambiamenti climatici – dice Lisandro Benedetti-Cecchi, professore di Ecologia e prorettore alla Ricerca Europea e Internazionale dell’Università di Pisa - sono fra i principali fattori che influenzano la biodiversità marina costiera. Riuscire però a misurare e identificare con precisione l’impatto dei diversi fattori in gioco, richiede l’analisi di set di dati molto ampi e diversificati, prodotti da osservazioni su lunghi periodi delle interazioni tra fenomeni ambientali ed organismi marini.”

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Ciò che EGO e Virgo possono fornire ai biologi dell’Università di Pisa è una misura diretta dell’impatto delle onde sulla linea di costa, che si riverbera nei sensori sismici dell’interferometro. Inoltre la grande risoluzione temporale dei dati resi disponibili dai fisici, permetterà ad un team che vede la collaborazione tra biologi e geologi dell’Ateneo pisano di costruire modelli più precisi dell’erosione delle coste e prevedere quanto il cambiamento climatico possa intensificare in futuro temporali, eventi metereologici estremi o correnti marine più calde e l’impatto di esse sulla biodiversità marina costiera.
“Il confronto con i dati, che raccogliamo da oltre 20 anni, sulle popolazioni di alghe e invertebrati lungo il litorale livornese – sostiene Lisandro Benedetti-Cecchi - potrebbe aiutarci a stabilire un collegamento, non ancora ben studiato, tra i cambiamenti climatici globali e le variazioni della biodiversità marina lungo le coste. E a definire anche quanto e se effettivamente la presenza di micro- e macro-organismi marini contribuisca a mitigare l’impatto dell’erosione costiera."

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Inoltre comparando la serie storica di dati biologici e quelli raccolti negli ultimi 15 anni da Virgo sarà possibile determinare con più precisione le variazioni del livello del mare in passato e quindi contribuire alle proiezioni sulla crescita di questo livello nei prossimi anni.
“Negli ultimi decenni abbiamo raccolto e archiviato un set di dati ambientali (sismici, meteorologici, di inquinamento elettromagnetico…) pressoché unico per vastità e continuità temporale – dice Giovanni Losurdo, spokesperson della collaborazione scientifica internazionale che opera Virgo – Sono convinto che la condivisione di questi dati e la collaborazione interdisciplinare, produrrà nei prossimi anni sviluppi interessanti e importanti innovazioni in molti campi inaspettati.”

“In questa direzione il nostro primo e più naturale interlocutore è l’Università di Pisa – conclude Stavros Katsanevas, direttore di EGO - ed è per questo che siamo particolarmente felici della firma di questo accordo. Con l’auspicio che sia un ulteriore tassello alla connessione sempre più stretta e proficua tra tutte le eccellenze scientifiche e tecnologiche della Toscana.”

Nella foto in alto: da sinistra, Katsanevas, Benedetti-Cecchi, Losurdo e Alberto Castelli, direttore del dipartimento di Biologia, alla firma dell'accordo (autore: @MassimoDAndrea).
Nella foto in basso: l'interferometro VIRGO.

Tre note aziende (Graziella Green Power, Zucchetti Centro Sistemi e Netsens) e le quattro Università toscane (UNIFI, UNIPI, UNISI e SSSA) hanno unito le proprie competenze ed ambizioni per affrontare la sfida di una città sempre più tecnologica, efficiente e sostenibile, basata sulla filosofia del “Green Thinking”. La collaborazione è scaturita dalla partecipazione all’innovativo Progetto SUMA (Struttura Urbana Multifunzionale Attiva) in corso all’interno del Bando FAR FAS 2014, finanziato con risorse POR CreO FESR Toscana 2014-2020 Azione 1.1.5.a3 e risorse della Regione Toscana. La bilanciata sinergia tra le imprese e le Università ha reso possibile accomunare le conoscenze trasversali e le competenze in Ricerca & Sviluppo. La creazione di nuove soluzioni per la gestione, l’accumulo e la distribuzione di energia prodotta da fonti rinnovabili, e l’erogazione di servizi di pubblica utilità sono gli obiettivi principali di questa Partnership, che vengono affrontati aggiungendo sfide ambizione nei campi della meccanica avanzata, della robotica, dell’elettronica, della telematica e dell’Information Technology. Lo scambio di informazioni all’interno del partenariato e la possibilità di collaborare in un comune Progetto altamente innovativo, permettono di aumentare le competenze e l’efficacia nei diversi settori degli Enti di Ricerca, dando alle aziende nuove opportunità di espansione sul mercato e possibilità per l’inserimento di nuove risorse qualificate.

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Il Progetto ha l’obiettivo concreto di sviluppare un sistema integrato attivo in termini energetici, distribuito nel territorio della Regione Toscana, che possa costituire un punto di aggregazione, con caratteristiche anche architettonicamente distintive, dove si ottimizza la gestione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e si forniscono servizi avanzati ed innovativi al cittadino e alle imprese.
Già in questa fase del progetto è possibile conoscere in anteprima le caratteristiche dei vari dimostratori finali, che esemplificano su scala ridotta le potenzialità applicative in ambito urbano, industriale e nella logistica. Essi utilizzano algoritmi e sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale, che grazie all’apprendimento automatico, potranno creare modelli autosufficienti per la gestione dei flussi energetici, per effettuare la detection di anomalie e per gestire sistemi di mobilità in ambito logistico e di pubblica utilità.

Per il Cav. Lav. Fabrizio Bernini Presidente di ZCS, la partecipazione a SUMA darà la possibilità di implementare sul mercato nuove applicazioni della carica induttiva e degli inverter ibridi, della localizzazione e gestione di batterie estraibili, dell’utilizzo di veicoli nella Logistica indoor ed outdoor e in agricoltura. L’amministratore delegato di GGP, l’Ing. Iacopo Magrini, aggiunge: “Questa è un’occasione importante per proporre alla collettività strategie e tecnologie innovative nel campo energetico, grazie alla stretta collaborazione con Partner industriali ed istituzionali di primaria importanza a livello nazionale”.
Per quanto riguarda Netsens, l’Ing. Antonio Manes dichiara: “Questo Progetto ci permetterà di proporre un’architettura estremamente flessibile e modulare, in grado di soddisfare esigenze complesse nel settore del monitoraggio ambientale e delle smart cities, implementando competenze strategiche nel campo della caratterizzazione dei sensori e delle tecnologie di comunicazione wireless di tipo IoT.”
“Tramite questo Progetto viene promosso l'uso responsabile dell'energia mediante accumulo distribuito e gestione intelligente, mettendo a punto sistemi di potenziale grande diffusione, integrabili negli elementi di arredo in ambito urbano e industriale. Un'occasione unica per diffondere le tecnologie elettroniche e dell'informazione per conferire agli elementi usuali del panorama anche urbano, la capacità di gestire l'energia, sotto la regia di un'intelligenza distribuita, nel modo più efficace per l'interesse comune",  ha dichiarato il professore Massimo Ceraolo dell'Università di Pisa.

Per le tre imprese questo Progetto permetterà di estendere il know-how aziendale e di consolidare i legami professionali con i Partner coinvolti anche per eventuali sviluppi futuri. Permette anche di allargare e approfondire le competenze tecniche del proprio personale grazie alla collaborazione diretta con gli Enti di Ricerca.

Per le Università questo Progetto risulta essere un ulteriore passo per diminuire la distanza tra il settore della ricerca e quello imprenditoriale, creando un canale diretto per il coinvolgimento ed inserimento dei neolaureati nelle aziende.
Sono disponibili online dall’ 8 settembre 2020 tramite la sezione News sul Sito https://www.progettosuma.it/ il video della durata di 32 minuti (300MB), di presentazione del Progetto SUMA e i file dei lucidi in alta risoluzione.
Tramite la sezione Contatti del Sito, è possibile porre quesiti e chiedere approfondimenti su specifiche aree di interesse.

 

simonedalessandroCreare un gioco di ruolo per spiegare ai bambini il rapporto fra politiche ambientali e sociali con l’idea che si può vincere, ma solo tutti insieme. E’ questa una delle iniziative programmate nell’ambito di Ecoesione, un progetto del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa appena finanziato dal Ministero dell’Ambiente con circa 150mila euro per 18 mesi.

“Stiamo cercando di coinvolgere anche le scuole del territorio – racconta Simone D’Alessandro (foto a destra), professore dell’Ateneo pisano e responsabile del progetto – l’idea è che ogni bambino possa impersonare un ruolo, ad esempio l’imprenditore o l’attivista ambientale, ed avere degli obiettivi da raggiungere anche a scapito degli altri giocatori e tuttavia che si possa vincere che solo arrivando a soluzioni che tengano conto dell’interesse comune”.

Il tema centrale di Ecoesione è lo studio del rapporto tra politiche sociali e ambientali, quindi da lato le misure a sostegno dello sviluppo economico, dall’altro la questione del cambiamento climatico e dell’inquinamento. Da questo punto di vista una situazione tipica di conflitto è stato ad esempio il tentativo di aumento della introduzione della carbon tax in Francia, utile a ridurre le emissioni, eppure avversata come ulteriore aggravio fiscale.
“Vogliamo analizzare il rapporto tra le criticità ambientali dovute al cambiamento climatico, le politiche attuate per contrastarle, e i rischi sociali prodotti o aggravati da queste politiche – spiega D’Alessandro - il tutto favorendo processi partecipativi e inclusivi”.

Un ulteriore obiettivo di Ecoesione è infatti lo sviluppo di una piattaforma online aperta da mettere a disposizione di tutti gli interessati, politici e istituzioni, per creare un modello di macrosimulazione capace di mostrare gli effetti delle diverse politiche sociali e ambientali.

“Vorremmo che questo modello diventasse uno strumento di valutazione e decisione capace di definire e bilanciare strategie e obiettivi strategici”, conclude D’Alessandro
Un prototipo di questo simulatore sarà presentato nel corso Bright-Night, la notte dei ricercatori, il prossimo 27 novembre.
Simone D’Alessandro, professore di Economia Politica al Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, è affiliato al centro di ricerca REMARC (Responsible Management Research Center) i cui ricercatori sono coinvolti nel progetto Ecoesione insieme ai colleghi del Centro interdisciplinare di Scienze per la Pace.

La gestione degli insetti dannosi alle piante rare o di interesse storico in ambito urbano è un’attività importante e delicata, che deve essere condotta con efficienza ma – al contempo – minimizzando l’impiego di prodotti fitosanitari potenzialmente tossici per i fruitori degli spazi interessati.

In questo contesto, l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa ha recentemente attivato una collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali, volta alla messa a punto di un protocollo per il controllo biologico dei fitofagi dannosi per le piante custodite all’Orto Botanico.

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Studenti in una delle serre dell'orto botanico


“Il lancio di insetti utili, predatori e parassitoidi specifici, rappresenta uno strumento eco-compatibile, versatile ed efficace per limitare i danni causati da diversi insetti dannosi presenti nei vari ambienti dell’Orto Botanico, minimizzando l’impiego del mezzo chimico” ha affermato il professore Angelo Canale, titolare del corso di Controllo Biologico e Integrato presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.

“Inoltre, le operazioni di lotta biologica condotte mediante il lancio di insetti utili sono un’occasione unica di formazione “sul campo” per gli studenti del corso di Controllo Biologico e Integrato, che hanno la possibilità di partecipare a tali attività e alla messa punto dei protocolli di monitoraggio delle specie dannose”, ha aggiunto il dottor Giovanni Benelli, co-docente del corso.

Le operazioni di lotta biologica portate avanti in questi mesi stanno dando risultati molto promettenti nella gestione di numerose specie di insetti e acari nocivi per piante di elevato valore per la conservazione e divulgazione della biodiversità vegetale. Inoltre, come evidenziato dal professore Lorenzo Peruzzi, Direttore dell'Orto e Museo, “tale approccio permette ai visitatori dell’Orto e Museo Botanico di accedere ad un ambiente caratterizzato da piante non trattate con pesticidi, con benefici per la salute di tutti. L'utilizzo di metodi non tossici, alternativi ai pesticidi, è pienamente in linea con i messaggi di tutela dell'ambiente e della natura che ci impegniamo quotidianamente a diffondere e mettere in pratica, in linea con quella che è la nostra missione istituzionale”.

 

Un oceano di plastica: si stima che nell’Atlantico ne arrivino ogni anno dai cinque ai tredici milioni di tonnellate, una presenza di cui però si conosce molto poco, appena il 10%, soprattutto a causa delle microplastiche. E proprio per colmare questa lacuna è partito HOTMIC- Horizontal and vertical oceanic distribution, transport, and impact of microplastics, un progetto triennale finanziato con 2,3 milioni di euro nell’ambito del programma europeo “JPI Oceans” a sostegno dei mari denominato “Healthy and Productive Seas and Oceans”.

I paesi europei impegnati nel progetto HOTMIC sono sei e per l'Italia l'unico partner è il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Università di Pisa. HOTMIC, che prenderà il via ufficialmente il 5 giugno, ha l’obiettivo di mappare la presenza delle microplastiche dalla costa Atlantica europea sino al vortice nord atlantico. Con questo progetto si metteranno a punto metodologie analitiche e si faranno campagne di campionamento delle microplastiche, anche sotto i 10 micron, per valutarne entità, tipologia, distribuzione, rotte dagli estuari fino al mare aperto e dalla superficie sino ai fondali, modalità di degradazione e di interazione con organismi biologici. L’intento è di porre le basi per una più accurata valutazione dei potenziali rischi per l’ambiente e per gli organismi marini. In particolare, i chimici e ricercatori dell’Ateneo pisano metteranno in campo le tecniche uniche che hanno ideato per identificare e quantificare le diverse varietà di microplastiche.

 

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Gruppo di ricerca Hotmic dell'Università di Pisa

 

“Abbiamo sviluppato una metodologia del tutto originale che ci consente di identificare i diversi tipi di microplastica, polimero per polimero - spiega Valter Castelvetro dell’Ateneo pisano – sino ad oggi la tecnica più comune e utilizzata si limitava infatti a fare una separazione grossolana delle microplastiche dai sedimenti, seguita da una laboriosa e inaccurata conta tramite tecniche di microscopia e spettroscopia microscopica”.

Per caratterizzare le microplastiche, saranno quindi utilizzate diverse tecniche di separazione tramite estrazione o depolimerizzazione delle microplastiche, associate a tecniche analitiche di spettroscopia non distruttiva (Raman, FT-IR, microscopia) e distruttiva (HPLC, Py-GC/MS, EGA/MS).

“La sfida è identificare i principali inquinanti plastici, le insidie maggiori – conclude Castelvetro - arrivano dai frammenti di plastica più fini, come ad esempio i prodotti di degradazione di imballaggi plastici, le microsfere di polistirene che derivano da alcuni prodotti cosmetici o le microfibre dei tessuti sintetici, che più facilmente entrano nella catena alimentare degli organismi acquatici”.

Il gruppo di ricerca dell’Università di Pisa coordinato da Valter Castelvetro è composto da Francesca Modugno, Alessio Ceccarini, Andrea Corti, Mario Cifelli e Antonella Manariti. Oltre all’Ateneo pisano fanno parte del consorzio di Hotmic GEOMAR come capofila insieme all’Università Tecnica di Monaco per la Germania, l’Università della Danimarca meridionale, l’Instituto Português do Mar e da Atmosfera e il centro MARE della Universidade Nova de Lisboa per il Portogallo, l’Università di Ghent in Belgio e l’Università di Tartu in Estonia.

 

Uno spray all’aroma di pepe per conservare più a lungo la carne oppure una pellicola alla cannella per proteggere le mele da insetti e funghi, tutto a base di chitosano una sostanza del tutto naturale e biodegradabile ricavata in questo caso dagli insetti. E’ questo lo scenario di un futuro non troppo lontano al quale stanno lavorando gli scienziati di Fedkito, un progetto triennale appena finanziato nell’ambito di PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) attualmente il più importante programma di ricerca dell’area euro-mediterranea.

La professoressa Barbara Conti dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa è la coordinatrice del progetto che coinvolge Italia, Francia, Grecia, Tunisia e Marocco con la partecipazione di atenei, istituti di ricerca e aziende. Nell’ambito di Fedkito i ricercatori svilupperemo diversi packaging a base di chitosano arricchiti di oli essenziali in base alle caratteristiche di cibi che dovranno essere conservati, quindi film per proteggere frutta fresca e vegetali, spray per la carne, e liquido per i prodotti caseari.

 

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La professoressa Barbara Conti dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa coordinatrice del progetto Fedkito


“Per potenziare gli effetti protettivi del chitosano - spiega Barbara Conti – abbiamo avuto l’idea è di aggiungere degli oli essenziali che sceglieremo sulla base di abbinamenti un’analisi sensoriale che tengano conto del gusto e degli aromi in modo da dare ai consumatori un ulteriore valore aggiunto”

Ma l’impegno del progetto nei confronti della sicurezza alimentare non finisce qui. I ricercatori infatti vogliono sperimentare anche una speciale “etichetta intelligente” dotata di biosensori per misurare l’eventuale presenza di micotossine e, residui di pesticidi e residui che possono compromettere la qualità e la salubrità dei cibi anche durante le fasi di trasporto, e stoccaggio e vendita al dettaglio.

“Lavoriamo secondo una prospettiva di protezione integrata che sia anche sostenibile per l’ambiente – conclude Barbara Conti – il progetto si basa infatti anche sul principio dell’economia circolare e così ricaveremo la chitina per il chitosano dagli stessi insetti utilizzati per degradare ed eliminare i rifiuti e gli scarti della filiera agroalimentare”.

Insieme all’Università di Pisa partecipano al progetto le università di Bologna, Hassan II di Casablanca in Marocco, Tessaglia in Grecia, la Sorbona e il Centre Technique Industriel de la Plasturgie et des Composites per la Francia, il Centro di Biotecnologia di Borj Cedria in Tunisia e come partner aziendali due italiane, Gusto parmigiano e Azienda Agricola Salvadori Furio.

 

Valorizzare la variabilità naturale del fico, un frutto antico per un’agricoltura mediterranea sostenibile. Questo in sintesi l’obiettivo del progetto di ricerca "FIGGEN" guidato dal professor Tommaso Giordani, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa che, assieme a una squadra di ricercatori di Italia, Spagna, Tunisia e Turchia, è riuscito a vincere, dopo una selezione durissima tra migliaia di team di ricerca internazionali di 19 nazioni, un milione di euro nella categoria Farming System della Call 2019 di PRIMA, il Programma per l’innovazione del settore idrico e agro-alimentare nell’area mediterranea guidato da tre anni dal professore ed economista Angelo Riccaboni, già rettore dell’Università di Siena

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“I cambiamenti climatici stanno incidendo drammaticamente sulla regione del Mediterraneo e sono necessarie soluzioni per adattare le pratiche dei sistemi agricoli all'aumento delle temperature, della siccità e della salinità del suolo – spiega Giordani - L'adozione di sistemi di coltivazione mista come l'agroforestry può contrastare la perdita di agro-biodiversità e la riduzione della fertilità del suolo”.

Il fico (Ficus carica L.) ha un grande potenziale di espansione grazie a preziose qualità nutrizionali, energetiche e nutraceutiche dei frutti, e al crescente interesse per i metaboliti secondari prodotti nei frutti, nelle foglie e nel lattice, combinato con la capacità di adattarsi ad ambienti secchi, calcarei e salini, rendendo questa specie estremamente interessante per una produzione sostenibile nella regione mediterranea, anche in relazione al cambiamento climatico. Nei prossimi 36 mesi la squadra di ricercatori guidati da Giordani, con il coinvolgimento di agricoltori, produttori, distributori con esperienze e competenze multidisciplinari, hanno in progetto l'introduzione nei sistemi agricoli di cultivar di fico più adatte alle tipologie di ambiente che si produrranno in seguito al climate change e che consentiranno la produzione sostenibile del fico in futuro.

“Uno degli obiettivi è quello di realizzare sistemi agricoli basati sulla biodiversità, più resistenti alle incertezze climatiche e più sostenibili. Ciò avrà effetti benefici sul mantenimento delle risorse naturali (soprattutto in riferimento alla biodiversità sopra- e sottosuolo), sulla conservazione del suolo e delle acque, sulla valorizzazione dei suoli delle aree marginali, e quindi assicurerà la fornitura di migliori servizi ecosistemici” – afferma Giordani. “Tutto ciò avrà un impatto sia sul benessere che sul reddito degli agricoltori, sull'agro-ecosistema e sulla produzione di frutti di questa specie, consentendo di invertire la tendenza al ribasso della produzione di fichi registrata negli ultimi anni nell'area mediterranea”.

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Nella foto, il gruppo di Genetica e Genomica Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali: da sinistra Alberto Vangelisti, Gabriele Usai, la professoressa Lucia Natali, Flavia Mascagni, il professor Andrea Cavallini, il professor Tommaso Giordani.

Da qualche anno, il gruppo di Genetica e Genomica Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa si occupa di studiare le caratteristiche del genoma del fico, che ha recentemente sequenziato, e di come questa specie, diffusa nell'area del Mediterraneo, sia in grado di resistere a condizioni climatiche avverse come siccità e salinità. Del progetto FIGGEN fanno parte anche due partner spagnoli, l'Instituto de Hortofruticultura Subtropical y Mediterranea La Mayora dell'Agencia Estatal Consejo Superior de Investigaciones Cientificas, rappresentato dal Prof. Inaki Hormaza, capo del "Subtropical Fruit Crops Department" e il Centro de Investigaciones Científicas y Tecnológicas de Extremadura, rappresentato dalla Dott.ssa Margarita Lopez-Corrales, coordinatrice della banca di germoplasma di fico in Extremadura e responsabile del centro di analisi e registrazione di varietà commerciali di fico a livello nazionale e comunitario. Il progetto comprende anche due partner della sponda meridionale del Mediterraneo: la Facoltà di Scienze dell'Université de Tunis El Manar, in Tunisia, rappresentata dalla Prof.ssa Amel Hannachi, Direttrice del "Fruit Genetic Resources Team in the Laboratory of Genetics, Immunology and Biotechnology", e il Dipartimento di Orticoltura della Çukorova University, Turchia, rappresentato dalla Prof.ssa Ayzin Küden.

Riguardo gli impatti attesi tra 3 anni alla fine progetto, Giordani aggiunge: “FIGGEN avrà ricadute sulla valorizzazione e conservazione della biodiversità, in quanto saranno analizzati 300 genotipi del germoplasma di fico della regione mediterranea, comprese cultivar trascurate o poco utilizzate. L'individuazione e la caratterizzazione dei genotipi più adatti alle difficili condizioni ambientali dettate dal cambiamento climatico contribuirà al miglioramento genetico di questa specie per una produzione di fichi sempre più sostenibile in futuro.

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