Il clima in Europa 12mila anni fa era in molte regioni più piovoso di oggi, in alcune aree del Mediterraneo fino a 1000-2000 mm all’anno in più rispetto all’attuale. E’ questo quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances e condotto da un consorzio internazionale di università fra cui quella di Pisa.
La scoperta rovescia le attuali convinzioni, sinora si riteneva infatti che il clima in quell’epoca fosse generalmente più arido, e migliora sensibilmente i modelli predittivi sul clima grazie anche ad una maggiore comprensione dell’importanza della corrente a getto polare (un vento molto veloce di alta quota) per il clima di quel periodo.
“Per l’Europa si tratta della prima ricostruzione quantitativa delle precipitazioni avvenute durante lo Younger Dryas, cioè il periodo di rapido raffreddamento del clima avvenuto circa 12.000 anni fa, alla fine dell’ultima era glaciale”, spiega il professore Adriano Ribolini del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.
“Oggi – continua Ribolini - abbiamo segnali che la corrente a getto polare potrebbe cambiare con il riscaldamento del clima, probabilmente spostandosi verso nord e diventando più intermittente. Questo potrebbero portare a più eventi estremi, ad esempio ondate di caldo in estate ed una maggiore frequenza di tempeste e alluvioni in inverno”.
Il team di scienziati ha esaminato una grande quantità di dati paleoglaciologici, ricostruendo la forma di 120 ghiacciai dello Younger Dryas, distribuiti dalla Norvegia al Marocco, includendo i Balcani e la Turchia. Dall’analisi è emerso un modello di circolazione atmosferica globale da cui si evidenzia il ruolo fondamentale della corrente a getto polare che, allora come adesso, ha veicolato precipitazioni atmosferiche (pioggia e neve) dall'Atlantico sul continente. Il risultato è che alcune regioni erano sostanzialmente più umide di oggi (Gran Bretagna, Irlanda, Portogallo, Spagna e la regione mediterranea centro-orientale) e altre più aride (Francia, Belgio, Olanda, Germania e l'Europa orientale). In qualche punto della regione mediterranea le precipitazioni erano più abbondanti anche di 1000-2000 mm all’anno rispetto a quelle attuali; in altre regioni a Nord delle Alpi erano invece anche fino a 1000 mm all’anno in meno delle attuali.
“I dati paleoclimatici, come le precipitazioni ricavate in questo studio, possono essere utilizzati per testare e migliorare i modelli matematici di previsione del clima esistenti, verificando se questi stessi dati riescono a simulare correttamente le condizioni del passato – conclude Ribolini – Per quanto riguarda l’Università di Pisa il nostro compito in particolare è stato di contribuire alla ricostruzione dell’estensione dei paleoghiacciai e del calcolo dei valori di precipitazioni che ne garantivano l’esistenza nell’intero continente europeo”.
La ricerca è stata finanziata dal Leverhulme Thrust, oltre all’Ateneo pisano hanno partecipato l’University of Aberdeen come capofila e altre cinque università/enti di ricerca (Manchester, Londra, Amsterdam, Zurigo, Bergen).
C’è un nuovo termometro per misurare e studiare le temperature e il clima passato del nostro pianeta. Si tratta del magnesio contenuto in particolari concrezioni, dette speleotemi, che si formano lentamente all’interno di piccoli laghi o pozze dentro le grotte. La scoperta arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications e realizzato da un team internazionale guidato dai professori Giovanni Zanchetta del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e Russell Drysdale dell’Università di Melbourne. Alla ricerca hanno inoltre collaborato per parte italiana l’Istituto di Geoscienze e Georisorse CNR e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Pisa.
“Analizzando le variazioni della concentrazione del magnesio negli speleotemi abbiamo la possibilità di registrare i cambiamenti di temperatura per centinaia di migliaia di anni”, spiega Giovanni Zanchetta.
In particolare la ricerca ha riguardato una “carota” proveniente da uno speleotema di un piccolo lago del sistema carsico dell'Antro del Corchia in Toscana, a circa 300 m di profondità nelle viscere della montagna, e cresciuto ininterrottamente durante gli ultimi 350 mila anni.
Operazioni di carotaggio laghetto basso del Corchia, terzo a sinistra Giovanni Zanchetta (Foto L. DeCesari)
“I risultati relativi alla concentrazione di magnesio coprono quindi gli ultimi quattro cicli glaciale-interglaciale, e sono confermati dalla corrispondenza con i record di temperatura della superficie del mare registrati nei sedimenti oceanici del Mediterraneo e dell’Atlantico”, continua Zanchetta.
Per verificare questa somiglianza, i ricercatori si sono focalizzati su un periodo chiamato Termination II – cioè la conclusione della penultima era glaciale, tra 136 e 128 mila anni fa. Durante questo periodo di riscaldamento, le temperature oceaniche sono aumentate di 8 gradi nel giro di poche migliaia di anni. Lo studio ad altissima risoluzione della speleotema del Corchia, unito alla determinazioni radiometrica dell’età con il metodo del decadimento radioattivo dell’Uranio in Torio, ha così mostrato un brusco aumento nella concentrazione del Mg, verificatosi esattamente in concomitanza del forte aumento delle temperature oceaniche.
“Questa ricerca è la prima a dimostrare che il magnesio in uno speleotema può fungere da indicatore di temperatura – conclude Zanchetta – la temperatura è uno dei parametri fondamentali nelle misurazioni climatiche e la stima delle temperature passate è quindi un tassello irrinunciabile per la ricostruzione del clima passato, e può aiutarci a capire come ogni regione risponda ai principali episodi di cambiamento climatico globale”.
Lunedì 5 ottobre sarà inaugurata dal rettore la prima edizione della Summer School dedicata ai cambiamenti climatici “GCRC 2020 – Governing Climate Resilient Cities. Challenges, Opportunities and Best Practices”.
La Scuola, organizzata dal Dipartimento di Giurisprudenza, è il risultato di una partnership dell’Università di Pisa con l’Agenzia delle Nazioni Unite UN Habitat, l’Università di Parigi Sorbonne, l’Università di Napoli Federico II, il New York Institute for Thecnology e l’Urban Climate Change Research Network (UCCRN), una prestigiosa rete di studiosi diretta dalla professoressa Cynthia Rosenzweig della Columbia University e della NASA. Direttore della Scuola è il professor Alfredo Fioritto.
Data la complessità del tema dei cambiamenti climatici la Scuola ha un approccio interdisciplinare e, infatti, è organizzata su tre moduli che affrontano problemi scientifici, giuridici e di pianificazione e progettazione urbana. Il focus della Scuola sono le aree metropolitane e le città dove oramai vive oltre il 60% della popolazione umana e dove più forti saranno gli impatti dei cambiamenti climatici. Scopo della Scuola è quello di contribuire a rendere le città più resilienti.
La Scuola intende fornire ai partecipanti strumenti analitici per comprendere meglio e affrontare le sfide che i cambiamenti climatici stanno imponendo a tutti gli stati e che imporranno nuove forme di governance delle grandi città e aree metropolitane.
Erosione delle coste e aumento dei livelli del mare, spostamenti di grandi masse di persone e loro ricollocazione, desertificazione di vaste aree con impatti negativi sull’agricoltura e la produzione di alimenti, sono alcune delle grandi sfide cui l’umanità dovrà far fronte. Governanti di stati, regioni, città dovranno confrontarsi con temi che richiedono specifiche e nuove conoscenze; già ora è necessario mettere in atto politiche pubbliche finalizzate a contenere il riscaldamento del clima e a ridurne gli impatti negativi.
Proprio questi temi saranno affrontati da un corpo di docenti provenienti da paesi europei e dagli Stati Uniti che illustreranno modalità e tecniche, oltre ad esempi concreti, per rendere le città più resilienti.
La Scuola è indirizzata a giovani ricercatori ma anche ai decisori politici e amministrativi, funzionari pubblici, city manager, esperti di pianificazione e di sviluppo economico.
La professoressa Elisa Giuliani (foto) del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa è stata selezionata fra i sei finalisti per il miglior articolo uscito sul Journal of World Business nel 2019. Al centro della pubblicazione della professoressa c’è il rapporto fra management internazionale e diritti umani.
“E’ un argomento molto dibattuto da anni a livello internazionale, ma di cui si parla ancora poco a livello nazionale – spiega Elisa Giuliani - eppure il mondo si muove per capire come smuovere le imprese a rispettare i diritti umani, inclusi quelli del lavoro, della salute, i diritti legati all'ambiente. In Italia siamo ancora a fare le analisi costi-benefici quando la frontiera si è spostata”.
Elisa Giuliani dirige il centro Remarc (Responsible management research center) dell’Università di Pisa. I suoi interessi di ricerca riguardano il rapporto tra business internazionale, geografia economica e sviluppo. Più recentemente si è concentrata sul rapporto tra affari internazionali e diritti umani e alla conformità socio-ambientale degli standard nelle catene di valore globali.
Grande successo e partecipazione per “Climbing for Climate”, l’escursione guidata dalla Certosa alla Verruca di Calci organizzata dall’Università di Pisa insieme alla Scuola Sant’Anna quale testimonianza attiva contro il cambiamento climatico. L’iniziativa giunta quest’anno alla seconda edizione si è svolta sabato 19 settembre in tutta Italia su impulso della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile - RUS, in collaborazione con il Club alpino italiano - Cai.
In totale hanno aderito 27 università di 10 regioni, da nord a sud, tutte per promuovere i temi dell’Agenda 2030 attraverso la mobilità attiva.
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“Climbing for Climate”, è stato patrocinato dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - MATTM, dal Comitato Glaciologico Italiano - CGI, dal Sustainable Development Solutions Network - SDSN e inserito nel calendario del Festival dello sviluppo sostenibile promosso dall'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile - ASviS.
Venerdì 18 settembre è stato inviato ai presidenti della Commissione Europea e del parlamento EU, ai primi ministri degli Stati membri della EU, nonché ai primi ministri di molti altri Stati un appello sottoscritto da quasi 100 economisti di diversi paesi del mondo affinché la crisi generata dalla pandemia sia l'occasione per riorientare l'economia.
"E' sempre più urgente abbandonare un sistema fondato sulla produzione di beni che diventano in fretta rifiuti per andare verso un'economia a basse emissioni e che metta meno a rischio l'umanità - sostengono i promotori dell'appello - Soprattutto oggi è possibile un cambio di rotta per uscire dalla fallacia della finestra rotta (Bastiat 1850) e sostenere con efficacia i bisogni e il benessere. Occorre ristrutturare l'economia e uscire dall'ossessione del PIL come unico indicatore cui guardare. Gli economisti sanno bene che il PIL nasconde gravi inefficienze nell'allocazione del lavoro e delle risorse: che lo dicano!".
L'appello è consultabile su https://remarc.ec.unipi.it/a-plea-to-politicians-ask-the-economists-to-tell-the-truth/ ed è stato promosso da Tommaso Luzzati, Tiziano Di Stefano e Simone D'Alessandro del Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Pisa. Ha raccolto l'adesione, come primi firmatari, di personalità di spicco a livello mondiale in tema di sviluppo sostenibile tra cui Tim Jackson, direttore del Centre for the Understanding of Sustainable Prosperity dell Università del Surrey (UK).
Coi suoi due bracci di 3 chilometri adagiati nella campagna pisana, vicino Cascina, l’interferometro Virgo non è solo uno dei tre più grandi e sensibili rivelatori di onde gravitazionali al mondo. Proprio per rivelare le oscillazioni dello spazio-tempo, generate a milioni o addirittura miliardi di anni luce dalla Terra, i fisici di Virgo hanno bisogno infatti di riconoscere (e se possibile schermare il rivelatore da) tutti i ‘rumori’ di origine umana o ambientale, che potrebbero coprire i flebili segnali gravitazionali: vibrazioni sismiche e moti delle maree, suoni e perturbazioni di origine umana, come aerei, attività agricole o industriali, fino ai minimi movimenti periodici della crosta terrestre o ai ‘battiti’ delle pale eoliche. Si tratta di una sfida scientifica e tecnologica incredibile, che consente oggi al rivelatore di misurare variazioni di lunghezza dei suoi bracci più piccole del diametro di un protone: un miliardesimo di milionesimo di metro.
“Allo stesso tempo questa estenuante caccia alle perturbazioni esterne, rende l’interferometro e il corollario di sensori di cui si serve, un grande e sensibilissimo orecchio in ascolto del contesto ambientale in cui è immerso – dice Stavros Katsanevas, direttore dell’European Gravitational Observatory di Pisa - E, potenzialmente, trasforma Virgo ed EGO in uno straordinario laboratorio per studiare i fenomeni dell’ambiente: ad esempio l’attività sismica o l’andamento delle maree e i moti ondosi nei pressi della costa toscana.”
Un’opportunità che non si è lasciata sfuggire il dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, impegnato da sempre nello studio dell’ecosistema marino in prossimità delle coste toscane. “In effetti sia le attività umane che i cambiamenti climatici – dice Lisandro Benedetti-Cecchi, professore di Ecologia e prorettore alla Ricerca Europea e Internazionale dell’Università di Pisa - sono fra i principali fattori che influenzano la biodiversità marina costiera. Riuscire però a misurare e identificare con precisione l’impatto dei diversi fattori in gioco, richiede l’analisi di set di dati molto ampi e diversificati, prodotti da osservazioni su lunghi periodi delle interazioni tra fenomeni ambientali ed organismi marini.”
Ciò che EGO e Virgo possono fornire ai biologi dell’Università di Pisa è una misura diretta dell’impatto delle onde sulla linea di costa, che si riverbera nei sensori sismici dell’interferometro. Inoltre la grande risoluzione temporale dei dati resi disponibili dai fisici, permetterà ad un team che vede la collaborazione tra biologi e geologi dell’Ateneo pisano di costruire modelli più precisi dell’erosione delle coste e prevedere quanto il cambiamento climatico possa intensificare in futuro temporali, eventi metereologici estremi o correnti marine più calde e l’impatto di esse sulla biodiversità marina costiera.
“Il confronto con i dati, che raccogliamo da oltre 20 anni, sulle popolazioni di alghe e invertebrati lungo il litorale livornese – sostiene Lisandro Benedetti-Cecchi - potrebbe aiutarci a stabilire un collegamento, non ancora ben studiato, tra i cambiamenti climatici globali e le variazioni della biodiversità marina lungo le coste. E a definire anche quanto e se effettivamente la presenza di micro- e macro-organismi marini contribuisca a mitigare l’impatto dell’erosione costiera."
Inoltre comparando la serie storica di dati biologici e quelli raccolti negli ultimi 15 anni da Virgo sarà possibile determinare con più precisione le variazioni del livello del mare in passato e quindi contribuire alle proiezioni sulla crescita di questo livello nei prossimi anni.
“Negli ultimi decenni abbiamo raccolto e archiviato un set di dati ambientali (sismici, meteorologici, di inquinamento elettromagnetico…) pressoché unico per vastità e continuità temporale – dice Giovanni Losurdo, spokesperson della collaborazione scientifica internazionale che opera Virgo – Sono convinto che la condivisione di questi dati e la collaborazione interdisciplinare, produrrà nei prossimi anni sviluppi interessanti e importanti innovazioni in molti campi inaspettati.”
“In questa direzione il nostro primo e più naturale interlocutore è l’Università di Pisa – conclude Stavros Katsanevas, direttore di EGO - ed è per questo che siamo particolarmente felici della firma di questo accordo. Con l’auspicio che sia un ulteriore tassello alla connessione sempre più stretta e proficua tra tutte le eccellenze scientifiche e tecnologiche della Toscana.”
Nella foto in alto: da sinistra, Katsanevas, Benedetti-Cecchi, Losurdo e Alberto Castelli, direttore del dipartimento di Biologia, alla firma dell'accordo (autore: @MassimoDAndrea).
Nella foto in basso: l'interferometro VIRGO.
Tre note aziende (Graziella Green Power, Zucchetti Centro Sistemi e Netsens) e le quattro Università toscane (UNIFI, UNIPI, UNISI e SSSA) hanno unito le proprie competenze ed ambizioni per affrontare la sfida di una città sempre più tecnologica, efficiente e sostenibile, basata sulla filosofia del “Green Thinking”. La collaborazione è scaturita dalla partecipazione all’innovativo Progetto SUMA (Struttura Urbana Multifunzionale Attiva) in corso all’interno del Bando FAR FAS 2014, finanziato con risorse POR CreO FESR Toscana 2014-2020 Azione 1.1.5.a3 e risorse della Regione Toscana. La bilanciata sinergia tra le imprese e le Università ha reso possibile accomunare le conoscenze trasversali e le competenze in Ricerca & Sviluppo. La creazione di nuove soluzioni per la gestione, l’accumulo e la distribuzione di energia prodotta da fonti rinnovabili, e l’erogazione di servizi di pubblica utilità sono gli obiettivi principali di questa Partnership, che vengono affrontati aggiungendo sfide ambizione nei campi della meccanica avanzata, della robotica, dell’elettronica, della telematica e dell’Information Technology. Lo scambio di informazioni all’interno del partenariato e la possibilità di collaborare in un comune Progetto altamente innovativo, permettono di aumentare le competenze e l’efficacia nei diversi settori degli Enti di Ricerca, dando alle aziende nuove opportunità di espansione sul mercato e possibilità per l’inserimento di nuove risorse qualificate.
Il Progetto ha l’obiettivo concreto di sviluppare un sistema integrato attivo in termini energetici, distribuito nel territorio della Regione Toscana, che possa costituire un punto di aggregazione, con caratteristiche anche architettonicamente distintive, dove si ottimizza la gestione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e si forniscono servizi avanzati ed innovativi al cittadino e alle imprese.
Già in questa fase del progetto è possibile conoscere in anteprima le caratteristiche dei vari dimostratori finali, che esemplificano su scala ridotta le potenzialità applicative in ambito urbano, industriale e nella logistica. Essi utilizzano algoritmi e sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale, che grazie all’apprendimento automatico, potranno creare modelli autosufficienti per la gestione dei flussi energetici, per effettuare la detection di anomalie e per gestire sistemi di mobilità in ambito logistico e di pubblica utilità.
Per il Cav. Lav. Fabrizio Bernini Presidente di ZCS, la partecipazione a SUMA darà la possibilità di implementare sul mercato nuove applicazioni della carica induttiva e degli inverter ibridi, della localizzazione e gestione di batterie estraibili, dell’utilizzo di veicoli nella Logistica indoor ed outdoor e in agricoltura. L’amministratore delegato di GGP, l’Ing. Iacopo Magrini, aggiunge: “Questa è un’occasione importante per proporre alla collettività strategie e tecnologie innovative nel campo energetico, grazie alla stretta collaborazione con Partner industriali ed istituzionali di primaria importanza a livello nazionale”.
Per quanto riguarda Netsens, l’Ing. Antonio Manes dichiara: “Questo Progetto ci permetterà di proporre un’architettura estremamente flessibile e modulare, in grado di soddisfare esigenze complesse nel settore del monitoraggio ambientale e delle smart cities, implementando competenze strategiche nel campo della caratterizzazione dei sensori e delle tecnologie di comunicazione wireless di tipo IoT.”
“Tramite questo Progetto viene promosso l'uso responsabile dell'energia mediante accumulo distribuito e gestione intelligente, mettendo a punto sistemi di potenziale grande diffusione, integrabili negli elementi di arredo in ambito urbano e industriale. Un'occasione unica per diffondere le tecnologie elettroniche e dell'informazione per conferire agli elementi usuali del panorama anche urbano, la capacità di gestire l'energia, sotto la regia di un'intelligenza distribuita, nel modo più efficace per l'interesse comune", ha dichiarato il professore Massimo Ceraolo dell'Università di Pisa.
Per le tre imprese questo Progetto permetterà di estendere il know-how aziendale e di consolidare i legami professionali con i Partner coinvolti anche per eventuali sviluppi futuri. Permette anche di allargare e approfondire le competenze tecniche del proprio personale grazie alla collaborazione diretta con gli Enti di Ricerca.
Per le Università questo Progetto risulta essere un ulteriore passo per diminuire la distanza tra il settore della ricerca e quello imprenditoriale, creando un canale diretto per il coinvolgimento ed inserimento dei neolaureati nelle aziende.
Sono disponibili online dall’ 8 settembre 2020 tramite la sezione News sul Sito https://www.progettosuma.it/ il video della durata di 32 minuti (300MB), di presentazione del Progetto SUMA e i file dei lucidi in alta risoluzione.
Tramite la sezione Contatti del Sito, è possibile porre quesiti e chiedere approfondimenti su specifiche aree di interesse.
Creare un gioco di ruolo per spiegare ai bambini il rapporto fra politiche ambientali e sociali con l’idea che si può vincere, ma solo tutti insieme. E’ questa una delle iniziative programmate nell’ambito di Ecoesione, un progetto del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa appena finanziato dal Ministero dell’Ambiente con circa 150mila euro per 18 mesi.
“Stiamo cercando di coinvolgere anche le scuole del territorio – racconta Simone D’Alessandro (foto a destra), professore dell’Ateneo pisano e responsabile del progetto – l’idea è che ogni bambino possa impersonare un ruolo, ad esempio l’imprenditore o l’attivista ambientale, ed avere degli obiettivi da raggiungere anche a scapito degli altri giocatori e tuttavia che si possa vincere che solo arrivando a soluzioni che tengano conto dell’interesse comune”.
Il tema centrale di Ecoesione è lo studio del rapporto tra politiche sociali e ambientali, quindi da lato le misure a sostegno dello sviluppo economico, dall’altro la questione del cambiamento climatico e dell’inquinamento. Da questo punto di vista una situazione tipica di conflitto è stato ad esempio il tentativo di aumento della introduzione della carbon tax in Francia, utile a ridurre le emissioni, eppure avversata come ulteriore aggravio fiscale.
“Vogliamo analizzare il rapporto tra le criticità ambientali dovute al cambiamento climatico, le politiche attuate per contrastarle, e i rischi sociali prodotti o aggravati da queste politiche – spiega D’Alessandro - il tutto favorendo processi partecipativi e inclusivi”.
Un ulteriore obiettivo di Ecoesione è infatti lo sviluppo di una piattaforma online aperta da mettere a disposizione di tutti gli interessati, politici e istituzioni, per creare un modello di macrosimulazione capace di mostrare gli effetti delle diverse politiche sociali e ambientali.
“Vorremmo che questo modello diventasse uno strumento di valutazione e decisione capace di definire e bilanciare strategie e obiettivi strategici”, conclude D’Alessandro
Un prototipo di questo simulatore sarà presentato nel corso Bright-Night, la notte dei ricercatori, il prossimo 27 novembre.
Simone D’Alessandro, professore di Economia Politica al Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, è affiliato al centro di ricerca REMARC (Responsible Management Research Center) i cui ricercatori sono coinvolti nel progetto Ecoesione insieme ai colleghi del Centro interdisciplinare di Scienze per la Pace.
La gestione degli insetti dannosi alle piante rare o di interesse storico in ambito urbano è un’attività importante e delicata, che deve essere condotta con efficienza ma – al contempo – minimizzando l’impiego di prodotti fitosanitari potenzialmente tossici per i fruitori degli spazi interessati.
In questo contesto, l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa ha recentemente attivato una collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali, volta alla messa a punto di un protocollo per il controllo biologico dei fitofagi dannosi per le piante custodite all’Orto Botanico.
Studenti in una delle serre dell'orto botanico
“Il lancio di insetti utili, predatori e parassitoidi specifici, rappresenta uno strumento eco-compatibile, versatile ed efficace per limitare i danni causati da diversi insetti dannosi presenti nei vari ambienti dell’Orto Botanico, minimizzando l’impiego del mezzo chimico” ha affermato il professore Angelo Canale, titolare del corso di Controllo Biologico e Integrato presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.
“Inoltre, le operazioni di lotta biologica condotte mediante il lancio di insetti utili sono un’occasione unica di formazione “sul campo” per gli studenti del corso di Controllo Biologico e Integrato, che hanno la possibilità di partecipare a tali attività e alla messa punto dei protocolli di monitoraggio delle specie dannose”, ha aggiunto il dottor Giovanni Benelli, co-docente del corso.
Le operazioni di lotta biologica portate avanti in questi mesi stanno dando risultati molto promettenti nella gestione di numerose specie di insetti e acari nocivi per piante di elevato valore per la conservazione e divulgazione della biodiversità vegetale. Inoltre, come evidenziato dal professore Lorenzo Peruzzi, Direttore dell'Orto e Museo, “tale approccio permette ai visitatori dell’Orto e Museo Botanico di accedere ad un ambiente caratterizzato da piante non trattate con pesticidi, con benefici per la salute di tutti. L'utilizzo di metodi non tossici, alternativi ai pesticidi, è pienamente in linea con i messaggi di tutela dell'ambiente e della natura che ci impegniamo quotidianamente a diffondere e mettere in pratica, in linea con quella che è la nostra missione istituzionale”.