Il Sidereus Nuncius
Lo strumento, le scoperte
Il manifesto, la locandina e il sito web, che hanno diffuso la notizia e le informazioni su questa giornata del 29 ottobre, erano stati costruiti sulla riproduzione di un quadro famoso di un pittore tedesco non così noto: la “Fuga dall’Egitto” di Adam Elscheimer che, dipinto nel 1609, forse nel 1610, venne ritoccato per rappresentare per la prima volta nella storia il nuovo cielo, visto e descritto da Galileo: vi si possono scorgere infatti la Via Lattea costituita da stelle, le pleiadi e la faccia della luna come si può osservare solamente con un cannocchiale. Cerchiamo di capire come queste nuove osservazioni astronomiche diventarono rapidamente anche un fatto storico e di costume, oltre che scientifico.
Nelle sessanta pagine del Sidereus Nuncius, libretto di piccolo formato, Galileo descrive i risultati dei primi mesi di osservazioni e di misure da lui fatte a Padova tra il novembre del 1609 ed il marzo del 1610. Aveva utilizzato uno strumento da lui costruito, il cannocchiale che, anche se ancora senza la base di una teoria che ne spiegasse il funzionamento, tuttavia egli seppe trasformare da giocattolo diffuso nelle fiere di mezza Europa a nuovissimo strumento di esplorazione scientifica dalle potenzialità smisurate.
Raccolse gli appunti presi durante notti di osservazione, nel freddo ma limpido inverno della Repubblica di Venezia, e consegnò alla storia quello che può essere considerato uno dei documenti che più hanno contribuito a cambiare molti pilastri della filosofia naturale, rivoluzionando non solo la posizione del sole e dei pianeti nel nuovo cielo che si andava rivelando, ma anche la posizione e il ruolo che in esso andava acquisendo l’uomo: “Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all’osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l’eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso”.
Con queste poche, ma decise parole ha inizio il Sidereus Nuncius che nelle settimane successive alla sua pubblicazione venne letto da migliaia di persone e in pochi mesi era già diffuso in tutta Europa. Il linguaggio piano, lineare, essenziale, da nota scientifica, diremmo oggi, ne permise la comprensione anche a chi astronomo non era. Questa è anche un’indicazione che gli argomenti trattati erano ben noti, e costituivano la base della cultura del tempo, e le novità che su di essi si annunciavano avrebbero sconquassato queste basi, per sempre.
Vediamo perché ed in che modo.
Le prime considerazioni che Galileo fa riguardano la luna, intesa fin dai tempi di Aristotele come luogo di confine tra due mondi, uno destinato a subire brutture e cambiamenti e l’altro immutabile e incorrotto. Le osservazioni di Galileo suggeriscono un mutamento radicale: la luna appare simile alla terra, fatta di valli, di pianure, e di montagne delle quali, con semplici calcoli, egli stima l’altezza. Cambia totalmente la collocazione della luna nel cosmo immutabile di Aristotele, di Tolomeo e della Scolastica. E poiché a questa visione era legato un modello di universo creato, come Dante ha immaginato e riccamente descritto con la sua poesia, anche questo sarebbe stato ineluttabilmente messo in discussione: “Bellissima cosa e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna, lontano da noi quasi sessanta raggi terrestri, così da vicino come distasse solo due di queste dimensioni… e quindi con la certezza della sensata esperienza chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti”.
Un dipinto raffigurante il processo a Galileo
Pur sapendo che la scoperta più clamorosa che ha fatto è certamente quella di quattro nuovi pianeti, quindi non “fixae”, bensì erranti intorno a Giove, Galileo lascia questo annuncio alla fine della stesura del Sidereus Nuncius; dopo la Luna parla quindi di ciò che ha visto e scoperto
nell’osservare le costellazioni, le nebulose e la Via Lattea, e non nasconde certamente di percepire la portata storica di ciò che sta affermando: “Quello che… osservammo è l’essenza o materia della Via Lattea, la quale attraverso il cannocchiale si può vedere in modo così palmare che tutte le discussioni, per tanti secoli cruccio dei filosofi, si dissipano con la certezza della sensata esperienza, e noi siamo liberati da sterili dispute”.
Ed anche qui lo scenario di fondo, rimasto immutato per millenni, viene scosso: le stelle si moltiplicano a dismisura, dando l’idea di un universo che a sua volta si dilata, allargandosi oltre le dimensioni fino ad allora faticosamente stimate. Galileo svela quindi il mistero delle “nebulae”, rivelandone la natura costituita da miriadi di stelle, e dando la stessa spiegazione per la Via Lattea, misteriosa ed affascinante presenza nel cielo che solo con immagini mitologiche l’uomo aveva cercato di giustificare. Forse non viene percepito subito il rivoluzionario cambiamento di scala che l’universo e le sue dimensioni devono subire dopo queste osservazioni. Ma certamente d’ora in poi ogni vecchia teoria cade e nasce la necessità di proporre nuove spiegazioni. Forse inconsapevolmente, ma il metodo scientifico era all’opera, e di fronte ad una crisi sempre più evidente nelle conoscenze consolidate, stava cercando di costruire nuovi paradigmi, come direbbe Thomas Khun.
La Luna tracciata da Galileo nel Sidereus Nuncius
La Luna tracciata da Galileo nel Sidereus Nuncius
Fortemente legato all’interpretazione squisitamente geometrica del mondo che osserva, e non ancora supportato dalla conoscenza della nuova matematica che si andava affermando in quegli anni, l’algebra, Galileo non fa un passo, non un collegamento tra osservazioni e concetti, che non sia legato solidamente, mediante una logica sempre stringente, ad altre osservazioni o ad altre idee. Questo procedere contribuisce a dare a tutto il Sidereus Nuncius una struttura articolata e al tempo stesso compatta, dalla quale emerge gradualmente un quadro del cosmo sorprendentemente nuovo, ma anche coerente e perciò più facilmente accettabile. Quindi anche le idee più innovative appaiono credibili grazie a questa coerenza; e il tutto appare come armonico, ricco di scoperte, ma sempre ancorato alle osservazioni ed ai ragionamenti che rendono il nuovo quadro quasi ineluttabile.
Si può trovare un esempio di questa logica interna anche nella descrizione che egli fa della scoperta più importante, quella dei quattro pianeti orbitanti intorno a Giove, che egli chiama “Medicea Sidera”: “Le cose osservate finora intorno alla Luna, alle stelle fisse, alla Galassia esponemmo brevemente. Resta ora quello che ci sembra l’argomento più importante di questo trattato: e cioè rivelare e divulgare le notizie intorno a quattro PIANETI non mai dal principio del mondo fino ad oggi veduti, l’occasione della scoperta e dello studio, le loro posizioni, e le osservazioni condotte in questi due ultimi mesi sui loro mutamenti e giri”.
Il resoconto quotidiano che troviamo nell’ultima parte del Sidereus Nuncius rappresenta così, vividamente, l’operare di Galileo, notte dopo notte, una scoperta dopo l’altra, con ipotesi, magari smentite subito dopo, altre che si affacciano un po’ alla volta; insomma, un racconto avvincente, in particolar modo se si considera che egli stava dando al mondo ben quattro nuovi pianeti, e che questi orbitavano, tangibilmente, non intorno alla Terra, bensì a Giove.
Che altro, se non vedere davanti a sé, notte dopo notte, pagina dopo pagina, il palesarsi delle ipotesi copernicane? “Altre cose più mirabili forse da me e da altri si scopriranno in futuro con l’aiuto di questo strumento…”.
E infine, quale considerazione più lucidamente profetica poteva fare Galileo, manifestando così non solo la sua fiducia in una scienza in continua evoluzione, ma anche nella capacità dell’uomo di costruire nuovi strumenti, nuove teorie, un nuovo futuro.
Marco Maria Massai