Osservazioni astronomiche dalla Terra e dallo spazio
Galileo non poteva avere maggior ragione nel prevedere come l’uomo fosse capace di costruire e sempre più sofisticati strumenti, seguendo un bisogno innato di scoperta e verifica di nuove teorie, come è emerso nei seminari del pomeriggio dove giovani ricercatori hanno presentato alcune tra le più moderne evoluzioni del telescopio, in grado di fornirci una visione più ampia e profonda del nostro universo. Data la vastità e la varietà degli argomenti trattati, sono state prese come riferimento solo le presentazioni dei dottori Luca Latronico e Antonio Stamerra, in cui vengono descritti quegli strumenti osservativi che operano nella banda dello spettro elettromagnetico di più alta energia: i raggi gamma. In questa “luce” l’universo ci appare incredibilmente diverso e sconosciuto, molto più dinamico, complesso e talvolta violento ma non per questo meno affascinante di quella volta celeste che brilla sulle nostre teste nelle notti limpide d’estate.
Quattro secoli fa, Galileo Galilei puntava per la prima volta verso il cielo il suo cannocchiale, spalancando per sempre i nostri occhi sull’universo e varcando così le frontiere della conoscenza attraverso un nuovo modo di osservare le cose del mondo e dello spazio infinito. Nessuno, prima di lui, avrebbe potuto prevedere la straordinaria evoluzione della nostra capacità di scrutare le profondità del cosmo con strumenti e metodi sempre più sensibili e raffinati.
Tra questi, gli strumenti di frontiera per lo studio delle sorgenti più energetiche dell’universo sono senza dubbio i telescopi per raggi gamma.
I raggi gamma sono emessi nei fenomeni più violenti che avvengono nel cosmo come, per esempio, nei collassi gravitazionali, in prossimità di buchi neri e nei residui di supernove, dove è prodotta radiazione gamma con energia anche mille miliardi di volte superiore a quella della luce visibile come conseguenza della grande quantità di materia che viene ‘divorata’. Un fenomeno spettacolare e relativamente frequente è quello dei “lampi gamma”: per pochi secondi una sorgente emette una quantità di energia gamma confrontabile con quella dell’intero universo.
Fortunatamente l’atmosfera assorbe questo tipo di radiazione, consentendo l’esistenza degli esseri viventi sulla superficie terrestre, ma allo stesso tempo rendendo molto difficile la sua osservazione da terra. Tuttavia i raggi gamma, interagendo con l’atmosfera terrestre, producono ampie cascate di particelle secondarie che possono essere osservate da terra sia direttamente, utilizzando opportuni rivelatori di particelle, sia attraverso la rivelazione della luce Čerenkov che queste particelle, ultra-relativistiche, emettono.
L’uso di telescopi per l’osservazione della luce Čerenkov è attualmente la tecnica di rivelazione a più alta sensibilità, come ha illustrato Antonio Stamerra, del dipartimento di Fisica dell’Università di Siena.
Il lampo di luce Čerenkov, che è l’analogo ottico del bang supersonico per le onde sonore, viaggia verso terra nella direzione dello sciame che lo ha prodotto e, benché di debole intensità, può essere rivelato dai telescopi detti IACT ovvero Imaging Air Čerenkov Telescopes. Tra gli esperimenti attualmente in funzione in varie parti del mondo, che sfruttano tale tecnica, spiccano i cosiddetti “Big Four”, ovvero MAGIC, HESS, CANGAROO e VERITAS.
Il rivelatore MAGIC (Major Atmospheric Gamma-ray Imaging Cherenkov), frutto di una collaborazione internazionale con partner principali in Italia, Germania e Spagna e di cui fa parte il dottor Stamerra, si trova sull’isola di La Palma, nelle Canarie, ed è attivo dal 2004. Con i suoi 17 metri di diametro è attualmente il telescopio dotato del più grande specchio al mondo. Tale superficie riflettente è costituita da quasi 1000 specchi quadrati di alluminio a orientazione variabile la cui tecnologia è stata sviluppata in Italia. Recentemente MAGIC è stato affiancato da un secondo nuovo telescopio (MAGIC II) di caratteristiche analoghe che, come secondo “occhio”, permetterà di aumentare notevolmente la sensibilità osservativa. Lo specchio parabolico raccoglie la luce Čerenkov prodotta dallo sciame di particelle e la focalizza su una matrice di rivelatori posta nel suo piano focale. I segnali provenienti da questi rivelatori, della durata di qualche nanosecondo, permettono di ricostruire una “fotografia” del raggio gamma (o di altra particella) che ha originato lo sciame. La notevole proprietà di questo telescopio, legata alla leggerezza della sua struttura in fibra di carbonio e al sistema di controllo attivo degli specchi, è la velocità di posizionamento. In poche decine di secondi può essere posizionato verso un punto preciso del cielo permettendo l’osservazione di fenomeni altamente variabili nel tempo e di breve durata, come i lampi gamma.
Attraverso l’occhio di MAGIC è stato scoperto il buco nero più distante dalla Terra, ben 6 miliardi di anni luce, la metà cioè del raggio dell’intero universo. Questo buco nero è un oggetto supermassiccio, la cui massa è circa un miliardo di volte quella del Sole e si accresce continuamente “fagocitando” la materia della galassia circostante.
Un’immagine del rilevatore MAGIC
Durante questo processo emette raggi gamma di altissima energia.
Questa scoperta dimostra che l’universo è più trasparente di quanto si pensava o meglio che è più buio del previsto, perché il flusso di raggi gamma pur essendo molto energetico è però attenuato dall’interazione diretta con i fotoni di energia molto più bassa che costituiscono il fondo luminoso extragalattico.
Inoltre studiare la propagazione della luce ad altissima energia su grandi distanze permette di analizzare fenomeni di fisica fondamentale su scale non raggiungibili dagli attuali acceleratori di particelle.
Se lo studio dei raggi gamma da terra sfrutta gli sciami secondari prodotti nell’alta atmosfera, i rivelatori montati su satelliti in orbita si basano su una diversa tecnologia, sviluppata negli scorsi decenni per gli esperimenti di fisica delle alte energie, come ha spiegato Luca Latronico, della sezione di Pisa dell’INFN e membro della collaborazione internazionale “Fermi”.
Questa tecnica di rivelazione si basa sulla conversione dei fotoni gamma in coppie di particelle cariche, formate da un elettrone e un positrone (l’antiparticella dell’elettrone, uguale all’elettrone ma con carica positiva) che avviene in sottili lastre di materiale assorbente ad alta densità (tungsteno o piombo). Interposti alle lastre di assorbitore sono posti strati di materiale sensibile al passaggio delle particelle cariche come, per esempio, il silicio. Un rivelatore così strutturato prende il nome di “tracciatore” in quanto permette di ricostruire la traiettoria delle due particelle “figlie”; il tracciatore è accoppiato ad un rivelatore in cui si misura l’energia delle particelle. Queste due misure permettono di risalire all’energia e alla direzione di provenienza del raggio gamma incidente.
Proprio su questa tecnologia si basa il telescopio a grande area per raggi gamma LAT (Large Area Telescope), lo strumento principale che si trova a bordo dell’osservatorio spaziale “Fermi”, lanciato l’11 giugno 2008 dalla base NASA di Cape Canaveral in Florida. Il LAT opera una scansione completa del cielo ogni tre ore e rivela fotoni di energia compresa fa i 20 milioni e i 300 miliardi di volte quella della luce visibile.
In poco più di un anno, “Fermi” ha ottenuto importanti risultati che sono stati oggetto di pubblicazione sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, da “Science”, a “Nature”, a “Physical Review Letters”. A soli tre mesi dal lancio, “Fermi” scopre la prima pulsar mai rivelata, nella sola componente gamma. Questa stella di neutroni, formatasi circa 10.000 anni fa, si trova all’interno del resto di una supernova conosciuto come CTA-1 nella costellazione di Cefeo ad una distanza di 4.600 anni luce, e manda un fascio di raggi gamma in direzione della Terra circa tre volte al secondo. Questa emissione è mille volte superiore a quella del nostro Sole. Mai prima d’ora era stato possibile rivelare una stella di neutroni solo a partire dai raggi gamma.
Il fascio viene generato perché la stella di neutroni possiede un intenso campo magnetico in rapida rotazione e il flusso di particelle cariche che esce dai poli magnetici della stella a una velocità prossima a quella della luce crea i raggi gamma che LAT ha registrato. Poiché le stelle di neutroni emettono radiazione a spese della loro energia rotazionale, esse rallentano in maniera graduale. Nel caso della sorgente CTA-1, il periodo di rotazione cresce di circa un secondo ogni 87.000 anni.
Fino ad oggi per mezzo del satellite “Fermi” sono state scoperte molte decine di pulsar che emettono solo nella componente gamma; ma anche pulsar gamma con periodo di rotazione di pochi millisecondi, antichissime stelle di neutroni che riprendono vita assorbendo materia da una stella vicina, talvolta fino a consumarla pressoché completamente. Questa importante scoperta è un grosso contributo allo sforzo di decifrazione dei meccanismi di funzionamento di queste potenti, ma ancora misteriose, macchine acceleratrici cosmiche chiamate pulsar.
Il telescopio GLAST
Come si è detto tra i fenomeni più elusivi e, al tempo stesso, più affascinanti che avvengono nel cosmo ci sono i lampi gamma, prodigiose esplosioni ai confini dell’universo. “Fermi”, grazie all’elevata velocità di risposta dei suoi strumenti e alla straordinaria copertura in energia, ha già rivelato decine e decine di fenomeni transitori e altamente dinamici. In particolare, il 16 settembre 2008, “Fermi” ha registrato la più potente emissione di raggi gamma di cui si abbia notizia. Per dare un’idea, è come se la massa di 5 Soli fosse stata trasformata tutta in energia in poche decine di secondi.
Il lampo gamma, noto come GRB 080916C, è stato emesso da una remota galassia a più di 12 miliardi di anni luce dalla Terra come prodotto di un rapidissimo e violento collasso. Un getto di materia altamente ionizzato si è propagato nel cosmo a una velocità prossima a quella della luce; e per un paio di minuti, è stato più luminoso non solo di qualsiasi altra sorgente, ma anche dello stesso universo nella banda dei raggi gamma. Alla fine di questa attività la sorgente si è spenta lasciando solo una debolissima eco che per alcuni giorni è stata rivelabile solo dai più sensibili telescopi terrestri e spaziali. I dati raccolti da “Fermi” hanno fatto emergere alcuni aspetti sorprendenti e altri misteriosi di questa sorgente di radiazione gamma, come per esempio un ritardo di 5 secondi, su un viaggio di 12 miliardi di anni, tra l’emissione a più alta energia e quella a più bassa energia. Un simile ritardo non ha ancora una spiegazione scientifica univoca: può significare che le emissioni a più alta energia vengono da parti differenti del getto o sono state create attraverso un differente meccanismo, oppure richiamano teorie più esotiche e rivoluzionarie come la Gravità Quantistica.
Naturalmente i messaggeri cosmici non sono solo le onde elettromagnetiche, e tra queste i raggi gamma, ma anche le particelle cariche di altissima energia e i neutrini portano informazioni preziose sulle sorgenti celesti che li originano.
È recente la notizia che gli scienziati di “Fermi”, e in particolare il gruppo dell’INFN di Pisa, hanno utilizzato il telescopio gamma in modo innovativo per studiare anche gli elettroni e i positroni che provengono dal cosmo. In particolare sono riusciti a misurare con una precisione mai ottenuta in precedenza e in un grande intervallo di energia, il flusso di elettroni primari che arrivano fino a noi. I ricercatori hanno registrato un eccesso di elettroni di altissima energia rispetto a quello previsto dall’attuale modello teorico. L’ipotesi interpretativa è duplice: l’eccesso potrebbe essere dovuto ad una sorgente di particelle particolarmente potente ed energetica, “vicino” a noi ma ancora sconosciuta, ad esempio una pulsar, ma potrebbe anche essere il segnale, tangibile, dell’esistenza della materia oscura.
È importante ricordare che fino ad oggi i fisici hanno ipotizzato l’esistenza della materia oscura solo sulla base degli effetti gravitazionali che ha sulla luce e sulla materia ordinaria, cioè quella di cui è fatto tutto ciò che conosciamo nell’universo, come le stelle, i pianeti e i gas interstellari. Sebbene gli studi suggeriscano che la materia oscura sia ben 5 volte più abbondante della materia ordinaria (la materia oscura dovrebbe infatti costituire circa un quarto del nostro universo, mentre quella ordinaria appena il 5%), nessuno l’ha mai rivelata direttamente o ne ha definito le caratteristiche perché “invisibile” ai nostri occhi e ai nostri strumenti.
Gloria Spandre