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Comunicati stampa

L’Università di Pisa accelera nella corsa al computer quantistico del futuro siglando un accordo di cooperazione con il FermiLab di Chicago, sede del Superconducting Quantum Materials & Systems Center (SQMS Center), uno dei cinque centri della National Quantum Initiative (NQI) del Governo statunitense nati per esplorare e promuovere la scienza dell'informazione quantistica.

Obiettivi dell’accordo: far progredire le tecnologie quantistiche come strumenti nuovi e unici per lo studio della fisica delle particelle elementari e della materia oscura; sviluppare e fornire nuove piattaforme quantistiche e banchi di prova per nuovi approcci di calcolo e metrologia quantistica; valorizzare i punti di forza tecnologici dei ricercatori di Fermilab e dell’Università di Pisa; avere un impatto sul trasferimento tecnologico e sulla commercializzazione, esplorando il potenziale della scienza e della tecnologia quantistica per applicazioni pratiche.

 

Riccardo Zucchi sito

Riccardo Zucchi, rettore dell'Università di Pisa

 

“Questo accordo segna un passo molto importante nello sviluppo scientifico dell’ateneo, che si inserisce nella prestigiosa storia dell’informatica pisana, oltre a rappresentare una grande opportunità per i nostri ricercatori e studenti – ha commentato il rettore dell’Università di Pisa, Riccardo Zucchi – La collaborazione che avviamo oggi nasce dal comune interesse per più fronti di ricerca, da quelli relativi ai materiali superconduttivi a quelli sulle microonde, passando per onde gravitazionali e materia oscura. Fino ad arrivare ai super-frigoriferi per il raffreddamento dei qubit, allo sviluppo di nuovi algoritmi e a tecniche di Intelligenza Artificiale con applicazioni anche nella chimica e nella biologia. Una collaborazione che vedrà coinvolti i Dipartimenti di Ingegneria, Fisica, Farmacia, Matematica, Chimica, Informatica, e resa possibile da una progettualità avviata in questi anni dal professor Paolo Ferragina che ringrazio personalmente”.

“La partnership col centro SQMS diretto da Anna Grassellino, che tra l’altro proprio presso il nostro Ateneo svolse i propri studi universitari in ingegneria elettronica, ci consentirà di fare un ulteriore salto di qualità nella ricerca sulle tecnologie quantistiche, su cui sia la Commissione Europea (tramite uno dei programmi “flagship”), sia l’Italia, come descritto nel Piano Nazionale della Ricerca 21-27 e con i finanziamenti del PNRR, stanno portando avanti ingenti investimenti  - ha commentato Alessandro Tredicucci, Prorettore per l’organizzazione della ricerca - In particolare, speriamo che le competenze multi-disciplinari messe in campo dall’Ateneo ci consentano di estendere l’impatto di tali tecnologie ad ambiti e settori di ricerca completamente nuovi”.

 

Anna Grassellino

Anna Grassellino, direttrice del centro SQMS durante l’inaugurazione del nuovo Quantum Garage del FermiLab di Chicago. La firma dell’accordo con l’Università di Pisa è avvenuta a margine della cerimonia inaugurale

 

Oltre alle attività congiunte di ricerca e sviluppo, l’accordo con il FermiLab prevede anche attività di interesse per la comunità accademica pisana, come la possibilità di stage per studenti universitari, tesisti di master, tesisti di dottorato e ricercatori post-dottorato. Sarà possibile, inoltre, partecipare a programmi di scambio e ospitare workshop e ricercatori in visita presso l’Ateneo. Fino alla possibilità di attivare borse di studio per studenti e ricercatori post-dottorato presso il Centro SQMS.

Lunedì, 06 Novembre 2023 13:48

"Indianara" - Proiezione e incontro

Il 10 novembre ore 21.00, nell' Aula Multimediale di Palazzo Ricci (Via collegio Ricci10, Pisa) per il primo appuntamento del Cineforum LGBTQIA+, Glauco - Associazione LGBTQI+ Universitaria e Pinkriot Arcigay Pisa in collaborazione con Divergenti Film Festival, Festival Internazionale del cinema Trans, presentano il film "Indianara" (Brasile 2019), di Aude Chevalier-Beaumel e Marcelo Barbosa .

Indianara definisce se stessa una puttana parlamentare, atea, anarchica e vegana. Nata come Sergio Siqueira, decide molto presto di diventare donna e inventa il suo nome in omaggio alle origini indigene di sua madre e a Nara, un’amica transgender che la sostiene. Rivoluzionaria inclassificabile, fondatrice di Casa em, un centro di accoglienza per transgender a Rio de Janeiro, consigliera comunale insieme Marielle Franco, Indianara continua la sua lotta contro pregiudizi e machismo. [mymovies.it]

Introduce il film Anna D'Amaro, segretaria del MIT - Movimento Identità Trans con delega al Sex Work.

La proiezione è gratuita e finanziata dai fondi studenteschi dell’Università di Pisa.

Info: Glauco - Associazione Universitaria LGBTQI* Pisa - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

Lunedì, 06 Novembre 2023 13:42

"Indianara" - Proiezione e incontro

Il 10 novembre ore 21.00, nell' Aula Multimediale di Palazzo Ricci (Via collegio Ricci10, Pisa) per il primo appuntamento del Cineforum LGBTQIA+, Glauco - Associazione LGBTQI+ Universitaria e Pinkriot Arcigay Pisa in collaborazione con Divergenti Film Festival, Festival Internazionale del cinema Trans, presentano il film "Indianara" (Brasile 2019), di Aude Chevalier-Beaumel e Marcelo Barbosa .

Indianara definisce se stessa una puttana parlamentare, atea, anarchica e vegana. Nata come Sergio Siqueira, decide molto presto di diventare donna e inventa il suo nome in omaggio alle origini indigene di sua madre e a Nara, un’amica transgender che la sostiene. Rivoluzionaria inclassificabile, fondatrice di Casa em, un centro di accoglienza per transgender a Rio de Janeiro, consigliera comunale insieme Marielle Franco, Indianara continua la sua lotta contro pregiudizi e machismo. [mymovies.it]

Introduce il film Anna D'Amaro, segretaria del MIT - Movimento Identità Trans con delega al Sex Work.

La proiezione è gratuita e finanziata dai fondi studenteschi dell’Università di Pisa.

Info: Glauco - Associazione Universitaria LGBTQI* Pisa - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

Lunedì, 06 Novembre 2023 13:40

Incontro "Queer & Sex Work"

Giovedì 9 Novembre alle 18.30, nell'Aula 1 del Polo Carmignani, Piazza dei Cavalieri 8, Glauco - Associazione LGBTQI+ Universitaria e Pinkriot Arcigay Pisa presentano "Queer & Sex Work", un incontro dedicato alla relazione fra le istanze LGBT+ e i movimenti di Sex Workers.

L'incontro fa parte del secondo ciclo di seminari su Alleanze e complicità queer,  dedicato alla connessione intersezionale fra le storie, le pratiche e le azioni dei movimenti LGBTQIA+ con altri movimenti sociali o identitari.

Il tema sarà affrontato sia in una prospettiva storica del movimento dei diritti per le persone sex worker in Italia, e di come questi si intersecano con i movimenti LGBTQIA+, sia nelle rivendicazioni e nei movimenti di oggi, anche a partire dalle istanze e pratiche specifiche.

Intervengono:
– Anna D’Amaro - segreteria del MIT - Movimento Identità Trans
– Pia Covre - fondatrice e presidente del Comitato per i diritti civili delle prostitute

L’attività è a ingresso libero e per la sua partecipazione verranno rispettate le misure espresse dal Vademecum operativo per lo svolgimento in sicurezza delle attività dell’Ateneo. L’aula è accessibile.

InfoQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Lunedì, 06 Novembre 2023 13:31

Incontro "Queer & Sex Work"

Giovedì 9 Novembre alle 18.30, nell'Aula 1 del Polo Carmignani, Piazza dei Cavalieri 8, Glauco - Associazione LGBTQI+ Universitaria e Pinkriot Arcigay Pisa presentano "Queer & Sex Work", un incontro dedicato alla relazione fra le istanze LGBT+ e i movimenti di Sex Workers.

L'incontro fa parte del secondo ciclo di seminari su Alleanze e complicità queer,  dedicato alla connessione intersezionale fra le storie, le pratiche e le azioni dei movimenti LGBTQIA+ con altri movimenti sociali o identitari.

Il tema sarà affrontato sia in una prospettiva storica del movimento dei diritti per le persone sex worker in Italia, e di come questi si intersecano con i movimenti LGBTQIA+, sia nelle rivendicazioni e nei movimenti di oggi, anche a partire dalle istanze e pratiche specifiche.

Intervengono:
Anna D’Amaro - segreteria del MIT - Movimento Identità Trans
Pia Covre - fondatrice e presidente del Comitato per i diritti civili delle prostitute

L’attività è a ingresso libero e per la sua partecipazione verranno rispettate le misure espresse dal Vademecum operativo per lo svolgimento in sicurezza delle attività dell’Ateneo. L’aula è accessibile.

InfoQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Martedì 7 novembre, alle 16, nell'Aula Magna del Polo Didattico Carmignani (Piazza dei Cavalieri, 8,), Elena Cattaneo, professoressa di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano e Senatrice a Vita, tiene la conferenza "L’avventura della conoscenza: la ricerca è fiducia nel futuro". L'evento fa parte del ciclo "Sguardi nel futuro", una iniziativa di orientamento e alta formazione dell’Università di Pisa, che mette in contatto giovani con importanti esponenti del mondo della ricerca scientifica e tecnologica, dell’industria e dell’economia, e delle scienze sociali. Per partecipare all’evento in presenza è necessario prenotarsi on line https://forms.office.com/e/6Re6V6aFmP. La conferenza sarà trasmessa anche in streaming: https://www.youtube.com/live/wCGh-vBHcKI?si=EkWoSVQWb36U3NFB. Il programma completo del ciclo:

https://www.cidic.unipi.it/i-progetti/sguardi-nel-futuro/

Andrea Arcarisi, classe 1995, originario di Caltanissetta, ingegnere meccatronico e studente magistrale di ingegneria robotica presso l’Università di Pisa,  è stato selezionato tra i pochi studenti europei per il programma di astronauta analogico presso l’Analog Astronaut Training Centre (AATC) in Polonia, in collaborazione con lo Space Technology Centre di Cracovia (EUSPA-ESA).

L’AATC è un’azienda di ricerca spaziale classificata al secondo posto mondiale per il numero di spedizioni organizzate con successo, con l’obiettivo principale di accelerare la ricerca scientifica nel campo del volo spaziale umano, in preparazione per le selezioni di astronauti dell’European Space Agency (ESA). 

“Il processo di selezione è molto restrittivo - spiega Andrea Arcarisi -  e avviene per curriculum. Dopo diverse esperienze in Università e con aziende come AIRBUS ho inviato la mia candidatura e mi hanno selezionato. Per dodici giorni ho vissuto in una simulazione di vita nell’ambiente della Stazione Spaziale, che ricreava le condizioni di vita di un astronauta in Habitat Lunare, portando avanti la mia ricerca scientifica e facendo fronte a imprevisti simulati, per testare la mia resistenza allo stress e la mia capacità di reazione.Per esempio, una volta hanno spento luci e ogni dispositivo, in una simulazione di un guasto del modulo, e mi sono dovuto organizzare a resistere senza luce, né riscaldamento, né alcun sistema operativo per molte ore.”.

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“La ricerca scientifica che ho portato avanti nel modulo - prosegue Andrea - riguardava il test di una prototipo di un CubeSat, un mini satellite innovativo ed autonomo che sto sviluppando nella mia tesi di laurea Magistrale presso l’Università di Pisa, seguito da Lorenzo Pollini e Giordana Bucchioni. Oltre al satellite, mi sono occupato di testare dei sensori indossabili prodotti da Weabios, startup del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, per un prototipo di monitoraggio dello stress degli astronauti in missione. In particolare, la sedia su cui lavoravo aveva una copertura sensorizzata, in grado di monitorare il mio movimento e i miei parametri fisiologici".

“Tra i prossimi passi in futuro - conclude- oltre alla tesi, ci sono brevetti di volo, immersioni subacquee e altri passaggi necessari in vista delle selezioni finali per gli astronauti dell’ESA nel 2030”.  

Il sogno di esplorare le stelle, che Andrea ha inseguito con determinazione, passione e dedizione, sta diventando sempre più concreto.

“Il piede umano è uno dei più complessi capolavori dell'evoluzione, un'opera d'arte della biomeccanica: non è solo una struttura che ci permette di camminare, correre e saltare, ma è un vero e proprio testimone del nostro passato e del nostro presente”. A parlare è Rita Sorrentino, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e prima autrice di un ampio studio, pubblicato su Communication Biology, che getta nuova luce sulla complessa evoluzione dei nostri piedi.

L’attività di ricerca – che ha coinvolto anche studiosi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli e dell’Università di Pisa – si è concentrata sull’arco longitudinale mediale del piede: una caratteristica unica che differenzia la nostra specie, l’Homo sapiens, dai primati non umani.

L’arco longitudinale e il problema dei piedi piatti
L'arco longitudinale è un adattamento funzionale che permette al piede di passare da ammortizzatore a leva durante le fasi di contatto e distacco con il terreno: un meccanismo che ci permette di avere una camminata bipede efficiente. Nonostante la sua rilevanza, non è però ancora chiaro quando questa caratteristica sia comparsa nel corso della nostra storia evolutiva. E a complicare ulteriormente il quadro c’è il tema dei “piedi piatti”: una condizione diffusa, caratterizzata da un appiattimento più o meno accentuato dell’arco longitudinale mediale.

“Non tutti i piedi piatti sono uguali e le definizioni cliniche di piedi piatti negli esseri umani viventi non hanno raggiunto un consenso”, spiegano infatti Alberto Leardini e Claudio Belvedere, studiosi del Laboratorio di Analisi del movimento e valutazione funzionale protesi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, tra gli autori dello studio.

Per cercare di trovare risposte, gli studiosi si sono concentrati in particolare sul ruolo dell’osso navicolare, la chiave di volta dell'arco longitudinale mediale del piede.

“I risultati di questo studio mettono in luce che la morfologia del navicolare varia in modo significativo tra gli individui con piedi piatti e quelli con arco longitudinale ben sviluppato”, spiega Maria Giovanna Belcastro, professoressa al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e coordinatrice del lavoro. “In particolare, gli individui con piedi piatti acquisiti in età adulta mostrano differenze nella forma del navicolare rispetto a quelli con archi normali o piedi piatti congeniti, cioè presenti dalla nascita”.

Uno sviluppo, questo, che solleva interrogativi sulla natura dei piedi piatti congeniti, suggerendo che possano rappresentare una variante normale della morfologia del piede, ed evidenziando quindi l'importanza della morfologia ossea nella struttura dell'arco del piede.

Piedi e stili di vita
Un altro aspetto affascinante su cui si sono concentrati gli studiosi riguarda le differenze tra gruppi di popolazioni moderne di Homo sapiens. I risultati suggeriscono infatti che lo sviluppo dell’arco longitudinale possa essere influenzato da variabili come il tipo di calzature, lo stile di vita e le strategie di locomozione prevalenti.

"Abbiamo visto che gli individui appartenenti a gruppi di cacciatori-raccoglitori, che vivono senza calzature, mostrano piedi più flessibili nella mobilità e relativamente più piatti rispetto a quelli delle popolazioni che utilizzano calzature moderne", dice Damiano Marchi, professore all’Università di Pisa, tra gli scopritori di Homo naledi e tra i coordinatori dello studio. "Queste differenze possono essere attribuite a stili di vita e pratiche culturali: i piedi delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori potrebbero quindi rappresentare una forma più vicina a quella dei nostri antenati preistorici".

Fossili a confronto
L'indagine ha anche messo a confronto la struttura dei nostri piedi con i fossili di Homo sapiens antichi e di altre specie umane del passato.

"Alcuni dei fossili analizzati, come quelli di Homo floresiensis, Australopithecus afarensis e Homo naledi, mostrano caratteristiche nel navicolare più simili a quelle dei grandi primati non umani, suggerendo un adattamento a uno stile di vita sia arboreo che bipede", spiega Stefano Benazzi, professore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, tra i coordinatori dello studio. "Allo stesso tempo, i fossili di Homo habilis sembrano avere una configurazione più simile ai piedi degli esseri umani moderni, indicando una possibile presenza dell'arco longitudinale; questo non esclude però la possibile presenza di un piede piatto simile agli attuali piedi piatti congeniti, vista la somiglianza e vicinanza morfologica del navicolare con quella degli individui che presentano un arco longitudinale sviluppato del piede ".

Lo studio offre in definitiva un nuovo punto di vista sull'evoluzione del piede umano e sulla sua variabilità, contribuendo alla nostra comprensione di come questa parte del corpo si sia adattata alla locomozione bipede.

“Il nostro piede è un vero e proprio testimone del nostro passato e del nostro presente, un capitolo affascinante nella grande storia dell'evoluzione umana”, commenta in conclusione Rita Sorrentino, prima autrice dello studio. “Gli esiti di questa indagine permettono di ricostruire una panoramica completa della variabilità morfologica del piede umano nel corso dell'evoluzione e sollevano importanti questioni riguardo ai piedi piatti congeniti, suggerendo che possano rappresentare una variante normale della morfologia del piede umano”.

I protagonisti dello studio
Lo studio è stato pubblicato su Communications Biology con il titolo “Morphological and evolutionary insights into the keystone element of the human foot’s medial longitudinal arch”. Le indagini sono state condotte da un team internazionale e multidisciplinare composto da paleoantropologi, bioarcheologi, ingegneri biomeccanici e ortopedici e guidato da ricercatori dell’Università di Bologna di diversi dipartimenti: Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (Maria Giovanna Belcastro, Annalisa Pietrobelli, e Rita Sorrentino), Ingegneria Industriale (Michele Conconi e Nicola Sancisi), Beni Culturali (Stefano Benazzi e Carla Figus).

Allo studio hanno preso parte anche ricercatori e professionisti di: Università di Pisa, IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli, University of Southern California, University of the Witwatersrand, University of Colorado, Monash University, Collège de France - Paris, Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, Georgian National Museum, Institute for Anthropological Research – Zagreb, University of Southern California, Washington University in St. Louis, New York University, Naturalis Biodiversity Center - Leiden, Western University, The Pennsylvania State University, Dartmouth College.

“Il piede umano è uno dei più complessi capolavori dell'evoluzione, un'opera d'arte della biomeccanica: non è solo una struttura che ci permette di camminare, correre e saltare, ma è un vero e proprio testimone del nostro passato e del nostro presente”. A parlare è Rita Sorrentino, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e prima autrice di un ampio studio, pubblicato su Communication Biology, che getta nuova luce sulla complessa evoluzione dei nostri piedi.

L’attività di ricerca – che ha coinvolto anche studiosi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli e dell’Università di Pisa – si è concentrata sull’arco longitudinale mediale del piede: una caratteristica unica che differenzia la nostra specie, l’Homo sapiens, dai primati non umani.

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L’arco longitudinale e il problema dei piedi piatti
L'arco longitudinale è un adattamento funzionale che permette al piede di passare da ammortizzatore a leva durante le fasi di contatto e distacco con il terreno: un meccanismo che ci permette di avere una camminata bipede efficiente. Nonostante la sua rilevanza, non è però ancora chiaro quando questa caratteristica sia comparsa nel corso della nostra storia evolutiva. E a complicare ulteriormente il quadro c’è il tema dei “piedi piatti”: una condizione diffusa, caratterizzata da un appiattimento più o meno accentuato dell’arco longitudinale mediale.

“Non tutti i piedi piatti sono uguali e le definizioni cliniche di piedi piatti negli esseri umani viventi non hanno raggiunto un consenso”, spiegano infatti Alberto Leardini e Claudio Belvedere, studiosi del Laboratorio di Analisi del movimento e valutazione funzionale protesi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, tra gli autori dello studio.

Per cercare di trovare risposte, gli studiosi si sono concentrati in particolare sul ruolo dell’osso navicolare, la chiave di volta dell'arco longitudinale mediale del piede.

“I risultati di questo studio mettono in luce che la morfologia del navicolare varia in modo significativo tra gli individui con piedi piatti e quelli con arco longitudinale ben sviluppato”, spiega Maria Giovanna Belcastro, professoressa al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e coordinatrice del lavoro. “In particolare, gli individui con piedi piatti acquisiti in età adulta mostrano differenze nella forma del navicolare rispetto a quelli con archi normali o piedi piatti congeniti, cioè presenti dalla nascita”.

Uno sviluppo, questo, che solleva interrogativi sulla natura dei piedi piatti congeniti, suggerendo che possano rappresentare una variante normale della morfologia del piede, ed evidenziando quindi l'importanza della morfologia ossea nella struttura dell'arco del piede.

Piedi e stili di vita
Un altro aspetto affascinante su cui si sono concentrati gli studiosi riguarda le differenze tra gruppi di popolazioni moderne di Homo sapiens. I risultati suggeriscono infatti che lo sviluppo dell’arco longitudinale possa essere influenzato da variabili come il tipo di calzature, lo stile di vita e le strategie di locomozione prevalenti.

"Abbiamo visto che gli individui appartenenti a gruppi di cacciatori-raccoglitori, che vivono senza calzature, mostrano piedi più flessibili nella mobilità e relativamente più piatti rispetto a quelli delle popolazioni che utilizzano calzature moderne", dice Damiano Marchi, professore all’Università di Pisa, tra gli scopritori di Homo naledi e tra i coordinatori dello studio. "Queste differenze possono essere attribuite a stili di vita e pratiche culturali: i piedi delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori potrebbero quindi rappresentare una forma più vicina a quella dei nostri antenati preistorici".

Fossili a confronto
L'indagine ha anche messo a confronto la struttura dei nostri piedi con i fossili di Homo sapiens antichi e di altre specie umane del passato.

"Alcuni dei fossili analizzati, come quelli di Homo floresiensis, Australopithecus afarensis e Homo naledi, mostrano caratteristiche nel navicolare più simili a quelle dei grandi primati non umani, suggerendo un adattamento a uno stile di vita sia arboreo che bipede", spiega Stefano Benazzi, professore al Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, tra i coordinatori dello studio. "Allo stesso tempo, i fossili di Homo habilis sembrano avere una configurazione più simile ai piedi degli esseri umani moderni, indicando una possibile presenza dell'arco longitudinale; questo non esclude però la possibile presenza di un piede piatto simile agli attuali piedi piatti congeniti, vista la somiglianza e vicinanza morfologica del navicolare con quella degli individui che presentano un arco longitudinale sviluppato del piede ".

Lo studio offre in definitiva un nuovo punto di vista sull'evoluzione del piede umano e sulla sua variabilità, contribuendo alla nostra comprensione di come questa parte del corpo si sia adattata alla locomozione bipede.

“Il nostro piede è un vero e proprio testimone del nostro passato e del nostro presente, un capitolo affascinante nella grande storia dell'evoluzione umana”, commenta in conclusione Rita Sorrentino, prima autrice dello studio. “Gli esiti di questa indagine permettono di ricostruire una panoramica completa della variabilità morfologica del piede umano nel corso dell'evoluzione e sollevano importanti questioni riguardo ai piedi piatti congeniti, suggerendo che possano rappresentare una variante normale della morfologia del piede umano”.

I protagonisti dello studio
Lo studio è stato pubblicato su Communications Biology con il titolo “Morphological and evolutionary insights into the keystone element of the human foot’s medial longitudinal arch”. Le indagini sono state condotte da un team internazionale e multidisciplinare composto da paleoantropologi, bioarcheologi, ingegneri biomeccanici e ortopedici e guidato da ricercatori dell’Università di Bologna di diversi dipartimenti: Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali (Maria Giovanna Belcastro, Annalisa Pietrobelli, e Rita Sorrentino), Ingegneria Industriale (Michele Conconi e Nicola Sancisi), Beni Culturali (Stefano Benazzi e Carla Figus).

Allo studio hanno preso parte anche ricercatori e professionisti di: Università di Pisa, IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli, University of Southern California, University of the Witwatersrand, University of Colorado, Monash University, Collège de France - Paris, Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, Georgian National Museum, Institute for Anthropological Research – Zagreb, University of Southern California, Washington University in St. Louis, New York University, Naturalis Biodiversity Center - Leiden, Western University, The Pennsylvania State University, Dartmouth College.

 AAAAAbotanici-cover_vert.jpg“Botanici italiani. Cinque secoli di Botanica in 280 biografie” (Ets 2023) è l’ultimo libro del professore Lorenzo Peruzzi, direttore dell’Orto e Museo Botanico e presidente di Sistema Sistema Museale di Ateneo. A partire dall’antesignano Plinio il Vecchio, il volume offre una carrellata di ritratti che va dal XVI al XX secolo passando per nomi quali Leonardo da Vinci e Luca Ghini che a Pisa a Pisa fondò il primo orto botanico accademico al mondo, con scopi di ricerca e didattica.

Pubblichiamo di seguito la presentazione a firma del professore Alessandro Chiarucci, presidente della Società Botanica Italiana.

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L’autore di questo libro, il Prof. Lorenzo Peruzzi, è certamente uno dei botanici più attivi di questo Paese. Un collega stimato e anche un amico con cui, in questi anni, ho condiviso tante idee per sviluppare progetti di ricerca, ma anche per far riconoscere il valore della botanica e il ruolo dei botanici.

Troppo spesso, si usa il termine “botanico” per indicare in modo generico diverse persone, che possono spaziare dall’appassionato di erbe selvatiche, al giardiniere o all’agronomo. Il botanico non è nessuna di queste figure, o meglio non basta essere una di queste figure per essere botanico. Per diventare botanico, nel nostro paese, non esiste un percorso canonico predefinito, ma si parte da percorsi formativi di ambito scientifico in cui si apprendono conoscenze sulla biologia, l’evoluzione, la sistematica, la biogeografia e l’ecologia delle piante. Ma talvolta diventano botanici persone che hanno svolto studi in percorsi diversi, ad esempio quelli più tecnici. Insomma, si può essere botanici partendo da strade diverse, ma è necessario dedicare tanta attività di studio alla comprensione scientifica di questi diversificati organismi.

In Italia abbiamo avuto una ricca storia di studi botanici, contribuendo in modo significativo allo sviluppo delle conoscenze globali su piante, alghe, funghi e licheni. Si tratta di organismi diversi tra loro, studiati da persone con diverse conoscenze, ma tutti riconoscibili come botanici o botaniche. La “casa comune” della Botanica ha ospitato, e continua ad ospitare, persone con interessi focalizzati su svariati aspetti di organismi così diversi. Ma, come in tutte le cose umane, è la qualità delle persone che fa la differenza. Anche la Scienza è fatta di persone, e sono necessarie persone di qualità per fare scienza di alto valore. La Botanica non fa eccezione ed è arrivata dove è arrivata grazie a persone spesso eccezionali, dei cui meriti dobbiamo avere memoria. Sulle spalle dei giganti si vede lontano, dice una nota massima.

Il libro Botanici italiani di Lorenzo Peruzzi raccoglie una serie di biografie di persone che hanno rivestito un ruolo importante per lo sviluppo e l’accumulo di conoscenze botaniche, molti dei quali sono stati dei veri e propri giganti. Da Plinio il Vecchio e Leonardo da Vinci, fino a colleghe e colleghi dei nostri giorni. L’autore ha avuto il grande merito di raccogliere brevi, ma precise biografie di ben 280 personalità botaniche del nostro paese, rendendo disponibile a tutti le informazioni sulla loro vita, i loro studi e il loro contributo allo sviluppo della Botanica.

Come Presidente della Società Botanica Italiana sono orgoglioso che la comunità botanica nazionale sia costruita su radici culturali così profonde e diversificate e non posso che ringraziare Lorenzo per aver realizzato una opera che celebra queste persone, a cui tanto dobbiamo in termini di conoscenza e di progresso scientifico.

Alessandro Chiarucci
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Presidente della Società Botanica Italiana

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