Il rettore dell'Università di Pisa si congratula con il professor Luigi Dei per l'elezione a rettore dell'Università di Firenze
Commento del rettore dell'Università di Pisa, Massimo Augello, sull'elezione del professor Luigi Dei a rettore dell'Università di Firenze:
"Desidero esprimere le più vive congratulazioni al professor Luigi Dei per l'elezione a rettore dell'Università di Firenze. Sulla scia di quanto fatto negli ultimi anni, sono sicuro che i nostri Atenei riusciranno a intensificare i rapporti e le collaborazioni reciproche, consolidando il ruolo centrale che ricoprono nel panorama universitario nazionale e offrendo un contributo decisivo allo sviluppo economico, scientifico e culturale del nostro territorio".
Una mostra e un convegno su José de Almada Negreiros, un artista multimediale «avant la lettre»
Un artista multimediale «avant la lettre», ovvero José de Almada Negreiros, una delle personalità più influenti ed eclettiche del panorama culturale lusitano del XX secolo accanto a Fernando Pessoa. Per ricordarne la figura il dipartimento di Filologia, letteratura e linguistica dell'Università di Pisa, in collaborazione con la Universidade Nova di Lisbona e le eredi dell'artista, ha organizzato a Palazzo Matteucci, in piazza Torricelli 2, il congresso internazionale "Almada Negreiros: un trait de union tra arti e culture" che si svolgerà dal 10 al 12 giugno e la mostra "Almada Negreiros, artista prismatico" che resterà aperta dal 10 al 27 giugno.
"Disegnatore, caricaturista, illustratore, pittore, poeta, narratore, drammaturgo, ballerino, attore, performer, saggista, Almada Negreiros ha praticato ogni genere di espressione artistica, anticipando spesso i grandi movimenti del Novecento europeo, sia a livello figurativo, sia a livello letterario", ha spiegato la professoressa Valeria Tocco dell'Ateneo pisano.
L'occasione della mostra e del convegno è il centenario di «Orpheu» (1915), la rivista più dirompente sulla scena culturale portoghese di inizio secolo XX, catalizzatrice degli intellettuali e degli artisti più importanti e noti del primo Novecento lusitano fra cui appunto Almada Negreiros e Fernando Pessoa. Al simposio partecipano quegli studiosi italiani e stranieri che più si sono dedicati alla ricerca sulle varie anime dell'artista. Allo stesso modo anche la mostra vuole sottolineare la profonda comunione tra l'artista e lo scrittore, esponendo prime edizioni, libri e disegni il tutto corredato da un apparato audiovisivo e fotografico multimediale. L'inaugurazione della mostra si terrà il 10 giugno, alle 11.30, alla presenza dell'ambasciatore del Portogallo a Roma, dell'assessore alla Cultura del Comune di Pisa e delle nipoti del polivalente artista, Rita e Catarina Almada Negreiros.
Un professore di Pisa protagonista della nuova avventura di LHC al CERN
Dopo il potenziamento dell'acceleratore LHC, è partita al CERN la nuova campagna di presa dati che porterà informazioni importanti sulla natura della materia oscura e sulla fisica oltre il modello standard, come auspicano gli scienziati. Tra i protagonisti di questa nuova avventura c'è anche un docente di Fisica dell'Università di Pisa, Francesco Forti, a capo dell'LHC Committee (LHCC), il comitato di controllo e indirizzo del programma scientifico dell'intero progetto. "Il mio ruolo è presiedere il comitato che ha il compito di esaminare tutti gli aspetti tecnico-scientifici delle attività degli esperimenti – spiega il professor Forti – LHCC è formato da una quindicina di scienziati di livello internazionale, provenienti da tutte le regioni del globo, che si incontrano quattro volte all'anno al CERN: per la ricerca alla frontiera della conoscenza, come quella all'LHC, il principio della revisione tra pari, in cui gli scienziati si controllano e si "fanno le bucce" a vicenda, è l'unico meccanismo noto per garantire l'eccellenza della ricerca svolta".
Lungo l'anello di 27 km del Large Hadron Collider (LHC), il superacceleratore del CERN di Ginevra, i quattro giganti della fisica, ATLAS, CMS, ALICE e LHCb, hanno appena cominciato a raccogliere stabilmente i dati prodotti nelle collisioni all'energia record di 13.000 miliardi di elettronvolt, 13 TeV, quasi il doppio di quella che ha permesso, nel 2012, d'imbrigliare il bosone di Higgs. Un'energia mai raggiunta prima in laboratorio, alla quale da ora l'acceleratore e i rivelatori lavoreranno a regime per i prossimi tre anni di attività. Per questa nuova stagione di LHC (il RUN2) c'è grande attesa non solo da parte dei ricercatori, tecnici e ingegneri che lavorano a LHC, tra cui circa 1500 italiani (di questi circa 60 da Pisa), ma da parte della comunità mondiale della fisica delle particelle. Grazie ai dati che saranno raccolti nei prossimi tre anni, si aprirà, infatti, una nuova finestra sull'universo subnucleare.
"Dopo il lungo stop necessario al consolidamento delle infrastrutture, LHC ha iniziato a produrre stabilmente collisioni protone-protone alla più alta energia mai raggiunta, 13 TeV, e gli esperimenti hanno appena completato un lungo lavoro di miglioramento degli apparati per affrontare la nuova energia e le elevate intensità previste nel RUN2 – ha commentato il professor Forti - L'LHCC si riunisce proprio questa settimana per esaminare i piani degli esperimenti per la raccolta e analisi dei dati, in modo da produrre le misure previste e individuare il più rapidamente possibile gli eventuali segnali di nuove particelle".
Ma la pianificazione per programmi sperimentali di tale complessità deve essere fatta con grande anticipo e l'LHCC questa settimana si occuperà anche dei programmi di upgrade degli esperimenti, che permetteranno di raccogliere quantità crescenti di dati e aumentare drasticamente la sensibilità della misura: "Il programma detto di Fase-1, relativamente limitato, prevede un'installazione negli anni 2018-19, mentre il programma di Fase-2, che ha una complessità tecnica paragonabile alla iniziale costruzione degli esperimenti, e un costo imponente, vedrà il completamento intorno al 2023, quando anche l'acceleratore verrà migliorato per operare ad altissima luminosità (High Luminosity LHC) – conclude Forti - La realizzazione di questi upgrade richiede un attento vaglio tecnico-scientifico e finanziario che garantisca la qualità e l'efficacia del programma nel suo complesso, che viene discusso e approvato dall'LHCC".
L’effetto serra? Sta ritardando la prossima glaciazione
L'effetto serra conseguente alla cospicua concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera starebbe prolungando l'attuale periodo interglaciale, iniziato circa 11.700 anni fa. Gli effetti climatici della CO2, peraltro già relativamente elevata prima dell'avvento della rivoluzione industriale, sono infatti tali da inibire l'inizio di un'era glaciale. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato nella rivista 'Geology' e condotto da un team internazionale di ricercatori guidati da Giovanni Zanchetta del dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, da Biagio Giaccio dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Igag-Cnr) e da Eleonora Regattieri, ora dell'Igag-Cnr di Roma e Phd della scuola Galileo Galilei dell'Ateneo pisano.
L'analisi dei depositi accumulatisi sul fondo di un antico lago, che un tempo si estendeva nell'attuale piana Sulmona in Abruzzo, ha consentito ai ricercatori di individuare un periodo analogo all'attuale Olocene, indicato con il nome di 'Stadio isotopico marino 19c (MIS 19c)'. In questo periodo, iniziato circa 790mila anni fa, la configurazione orbitale della Terra, e dunque la quantità di energia solare che riscalda il nostro pianeta, era simile a quella odierna. Lo studio dettagliato di diversi livelli di ceneri vulcaniche rinvenute nell'area, eseguito in centri specializzati in Francia (Cea-Cnrs-Uvsq) e in California (Berkeley Geochronology Center), ha permesso di ottenere per la prima volta un'affidabile cronologia dell'evoluzione climatica di questo antico periodo caldo.
"Assumendo una totale analogia tra le due fasi interglaciali, il MIS 19c e l'Olocene", spiega Biagio Giaccio, "l'attuale periodo caldo dovrebbe essere relativamente prossimo alla sua fine e volgere verso una nuova glaciazione, se non fosse per la significativa differenza dei gas serra riscontrati nei due periodi". Infatti, mentre durante le fasi iniziali di entrambi gli interglaciali le concentrazioni di CO2 appaiono del tutto simili, l'atmosfera dell'Olocene, già a partire dai primi millenni, si è progressivamente arricchita di anidride carbonica rispetto invece a quella del MIS 19c.
"A parità di insolazione", aggiunge Giovanni Zanchetta, "il diverso contenuto di CO2 potrebbe essere stato sufficiente a far divergere drasticamente l'evoluzione dei due interglaciali conducendo, da un lato, il MIS 19c verso la sua fine, e quindi a una glaciazione, e producendo dall'altro un prolungamento delle condizioni delle attuali condizioni interglaciali".
I ricercatori stimano, al 68% di probabilità, che la durata del MIS 19c sia di 10800 +/- 1800 anni. "Questo significa che l'Olocene poteva già essere terminato oltre mille anni fa", afferma Giaccio. "La fase di generale raffreddamento del clima olocenico che si ipotizza sia iniziata circa 4.500 anni fa, quella che i geologi definiscono 'neoglaciale', probabilmente rappresentava l'embrione della prossima glaciazione poi, forse, definitivamente abortita per l'eccesso di CO2".
"I risultati di questo studio forniscono un'ulteriore prova indiretta all'affascinate ipotesi formulata alcuni anni fa", spiegano i ricercatori, "secondo la quale l'uomo avrebbe modificato il ciclo naturale dei gas serra nell'atmosfera aumentandone il contenuto ben prima della rivoluzione industriale, mediante cioè le modificazioni della vegetazione conseguenti alla nascita e sviluppo dell'agricoltura preistorica. Indipendentemente da ciò, i risultati di questo studio mostrano ancora una volta, e in maniera inequivocabile, l'elevata sensibilità del clima alla concentrazione atmosferica di gas serra, oggi fortemente influenzata dall'attività umana".
Ateneo in lutto per la scomparsa della professoressa Cinzia Biagiotti
Il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica annuncia con profonda commozione la scomparsa della collega Cinzia Biagiotti, ricercatrice di Lingue e Letterature Anglo-americane all'interno dell'Ateneo di Pisa.
Nata a Grosseto, la professoressa Biagiotti si era laureata nel 1981 in Lingue e Letterature Straniere presso l'omonima Facoltà dell'Università di Pisa e aveva quindi conseguito il titolo di Dottore di Ricerca presso l'Università degli Studi di Firenze. Dopo un periodo di insegnamento negli istituti di istruzione superiore, era stata docente d'italiano alla University of Maryland e alla University of California Davis. Ricercatrice dal 1994, era stata titolare dell'insegnamento di Lingue e Letterature Anglo-americane nei corsi magistrali della sua Facoltà d'origine e più di recente nel Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica.
La sua attività scientifica, inizialmente indirizzata allo studio della tradizione orale nella letteratura australiana, si era successivamente concentrata sulla cultura americana contemporanea, con particolare riguardo alle questioni di genere e alla letteratura delle minoranze. Nella sua produzione, accanto a numerose traduzioni e edizioni critiche di opere poetiche e narrative di scrittori nativi (si ricordano, tra gli altri, Leslie Marmon Silko, James Welch, Joy Harjo), spicca l'unica monografia italiana dedicata alla produzione letteraria di Tillie Olsen.
Assieme ai docenti e a tutto il personale tecnico-amministrativo, la ricordano con particolare stima e affetto gli studenti dei corsi di studio del Dipartimento, ai quali ha saputo trasmettere, fino all'ultimo, la sua infinita passione per la Letteratura.
"Chi ha avuto la fortuna di frequentare le lezioni della professoressa Biagiotti - hanno scritto gli studenti del Dipartimento - ha colto una grande occasione: studiare per il suo esame comportava l'acquisizione di nuovi occhi con cui guardare la nostra società. Gli occhi degli indiani d'America, delle donne, degli sconfitti dalla Storia, di tutti quegli 'ultimi' a cui lei si sentiva particolarmente vicina non per maternalistica compassione, ma per sincera empatia. Forse è per questo che amava così tanto starci accanto, vederci crescere, sperando di comunicarci l'importanza di un valore che spesso riassumeva in un motto: keep on keeping on. Un invito a resistere, a non perdere per strada i nostri ideali e la nostra energia. Anche oggi, in questo momento di profondo dolore, avrebbe voluto vederci usare questa energia per mettere da parte la tristezza e ricordare con allegria una mentore e un'amica, che rimarrà per sempre una fonte d'ispirazione per tutti noi".
Un professore di Pisa protagonista della nuova avventura di LHC al CERN
Dopo il potenziamento dell'acceleratore LHC, è partita al CERN la nuova campagna di presa dati che porterà informazioni importanti sulla natura della materia oscura e sulla fisica oltre il modello standard, come auspicano gli scienziati. Tra i protagonisti di questa nuova avventura c'è anche un docente di Fisica dell'Università di Pisa, Francesco Forti, a capo dell'LHC Committee (LHCC), il comitato di controllo e indirizzo del programma scientifico dell'intero progetto. "Il mio ruolo è presiedere il comitato che ha il compito di esaminare tutti gli aspetti tecnico-scientifici delle attività degli esperimenti – spiega il professor Forti – LHCC è formato da una quindicina di scienziati di livello internazionale, provenienti da tutte le regioni del globo, che si incontrano quattro volte all'anno al CERN: per la ricerca alla frontiera della conoscenza, come quella all'LHC, il principio della revisione tra pari, in cui gli scienziati si controllano e si "fanno le bucce" a vicenda, è l'unico meccanismo noto per garantire l'eccellenza della ricerca svolta".
Lungo l'anello di 27 km del Large Hadron Collider (LHC), il superacceleratore del CERN di Ginevra, i quattro giganti della fisica, ATLAS, CMS, ALICE e LHCb, hanno appena cominciato a raccogliere stabilmente i dati prodotti nelle collisioni all'energia record di 13.000 miliardi di elettronvolt, 13 TeV, quasi il doppio di quella che ha permesso, nel 2012, d'imbrigliare il bosone di Higgs. Un'energia mai raggiunta prima in laboratorio, alla quale da ora l'acceleratore e i rivelatori lavoreranno a regime per i prossimi tre anni di attività. Per questa nuova stagione di LHC (il RUN2) c'è grande attesa non solo da parte dei ricercatori, tecnici e ingegneri che lavorano a LHC, tra cui circa 1500 italiani (di questi circa 60 da Pisa), ma da parte della comunità mondiale della fisica delle particelle. Grazie ai dati che saranno raccolti nei prossimi tre anni, si aprirà, infatti, una nuova finestra sull'universo subnucleare.
"Dopo il lungo stop necessario al consolidamento delle infrastrutture, LHC ha iniziato a produrre stabilmente collisioni protone-protone alla più alta energia mai raggiunta, 13 TeV, e gli esperimenti hanno appena completato un lungo lavoro di miglioramento degli apparati per affrontare la nuova energia e le elevate intensità previste nel RUN2 – ha commentato il professor Forti - L'LHCC si riunisce proprio questa settimana per esaminare i piani degli esperimenti per la raccolta e analisi dei dati, in modo da produrre le misure previste e individuare il più rapidamente possibile gli eventuali segnali di nuove particelle".
Ma la pianificazione per programmi sperimentali di tale complessità deve essere fatta con grande anticipo e l'LHCC questa settimana si occuperà anche dei programmi di upgrade degli esperimenti, che permetteranno di raccogliere quantità crescenti di dati e aumentare drasticamente la sensibilità della misura: "Il programma detto di Fase-1, relativamente limitato, prevede un'installazione negli anni 2018-19, mentre il programma di Fase-2, che ha una complessità tecnica paragonabile alla iniziale costruzione degli esperimenti, e un costo imponente, vedrà il completamento intorno al 2023, quando anche l'acceleratore verrà migliorato per operare ad altissima luminosità (High Luminosity LHC) – conclude Forti - La realizzazione di questi upgrade richiede un attento vaglio tecnico-scientifico e finanziario che garantisca la qualità e l'efficacia del programma nel suo complesso, che viene discusso e approvato dall'LHCC".
L’effetto serra? Sta ritardando la prossima glaciazione
L'effetto serra conseguente alla cospicua concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera starebbe prolungando l'attuale periodo interglaciale, iniziato circa 11.700 anni fa. Gli effetti climatici della CO2, peraltro già relativamente elevata prima dell'avvento della rivoluzione industriale, sono infatti tali da inibire l'inizio di un'era glaciale. È quanto emerge da uno studio appena pubblicato nella rivista 'Geology' e condotto da un team internazionale di ricercatori guidati da Giovanni Zanchetta del dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, da Biagio Giaccio dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Igag-Cnr) e da Eleonora Regattieri, ora dell'Igag-Cnr di Roma e Phd della scuola Galileo Galilei dell'Ateneo pisano.
L'analisi dei depositi accumulatisi sul fondo di un antico lago, che un tempo si estendeva nell'attuale piana Sulmona in Abruzzo, ha consentito ai ricercatori di individuare un periodo analogo all'attuale Olocene, indicato con il nome di 'Stadio isotopico marino 19c (MIS 19c)'. In questo periodo, iniziato circa 790mila anni fa, la configurazione orbitale della Terra, e dunque la quantità di energia solare che riscalda il nostro pianeta, era simile a quella odierna. Lo studio dettagliato di diversi livelli di ceneri vulcaniche rinvenute nell'area, eseguito in centri specializzati in Francia (Cea-Cnrs-Uvsq) e in California (Berkeley Geochronology Center), ha permesso di ottenere per la prima volta un'affidabile cronologia dell'evoluzione climatica di questo antico periodo caldo.
"Assumendo una totale analogia tra le due fasi interglaciali, il MIS 19c e l'Olocene", spiega Biagio Giaccio, "l'attuale periodo caldo dovrebbe essere relativamente prossimo alla sua fine e volgere verso una nuova glaciazione, se non fosse per la significativa differenza dei gas serra riscontrati nei due periodi". Infatti, mentre durante le fasi iniziali di entrambi gli interglaciali le concentrazioni di CO2 appaiono del tutto simili, l'atmosfera dell'Olocene, già a partire dai primi millenni, si è progressivamente arricchita di anidride carbonica rispetto invece a quella del MIS 19c.
"A parità di insolazione", aggiunge Giovanni Zanchetta, "il diverso contenuto di CO2 potrebbe essere stato sufficiente a far divergere drasticamente l'evoluzione dei due interglaciali conducendo, da un lato, il MIS 19c verso la sua fine, e quindi a una glaciazione, e producendo dall'altro un prolungamento delle condizioni delle attuali condizioni interglaciali".
I ricercatori stimano, al 68% di probabilità, che la durata del MIS 19c sia di 10800 +/- 1800 anni. "Questo significa che l'Olocene poteva già essere terminato oltre mille anni fa", afferma Giaccio. "La fase di generale raffreddamento del clima olocenico che si ipotizza sia iniziata circa 4.500 anni fa, quella che i geologi definiscono 'neoglaciale', probabilmente rappresentava l'embrione della prossima glaciazione poi, forse, definitivamente abortita per l'eccesso di CO2".
"I risultati di questo studio forniscono un'ulteriore prova indiretta all'affascinate ipotesi formulata alcuni anni fa", spiegano i ricercatori, "secondo la quale l'uomo avrebbe modificato il ciclo naturale dei gas serra nell'atmosfera aumentandone il contenuto ben prima della rivoluzione industriale, mediante cioè le modificazioni della vegetazione conseguenti alla nascita e sviluppo dell'agricoltura preistorica. Indipendentemente da ciò, i risultati di questo studio mostrano ancora una volta, e in maniera inequivocabile, l'elevata sensibilità del clima alla concentrazione atmosferica di gas serra, oggi fortemente influenzata dall'attività umana".
Ne hanno parlato:
Repubblica.it
RepubblicaFirenze.it
LeScienze.it
Ansa
AdnKronos
Agi
ItalPress.it
Aggm.it
GreenReport.it
StampToscana.it
PisaInformaFlash
All’Università di Pisa un incontro con Raffaele Cantone
Venerdì 5 giugno, alle ore 11, nell'Aula Magna di Palazzo Matteucci, in Piazza Torricelli 2, si terrà un incontro con Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione. Il magistrato dialogherà con Alberto Vannucci, direttore del master universitario "Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione" che ha promosso l'iniziativa. L'evento sarà trasmesso in diretta streaming sul sito dell'Università di Pisa, www.unipi.it.
La visita di Raffaele Cantone inizierà alle 10.15 in Borgo Stretto all'Edicola Saperi della Legalità, nata dal progetto di riutilizzo sociale di un bene confiscato alle mafie e inaugurata un anno fa. Raffaele Cantone premierà i ragazzi vincitori del concorso per la creazione del logo dell'Edicola.
Un biomateriale in grado di favorire la rigenerazione dell’osso nell’anziano
È possibile rigenerare l'osso dell'anziano senza accelerarne i processi di calcificazione? Ricercatori dell'Università di Pisa, con la collaborazione dei colleghi dell'Università Politecnica delle Marche, hanno studiato e creato un biomateriale composto solo da proteine che, nonostante l'assenza di calcio, sarebbe in grado di stimolare la rigenerazione dell'osso. La ricerca, pubblicata su Nature Scientific Reports, è stata svolta nell'ambito del progetto "Ingegnerizzazione di modelli d'organo di interesse fisiologico e patologico per l'indagine di disturbi legati all'invecchiamento" (MIND), che ha lo scopo di ricreare in vitro le condizioni di invecchiamento dell'anziano per capire quali sono fattori che ne rallentano o ne accelerano il progredire.
"Certi materiali aiutano a differenziare cellule staminali in tessuto osseo, ma non è chiaro se questo sia dovuto a fattori chimici specifici del materiale o alla rigidezza del materiale stesso – spiegano Arti Ahluwalia, docente di Bioingegneria dell'Università di Pisa e co-coordinatrice del progetto, e Giorgio Mattei, ricercatore del Centro Piaggio e primo autore dell'articolo – La matrice extracellulare dell'osso è un materiale composito naturale, formato principalmente da collagene e componenti minerali, per lo più idrossiapatite (fosfato di calcio). Tale matrice costituisce il micro-ambiente naturale delle cellule e fornisce loro vari stimoli, tra cui segnali meccanici o chimici che ne regolano il comportamento e la funzione. Capire quali siano i principali stimoli promotori dell'osteogenesi è cruciale per progettare biomateriali ottimali per applicazioni di ingegneria tissutale e medicina rigenerativa".
Nel corso dello studio sono stati sviluppati materiali a varia rigidezza, ma con la stessa composizione, tali da riprodurre le proprietà meccaniche di materiali compositi a vario contenuto minerale. Con questi materiali è stato possibile isolare le proprietà meccaniche da tutti gli altri stimoli fisico-chimici dovuti al differente contenuto minerale e studiarne selettivamente il loro contributo nel differenziamento osteogenico di cellule staminali.
"I risultati ottenuti – aggiungono Ahluwalia e Mattei – mostrano che la rigidezza è il fattore scatenante per il differenziamento di cellule staminali in tessuto osseo, mentre la presenza di idrossiapatite contribuisce ad accelerare tale processo, in particolare ad alte concentrazioni. Per i soggetti anziani, che tendono ad avere ossa troppo calcificate e quindi fragili, materiali poveri in contenuto minerale, ma con la giusta rigidezza, possono comunque favorire la rigenerazione ossea, senza però accelerare tale processo degenerativo".
Una app per monitorare la salute dei piloti del MotoGP
Inoltriamo un comunicato stampa di BioCare Provider, azienda spin off dell'Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant'Anna, che in occasione del Gran Premio del Mugello ha annunciato una partnership con Clinica Mobile e Aruba. La start up pisana ha sviluppato 'Faster Than Your Bike', una app per monitorare la salute dei piloti del MotoGP.
Nel comunicato, Francesca Sernissi, CEO & Co-founder di BioCare Provider, ha commentato: "Il nostro obiettivo comune è rendere facile e veloce prendersi cura dei centauri di MotoGP, nonché dello staff che li assiste in tutto il mondo. Clinica Mobile, con il supporto della nostra piattaforma, potrà garantire ai piloti un servizio di assistenza e monitoraggio ancora più efficace e continuativo. Essa infatti facilita e ottimizza il flusso di lavoro quotidiano, mettendo in rete la community di medici e fisioterapisti, e permettendo una condivisione semplice ed efficace di informazioni mediche e di carattere organizzativo."
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COMUNICATO STAMPA
Clinica Mobile nel Mondo, insieme ad Aruba & BioCare Provider per rendere gli interventi medici e fisioterapici veloci ed efficienti tanto quanto i suoi 'pazienti'
Mugello (FI), 3 giugno 2015: In occasione del Gran Premio d'Italia, BioCare Provider e Aruba annunciano la loro partnership con Clinica Mobile nel Mondo, la famosa 'clinica su ruote' che si prende cura dei piloti e del personale che lavora nei paddock di MotoGP.
'Faster Than Your Bike' è la versione della piattaforma drDrin®, progettata e sviluppata dal team di BioCare Provider, che il Dott. Michele Zasa e i suoi collaboratori testeranno e utilizzeranno nella pratica clinica a supporto delle attività quotidiane della Clinica Mobile.
La piattaforma sarà ospitata sul Private Cloud (www.cloud.it) fornito da Aruba. La soluzione garantisce risorse esclusivamente dedicate alla piattaforma in questione e tutta la potenza e la flessibilità del cloud computing di Aruba che ha messo a disposizione un servizio di livello enterprise che può essere attivato, a scelta del cliente, in uno dei data center italiani o europei del suo network.
Il loro obiettivo comune? "Rendere facile e veloce prendersi cura dei centauri di MotoGP, nonché dello staff che li assiste in tutto il mondo" – ha spiegato Francesca Sernissi, CEO & Co-founder di BioCare Provider. "Clinica Mobile, con il supporto della nostra piattaforma, potrà garantire ai piloti un servizio di assistenza e monitoraggio ancora più efficace e continuativo. Essa infatti facilita e ottimizza il flusso di lavoro quotidiano, mettendo in rete la community di medici e fisioterapisti, e permettendo una condivisione semplice ed efficace di informazioni mediche e di carattere organizzativo."
La soluzione sviluppata per Clinica Mobile rappresenta le fondamenta per l'implementazione successiva di servizi di monitoraggio e di sistemi di supporto alle decisioni. Tutto per garantire un'assistenza medica a 300 km orari!
Video intervista rilasciata da Michele Zasa a Pharmastar (https://www.youtube.com/watch?v=vK0fLOnRjHM).
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La Clinica Mobile è una realtà consolidata, ben nota fra i motociclisti di tutto il mondo e riconosciuta dalla Federazione Internazionale Motociclistica. La Clinica Mobile opera sia nel campionato del mondo MotoGP che in quello Superbike, i due più importanti campionati di motociclismo su pista al Mondo. Dopo anni di incredibili imprese, nel 2014 il dr. Costa ha ceduto il testimone al dr. Michele Zasa (Medico specialista in Anestesia e Rianimazione) ed al dr. Guido Dalla Rosa Prati (Amministratore Delegato del Poliambulatorio Dalla Rosa Prati – Centro Diagnostico Europeo). www.clinicamobilenelmondo.com
BioCare Provider è una start up nata nel 2013 da professionisti dei settori ICT e farmaceutico provenienti da due delle più importanti università Italiane, l'Università di Pisa e la Scuola Superiore Sant'Anna (Pisa). La società fonda la propria forza su un team di persone unite dalla passione per le tecnologie mobili e digitali applicate alla medicina, alla salute e al benessere. Negli ultimi due anni BioCare Provider si è impegnata a comprendere e rispondere ai bisogni ancora insoddisfatti dei pazienti, con il supporto di medici qualificati ed associazioni di pazienti, per offrire soluzioni personalizzate di e-health basate sulle ultime tecnologie e conformi agli standard di sicurezza per la gestione dei dati clinici. www.biocareprovider.com
Aruba S.p.A., fondata nel 1994, è la prima società in Italia per i servizi di data center, web hosting, e-mail, PEC e registrazione domini. La società gestisce oltre 2 milioni di domini, 6 milioni di caselle e-mail, 3,8 milioni di caselle PEC, 20.000 server ed un totale di oltre 2 milioni di clienti. La società è attiva sui principali mercati europei quali Francia, Inghilterra e Germania e vanta la leadership in Repubblica Ceca e Slovacca ed una presenza consolidata in Polonia ed Ungheria. In aggiunta ai servizi di web hosting, Aruba fornisce anche servizi di server dedicati, housing e colocation, servizi managed, firma digitale, conservazione sostitutiva e produzione di smart-card. Dal 2011 ha ampliato la sua offerta con servizi Cloud e nel 2014 è diventata Registro ufficiale della prestigiosa estensione ".cloud". Aruba ha una grande esperienza nella gestione dei data center disponendo di un network europeo in grado di ospitare circa 60.000 server. Per ulteriori informazioni: www.aruba.it