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Tutto in una Notte, un invito a scoprire l’affascinante mondo della scienza e della ricerca. Il prossimo 29 settembre è la “Notte europea delle ricercatrici e dei ricercatori”, manifestazione annuale, nata per impulso della Commissione UE con l’obiettivo di diffondere la cultura scientifica, che si celebra in contemporanea in tutta Europa. In Toscana è previsto un ricchissimo cartellone di iniziative – presentato oggi in una conferenza stampa -, sotto il titolo BRIGHT-NIGHT. Un nome che è anche un programma: alla parola notte si unisce l'acronimo di "Brilliant Researchers Impact on Growth Health and Trust in research", cioè i ricercatori di talento hanno un impatto sulla crescita, la salute e la fiducia nella ricerca.

BRIGHT-NIGHT schiera infatti tutto il mondo della ricerca in Toscana: è promosso dagli Atenei (Università di Firenze, Pisa, Siena, Siena Stranieri, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Scuola Normale Superiore e Scuola IMT Alti Studi Lucca) e da un’ampia rete di Enti di ricerca - il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l'European Gravitational Observatory (EGO-Virgo), l’Istituto Nazionale di Astrofisica- Osservatorio Astrofisico di Arcetri (INAF-OAA) - con il sostegno della Regione Toscana, nell’ambito di Giovanisì, il progetto regionale per l’autonomia dei giovani.

Qualche numero. Circa 1000 ricercatrici e ricercatori saranno nelle piazze di 11 città della nostra regione (Arezzo, Cascina, Castelnuovo Berardenga, Firenze, Grosseto, Lucca, Paganico, Pisa, Prato, San Giovanni Valdarno, Siena) e animeranno oltre 300 iniziative: laboratori, dimostrazioni, esperimenti, mostre, visite guidate e passeggiate scientifiche coinvolgeranno i cittadini in un percorso avvincente attraverso una vastissima gamma di temi legati alla ricerca.

Il programma in dettaglio è disponibile su www.bright-night.it.

Attraverso il sito è già possibile votare, inoltre, i risultati e i prodotti delle attività promosse, nell’ambito di BRIGHT-NIGHT con l’iniziativa “Researchers@School”. Nel corso dell’anno i ricercatori hanno svolto lezioni e laboratori dentro le aule scolastiche con lo scopo di sensibilizzare i più giovani sul lavoro della ricerca, per evidenziarne l’importanza nella vita quotidiana e superare le barriere di genere nei percorsi di carriera legati al mondo scientifico. Sono state coinvolte, con il supporto di 300 ricercatori, 30 scuole toscane per un totale di 800 alunni.

In breve, alcune anticipazioni del programma di iniziative.

A Firenze, la sede principale dell’evento è Piazza SS. Annunziata, che ospiterà vari stand, un padiglione dedicato interamente ai ragazzi (a loro è riservata anche una caccia al tesoro) ricco di momenti di scoperta della scienza, oltre a un’area incontri dove si avvicenderanno brevi talk delle ricercatrici e ricercatori dell’Università di Firenze sotto il titolo “Mostra e Dimostra”. Il pubblico potrà votare il suo preferito in diretta. L’Istituto e Museo degli Innocenti collabora con un programma specifico, visite guidate e talk. La serata si conclude con lo spettacolo “I confini non esistono” di e con Stefano Mancuso e Matteo Caccia: si incrociano le narrazioni del notissimo neurobiologo vegetale e dell’attore e drammaturgo. Edoardo Massa accompagnerà i vari momenti della performance disegnando dal vivo. Altri appuntamenti precedono e seguono la “Notte” a Firenze durante tutta la settimana dal 25 al 30 settembre, per un totale di 70 iniziative.

Cuore della manifestazione a Pisa saranno le cinque “Piazze della Ricerca” allestite in Logge dei Banchi, Largo Ciro Menotti, Piazza Dante, Piazza dei Cavalieri e Piazza Santa Caterina, ognuna dedicata a un macro-tema: Comunità virtuali e società 4.0; Radio Benessere: in ascolto di mente e corpo; Benvenuti nei Cybermondi; Intervista al Pianeta Terra; Mediterraneo: un mare di culture, con laboratori ed esperimenti live. I bambini e le bambine che completeranno il giro delle piazze otterranno il titolo di “Scienziata/Scienziato per una Notte” e un gadget BRIGHT-NIGHT. Il pubblico potrà inoltre partecipare alle “Passeggiate con la scienza” e alla “Pedalata con la Scienza”, pensata per sensibilizzare sui temi della mobilità sostenibile. Le università, i centri di ricerca, i musei e le biblioteche ospiteranno inoltre attività laboratoriali, workshop, conferenze e giochi aperti a tutti i visitatori e alle scuole.

Grandi novità quest’anno per le iniziative a Siena. Si tratta di più di 120 eventi durante tutta la settimana, dal 25 al 30 settembre, lungo un percorso cittadino che si snoda dai poli universitari San Niccolò e Santa Chiara Lab, fino alla Piazza del Campo e al Tartarugone, e che coinvolgerà, oltre alle tradizionali sedi universitarie e cittadine, molti altri luoghi storici di solito non visibili che accoglieranno, per la prima volta, le ricercatrici e i ricercatori nei propri spazi. Le attività saranno declinate intorno al tema generale “Esserə Umani”, con attenzione particolare all'identità umana nel contesto contemporaneo. All'Università di Siena si terrà il consueto PHD Graduation Day, che quest'anno avrà come ospite il fisico Alessandro Vespignani, mentre Unistrasi chiuderà le iniziative del pomeriggio del 29 settembre con un laboratorio di danze coreane.

A Lucca, dopo una settimana di pre-eventi, la Scuola IMT propone un fitto cartellone di incontri, laboratori per i più piccoli, visite guidate e stand della ricerca fin dal primo pomeriggio. Main event sarà l'incontro -organizzato in collaborazione con Lucca Film Festival - in cui si parlerà anche di intelligenza artificiale e dell'importanza della ricerca scientifica. Dopo il successo della scorsa edizione, torna anche quest’anno lo “Speakers’ corner - risposte in breve a grandi domande” in cui ricercatrici e ricercatori della Scuola IMT si cimenteranno nel rispondere “scientificamente”, ma semplicemente a quesiti assai impegnativi.

La Notte delle ricercatrici e dei ricercatori in Toscana è un progetto co-finanziato dal programma HORIZON-MSCA-2022-Citizens della Commissione Europea, nell’ambito delle azioni Marie Skłodowska-Curie.

In the European ranking for oil dependence, headed by countries such as Lithuania, Greece, the Netherlands and Spain, Italy is eighth. The figure for 2019 emerges from an article by Giovanni Carnazza of the University of Pisa and Federica Cappelli of the University of Ferrara published in the journal “Resources Policy”.

The research looked at the 28 countries of the European Union (EU) (including the UK) over the period 1999-2019. A ranking was drawn up based on a very complex newly developed multidimensional index involving four aspects: energy dependence (how much of our energy comes from oil); economic dependence (how much of our real GDP depends on oil); international dependence (how much of our oil comes from imports); geopolitical dependence (the degree of diversification of our imports and the extent to which our trade relations are linked to politically stable countries)

 

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“Oil accounts for over one third of the energy created and used within the European Union, which highlights our heavy dependence on fossil fuels,” says Giovanni Carnazza, research fellow at the Department of Economics and Management of the University of Pisa. “As the outbreak of war between Ukraine and Russia taught, continued reliance on external energy resources makes each country extremely vulnerable to external shocks.”

As for 2019 Italy, it turns out that 35% of energy sources are derived from oil, 30% from natural gas and 10% from renewables. At a European level, averages are 41% for oil, 16% for natural gas and 9% for renewables. Looking at the other side of the coin, the wooden spoon for renewables goes to Ireland (4.3%), Luxembourg (4.3%) and the Netherlands (4.5%), while the most virtuous countries are Finland (27%), Latvia (26.4%) and Sweden (26.2%).

In general, the study highlighted three key critical issues in the EU: the difficulty in decoupling oil consumption from GDP growth and in achieving the environmental targets set by the European Green Deal; the countries’ different degree of dependence on oil; and finally the problem of international and geopolitical dependence on oil for energy security.

“Our work has shown the delay with which many EU countries are addressing the need to implement ecological transition, not only from an environmental but also from a social and economic point of view,” Carnazza concludes. “Just think of the negative repercussions in terms of households’ purchasing power caused by the inflationary pressure triggered by rising oil and gas prices. Creating a synthetic and multidimensional measure of oil dependence in cross-sectional (28 EU member countries) and historical (1999 to 2019) terms can be an important first step towards understanding the origins of this heavy dependence and how to overcome it”.

 



Oltre 300 botanici si riuniranno dal 13 al 16 settembre al Polo della Memoria San Rossore 1938 dell’Università di Pisa, per il 118° Congresso (IX International Plant Science Conference) della Società Botanica Italiana, associazione scientifica fondata nel 1888 che promuove il progresso e la diffusione della cultura e delle scienze botaniche e delle loro applicazioni.

L’evento, che ospiterà relatori internazionali di chiara fama ed esperti in diversi ambiti della Botanica. Dopo la cerimonia di apertura alla presenza del Rettore dell’Università di Pisa Riccardo Zucchi, i lavori inizieranno con una conferenza plenaria tenuta da Jennifer McElwain (Trinity College Dublino, Irlanda), cui seguiranno i due simposi Molecular and Cell Biology e Taxonomy, Systematics and Evolution, che vedranno gli interventi rispettivamente di Vasileios Fotopoulos (Cyprus University of Technology, Cipro) e Christoph Oberprieler (University of Regensburg, Germania).

Nelle giornate successive seguiranno cinque simposi Biodiversity, Environmental Monitoring and Policies, Biotechnology and Applied Botany, ed Ecology nel quale interverrà Douglas L. Godbold (University of Bodenkultur Wien, Austria).

Il congresso si chiuderà con il simposio divulgativo, aperto al pubblico, “A cosa servirà mai la (Storia della) Botanica?”, moderato dal comunicatore scientifico Giovanni Carrada, che si proporrà di ricostruire le vicende, le storie e i personaggi che hanno contribuito a tenere alto il nome della Botanica Italiana e della cultura del nostro Paese.

A conclusione del congresso, il sabato mattina si terrà un’escursione nella Tenuta di San Rossore con il supporto dell’Ente Parco di Migliarino – San Rossore – Massaciuccoli.

Ancora pochi anni e le auto elettriche potrebbero colmare quello che oggi è il principale divario competitivo che le separa dai veicoli a combustione: la velocità di rifornimento. A dare l’annuncio sono Antonio Bertei e Marco Lagnoni, rispettivamente professore associato e ricercatore in Ingegneria Chimica al Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale all’Università di Pisa, autori, assieme ai colleghi di altre otto prestigiose realtà internazionali, di uno studio pubblicato in questi giorni su Nature Communications.

"La capacità di ricarica rapida, l'autonomia e la sicurezza delle batterie agli ioni di litio sono oggi i fattori che maggiormente influenzano una più ampia diffusione sul mercato dei veicoli elettrici, ma grazie ai risultati ottenuti dal nostro studio questi limiti potrebbero essere superati entro i prossimi anni – spiega il professor Antonio Bertei – Le indagini compiute ci hanno permesso di quantificare in modo definitivo i meccanismi che aggravano l'invecchiamento durante la ricarica rapida delle batterie al litio che utilizzano elettrodi in grafite”.

Nello specifico, il gruppo di ricerca di cui Bertei e Lagnoni sono gli unici partner italiani, ha dimostrato che il processo di ricarica rapida, così come è concepito oggi, può causare una deposizione di litio metallico sulla superficie dell'anodo di grafite (l’elettrodo negativo). Questo fenomeno, se non opportunamente considerato, può portare alla perdita irreversibile di litio, limitando le prestazioni energetiche e compromettendo la sicurezza delle batterie. Ma la cosa più importante è che i ricercatori hanno confermato che tale fenomeno di ‘placcatura al litio’ è in parte reversibile, delineandone con precisione la dinamica del suo riassorbimento e come integrarla nel funzionamento complessivo della batteria. Un risultato, questo, ottenuto proprio grazie al contributo dell’Università di Pisa, che ha sviluppato modelli fisico-matematici avanzati a supporto ed integrazione di analisi sperimentali all’avanguardia.

“Il modello computazionale che abbiamo messo a punto per questo studio ha permesso di osservare ‘in diretta’ il processo di ‘placcatura al litio’ della grafite e di dimostrare che questo può essere riassorbito dall’elettrodo, rallentando così l’invecchiamento delle batterie – aggiunge Marco Lagnoni – È sufficiente inserire delle pause a determinati livelli di ricarica. Tanto che, con i colleghi, abbiamo coniato il motto ‘aspettare per essere più veloci’, per descrivere l’impostazione che dovrà informare lo sviluppo dei protocolli avanzati di ricarica rapida del futuro concepiti per le batterie automobilistiche di prossima generazione”.

Un risultato, quello ottenuto dallo studio pubblicato su Nature Communications col titolo Multiscale dynamics of charging and plating in graphite electrodes coupling operando microscopy and phase-field modelling destinato a segnare il futuro della mobilità elettrica e che ha visto impegnati, oltre all’Università di Pisa, anche altre otto prestigiose realtà internazionali: University College London (UK), Queen Mary University (UK), Massachusetts Institute of Technology (USA), University of Oxford (UK), Harwell Science and Innovation Campus (UK), University of Birmingham (UK), National Renewable Energy Laboratory di Denver (USA) e Beijing University of Technology (CN).

Ancora pochi anni e le auto elettriche potrebbero colmare quello che oggi è il principale divario competitivo che le separa dai veicoli a combustione: la velocità di rifornimento. A dare l’annuncio sono Antonio Bertei e Marco Lagnoni, rispettivamente professore associato e ricercatore in Ingegneria Chimica al Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale all’Università di Pisa, autori, assieme ai colleghi di altre otto prestigiose realtà internazionali, di uno studio pubblicato in questi giorni su Nature Communications.

"La capacità di ricarica rapida, l'autonomia e la sicurezza delle batterie agli ioni di litio sono oggi i fattori che maggiormente influenzano una più ampia diffusione sul mercato dei veicoli elettrici, ma grazie ai risultati ottenuti dal nostro studio questi limiti potrebbero essere superati entro i prossimi anni – spiega il professor Antonio Bertei – Le indagini compiute ci hanno permesso di quantificare in modo definitivo i meccanismi che aggravano l'invecchiamento durante la ricarica rapida delle batterie al litio che utilizzano elettrodi in grafite”.

 

Elettrodo 1

L'elettrodo di grafite durante la carica visualizzato al microscopio ottico. Nell'immagine si notano le particelle di grafite, mentre i vari colori, dal dorato al rosso, indicano le diverse fasi della grafite. Le frecce rosse indicano la placcatura al litio, fenomeno degradativo la quale dinamica è stata analizzata nello studio.

 

Nello specifico, il gruppo di ricerca di cui Bertei e Lagnoni sono gli unici partner italiani, ha dimostrato che il processo di ricarica rapida, così come è concepito oggi, può causare una deposizione di litio metallico sulla superficie dell'anodo di grafite (l’elettrodo negativo). Questo fenomeno, se non opportunamente considerato, può portare alla perdita irreversibile di litio, limitando le prestazioni energetiche e compromettendo la sicurezza delle batterie. Ma la cosa più importante è che i ricercatori hanno confermato che tale fenomeno di ‘placcatura al litio’ è in parte reversibile, delineandone con precisione la dinamica del suo riassorbimento e come integrarla nel funzionamento complessivo della batteria. Un risultato, questo, ottenuto proprio grazie al contributo dell’Università di Pisa, che ha sviluppato modelli fisico-matematici avanzati a supporto ed integrazione di analisi sperimentali all’avanguardia.

 

Marco Lagnoni e Antonio Bertei compressa sito

Marco Lagnoni e Antonio Bertei

 

“Il modello computazionale che abbiamo messo a punto per questo studio ha permesso di osservare ‘in diretta’ il processo di ‘placcatura al litio’ della grafite e di dimostrare che questo può essere riassorbito dall’elettrodo, rallentando così l’invecchiamento delle batterie – aggiunge Marco Lagnoni – È sufficiente inserire delle pause a determinati livelli di ricarica. Tanto che, con i colleghi, abbiamo coniato il motto ‘aspettare per essere più veloci’, per descrivere l’impostazione che dovrà informare lo sviluppo dei protocolli avanzati di ricarica rapida del futuro concepiti per le batterie automobilistiche di prossima generazione”.

Un risultato, quello ottenuto dallo studio pubblicato su Nature Communications col titolo Multiscale dynamics of charging and plating in graphite electrodes coupling operando microscopy and phase-field modelling destinato a segnare il futuro della mobilità elettrica e che ha visto impegnati, oltre all’Università di Pisa, anche altre otto prestigiose realtà internazionali: University College London (UK), Queen Mary University (UK), Massachusetts Institute of Technology (USA), University of Oxford (UK), Harwell Science and Innovation Campus (UK), University of Birmingham (UK), National Renewable Energy Laboratory di Denver (USA) e Beijing University of Technology (CN).

Lunedì, 11 Settembre 2023 14:10

Archivio delle selezioni precedenti

L'Università di Pisa nel 2017 ha indetto una procedura per l’accreditamento di fotografi professionisti interessati a svolgere servizi fotografici e audiovisivi in occasione degli esami di laurea e laurea magistrale e in occasione delle cerimonie di Ateneo "Nozze d'oro e d'argento con la laurea" e "Consegna dei diplomi ai laureati con lode”. L’accreditamento è stato disposto dal primo marzo 2018 al 28 febbraio 2021. A causa dell’emergenza epidemiologica derivante dalla diffusione sul territorio nazionale del COVID 19, è stato poi prorogato fino al 28 febbraio 2023. Un’ulteriore proroga è stata poi disposta nelle more della nuova procedura fino al 31 ottobre 2023.

 

Procedura di accreditamento 

 

Per informazioni:

• Direzione Gare, Contratti e Logistica - Servizio Gare a: gare@unipi.it
• Paola Natale tel. 050-2212342 e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
• Alessandro Ceccarelli tel. 050-2212544 e-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Tutto in una Notte, un invito a scoprire l’affascinante mondo della scienza e della ricerca. Il prossimo 29 settembre è la “Notte europea delle ricercatrici e dei ricercatori”, manifestazione annuale, nata per impulso della Commissione UE con l’obiettivo di diffondere la cultura scientifica, che si celebra in contemporanea in tutta Europa. In Toscana è previsto un ricchissimo cartellone di iniziative – presentato oggi in una conferenza stampa -, sotto il titolo BRIGHT-NIGHT. Un nome che è anche un programma: alla parola notte si unisce l'acronimo di "Brilliant Researchers Impact on Growth Health and Trust in research", cioè i ricercatori di talento hanno un impatto sulla crescita, la salute e la fiducia nella ricerca.

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BRIGHT-NIGHT schiera infatti tutto il mondo della ricerca in Toscana: è promosso dagli Atenei (Università di Firenze, Pisa, Siena, Siena Stranieri, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Scuola Normale Superiore e Scuola IMT Alti Studi Lucca) e da un’ampia rete di Enti di ricerca - il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l'European Gravitational Observatory (EGO-Virgo), l’Istituto Nazionale di Astrofisica- Osservatorio Astrofisico di Arcetri (INAF-OAA) - con il sostegno della Regione Toscana, nell’ambito di Giovanisì, il progetto regionale per l’autonomia dei giovani.

Qualche numero. Circa 1000 ricercatrici e ricercatori saranno nelle piazze di 11 città della nostra regione (Arezzo, Cascina, Castelnuovo Berardenga, Firenze, Grosseto, Lucca, Paganico, Pisa, Prato, San Giovanni Valdarno, Siena) e animeranno oltre 300 iniziative: laboratori, dimostrazioni, esperimenti, mostre, visite guidate e passeggiate scientifiche coinvolgeranno i cittadini in un percorso avvincente attraverso una vastissima gamma di temi legati alla ricerca.

Il programma in dettaglio è disponibile su www.bright-night.it.

Attraverso il sito è già possibile votare, inoltre, i risultati e i prodotti delle attività promosse, nell’ambito di BRIGHT-NIGHT con l’iniziativa “Researchers@School”. Nel corso dell’anno i ricercatori hanno svolto lezioni e laboratori dentro le aule scolastiche con lo scopo di sensibilizzare i più giovani sul lavoro della ricerca, per evidenziarne l’importanza nella vita quotidiana e superare le barriere di genere nei percorsi di carriera legati al mondo scientifico. Sono state coinvolte, con il supporto di 300 ricercatori, 30 scuole toscane per un totale di 800 alunni.

In breve, alcune anticipazioni del programma di iniziative.

A Firenze, la sede principale dell’evento è Piazza SS. Annunziata, che ospiterà vari stand, un padiglione dedicato interamente ai ragazzi (a loro è riservata anche una caccia al tesoro) ricco di momenti di scoperta della scienza, oltre a un’area incontri dove si avvicenderanno brevi talk delle ricercatrici e ricercatori dell’Università di Firenze sotto il titolo “Mostra e Dimostra”. Il pubblico potrà votare il suo preferito in diretta. L’Istituto e Museo degli Innocenti collabora con un programma specifico, visite guidate e talk. La serata si conclude con lo spettacolo “I confini non esistono” di e con Stefano Mancuso e Matteo Caccia: si incrociano le narrazioni del notissimo neurobiologo vegetale e dell’attore e drammaturgo. Edoardo Massa accompagnerà i vari momenti della performance disegnando dal vivo. Altri appuntamenti precedono e seguono la “Notte” a Firenze durante tutta la settimana dal 25 al 30 settembre, per un totale di 70 iniziative.

Cuore della manifestazione a Pisa saranno le cinque “Piazze della Ricerca” allestite in Logge dei Banchi, Largo Ciro Menotti, Piazza Dante, Piazza dei Cavalieri e Piazza Santa Caterina, ognuna dedicata a un macro-tema: Comunità virtuali e società 4.0; Radio Benessere: in ascolto di mente e corpo; Benvenuti nei Cybermondi; Intervista al Pianeta Terra; Mediterraneo: un mare di culture, con laboratori ed esperimenti live. I bambini e le bambine che completeranno il giro delle piazze otterranno il titolo di “Scienziata/Scienziato per una Notte” e un gadget BRIGHT-NIGHT. Il pubblico potrà inoltre partecipare alle “Passeggiate con la scienza” e alla “Pedalata con la Scienza”, pensata per sensibilizzare sui temi della mobilità sostenibile. Le università, i centri di ricerca, i musei e le biblioteche ospiteranno inoltre attività laboratoriali, workshop, conferenze e giochi aperti a tutti i visitatori e alle scuole.

Grandi novità quest’anno per le iniziative a Siena. Si tratta di più di 120 eventi durante tutta la settimana, dal 25 al 30 settembre, lungo un percorso cittadino che si snoda dai poli universitari San Niccolò e Santa Chiara Lab, fino alla Piazza del Campo e al Tartarugone, e che coinvolgerà, oltre alle tradizionali sedi universitarie e cittadine, molti altri luoghi storici di solito non visibili che accoglieranno, per la prima volta, le ricercatrici e i ricercatori nei propri spazi. Le attività saranno declinate intorno al tema generale “Esserə Umani”, con attenzione particolare all'identità umana nel contesto contemporaneo. All'Università di Siena si terrà il consueto PHD Graduation Day, che quest'anno avrà come ospite il fisico Alessandro Vespignani, mentre Unistrasi chiuderà le iniziative del pomeriggio del 29 settembre con un laboratorio di danze coreane.

Lucca, dopo una settimana di pre-eventi, la Scuola IMT propone un fitto cartellone di incontri, laboratori per i più piccoli, visite guidate e stand della ricerca fin dal primo pomeriggio. Main event sarà l'incontro -organizzato in collaborazione con Lucca Film Festival - in cui si parlerà anche di intelligenza artificiale e dell'importanza della ricerca scientifica. Dopo il successo della scorsa edizione, torna anche quest’anno lo “Speakers’ corner - risposte in breve a grandi domande” in cui ricercatrici e ricercatori della Scuola IMT si cimenteranno nel rispondere “scientificamente”, ma semplicemente a quesiti assai impegnativi.

La Notte delle ricercatrici e dei ricercatori in Toscana è un progetto co-finanziato dal programma HORIZON-MSCA-2022-Citizens della Commissione Europea, nell’ambito delle azioni Marie Skłodowska-Curie.

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Extremely rare fossils reveal the earliest evidence of deep-sea fishes, pushing back the invasion of the abyssal plain by 80 million years. This revolutionary conclusion has been presented in a new study conducted by an international team of scientists led by palaeontologist Andrea Baucon and which includes Prof. Luca Pandolfi of the Department of Earth Sciences of the University of Pisa. The study has been published in the September issue of the Proceedings of the National Academy of Sciences (https://doi.org/10.1073/pnas.2306164120), one of the world's most-cited peer-reviewed multidisciplinary scientific journals.

"When I first found the fossils, I can’t believe what I was seeing,” says Luca Pandolfi. The reason for the astonishment is the remote age of the fossils, which predate any other evidence of deep-sea fish by million years. The newly discovered fossils date back to the Early Cretaceous (130 million years ago). “The new fossils show the activity of fishes on a dinosaur-age seafloor that was thousands of meters deep,” Baucon says.

The newly discovered fossils are rare and unusual. They comprise bowl-shaped excavations produced by ancient feeding fishes, as well as the sinuous trail formed by the tail of a swimming fish, incising the muddy seafloor. These trace fossils do not comprise fish bones, but they record ancient behaviour. As such, the Apennine fossils mark a critical point in space and time. It is the point at which fishes moved out of the continental shelf and colonized a new harsh environment, located far away from their original habitat. “The studied trace fossils are akin to the astronauts' footprints on the Moon,” says Baucon.

Thousands of meters below the surface of the Tethys Ocean, the earliest deep-sea fishes faced extreme environmental conditions. Total darkness, near-freezing temperatures, and colossal pressures challenged the survival of these pioneers of the abyss. “As if that wasn’t enough, turbid currents swept the vast muddy plains patrolled by ancient fishes,” says Luca Pandolfi. Such extreme conditions required adaptations for deep-sea life that are evolutionary innovations as significant as those that allowed the colonization of the land and the air (e.g., wings and limbs).

The newly discovered fossils represent not just the earliest deep-sea fishes but the earliest deep-sea vertebrates. The evolution of vertebrates – backboned animals – has been punctuated by habitat transitions from shallow marine origins to terrestrial, aerial, and deep-sea environments. Invasion of the deep sea is the least-understood habitat transition because of the low fossilization potential associated with the deep sea. “The new fossils shed light on an otherwise obscure chapter of the history of life on Earth,” comments Carlos Neto de Carvalho.

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The Apennine fossils force scientists to reconsider which factors might have triggered the vertebrate colonization of the deep sea. Baucon and colleagues propose that the trigger was the unprecedented input of organic matter that occurred between the Late Jurassic and the Early Cretaceous. “The availability of food in the deep seas favoured bottom-dwelling worms, which, in turn, attracted fishes that used specific behaviours to expose them,” explains Annalisa Ferretti. "Behaviour: that’s what the new fossils are all about,” says Girolamo Lo Russo.

In the new study, researchers used a peculiar approach to understand fossil behaviour. “We turned to present-day seas for understanding the past,” says Fernando Muñiz. Baucon and colleagues studied the behaviour of modern fishes in their habitats. “The coasts of Spain and Italy have provided the key to interpreting the fossil structures,” reveals Zain Belaústegui, supported by the words of Chiara Fioroni: “Observing modern fishes has been illuminating”. Scientists explored the depths of the Pacific Ocean to study chimaeras, also known as ghost sharks, in their living environment. “At 1500 m of depth, we observed a chimaera plunging its mouth into the sediment. It was a glimpse into the past!” says Thomas Linley.

The new fossils are identical to structures produced by modern fishes that feed by either scratching the seafloor or exposing their bottom-dwelling prey by suction. This reminds of Neoteleostei, the group of vertebrates that includes modern jellynose fishes and lizardfishes. “A key feature of Neoteleostei is the highly developed suction feeding apparatus, therefore, the Apennine fossils may represent a very early stage of diversification of Neoteleostei into the deep sea,” explains Imants Priede. “The present is key to the past… and vice-versa!” says Mário Cachão.

The newly discovered fossils may represent the first major step in the origins of modern deep-sea vertebrate biodiversity. “Fishes such as the bathysaur and the tripod spiderfish are an important component of modern deep-sea ecosystems,” reveals Armando Piccinini. The roots of modern deep-sea ecosystems are in the Apennine fossils, witnessing a key habitat transition in the history of the oceans. “Our fossil discoveries reassess the mode and tempo of the vertebrate colonization of the deep sea. The newly discovered fossils contain fundamental clues about the very beginnings of vertebrate evolution in the deep sea, having profound implications for both Earth and Life Sciences”,

 

 

Scoperte sull’Appennino le evidenze dei più antichi pesci abissali al mondo. Il ritrovamento delle tracce fossili retrodata la comparsa di questi vertebrati di 80 milioni di anni, al tempo dei dinosauri. La notizia arriva da una ricerca condotta da un gruppo internazionale di scienziati guidato dal paleontologo italiano Andrea Baucon e di cui fa parte il professore Luca Pandolfi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS - Proceedings of the National Academy of Sciences.

"Quando abbiamo trovato questi strani fossili in tre siti paleontologici nei dintorni di Piacenza, Modena e Livorno (che dal punto di vista geologico fa parte dell’Appennino Settentrionale), non potevamo credere ai nostri occhi", racconta il professore Pandolfi.

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Una chimera che nuota sul fondo dell’Oceano Pacifico (profondità: 1544 m; Fossa delle Kermadec) e che affonda il muso nel sedimento per nutrirsi. (Movie credit: Thomas Linley, Alan Jamieson)

Il motivo dello stupore è la loro età, che precede di milioni di anni ogni altra testimonianza di pesci abissali. I fossili appena scoperti risalgono infatti all'inizio del Cretaceo (circa 130 milioni di anni fa) e rivelano la presenza dei pesci abissali già al tempo dei dinosauri.Ma non basta, si tratta di reperti particolarmente rari ed insoliti. Non sono infatti ossa, ma tracce che registrano il comportamento di animali scomparsi milioni di anni fa, come l’impronta sinuosa della coda di un pesce che nuotava vicino al fondale o le escavazioni prodotte da esemplari in cerca di cibo.

Per capire il comportamento di questi primi vertebrati abissali i ricercatori hanno quindi esplorato le profondità dell'Oceano Pacifico per studiare le chimere, o gli squali fantasma. Le tracce fossili sono risultate identiche a quelle prodotte dai pesci moderni che si nutrono grattando o aspirando i sedimenti, in particolare i Neoteleostei, il gruppo di vertebrati che include i moderni ‘pesci-lucertola’ (Bathysaurus).
"Le tracce fossili appena scoperte sono paragonabili alle impronte degli astronauti sulla Luna", dice Baucon "sono reperti che riscrivono il ‘come’ ed il ‘quando’ della colonizzazione degli abissi da parte dei vertebrati, un evento ancora poco compreso dalla scienza, dato che si tratta di ambienti che spesso precludono la fossilizzazione".

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Tracce fossili prodotte da pesci e ricostruzione del loro meccanismo di produzione. Foto di un campione reale e ricostruzione 3D a falsi colori di un altro campione. Negli sketch un tentativo di ricostruzione del meccanismo di produzione delle tracce fossili di alimentazione a scodella (fp), secondo il quale un pesce espone la sua preda al flusso dell'acqua e ricostruzione del meccanismo di produzione delle piste di movimento(st) e di nutrizione (ft).

Da qui, ancora, l’eccezionalità del ritrovamento che ci racconta come migliaia di metri sotto la superficie dell'Oceano Ligure-Piemontese, i primi pesci abissali affrontassero condizioni ambientali estreme. Oscurità totale, temperature prossime allo zero e pressioni colossali mettevano alla prova la sopravvivenza di questi pionieri. Come se non bastasse, correnti torbide spazzavano le vaste pianure fangose pattugliate dai pesci in cerca di cibo. Queste condizioni estreme hanno richiesto adattamenti specifici, innovazioni evolutive altrettanto significative di zampe e ali che hanno permesso la colonizzazione della terra e dell'aria.

Lo studio, finanziato della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali (PIDDAC), ha beneficiato della collaborazione di istituzioni scientifiche di Italia (Università di Genova, Modena e Reggio Emilia, Padova, Pisa, Parma; Museo di Storia Naturale di Piacenza; Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige), Portogallo (Geoparco UNESCO Naturtejo; Università di Lisbona), Inghilterra (Università di Newcastle), Spagna (Università di Siviglia e Barcellona), Australia (Università dell'Australia Occidentale), Scozia (Università di Aberdeen). Lo studio ha beneficiato di un significativo finanziamento da parte della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali (PIDDAC)

 

Scoperte sull’Appennino le evidenze dei più antichi pesci abissali al mondo. Il ritrovamento delle tracce fossili retrodata la comparsa di questi vertebrati di 80 milioni di anni, al tempo dei dinosauri. La notizia arriva da una ricerca condotta da un gruppo internazionale di scienziati guidato dal paleontologo italiano Andrea Baucon e di cui fa parte il professore Luca Pandolfi del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista PNAS - Proceedings of the National Academy of Sciences.

"Quando abbiamo trovato questi strani fossili in tre siti paleontologici nei dintorni di Piacenza, Modena e Livorno (che dal punto di vista geologico fa parte dell’Appennino Settentrionale), non potevamo credere ai nostri occhi", racconta il professore Pandolfi.

Il motivo dello stupore è la loro età, che precede di milioni di anni ogni altra testimonianza di pesci abissali. I fossili appena scoperti risalgono infatti all'inizio del Cretaceo (circa 130 milioni di anni fa) e rivelano la presenza dei pesci abissali già al tempo dei dinosauri.

Ma non basta, si tratta di reperti particolarmente rari ed insoliti. Non sono infatti ossa, ma tracce che registrano il comportamento di animali scomparsi milioni di anni fa, come l’impronta sinuosa della coda di un pesce che nuotava vicino al fondale o le escavazioni prodotte da esemplari in cerca di cibo.

Per capire il comportamento di questi primi vertebrati abissali i ricercatori hanno quindi esplorato le profondità dell'Oceano Pacifico per studiare le chimere, o gli squali fantasma. Le tracce fossili sono risultate identiche a quelle prodotte dai pesci moderni che si nutrono grattando o aspirando i sedimenti, in particolare i Neoteleostei, il gruppo di vertebrati che include i moderni ‘pesci-lucertola’ (Bathysaurus).

"Le tracce fossili appena scoperte sono paragonabili alle impronte degli astronauti sulla Luna", dice Baucon "sono reperti che riscrivono il ‘come’ ed il ‘quando’ della colonizzazione degli abissi da parte dei vertebrati, un evento ancora poco compreso dalla scienza, dato che si tratta di ambienti che spesso precludono la fossilizzazione".

Da qui, ancora, l’eccezionalità del ritrovamento che ci racconta come migliaia di metri sotto la superficie dell'Oceano Ligure-Piemontese, i primi pesci abissali affrontassero condizioni ambientali estreme. Oscurità totale, temperature prossime allo zero e pressioni colossali mettevano alla prova la sopravvivenza di questi pionieri. Come se non bastasse, correnti torbide spazzavano le vaste pianure fangose pattugliate dai pesci in cerca di cibo. Queste condizioni estreme hanno richiesto adattamenti specifici, innovazioni evolutive altrettanto significative di zampe e ali che hanno permesso la colonizzazione della terra e dell'aria.

 

Lo studio, finanziato della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali (PIDDAC), ha beneficiato della collaborazione di istituzioni scientifiche di Italia (Università di Genova, Modena e Reggio Emilia, Padova, Pisa, Parma; Museo di Storia Naturale di Piacenza; Museo di Scienze Naturali dell'Alto Adige), Portogallo (Geoparco UNESCO Naturtejo; Università di Lisbona), Inghilterra (Università di Newcastle), Spagna (Università di Siviglia e Barcellona), Australia (Università dell'Australia Occidentale), Scozia (Università di Aberdeen). Lo studio ha beneficiato di un significativo finanziamento da parte della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali (PIDDAC)

 

Articolo scientifico
The earliest evidence of deep-sea vertebrates

Andrea Baucon, Annalisa Ferretti, Chiara Fioroni, Luca Pandolfi, Enrico Serpagli, Armando Piccinini, Carlos Neto de Carvalho, Mário Cachão, Thomas Linley, Fernando Muñiz, Zain Belaústegui, Alan Jamieson, Girolamo Lo Russo, Filippo Guerrini, Sara Ferrando, Imants Priede,

Proceedings of the National Academy of Sciences

Volume: 120, Issue: 37, DOI: 10.1073/pnas.2306164120

https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.2306164120

 

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