Contenuto principale della pagina Menu di navigazione Modulo di ricerca su uniPi

Non tutti lo sanno, ma umani e animali condividono una capacità molto particolare, quella di saper contare senza contare. Cosa significa? Se ad esempio entriamo in una stanza e su un tavolo vediamo molti oggetti, siamo in grado di indicare il loro numero senza contarli e lo facciamo con un margine di errore del 15%, una costante che si mantiene indipendentemente dalla tipologia o dalla quantità di oggetti che vediamo, non importa se siano 5 o 200. In pratica, come ha codificato una legge fondamentale della fisiologia – la legge di Weber – siamo capaci di contare con un margine di precisione molto alto in una maniera percettiva e non cognitiva. In uno studio pubblicato sulla rivista Plos One, un gruppo di ricercatori e ricercatrici composto da neuroscienziati e fisici dell’Università di Pisa e del CNR Pisa – formato da Jorge Yago Malo, Guido Marco Cicchini, Maria Concetta Morrone e Marilù Chiofalo – ha presentato un modello per simulare questa operazione di conteggio che – questa è la novità – utilizza la meccanica quantistica.

Le ricercatrici e i ricercatori sono partiti dalla constatazione che, nel momento in cui si chiede a una rete neurale di simulare le operazioni di conteggio, questa non funziona così bene e non si riesce a ottenere un'architettura semplice che svolga questo compito. Anzi, la maggior parte delle risposte suggeriscono l'emergere del senso del numero in reti neurali molto complesse, che richiedono tipicamente l’apprendimento guidato, mentre la nostra capacità di “saper contare senza contare” è una caratteristica ubiqua in Natura, che possediamo in maniera non allenata.  

È stato dunque elaborato un semplice modello quantistico di una rete di spin, una proprietà magnetica delle particelle quantistiche, rispetto alla quale queste possono trovarsi in più stati contemporaneamente (finché non venga effettuata una misura). Nel modello, l’eccitazione di un neurone corrisponde al cambio di stato di uno spin della rete, e l’informazione sullo stato di eccitazione dello spin si propaga nella rete attraverso il tunneling quantistico, favorita o inibita dall’interazione tra gli spin. Se ogni spin è connesso a tutti gli altri, per quanto lontani, la numerosità rimane codificata nello spettro delle frequenze con cui gli spin della rete cambiano collettivamente il loro stato: dopo la stimolazione con un certo numero di segnali transitori immessi nella rete, non importa se con sequenze temporali e spaziali casuali o ordinate, ogni stimolazione aggiunta si manifesta nello spettro con l’apparire di una, e una sola, frequenza collettiva.

“Un fatto sorprendente. Nel nostro studio abbiamo utilizzato la fisica quantistica come strumento statistico per l'elaborazione delle informazioni, senza alcuna implicazione sulla presenza di fenomeni quantistici nel processo di percezione – spiegano – Abbiamo creato un nuovo approccio in cui, aderendo alle regole della meccanica quantistica invece che a quelle classiche, siamo in grado di riprodurre un comportamento percettivo del sistema visivo con un modello minimale, che sfrutta però le proprietà per noi controintuitive dei sistemi quantistici. Al contrario dei neuroni infatti, lo stato di ogni spin è al tempo stesso eccitato e non eccitato e l’informazione sulla sua condizione – anche se noi non sappiamo quale sia - si propaga nella rete neurale quantistica determinando uno stato collettivo che, grazie alla connessione tra tutti gli spin, diventa un inestricabile intreccio capace di mantenere una memoria molto precisa, nel tempo e nello spazio, dell’eccitazione immessa all’inizio del processo. Riproduciamo e non interpretiamo il comportamento percettivo: infatti, non affermiamo che il cervello elabori in modo quantistico le informazioni rilevanti per i processi sensoriali, con il nostro studio suggeriamo piuttosto che le strutture matematiche della meccanica quantistica possono funzionare per simulare la dinamica di reti neuronali complesse”.

La particolarità di questa descrizione è che non solo è in grado di codificare la numerosità, ma riproduce anche la legge di Weber come una caratteristica intrinseca di tutta la rete neuronale, senza cioè che questa debba essere allenata e non importa quanto complicata sia la dinamica del sistema: “Con la macchineria della meccanica quantistica – in un certo modo e paradossalmente  più semplice di quella delle reti neurali classiche – siamo riusciti a descrivere con un sistema matematico semplice un problema molto complesso”.

Il metodo sviluppato da Yago Malo, Cicchini, Morrone e Chiofalo può aprire la strada per simulare in modo efficiente altri comportamenti percettivi e ingegnerizzare intelligenze artificiali quantistiche capaci di riprodurli. Un prossimo studio potrà per esempio riguardare le percezioni del tempo e dello spazio che, come è noto dalla fenomenologia, sono intimamente legate tra loro e alla numerosità, nel senso che qualunque alterazione in una di queste dimensioni percettive influenza le altre due. I risultati di questo studio sono già stati presentati su invito alla conferenza internazionale Mind Matter a Helsinki e più di recente ad una conferenza interdisciplinare a San Diego, organizzata dal Center for Consciousness.

Roberto Ortu, ex-studente del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa e ora astro-fotografo, è riuscito a osservare il pianeta Venere, catturando con l’obiettivo del telescopio lo spettacolo delle sue varie fasi, sul modello lunare, e il mosaico di immagini che ne è seguito è stato pubblicato sul sito “Astronomy Picture of the Day” della NASA. Le immagini seguono Venere dalla mezza sfera di fine maggio alla falce osservata in agosto, quando il pianeta ormai prossimo al Sole è visibile poco prima dell'alba o poco dopo il tramonto. "Gli aspetti più falciformi – ha detto Roberto Ortu - sono stati i più difficili da fotografare perché il pianeta si trovava immerso nella luce del crepuscolo".

"Man mano che Venere diventa falciforme – ha spiegato il professor Sergio Giudici, docente di Fisica sperimentale e direttore del Museo degli Strumenti di Fisica-Ludoteca Scientifica - il suo diametro apparente aumenta. Il fenomeno, osservato per la prima volta da Galileo, costituisce la prova che i pianeti orbitano intorno al Sole e non intorno alla Terra come all'epoca si credeva. Le fotografie sono in accordo con il disegno delle fasi che Galileo pubblica nel ‘Saggiatore’ nel 1623, di cui quest’anno ricorrono i 400 anni (immagine in basso). Con il suo lavoro paziente, Roberto Ortu ha replicato le osservazioni galileiane e le belle immagini che ha ricavato possono essere utili nella didattica della Fisica. Se dopo i terrapiattisti ritornassero i geo-centristi, potremmo mostrare loro le fasi di Venere e chiedere di spiegarle!".

Roberto Ortu, ex-studente del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa e ora astro-fotografo, è riuscito a osservare il pianeta Venere, catturando con l’obiettivo del telescopio lo spettacolo delle sue varie fasi, sul modello lunare, e il mosaico di immagini che ne è seguito è stato pubblicato sul sito “Astronomy Picture of the Day” della NASA. Le immagini seguono Venere dalla mezza sfera di fine maggio alla falce osservata in agosto, quando il pianeta ormai prossimo al Sole è visibile poco prima dell'alba o poco dopo il tramonto. "Gli aspetti più falciformi – ha detto Roberto Ortu - sono stati i più difficili da fotografare perché il pianeta si trovava immerso nella luce del crepuscolo".

fasidivenere


"Man mano che Venere diventa falciforme – ha spiegato il professor Sergio Giudici, docente di Fisica sperimentale e direttore del Museo degli Strumenti di Fisica-Ludoteca Scientifica - il suo diametro apparente aumenta. Il fenomeno, osservato per la prima volta da Galileo, costituisce la prova che i pianeti orbitano intorno al Sole e non intorno alla Terra come all'epoca si credeva. Le fotografie sono in accordo con il disegno delle fasi che Galileo pubblica nel ‘Saggiatore’ nel 1623, di cui quest’anno ricorrono i 400 anni (immagine in basso). Con il suo lavoro paziente, Roberto Ortu ha replicato le osservazioni galileiane e le belle immagini che ha ricavato possono essere utili nella didattica della Fisica. Se dopo i terrapiattisti ritornassero i geo-centristi, potremmo mostrare loro le fasi di Venere e chiedere di spiegarle!".

saggiatore

Non tutti lo sanno, ma umani e animali condividono una capacità molto particolare, quella di saper contare senza contare. Cosa significa? Se ad esempio entriamo in una stanza e su un tavolo vediamo molti oggetti, siamo in grado di indicare il loro numero senza contarli e lo facciamo con un margine di errore del 15%, una costante che si mantiene indipendentemente dalla tipologia o dalla quantità di oggetti che vediamo, non importa se siano 5 o 200. In pratica, come ha codificato una legge fondamentale della fisiologia – la legge di Weber – siamo capaci di contare con un margine di precisione molto alto in una maniera percettiva e non cognitiva. In uno studio pubblicato sulla rivista Plos One, un gruppo di ricercatori e ricercatrici composto da neuroscienziati e fisici dell’Università di Pisa e del CNR Pisa – formato da Jorge Yago Malo, Guido Marco Cicchini, Maria Concetta Morrone e Marilù Chiofalo – ha presentato un modello per simulare questa operazione di conteggio che – questa è la novità – utilizza la meccanica quantistica.

Le ricercatrici e i ricercatori sono partiti dalla constatazione che, nel momento in cui si chiede a una rete neurale di simulare le operazioni di conteggio, questa non funziona così bene e non si riesce a ottenere un'architettura semplice che svolga questo compito. Anzi, la maggior parte delle risposte suggeriscono l'emergere del senso del numero in reti neurali molto complesse, che richiedono tipicamente l’apprendimento guidato, mentre la nostra capacità di “saper contare senza contare” è una caratteristica ubiqua in Natura, che possediamo in maniera non allenata.  

ricercatori_2.jpg
Il gruppo di ricercatori: da sinistra Jorge Yago Malo, Marilù Chiofalo, Maria Concetta Morrone e Guido Marco Cicchini.

È stato dunque elaborato un semplice modello quantistico di una rete di spin, una proprietà magnetica delle particelle quantistiche, rispetto alla quale queste possono trovarsi in più stati contemporaneamente (finché non venga effettuata una misura). Nel modello, l’eccitazione di un neurone corrisponde al cambio di stato di uno spin della rete, e l’informazione sullo stato di eccitazione dello spin si propaga nella rete attraverso il tunneling quantistico, favorita o inibita dall’interazione tra gli spin. Se ogni spin è connesso a tutti gli altri, per quanto lontani, la numerosità rimane codificata nello spettro delle frequenze con cui gli spin della rete cambiano collettivamente il loro stato: dopo la stimolazione con un certo numero di segnali transitori immessi nella rete, non importa se con sequenze temporali e spaziali casuali o ordinate, ogni stimolazione aggiunta si manifesta nello spettro con l’apparire di una, e una sola, frequenza collettiva.

“Un fatto sorprendente. Nel nostro studio abbiamo utilizzato la fisica quantistica come strumento statistico per l'elaborazione delle informazioni, senza alcuna implicazione sulla presenza di fenomeni quantistici nel processo di percezione – spiegano – Abbiamo creato un nuovo approccio in cui, aderendo alle regole della meccanica quantistica invece che a quelle classiche, siamo in grado di riprodurre un comportamento percettivo del sistema visivo con un modello minimale, che sfrutta però le proprietà per noi controintuitive dei sistemi quantistici. Al contrario dei neuroni infatti, lo stato di ogni spin è al tempo stesso eccitato e non eccitato e l’informazione sulla sua condizione – anche se noi non sappiamo quale sia - si propaga nella rete neurale quantistica determinando uno stato collettivo che, grazie alla connessione tra tutti gli spin, diventa un inestricabile intreccio capace di mantenere una memoria molto precisa, nel tempo e nello spazio, dell’eccitazione immessa all’inizio del processo. Riproduciamo e non interpretiamo il comportamento percettivo: infatti, non affermiamo che il cervello elabori in modo quantistico le informazioni rilevanti per i processi sensoriali, con il nostro studio suggeriamo piuttosto che le strutture matematiche della meccanica quantistica possono funzionare per simulare la dinamica di reti neuronali complesse”.

physics-3871218_1280.jpeg

La particolarità di questa descrizione è che non solo è in grado di codificare la numerosità, ma riproduce anche la legge di Weber come una caratteristica intrinseca di tutta la rete neuronale, senza cioè che questa debba essere allenata e non importa quanto complicata sia la dinamica del sistema: “Con la macchineria della meccanica quantistica – in un certo modo e paradossalmente  più semplice di quella delle reti neurali classiche – siamo riusciti a descrivere con un sistema matematico semplice un problema molto complesso”.

Il metodo sviluppato da Yago Malo, Cicchini, Morrone e Chiofalo può aprire la strada per simulare in modo efficiente altri comportamenti percettivi e ingegnerizzare intelligenze artificiali quantistiche capaci di riprodurli. Un prossimo studio potrà per esempio riguardare le percezioni del tempo e dello spazio che, come è noto dalla fenomenologia, sono intimamente legate tra loro e alla numerosità, nel senso che qualunque alterazione in una di queste dimensioni percettive influenza le altre due. I risultati di questo studio sono già stati presentati su invito alla conferenza internazionale Mind Matter a Helsinki e più di recente ad una conferenza interdisciplinare a San Diego, organizzata dal Center for Consciousness.

Co_Bo_23 – Connessioni Botaniche: la Botanica trait d’union dei curricula scolastici, è il titolo della quarta edizione della scuola per docenti organizzata dall’Orto e Museo Botanico per l’anno Scolastico 2023-24. L’edizione di quest’anno focalizza l’attenzione sulle opportunità interdisciplinari che vedono le scienze botaniche come filo conduttore attraverso cui poter affrontare non soltanto argomenti scientifici, ma anche lo studio di discipline dell’area umanistica; l’obiettivo è quello di incrementare l’interdisciplinarietà, offrendo la possibilità di avvicinare e far coesistere saperi, nonché creare spunti di collaborazione tra docenti di discipline differenti.

Leggi i dettagli

Per dipendenza da petrolio l’Italia è ottava nella classifica europea, in testa ci sono paesi come Lituania, Grecia, Paesi Bassi e Spagna. Il dato riferito al 2019 emerge da uno articolo pubblicata sulla rivista Resources Policy e firmato da Giovanni Carnazza dell’Università di Pisa e Federica Cappelli dell’Università di Ferrara.

La ricerca ha preso in considerazione i 28 paesi dell’Unione Europea (UE) (incluso il Regno Unito) tra il 1999-2019 stilando una classifica che si basa su un indice multidimensionale molto complesso mai elaborato prima. Gli aspetti considerati sono quattro: dipendenza energetica (quanta della nostra energia derivi dal petrolio); dipendenza economica (quanto del nostro Pil reale dipenda dal petrolio); dipendenza internazionale (quanto del nostro petrolio derivi da importazioni); dipendenza geopolitica (quanto è elevato il grado di diversificazione dell’import e quanto le nostre relazioni commerciali sono connesse a paesi politicamente stabili).

“Il petrolio rappresenta più di un terzo dell’energia creata ed utilizzata all’interno dell’Unione Europea, il che mette in luce la profonda dipendenza dai combustibili fossili – dice Giovanni Carnazza ricercatore del Dipartimento di Economia e Management - Come lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia ha insegnato, continuare a contare su risorse energetiche esterne rende ciascun paese estremamente vulnerabile a shock esterni.”

 

lunione europea-NA0419392ITN.jpg

 

Nel dettaglio, per quanto riguarda l’Italia nel 2019, si scopre che le fonti di energia derivano dal petrolio per il 35%, dal gas naturale per il 30% mentre le rinnovabili sono al 10%. A livello europeo le medie sono 41% per il petrolio, 16% per il gas naturale e 9% per le rinnovabili. Considerando quindi l’altra faccia della medaglia rispetto al petrolio, ovvero le rinnovabili, la maglia nera va a Irlanda (4,3%) Lussemburgo (4,3%) e Olanda (4,5%) mentre i paesi più virtuosi sono Finlandia (27%), Lettonia (26,4) e Svezia (26,2%).

In generale, lo studio ha evidenziato tre fondamentali criticità dell’UE: la difficoltà a dissociare il consumo di petrolio dalla crescita del PIL e raggiungere gli obiettivi ambientali fissati dal Green Deal europeo; la disparità dei vari paesi rispetto alla dipendenza dal petrolio; e infine il problema della dipendenza internazionale e geopolitica dal petrolio per la sicurezza energetica.

“Il nostro lavoro ha mostrato il ritardo con cui molti paesi dell’UE stanno affrontando la necessità di una transizione ecologica non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello socioeconomico – conclude Carnazza - Si pensi soltanto alle ricadute negative in termini di potere di acquisto delle famiglie che ha avuto la pressione inflazionistica scaturita dall’incremento del prezzo del petrolio e del gas naturale. Aver creato una misura sintetica e multidimensionale di dipendenza dal petrolio in termini trasversali (28 paesi membri dell’UE) e storici (dal 1999 al 2019) può rappresentare un primo tassello importante per capire da dove nasce questa profonda dipendenza e il modo attraverso cui superarla”.



Per dipendenza da petrolio l’Italia è ottava nella classifica europea, in testa ci sono paesi come Lituania, Grecia, Paesi Bassi e Spagna. Il dato riferito al 2019 emerge da uno articolo pubblicata sulla rivista Resources Policy e firmato da Giovanni Carnazza dell’Università di Pisa e Federica Cappelli dell’Università di Ferrara.

La ricerca ha preso in considerazione i 28 paesi dell’Unione Europea (UE) (incluso il Regno Unito) tra il 1999-2019 stilando una classifica che si basa su un indice multidimensionale molto complesso mai elaborato prima. Gli aspetti considerati sono quattro: dipendenza energetica (quanta della nostra energia derivi dal petrolio); dipendenza economica (quanto del nostro Pil reale dipenda dal petrolio); dipendenza internazionale (quanto del nostro petrolio derivi da importazioni); dipendenza geopolitica (quanto è elevato il grado di diversificazione dell’import e quanto le nostre relazioni commerciali sono connesse a paesi politicamente stabili).

“Il petrolio rappresenta più di un terzo dell’energia creata ed utilizzata all’interno dell’Unione Europea, il che mette in luce la profonda dipendenza dai combustibili fossili – dice Giovanni Carnazza ricercatore del Dipartimento di Economia e Management - Come lo scoppio della guerra tra Ucraina e Russia ha insegnato, continuare a contare su risorse energetiche esterne rende ciascun paese estremamente vulnerabile a shock esterni.”

Nel dettaglio, per quanto riguarda l’Italia nel 2019, si scopre che le fonti di energia derivano dal petrolio per il 35%, dal gas naturale per il 30% mentre le rinnovabili sono al 10%. A livello europeo le medie sono 41% per il petrolio, 16% per il gas naturale e 9% per le rinnovabili. Considerando quindi l’altra faccia della medaglia rispetto al petrolio, la maglia nera per quanto per le rinnovabili va a Irlanda (4,3%) Lussemburgo (4,3%) e Olanda (4,5%) mentre i paesi più virtuosi sono Finlandia (27%), Lettonia (26,4) e Svezia (26,2%).

In generale, lo studio ha evidenziato tre fondamentali criticità dell’UE: la difficoltà a dissociare il consumo di petrolio dalla crescita del PIL e raggiungere gli obiettivi ambientali fissati dal Green Deal europeo; la disparità dei vari paesi rispetto alla dipendenza dal petrolio; e infine il problema della dipendenza internazionale e geopolitica dal petrolio per la sicurezza energetica.

“Il nostro lavoro ha mostrato il ritardo con cui molti paesi dell’UE stanno affrontando la necessità di una transizione ecologica non solo dal punto di vista ambientale ma anche da quello socioeconomico – conclude Carnazza - Si pensi soltanto alle ricadute negative in termini di potere di acquisto delle famiglie che ha avuto la pressione inflazionistica scaturita dall’incremento del prezzo del petrolio e del gas naturale. Aver creato una misura sintetica e multidimensionale di dipendenza dal petrolio in termini trasversali (28 paesi membri dell’UE) e storici (dal 1999 al 2019) può rappresentare un primo tassello importante per capire da dove nasce questa profonda dipendenza e il modo attraverso cui superarla”.

Link articolo scientifico:

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0301420723001885?via%3Dihub

 

C’è tempo fino al 17 settembre per candidarsi al Sustainable Change-Makers Programme di Circle U., una serie di webinar in programma dal 27 settembre al 13 dicembre 2023, con un evento finale presso l'UCLouvain, in Belgio.

È rivolta a studenti magistrali e studenti di dottorato che desiderano cambiare il mondo e affontare le sfide della sostenibilità attraverso processi di innovazione.

 

Leggi i dettagli

Leggi la notizia: https://www.unipi.it/index.php/news/item/26573-diventa-protagonista-del-cambiamento-con-il-sustainable-change-makers-programme-di-circle-u

C’è tempo fino al 17 settembre per candidarsi al Sustainable Change-Makers Programme di Circle U., una serie di webinar in programma dal 27 settembre al 13 dicembre 2023, con un evento finale presso l'UCLouvain, in Belgio.

Il corso è rivolto a studenti magistrali e studenti di dottorato che desiderano cambiare il mondo e affontare le sfide della sostenibilità attraverso processi di innovazione.  

Gli organizzatori del programma utilizzeranno la loro vasta expertise (imprenditorialità, presentazioni, innovazione, pensiero critico e risoluzione di casi, intelligenza artificiale, nanotecnologie) per preparare gli studenti a lavorare in team multidisciplinari e internazionali, affinché diventino attori del cambiamento sostenibile.
 
Tutte le informazioni per candidarsi e il programma del webinar sono disponibili a questo link!
 
change makers

 

 

Questo sito utilizza solo cookie tecnici, propri e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e per il miglioramento dei servizi. Se vuoi saperne di più, consulta l'informativa