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Copertina libro.jpgÈ tratto dal volume “Effetti, potenzialità e limiti della globalizzazione. Una visione multidisciplinare” curato da Pompeo Della Posta e Anna Maria Rossi (2007, Springer-Verlag Italia), il testo che i maturandi 2023 del Liceo della Scienze Umane hanno trovato tra le tracce della seconda prova nell’esame di maturità di quest’anno.
Professore associato di Economia politica presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa, al momento il prof. Pompeo Della Posta si trova in aspettativa presso l’Ateneo pisano e riveste una posizione di full professor alla Belt and Road School della Beijing Normal University a Zhuhai, nel Guandong, nel sud della Cina.
Di seguito un intervento a sua firma sul che racconta dei suoi studi sulla globalizzazione.

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Nel 2003 e 2004 fu imposto un blocco alle assunzioni nel pubblico impiego che impedì anche la presa di servizio di professori (associati e ordinari) vincitori di concorso universitario. A Pisa, come in quasi tutti gli altri atenei italiani, si costituì un gruppo di professori associati e ordinari SPS (senza presa di servizio) che si mobilitò fino al raggiungimento dell’assunzione, avvenuta fra la fine del 2004 e l’inizio del 2005, solo quando il blocco fu di fatto rimosso a livello nazionale. Facevo parte di quel gruppo e all’indomani della presa di servizio, insieme ad alcuni di quei colleghi, decidemmo di cercare un’occasione per proseguire il percorso che avevamo iniziato, individuando la globalizzazione quale tema di interesse comune per una conferenza dal taglio multidisciplinare. La conferenza ebbe luogo nel dicembre 2005 e ne presero parte, oltre a me, Gianluca Brunori, Luca Ceccherini-Nelli, Pierluigi Consorti, Alessandro Franco, Rossano Massai, Paola Nieri, Sandro Paci, Marta Pappalardo, Daniela Reali e Anna Maria Rossi, la maggior parte dei quali è ancora in servizio nel nostro ateneo. I lavori della conferenza furono poi raccolti nel volume “Effetti, potenzialità e limiti della globalizzazione. Una visione multidisciplinare”, curato da me stesso e Anna Maria Rossi e pubblicato nel 2007 da Springer-Verlag Italia.

Dal mio contributo al volume, dal titolo “Effetti, limiti e potenzialità della globalizzazione: il quadro economico” è stato tratto uno dei passi utilizzati come possibile traccia per la prova di Diritto ed Economia Politica di quest’anno dell’esame di stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, Liceo delle Scienze Umane – Opzione economico-sociale (1).

In un tempo nel quale la globalizzazione economica veniva magnificata come fenomeno al quale non si poteva resistere (come suggeriva l’acronimo TINA, There Is No Alternative, attribuito alla signora Margaret Thatcher), nel capitolo dal quale quel passo è tratto venivano ricordate invece alcune delle problematiche che la caratterizzavano.

Già da diversi anni (a partire almeno dalla fine degli anni Novanta dello scorso secolo), i cosiddetti No Global, che sollevavano critiche a quel modello di globalizzazione, piuttosto che alla globalizzazione in sé (e che proprio per questo avrebbero preferito essere chiamati New Global), venivano rappresentati, nella migliore delle ipotesi, come inguaribili sognatori che vagheggiavano un mondo passato al quale non era possibile tornare, pena la rinuncia alla modernità e alle promesse di benessere che la globalizzazione sembrava assicurare in maniera pressoché automatica (famosa a questo proposito era l’immagine, alquanto evocativa, della marea che quando arriva ‘solleva tutte le barche’, le piccole quanto le grandi). Le critiche che essi avanzavano si riferivano soprattutto al fatto che le regole di quel tipo di globalizzazione fossero stabilite dai vincenti, i quali non si curavano di chi ne soffriva gli inevitabili costi, fossero essi interni ai paesi sviluppati o esterni ad essi. Nel primo caso si trattava dei propri lavoratori non specializzati, obbligati a competere con chi non era soggetto allo stesso modello di protezione sociale e ambientale. Nel secondo si trattava del sud del mondo, che subiva le regole di liberalizzazione imposte dai paesi del nord del globo, tecnologicamente più avanzati (gli stessi paesi che non avevano esitato, però, agli albori del loro decollo economico, a dotarsi di misure protezionistiche proprio per favorire la propria industrializzazione e che avevano cominciato a predicare il verbo del libero commercio solo quando i loro prodotti da esportazione potevano dominare incontrastati i mercati mondiali).
Si trattava, a ben vedere, di una posizione che, ragionevolmente, riconosceva i limiti dei mercati e suggeriva che venissero orientati per curarne le distorsioni e mitigarne le inefficienze.

Erano quelli gli anni, tuttavia, in cui il verbo del liberismo economico regnava incontrastato, dopo avere sconfitto il keynesismo che aveva guidato lo sviluppo economico del mondo fino agli shock petroliferi degli anni Settanta del secolo scorso. Proprio negli stessi anni, con una incredibile quanto irripetibile coincidenza temporale, la Cina aveva cominciato la propria ‘politica delle porte aperte’ sotto la guida di Deng Xiao Ping e negli ultimi 40 anni, proprio grazie alla sua apertura ad un mondo a sua volta disposto ad accoglierne i manufatti, ha saputo sollevare dalla povertà ben 800 milioni di persone, un risultato che troppo spesso viene ignorato, pur essendo di gran lunga migliore di quello di paesi come l’India o il Brasile, che ancora combattono con ampie sacche di povertà estrema. Non si può dire, tuttavia, che quel successo sia da attribuire del tutto alla globalizzazione, perché la Cina ha saputo declinarla secondo le proprie necessità ed imporre le proprie regole, non rinunciando a orientare l’economia nei settori che riteneva importanti per la propria industrializzazione e per il proprio sviluppo e imponendo una partnership cinese, per esempio, a chi voleva spostare la produzione in Cina per beneficiare dei più bassi costi di lavoro. Si trattava, però, di una norma contrastata dal WTO, nonostante fosse una misura di assoluto buon senso che mirava a far sì che il Paese di Mezzo potesse imparare tecnologie nuove e creare così le premesse per il proprio sviluppo economico. La Cina aveva anche impedito il libero movimento dei capitali a breve termine che l’IMF suggeriva di adottare in tutto il mondo in applicazione del mantra dei liberi mercati dei beni e dei fattori produttivi (ma solo dei capitali e non anche dell’altro fattore produttivo per eccellenza, il lavoro!). Erano quelli gli anni del Washington consensus, che vedeva IMF, WTO e Ministero del Tesoro americano predicare e proporre, quando non imporre, le stesse ricette neoliberiste in ogni parte del globo, come ricorda anche Joseph Stiglitz in molti suoi lavori. Fu proprio il libero movimento dei capitali a breve termine che produsse nel 1997 una grave crisi finanziaria nel Sud-Est asiatico (da cui la Cina uscì indenne grazie al rifiuto di seguire i precetti dell’IMF). Quella crisi fu premonitrice di quello che sarebbe successo nel mondo circa 10 anni dopo a causa dello sviluppo incontrollato degli strumenti finanziari derivati, fino ad allora ritenuti buoni per definizione, per il solo fatto che era il libero mercato a produrli.

Proprio la crisi finanziaria del 2007/08 segna però lo spartiacque fra l’età d’oro della terza fase della globalizzazione economica (dopo la prima, che comunemente identifichiamo con la Belle Époque che precedette lo scoppio della Prima guerra mondiale, e la seconda, che coincide con la ripresa seguita alla Seconda guerra mondiale) e l’età della slowbalisation, termine coniato da The Economist per rappresentare la fase attuale di rallentamento, e non di decrescita (deglobalization), del processo di globalizzazione economica. La crisi, prima finanziaria e poi anche economica, aveva minato la fiducia nel quadro tracciato dai cantori della globalizzazione indiscriminata.

L’elezione di Trump e la Brexit, nel 2016, segnano poi in maniera inequivocabile il cambiamento di percezione rispetto alla globalizzazione economica (così come, poco più di 25 anni prima, l’elezione della Thatcher e quella di Reagan avevano segnato, invece, l’inizio della fase neoliberista dell’economia mondiale). Le nuove parole d’ordine sono oggi quelle di “sovranismo” economico, di de-risking se non addirittura de-coupling (a ben pensarci, però, il termine sovranismo cela dietro di sé il vecchio nazionalismo, che nell’Italia fascista sfociò nell’estremo dell’autarchia: non è un caso che negli articoli scientifici pubblicati su riviste di International business, il sovranismo tecnologico, cioè l’ambizione all’indipendenza tecnologica, venga spesso definito techno-nationalism). Ora che paesi emergenti nel mondo (primo fra tutti la Cina) cominciano a condurre il gioco in termini di tecnologia avanzata che potrebbero esportare nel mondo (vedi le auto elettriche), abbiamo riscoperto le virtù del protezionismo. Abbiamo (re)imparato che lasciare la crescita dell’economia al libero mercato rischia di far sì che la tecnologia sviluppata da altre realtà economiche abbia il sopravvento sui mercati mondiali. In Europa avevamo adottato rigide misure per evitare che gli stati intervenissero nell’economia per favorire i rispettivi campioni nazionali. Nel far questo, però, abbiamo perso di vista quello che succedeva nel resto del mondo e dimenticato di pensare in termini europei per creare campioni di livello europeo. L’Airbus è un esempio di quello che si sarebbe potuto fare su più ampia scala, ma è un’iniziativa unica, risultante dal consorzio fra soli quattro stati europei, non riconosciuta dalla Commissione europea e osteggiata dal WTO, al quale si appellava la Boeing statunitense per difendere le ragioni del libero mercato che l’avrebbero lasciata indisturbata monopolista mondiale del trasporto aereo. Solo recentemente la Commissione europea ha lanciato un programma per una “Nuova strategia industriale europea”. Tale è il nostro abito mentale, però, che per fare questo abbiamo dovuto invocare superiori ragioni di sicurezza nazionale, mentre sarebbe sufficiente riconoscere che l’intervento pubblico è assolutamente legittimo, soprattutto quando altre realtà economiche sono avvantaggiate dal seguire politiche pubbliche che evidentemente non sono sempre così fallimentari come venivano dipinte (la Cina) o dal beneficiare di un infinito bacino di raccolta di capitali privati provenienti da ogni parte della terra che finanziano qualunque tipo di innovazione tecnologica (gli Stati Uniti). E sarebbe sufficiente pensare al caso Airbus-Boeing ricordato sopra per comprendere che, solo per fare un esempio, la creazione di piattaforme digitali che possano competere con i giganti i cui servizi utilizziamo tutti i giorni (lo abbiamo scoperto all’improvviso, soprattutto con la pandemia), sarebbe funzionale a rimuovere posizioni di monopolio a livello mondiale e a migliorare la competitività dei mercati, oltre che a consentire un bilanciamento delle competenze tecniche fra paesi e aree geografiche diverse.

È di tutta evidenza che siamo di fronte ad una nuova fase della globalizzazione. Sta a noi, soprattutto a noi europei, guidarla con equilibrio, anche svolgendo un ruolo pacificatore nel conflitto sempre più aperto che sta opponendo gli Stati Uniti alla Cina e con la consapevolezza che le vere parole chiave da pronunciare nel mondo dovrebbero essere quelle della sostenibilità, della transizione ecologica e del de-risking, sì, ma ambientale, in un mondo del quale siamo tutti ugualmente cittadini.

Pompeo Della Posta
Full professor alla Belt and Road School della Beijing Normal University a Zhuhai (Guangdong, Cina), in aspettativa dal ruolo di professore associato al Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Pisa.
Direttore della rivista “Scienza e Pace/Science and Peace” dell’Università di Pisa

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1. Quello è il primo di una serie di altri miei scritti sul tema della globalizzazione economica, fra cui la curatela del volume “Globalization, Development and Integration: a European Perspective” con Milica Uvalic e Amy Verdun, Palgrave Macmillan, 2009; il libro “The Economics of Globalization: An Introduction”, Pisa: ETS, 2018 e gli articoli scientifici “An analysis of the current backlash of economic globalization in a model with heterogeneous agents", Metroeconomica, Volume72, Issue1, pp. 101-120, February 2021, DOI: 10.1111/meca.12312; “The economic and social costs of globalization: a target zones analysis”, The World Economy, Volume44, Issue3, pp. 633-644, March 2021, https://doi.org/10.1111/twec.13008; “Global value chains and the retreat of globalization”, Special Issue on New Globalization Challenges and EU Trade Policy, Perspectivas – Journal of Political Science, Guest Editors: Annette Bongardt and Francisco Torres, 2022. (https://www.perspectivasjournal.com/index.php/perspectivas/about); ¬¬e “The European Union in the age of ‘slowbalization’”, Journal of Policy Modeling, forthcoming.

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La copertina del volume “Effetti, potenzialità e limiti della globalizzazione. Una visione multidisciplinare” è realizzata a partire da un quadro di Carlotta Gualtieri.

 

 

Mercoledì 12 luglio, alle ore 11, sarà posata la prima pietra del nuovo Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università di Pisa a San Piero a Grado. I colleghi giornalisti sono invitati a partecipare all’iniziativa che si terrà nel cantiere a cui si accede dall’ingresso dell’area della Clinica Veterinaria, in via Livornese, loc. San Piero a Grado.

Interverranno il rettore Riccardo Zucchi, il prorettore all’Edilizia, Francesco Leccese, e il direttore del dipartimento di Scienze Veterinarie, Francesco Di Iacovo.

Con loro saranno presenti Fabio Bianchi della Direzione Edilizia, responsabile del procedimento e coordinatore dell’intervento, e l’arch. Agnese Bernardoni della stessa Direzione, progettista delle opere e direttrice dei lavori.

 

Gestire le librerie virtuali di composti chimici non è mai stato così facile. Solo da pochi giorni, infatti, grazie a MolBook UNIPI, il potente software lanciato dal Dipartimento di Farmacia dell'Università di Pisa nell’ambito delle attività del centro nazionale HPC, Big Data e Quantum Computing, i chimici farmaceutici e biologi di tutto il mondo hanno adesso a disposizione gratuitamente uno strumento innovativo per creare, archiviare, gestire e condividere database molecolari in pochi clic.

Una vera e propria "rivoluzione tecnologica" nel mondo della chimica farmaceutica e della biologia dove, fino ad oggi, mancava un software libero di questo tipo, in grando di rendere user-friendly le procedure per la gestione dei database, fornendo all'utente non esperto uno strumento semplice e intuitivo. E le cui potenzialità sono state analizzate nella nota applicativa recentemente pubblicata sul prestigioso Journal of Chemical Information and Modeling.

Sviluppato da Salvatore Galati, Miriana Di Stefano, Lisa Piazza e Giulio Poli, membri del Gruppo di Molecular Modeling & Virtual Screening Laboratory del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, coordinato dal professor Tiziano Tuccinardi, il software MolBook UNIPI nasce per la comunità accademica e di ricerca, per trattare dati finalizzati a comporre, gestire e analizzare database contenenti informazioni relative a composti chimici, per sfruttare varie proprietà, tra cui la previsione del profilo tossicologico di molecole

“La possibilità di archiviare digitalmente per ogni singola molecola le caratteristiche strutturali ed i vari dati di attività e tossicità correlati con essa ha un’importanza essenziale perché consente di effettuare rapide ricerche, analisi delle molecole archiviate ed impiegare l’intelligenza artificiale per elaborare e predire le proprietà delle diverse molecole. È possibile, ad esempio, in pochi secondi cercare tutte le molecole caratterizzate da un particolare gruppo funzionale o da una particolare attività biologica, o predire la loro possibile tossicità – spiega il professor Tiziano Tuccinardi - Ad oggi esistono alcuni tool che consentono la creazione di questi database molecolari; tuttavia, molti di questi non consentono l’esecuzione di analisi esaustive ed inoltre, la maggior parte sono molto difficili da utilizzare perché rivolti soprattutto a ricercatori operanti nel campo della chimica computazionale. Il software sviluppato dal nostro gruppo di ricerca consentirà anche ai chimici non computazionali, ai biologi e chimici farmaceutici di poter creare, gestire e condividere i database delle proprie molecole di interesse. Questa release di MolBook UNIPI rappresenta il primo tassello di questo progetto: la nostra idea è quella di implementarlo aggiungendo tool predittivi basati sull’intelligenza artificiale che in maniera semplice ed intuitiva possano aiutare la ricerca fornendo fin dai primi stadi di sviluppo di potenziali farmaci delle predizioni relative alla loro possibile tossicità e attività nei confronti dei diversi target molecolari.”

MolBook UNIPI è disponibile gratuitamente per le organizzazioni accademiche, governative e industriali e lo si può scaricare dal sito www.molbook.farm.unipi.it

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Progetto sviluppato anche grazie al contributo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Missione 4 Componente 2 Investimento 1.4 "National Centre for HPC, Big Data and Quantum Computing" - Spoke 7 "Materials & Molecular Sciences" (Unione Europea – NextGenerationEU).

Pisa – Giovedì 13 luglio alle 18,30 si terrà la presentazione della mostra “Fashion, Sport, Tourism” organizzata dal Museo della Grafica (Comune di Pisa, Università di Pisa, Lungarno Galileo Galilei, 9) in collaborazione con l’USI – Università della Svizzera italiana (Lugano, Svizzera).

La mostra presenta opere grafiche, manifesti, abiti e video che compongono un originale percorso attraverso immagini di campioni, stilisti e luoghi che le strategie e i modelli di comunicazione dal primo ‘900 a oggi uniscono come motivi del teatro e del cinema, della grafica e della pubblicità.

Sono splendide storie di moda, di sport, di scenari e itinerari turistici: da Elsa Schiaparelli a Emilio Pucci, Bally, Caruso, Purest, Miu Miu, da Pisa a Saint Tropez. I video in cui Roger Federer veicola l’immagine della Svizzera e di un suo possibile, nuovo Grand Tour, sono quindi altamente emblematici di modelli di comunicazione visuale in grado di suggerire affascinanti connessioni, tra la bellezza del gesto atletico strettamente legata all’eleganza dell’abbigliamento e alla moda.

 

Per l’E-Team Squadra Corse dell’Università di Pisa inizia una nuova avventura su pista: sabato 8 luglio è stata ufficialmente presentata in Piazza dei Cavalieri EV-A (Electric Vehicle - Project A), la prima macchina elettrica progettata dai ragazzi e dalle ragazze del team, una vettura tutta nuova che già tra pochi giorni parteciperà alla gara della Formula SAE a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma, e ad agosto correrà sul circuito di Hockenheim, in Germania. 

 

La nuova vettura ha due motori a flusso assiale da 37kW, scelti per la loro compattezza e in grado di raggiungere 6000rpm ed erogare 50Nm in condizioni nominali: “La realizzazione di una vettura elettrica rappresenta un'impresa incredibile, specialmente per una squadra che ha sempre operato nel campo delle macchine a combustione – ha dichiarato Lorenzo Alibrandi, team leader – Passare da un know-how consolidato e competenze sviluppate nel mondo delle auto tradizionali a un settore così nuovo e pieno di sfide come quello delle auto elettriche è stato un compito ambizioso. Tutti noi della squadra abbiamo dimostrato grande determinazione e talento nel superare le difficoltà tecniche, portando a termine con successo il nostro progetto”.

 

Alla presentazione hanno partecipato il direttore generale Rosario Di Bartolo, la professoressa Maria Vittoria Salvetti, direttrice del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale, il professor Francesco Bucchi, Faculty Advisor dell’E-Team, e Alessandro Ferraris, amministratore delegato di BeonD, Premium Partner per la stagione 2022/23. "L'E-Team è una punta di eccellenza per il nostro Ateneo, una di quelle iniziative in cui le competenze, il talento e la passione hanno dato vita a un progetto che ormai va avanti da molti anni - ha dichiarato il rettore Riccardo Zucchi - La piccola "scuderia" dell'Ateneo è diventata un laboratorio formativo in cui studenti provenienti da settori disciplinari diversi imparano a lavorare in gruppo e insieme vivono un'esperienza che li prepara anche per il mondo del lavoro. Per la nuova stagione di gare, con il debutto della loro prima vettura elettrica, auguro loro di raggiungere i risultati migliori e martedì 11 luglio, subito prima della partenza per la loro prima gara, andrò a salutarli personalmente".

 

L’E-team è composta da oltre cento ragazzi divisi in vari settori tecnici e gestionali. I settori tecnici includono Aereocompositi, Autotelaio, Elettronica, Driverless e Powertrain, mentre i settori gestionali comprendono Public Relations, Business Plan, Logistica e Cost Report. Questa suddivisione permette a ogni membro del team di sfruttare le proprie competenze specifiche, mettendo insieme un mix unico di conoscenze e abilità per raggiungere un unico obiettivo. Questa diversità di background e la capacità di lavorare insieme rappresentano uno dei punti di forza principali dell'E-Team Squadra Corse. L'integrazione di competenze provenienti da settori come l'aerodinamica, la progettazione del telaio, l'elettronica e la gestione dei dati è ciò che ha reso possibile la progettazione e realizzazione di questa vettura in meno di un anno. 

 

L'impegno dell'E-Team non si limita solo alla realizzazione di una vettura elettrica di successo. La squadra ha deciso di mettere alla prova le proprie capacità mettendosi a confronto in due delle gare più importanti a livello europeo: presso il circuito di Varano de’ Melegari (dal 12 al 16 luglio) e di Hockenheim, in Germania (dal 14 al 20 agosto). Queste competizioni rappresentano un banco di prova reale per la macchina e un'opportunità per confrontarsi con altri team provenienti da tutto il mondo. La partecipazione a questi eventi offre l'occasione di dimostrare le capacità dell'E-Team e di ottenere feedback importanti per migliorare ulteriormente il loro progetto.

Gestire le librerie virtuali di composti chimici non è mai stato così facile. Solo da pochi giorni, infatti, grazie a MolBook UNIPI, il potente software lanciato dal Dipartimento di Farmacia dell'Università di Pisa nell’ambito delle attività del centro nazionale HPC, Big Data e Quantum Computing, i chimici farmaceutici e biologi di tutto il mondo hanno adesso a disposizione gratuitamente uno strumento innovativo per creare, archiviare, gestire e condividere database molecolari in pochi clic.

Una vera e propria "rivoluzione tecnologica" nel mondo della chimica farmaceutica e della biologia dove, fino ad oggi, mancava un software libero di questo tipo, in grando di rendere user-friendly le procedure per la gestione dei database, fornendo all'utente non esperto uno strumento semplice e intuitivo. E le cui potenzialità sono state analizzate nella nota applicativa recentemente pubblicata sul prestigioso Journal of Chemical Information and Modeling.

Sviluppato da Salvatore Galati, Miriana Di Stefano, Lisa Piazza e Giulio Poli, membri del Gruppo di Molecular Modeling & Virtual Screening Laboratory del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, coordinato dal professor Tiziano Tuccinardi, il software MolBook UNIPI nasce per la comunità accademica e di ricerca, per trattare dati finalizzati a comporre, gestire e analizzare database contenenti informazioni relative a composti chimici, per sfruttare varie proprietà, tra cui la previsione del profilo tossicologico di molecole.

 

UNIPI NEWS MMVSL2 sito

Il professor Tiziano Tuccinardi (a destra) con i membri del Gruppo di Molecular Modeling & Virtual Screening Laboratory del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa

 

“La possibilità di archiviare digitalmente per ogni singola molecola le caratteristiche strutturali ed i vari dati di attività e tossicità correlati con essa ha un’importanza essenziale perché consente di effettuare rapide ricerche, analisi delle molecole archiviate ed impiegare l’intelligenza artificiale per elaborare e predire le proprietà delle diverse molecole. È possibile, ad esempio, in pochi secondi cercare tutte le molecole caratterizzate da un particolare gruppo funzionale o da una particolare attività biologica, o predire la loro possibile tossicità – spiega il professor Tiziano Tuccinardi - Ad oggi esistono alcuni tool che consentono la creazione di questi database molecolari; tuttavia, molti di questi non consentono l’esecuzione di analisi esaustive ed inoltre, la maggior parte sono molto difficili da utilizzare perché rivolti soprattutto a ricercatori operanti nel campo della chimica computazionale. Il software sviluppato dal nostro gruppo di ricerca consentirà anche ai chimici non computazionali, ai biologi e chimici farmaceutici di poter creare, gestire e condividere i database delle proprie molecole di interesse. Questa release di MolBook UNIPI rappresenta il primo tassello di questo progetto: la nostra idea è quella di implementarlo aggiungendo tool predittivi basati sull’intelligenza artificiale che in maniera semplice ed intuitiva possano aiutare la ricerca fornendo fin dai primi stadi di sviluppo di potenziali farmaci delle predizioni relative alla loro possibile tossicità e attività nei confronti dei diversi target molecolari.”

MolBook UNIPI è disponibile gratuitamente per le organizzazioni accademiche, governative e industriali e lo si può scaricare dal sito www.molbook.farm.unipi.it

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Progetto sviluppato anche grazie al contributo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), Missione 4 Componente 2 Investimento 1.4 "National Centre for HPC, Big Data and Quantum Computing" - Spoke 7 "Materials & Molecular Sciences" (Unione Europea – NextGenerationEU).

Per l’E-Team Squadra Corse dell’Università di Pisa inizia una nuova avventura su pista: sabato 8 luglio è stata ufficialmente presentata in Piazza dei Cavalieri EV-A (Electric Vehicle - Project A), la prima macchina elettrica progettata dai ragazzi e dalle ragazze del team, una vettura tutta nuova che già tra pochi giorni parteciperà alla gara della Formula SAE a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma, e ad agosto correrà sul circuito di Hockenheim, in Germania. 

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La nuova vettura ha due motori a flusso assiale da 37kW, scelti per la loro compattezza e in grado di raggiungere 6000rpm ed erogare 50Nm in condizioni nominali: “La realizzazione di una vettura elettrica rappresenta un'impresa incredibile, specialmente per una squadra che ha sempre operato nel campo delle macchine a combustione – ha dichiarato Lorenzo Alibrandi, team leader – Passare da un know-how consolidato e competenze sviluppate nel mondo delle auto tradizionali a un settore così nuovo e pieno di sfide come quello delle auto elettriche è stato un compito ambizioso. Tutti noi della squadra abbiamo dimostrato grande determinazione e talento nel superare le difficoltà tecniche, portando a termine con successo il nostro progetto”.

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Alla presentazione hanno partecipato il direttore generale Rosario Di Bartolo, la professoressa Maria Vittoria Salvetti, direttrice del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale, il professor Francesco Bucchi, Faculty Advisor dell’E-Team, e Alessandro Ferraris, amministratore delegato di BeonD, Premium Partner per la stagione 2022/23. "L'E-Team è una punta di eccellenza per il nostro Ateneo, una di quelle iniziative in cui le competenze, il talento e la passione hanno dato vita a un progetto che ormai va avanti da molti anni - ha dichiarato il rettore Riccardo Zucchi - La piccola "scuderia" dell'Ateneo è diventata un laboratorio formativo in cui studenti provenienti da settori disciplinari diversi imparano a lavorare in gruppo e insieme vivono un'esperienza che li prepara anche per il mondo del lavoro. Per la nuova stagione di gare, con il debutto della loro prima vettura elettrica, auguro loro di raggiungere i risultati migliori e martedì 11 luglio, subito prima della partenza per la loro prima gara, andrò a salutarli personalmente".

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L’E-team è composta da oltre cento ragazzi divisi in vari settori tecnici e gestionali. I settori tecnici includono Aereocompositi, Autotelaio, Elettronica, Driverless e Powertrain, mentre i settori gestionali comprendono Public Relations, Business Plan, Logistica e Cost Report. Questa suddivisione permette a ogni membro del team di sfruttare le proprie competenze specifiche, mettendo insieme un mix unico di conoscenze e abilità per raggiungere un unico obiettivo. Questa diversità di background e la capacità di lavorare insieme rappresentano uno dei punti di forza principali dell'E-Team Squadra Corse. L'integrazione di competenze provenienti da settori come l'aerodinamica, la progettazione del telaio, l'elettronica e la gestione dei dati è ciò che ha reso possibile la progettazione e realizzazione di questa vettura in meno di un anno. 

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L'impegno dell'E-Team non si limita solo alla realizzazione di una vettura elettrica di successo. La squadra ha deciso di mettere alla prova le proprie capacità mettendosi a confronto in due delle gare più importanti a livello europeo: presso il circuito di Varano de’ Melegari (dal 12 al 16 luglio) e di Hockenheim, in Germania (dal 14 al 20 agosto). Queste competizioni rappresentano un banco di prova reale per la macchina e un'opportunità per confrontarsi con altri team provenienti da tutto il mondo. La partecipazione a questi eventi offre l'occasione di dimostrare le capacità dell'E-Team e di ottenere feedback importanti per migliorare ulteriormente il loro progetto.

Nuovo successo per la squadra dell’Università di Pisa alla Cyberchallenge, la competizione sulla sicurezza informatica per ragazzi e ragazze dai 16 ai 24 anni, organizzata dal Cybersecurity National Lab del CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica).

 

La gara si è svolta lo scorso 29 giugno all’International Labour Organization (ILO) di Torino, e ha visto competere 42 squadre provenienti da tutta Italia. Dopo la vittoria conquistata nel 2020 e il terzo e quarto posto nel 2019 e 2022, gli hackers etici dell’Università di Pisa sono saliti di nuovo sul podio conquistando la medaglia di bronzo, dietro a Università di Trento (medaglia d’argento) e Roma La Sapienza (medaglia d’oro).

 

“Ciascuna squadra - racconta Giuseppe Lettieri, docente di ingegneria informatica all’Università di Pisa e coordinatore del team - doveva difendere i propri servizi informatici e attaccare quelli degli altri. Il punteggio si basava sulla quantità di “flag” rubate agli avversari, sul numero di flag perse e sulla percentuale di tempo in cui i propri servizi erano perfettamente funzionanti (una metrica detta SLA, Service Level Agreement). Oltre ad arrivare terza nella gara, la squadra dell’Università di Pisa è stata anche quella con la miglior SLA”.

 

Il team premiato è composto da: Riccardo Ciucci (Ingegneria Informatica), Taulant Arapi (Ingegneria Informatica), Antonio Ciociola (Ingegneria Informatica, S. Anna), Lorenzo Coppi (Ingegneria Informatica, Università di Firenze), Luca Cordisco (Informatica).

 

Ad allenare la squadra sono stati Giuseppe Lettieri e Pericle Perazzo per Ingegneria Informatica e Anna Bernasconi e Jacopo Soldani per Informatica, oltre a diversi “tutor”, reclutati tra gli studenti delle passate edizioni. Tra essi anche i ragazzi dell’Università di Pisa che parteciperanno alla "Capture-The-Flag" di DEFCON 2023, la più importante competizione al mondo di hacking, che si terrà a Las Vegas in Agosto.

 

Oltre all’appuntamento oltre oceano, il TeamItaly si prepara per l’European Cyber Security Challenge (ECSC), che quest'anno si terrà dal 24 al 27 ottobre ad Hamar, in Norvegia. Nel 2024 sarà l'Italia ad ospitare la competizione europea.

La siccità aiuta a migliorare la qualità e il colore delle uve di Sangiovese, vitigno toscano per eccellenza, ma solo se lo stress idrico è imposto in alcune fasi specifiche della maturazione e secondo precise intensità. La notizia arriva da una ricerca condotta al Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-Ambientali dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista “Frontiers in Plant Science” che ha recentemente ricevuto il Premio SOI-Patron dalla Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana.

“I risultati ottenuti hanno evidenziato per la prima volta come la combinazione fra intensità e momento di applicazione del deficit idrico influenzi significativamente l’accumulo e il profilo specifico di antociani e flavonoli nelle uve”, spiega Giacomo Palai, assegnista di ricerca dell’Ateneo pisano e primo autore dello studio.

In particolare, un moderato deficit idrico prima dell’invaiatura (quando l’acino è ancora verde, da giugno sino a metà luglio) aumenta la quantità di flavonoidi nell’uva, mentre un severo stress idrico post-invaiatura (da metà luglio sino alla raccolta) influenza la colorazione degli acini, e quindi del vino, redendoli più scuri e vicini alle tonalità del blu.

“Lo stress idrico come strumento per gestire il contenuto fenolico – continua Palai - è molto importante soprattutto per il Sangiovese in Toscana che spesso risulta un po’ troppo scarico, in questo modo invece si ottengono vini con colore e fenoli più importanti, simili agli standard dei vitigni internazionali”.
Lo studio di Palai fa parte di una più ampia attività di ricerca condotta presso il Precision Fruit Growing Lab, coordinato dal professore Giovanni Caruso e presso il Laboratorio di ricerche viticole ed enologiche, coordinato dal professore Claudio D’Onofrio.
“Negli ultimi anni la viticoltura nazionale sta vivendo un periodo di forte pressione dovuto ai cambiamenti climatici con minori precipitazioni e periodi di siccità più lunghi che mettono a rischio la qualità delle uve soprattutto nelle aree maggiormente vocate – dice Giovanni Caruso - In questo contesto, lo sviluppo dell’irrigazione di precisione e di specifici protocolli per gestire il deficit idrico sono strumenti essenziali per mantenere e aumentare la qualità delle uve, sfruttando e volgendo in positivo condizioni potenzialmente critiche”.

 

 

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