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Comunicati stampa

felipe copyGiovedì 26 maggio nel cortile del Palazzo della Sapienza si è tenuto il concerto “Un Violoncello per la Pace” con protagonista il violoncellista brasiliano Felipe Avellar de Aquino, accolto dai saluti della professoressa Enza Pellecchia, direttrice del CISP, il Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace, e del professor Francesco Marcelloni, prorettore alla cooperazione e relazioni internazionali. Erano inoltre presenti il rettore Paolo Maria Mancarella, il direttore del Centro per l'Innovazione e la Diffusione della Cultura (CIDIC), Saulle Panizza, e alcune visiting professor ucraine con parenti rifugiati.

Il concerto è stato preceduto da un intervento del professor Marcílio Toscano Franca Filho, docente presso l'Università Federale di Paraíba (Brasile) e adesso visiting professor del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Pisa. Sono state eseguite opere di Gaspar Cassadó (Spagna), Clóvis Pereira (Brasile) e Zoltán Kodály (Ungheria), la cui scrittura coniuga virtuosismo strumentale con elementi della tradizione popolare e delle espressioni popolari di ogni paese. Come riportato sul libretto del concerto, “nonostante tre distinti background culturali, possiamo ancora sentire una convergenza espressiva di gesti musicali che sottolinea il senso di fratellanza tra le persone e le Nazioni. Ricordandoci che il processo di pace può partire da un semplice gesto come un violoncellista che si esibisce da solo. Questo può certamente toccare il cuore degli altri, portando più persone a questo continuo sforzo verso il processo di pace”.

Alla fine del concerto il rettore Paolo Mancarella ha consegnato ai professori Felipe Avellar de Aquino e Marcílio Toscano Franca Filho la medaglia con il Cherubino.

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Qui di seguito riportiamo il testo del discorso pronunciato dal professor Marcílio Toscano Franca Filho subito prima del concerto, in cui parla del rapporto tra musica e pace.


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felipe marceloLa guerra ha un suono. E non è solo il suono delle bombe, le urla, le sirene antiaeree, le esplosioni, il pianto o gli spari. Ci sono anche inni marziali, trombe, tamburi, le note delle marce e i canti di battaglia che incoraggiano le truppe e spaventano i nemici. Questa è stata la tragica e fragorosa melodia della guerra per molti secoli.
Nel 2010, la pop star Simon Bikindi, famoso cantautore ruandese, una specie di Michael Jackson locale e il volto più visibile del Ministero della Gioventù e dello Sport nel Paese africano dilaniato dalla guerra civile, è stato condannato a 15 anni di carcere per un crimine contro l'umanità, da una Corte Internazionale delle Nazioni Unite. Il suo delitto? Incitare in modo serio, ripetitivo, diretto e pubblico, con composizioni musicali distribuite su cassette e trasmesse in altoparlante, live e su Radio Rwanda, i loro connazionali hutu al feroce genocidio dell'etnia tutsi durante i massacri del 1994. Per i giudici del Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda, a L'Aia, Simon Bikindi, durante la creazione della colonna sonora del flagello ruandese, si è reso colpevole di istigazione al genocidio con i suoi lavori che mescolavano testi rap con melodie tradizionali africane.

Mai prima un tribunale internazionale aveva condannato un musicista per il contenuto della sua musica, anche se questa non era affatto la prima volta che la musica veniva usata per offendere i diritti umani, come arma di guerra, per fomentare l'odio razziale o come strumento di tortura.

Antichi e recenti esempi non sono pochi: dalle sonore Trombe di Gerico, nella Bibbia, all'umiliante “Tauza”, il ballo in cui i prigionieri politici dell'apartheid sudafricano erano costretti a ballare nudi, davanti ad altri detenuti e polizia, al fine di esporre potenziali oggetti nascosti e nelle loro parti intime; arrivando persino all'uso della musica come strumento di tortura psicologica nelle carceri di Abu Grahib, Guantánamo o nel Gulag sovietico. Inoltre, il dramma di musicisti ebrei costretti a suonare per i loro aguzzini durante le feste del Terzo Reich o dei prigionieri politici argentini che hanno dovuto ballare con gli ufficiali della dittatura militare nei centri di intrattenimento per le truppe non possono essere dimenticati.

Decisamente, non tutta la musica significa elevazione intellettuale, morale o spirituale. La musica è un'azione profondamente sociale, non è mai innocente e, come ogni risultato del comportamento umano, è ambigua, può essere corrotta dall'ideologia e configurata come strumento o risultato del nazionalismo, dell'estremismo e di ogni tipo di violenza.

Ma che dire della pace: la pace ha un suono? Quel suono - se esistesse - sarebbe rumore o potrebbe essere musica? In effetti, una melodia può essere un cammino verso la pace? La musica può essere uno strumento di peacemaking, peacekeeping, peacebuilding e peace enforcement?

Nello stesso Ruanda di Simon Bikindi, pochi anni prima della sua condanna, la musicista Odile Gakire (Kiki) Katese ha creato, nel 2004, un gruppo di percussioni tradizionali tutto al femminile chiamato Ingoma Nshya. Tutte le donne erano sopravvissute alla guerra civile ruandese del 1994 e appartenevano a entrambe le parti del conflitto. Alcune di quelle percussioniste che avevano perso parenti cari hanno suonato i tamburi fianco a fianco con i parenti dei genocidi, in una eloquente dimostrazione del potere della musica di unire e produrre armonia. Inoltre, le percussioni tradizionali in Ruanda erano riservate ai soli uomini e il gruppo Ingoma Nshya ha dimostrato che portando le donne in primo piano, le culture possono cambiare ed evolversi.

Questo, ovviamente, non è un esempio isolato. Musicisti di vari stili si sono impegnati contro la guerra e a favore della pace in diverse occasioni. Nella seconda metà del ventesimo secolo, il violoncellista catalano Pablo Casals si è distinto in modo eloquente contro tutti i tipi di guerre e regimi oppressivi. Casals è stato anche nominato per il Premio Nobel per la Pace nel 1958, ha ricevuto la Medaglia per la Pace delle Nazioni Unite e ha persino composto un inno alle Nazioni Unite nel 1971, commissionato dal segretario generale U Thant. Bob Dylan, premio Nobel per la letteratura nel 2016 e autore di classici pacifisti come “Masters of War” e “Blowing in the Wind”, è stato una figura di spicco nelle proteste contro la guerra in Vietnam. Nel 2006, il violoncellista Yo-Yo Ma è stato designato dalle Nazioni Unite come "Messaggero della Pace". Poco dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, il violoncellista russo Mstislav Rostropovich ha suonato una composizione di Johann Sebastian Bach in una Berlino riunificata dopo 28 anni. Non si può nemmeno dimenticare la West Eastern Divan Orchestra, una sinfonica fondata nel 1999 dal direttore Daniel Barenboim e dallo scrittore Edward Said con l'obiettivo di promuovere il dialogo tra musicisti provenienti da paesi e culture storicamente ostili. Ora, durante la tragedia della guerra in Ucraina, la televisione mondiale ha mostrato un anonimo violoncellista suonare il suo strumento come un disperato grido di pace.

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Ma qual è il senso di queste iniziative? Qual è il potere di queste esibizioni di musica per la pace? Questo ha qualche effetto pratico? Cosa può, infatti, un musicista con il suo strumento contro eserciti e cannoni? È questo, per caso, diverso da quello che può fare un intellettuale con la sua penna o un manifestante con il suo megafono?

W. H. Auden aveva una visione pessimistica del potere dell'arte e degli artisti. Una volta, interrogato, disse: “So che, anche con tutti i versi che ho scritto, anche con tutte le posizioni che ho preso (...), non ho salvato un solo ebreo... La storia politica del mondo sarebbe stata esattamente la stessa se non fosse stata scritta una sola poesia, né dipinto un solo quadro, né composta una sola battuta di musica.”

Perdonate la mia audacia, ma non posso essere d'accordo con il poeta inglese. Arte e musica possono fare molto, altrimenti gli artisti non sarebbero così perseguitati, uccisi, imprigionati o censurati dalle dittature nel corso della storia. Quindi c'è davvero un significato profondo, un'importanza enorme e un'utilità innegabile in queste esibizioni di "musica per la pace".

Quando il mio stimato amico Felipe Avellar de Aquino, uno dei più talentuosi violoncellisti brasiliani e professore al Dipartimento di Musica dell'Università Federale di Paraíba, è disposto a eseguire un concerto chiamato "un violoncello per la pace" nel Palazzo della Sapienza, ci fa vedere, in primis, che la musica è un'ottima metafora di un “processo di pace”. Alla fine, la creazione musicale è il risultato della risoluzione dei molti conflitti tra le note, tra gli strumenti, tra le interpretazioni, tra le dissonanze che dialogano e si armonizzano. E più importante: La musica, infatti, non elimina le differenze, ma le somma e le unisce, producendo empatia, comprensione e trasformazione reciproca, convertendo in consonanza e armonia ciò che prima era solo conflitto e disarmonia. In un'orchestra, ad esempio, sarebbe tragico mettere a tacere il violinista per sentire solo i violoncelli. La diversità è la più grande risorsa di qualsiasi orchestra.

In secondo luogo, un concerto come questo dimostra che, nonostante l’idea generale che la musica sia un linguaggio universale, la cultura musicale è fortemente legata alle tradizioni locali, alla cultura del territorio e al senso di appartenenza a una comunità. Condividere una melodia comune o cantare un ritmo popolare rafforza il senso di comunità, abbatte le percezioni di dissomiglianza e crea un senso di solidarietà e di riconciliazione. Nel concerto “Un violoncello per la pace”, una selezione di opere basate sulla musica popolare di tre paesi diversi - di Gaspar Cassadó (Spagna), Clóvis Pereira (Brasile) e Zoltán Kodály (Ungheria) - ci permetterà di ascoltare una convergenza espressiva di gesti musicali che enfatizzano il senso della fraternità. Lo stesso senso di fraternità presente nel quarto movimento della Nona Sinfonia di Beethoven, l’Inno alla gioia, che incanta e commuove a tutti noi dalle sue note di apertura.

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E parlando di emozione, si può menzionare un terzo punto. Dato il fascino emotivo che le manifestazioni musicali presentano, questo concerto dimostra che la musica ha il potere di amplificare le azioni. Azioni che vanno dalle manifestazioni contro la guerra, attraverso le affermazioni dell'umanità stessa in mezzo al conflitto e il sostegno alla guarigione dei traumi, alla promozione dell'empowerment della comunità e all'espressione e apprezzamento dei gruppi emarginati. In questo contesto, la musica può indubbiamente supportare e rafforzare i processi di peacemaking, peacekeeping, peacebuilding e peace enforcement.

Questo giorno può offrire anche una quarta riflessione, sul legame privilegiato tra musica e umanità. Un brano musicale ben composto e ben eseguito è infatti una grande impresa dello spirito umano, tanto quanto un dipinto di Cecco di Pietro o una scultura di Nicola Pisano, per esempio. Ma, nel caso dell'esecuzione musicale, è come se fossimo seduti accanto al grande maestro Nicola Pisano nell'esatto momento in cui lui brandisce martello e scalpello per scolpire il maestoso pulpito del Battistero di Pisa, gioiello del gotico e una delle pietre miliari della scultura italiana. In altre parole, qui c'è un messaggio di ottimismo: “siamo ancora capaci”. Non è mai facile, ma è possibile. Non è facile perché, come diceva Vladimir Horowitz, suonare bene richiede ragione, cuore e mezzi tecnici in egual misura e proporzione: “Senza ragione sarà un fiasco; senza tecnica, sarei un dilettante; senza cuore, una macchina”. Questa complessa modulazione tra ragione, tecnica ed emozione richiede allenamento, prova, investimento di tempo e studio. Tutto questo non è lontano dai processi di peacemaking, peacekeeping, peacebuilding e peace enforcement. Posso dirlo con l'esperienza personale di chi è stato consigliere giuridico della Missione di Pace delle Nazioni Unite a Timor Est, un paese dove la cultura musicale è ricca ed è stata di grande aiuto nella sua ricostruzione.

Facilitando le connessioni tra le persone, superando le differenze, consentendo la memoria e ricostruendo relazioni spezzate dalla violenza, non ho dubbi che il soft power della musica occupa un posto privilegiato nei processi di pace, ovunque nel mondo.

Non ho inoltre dubbi sul fatto che il suono della pace, nelle società multietniche, multireligiose e multiculturali, sia inclusivo, diverso, dialogico, polifonico, multiplo, plurale. Proprio come non c'è solo una via per la pace, non c'è nemmeno una sola musica per la pace. Ci sono diverse possibili colonne sonore. Dico però senza timore di sbagliarmi che, in questa colonna sonora della pace, deve esserci uno spazio generoso per lo meno per l'ultima frase del personaggio Marcello, il pittore de La Bohème, di Giacomo Puccini, un frammento che deve costituire l'appello permanente per tutti i nostri sforzi, grandi e piccoli, alla ricerca della pace: “Coraggio!” "Coraggio!"

Con l'eco di quella piccola frase di Marcello, che riecheggia nel Palazzo della Sapienza, vi lascio ora con la voce del violoncello del prof. Aquino. E questa è la quinta ed ultima lezione che la musica ci offre oggi: non può esserci pace senza ascolto. Ascoltare l'altro è un dovere fondamentale per chi cerca la pace.

Questo testo è dedicato a Fyodor Petrov, soldato della libertà del suo paese.

Grazie mille.

Prof. Marcílio Toscano Franca Filho

Venerdì, 27 Maggio 2022 08:07

Tracciare la Chiralità in tempo reale

Gli scienziati del Politecnico Federale di Losanna in Svizzera (EPFL) hanno sviluppato una nuova tecnica, basata sul laser, in grado di misurare le variazioni ultraveloci nella simmetria strutturale delle molecole, e in particolare una proprietà chiamata chiralità, monitorando i loro cambiamenti conformazionali in tempo reale. L’utilizzo di questa tecnica, in collaborazione con ricercatori delle Università di Ginevra e Pisa, ha permesso di risolvere un problema di vecchia data su come un'importante classe di complessi metallici cambia le proprie proprietà magnetiche quando viene attivata da un impulso di luce. Questo risultato può avere implicazioni, per esempio, in applicazioni di archiviazione dei dati su supporti magnetici. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Chemistry a fima per l'Ateneo pisano del dottor Francesco Zinna, ricercatore del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale.

 

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Rappresentazione artistica di una misura di dicroismo circolare risolta nel tempo di un complesso spin-crossover fotoeccitato. Immagine di Ella Maru Studio, Inc.

 

Le molecole chirali esistono in due forme, chiamate enantiomeri, che sono immagini speculari l'una dell'altra e non sono sovrapponibili, esattamente come una coppia di mani. Sebbene condividano le stesse proprietà chimiche e fisiche, due enantiomeri possono avere effetti completamente diversi in fenomeni (bio)chimici. Ad esempio, una proteina o un enzima può legare solo una forma enantiomerica di una molecola bersaglio. Di conseguenza, l'identificazione e il controllo della chiralità sono spesso fondamentali per sviluppare composti (bio)chimici, ad es. nell'industria alimentare, delle fragranze e farmaceutica.

Una delle tecniche più comuni per rivelare la chiralità è il dicroismo circolare, che misura come i campioni chirali assorbano la luce polarizzata circolarmente sinistra e destra in modo diverso. Il dicroismo circolare può anche aiutare a risolvere la conformazione di una molecola studiandone la risposta alla luce circolarmente polarizzata, una caratteristica che l'ha reso uno strumento analitico comune nelle scienze (bio)chimiche.

Tuttavia, il dicroismo circolare è stato finora limitato nella risoluzione temporale e nell'intervallo spettrale. I ricercatori guidati da Malte Oppermann nel gruppo di Majed Chergui all'EPFL, hanno ora sviluppato un nuovo strumento a risoluzione temporale che misura i cambiamenti del dicroismo circolare in frazioni di picosecondo (un trilionesimo di secondo), il che significa che può "scattare" istantanee ultraveloci della chiralità di una molecola durante tutta la sua attività (bio)chimica. Ciò consente di catturare la chiralità delle molecole nel loro stato eccitato e di risolverne il movimento conformazionale che avviene a seguito dell’assorbimento della luce.

In collaborazione con il gruppo di Jérôme Lacour dell'Università di Ginevra e Francesco Zinna dell'Università di Pisa, Il nuovo metodo è stato utilizzato per studiare le dinamiche di commutazione magnetica, associata a transizioni di stati di spin, dei cosiddetti "complessi spin-crossover a base di ferro" - un'importante classe di composti di coordinazione con possibili applicazioni in dispositivi magnetici di archiviazione ed elaborazione di dati. Dopo decenni di ricerca, il meccanismo di disattivazione del loro stato magnetico è rimasto irrisolto, nonostante la sua importanza dal punto di vista sia fondamentale che applicativo.

Effettuando un esperimento di dicroismo circolare risolto nel tempo, i ricercatori hanno scoperto che la perdita di magnetizzazione è determinata da una torsione della struttura della molecola che ne distorce la simmetria. In modo inatteso, il team è stato anche in grado di rallentare il decadimento dello stato magnetico, sopprimendo il movimento di torsione tramite un controllo chimico della chiralità dei complessi.

"Questi esperimenti rivoluzionari mostrano che il dicroismo circolare risolto nel tempo è particolarmente adatto a catturare il movimento molecolare che guida molti processi (bio)chimici", affermano i ricercatori. “Lo studio dimostra come il controllo della chiralità sia fondamentale anche nel controllo delle transizioni alto-basso spin. Tali transizioni sono fondamentali anche in processi biologici, quale, ad esempio, la formazione del legame tra ossigeno e ferro-emoglobina”.

 

 

 

Venerdì, 27 Maggio 2022 08:11

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Venerdì, 27 Maggio 2022 07:57

Programma UNYD Italy

E' online sul sito della SIOI il bando della nuova edizione del Programma UNYD Italy, realizzato in collaborazione con il MAECI, che consente ai giovani delegati che saranno selezionati di rappresentare i propri coetanei alle Nazioni Unite. 
Si tratta di un'opportunità formativa e di una esperienza umana di grande pregio che permetterà ai giovani selezionati di poter affiancare la delegazione diplomatica partecipando a diversi incontri, in particolare, ai lavori della terza commissione per gli affari sociali, culturali e umanitari dell'Assemblea Generale dell'ONU.
La deadline per inviare la candidatura è il prossimo 5 giugno.
 
Per informazioni su selezioni, consulta il bando

alessandro_brancatella.jpegAlessandro Brancatella (foto), dottorando in Scienze Cliniche e Traslazionali dell’Università di Pisa ha recentemente ricevuto per il secondo anno consecutivo un “Outstanding Abstract Award” dall’Endocrine Society, la più prestigiosa società scientifica internazionale di Endocrinologia. Il riconoscimento, che premia ricerche innovative condotte da giovani ricercatori, gli è stato attribuito per i suoi studi sull’utilità della terapia con cortisone in pazienti che presentano gravi disfunzioni tiroidee indotte dai nuovissimi farmaci immunoterapici sempre più usati in oncologia. I risultati della ricerca verranno presentati al congresso internazionale di endocrinologia organizzato dall’Endocrine Society che si svolgerà ad Atlanta, Stati Uniti, dall’11 al 14 giugno.

Il Dottor Alessandro Brancatella, classe 1987 e originario di Castelnuovo di Garfagnana (Lucca), si è laureato con lode in Medicina e Chirurgia a Pisa e quindi specializzato in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo sempre a Pisa con lode. Brancatella è autore di numerosi articoli scientifici a primo nome ed è stato il primo ricercatore a descrivere nel maggio del 2020 i danni tiroidei provocati dal nuovo Coronavirus.
La ricerca che gli è valsa il riconoscimento è stata possibile grazie ad una stretta collaborazione tra Endocrinologia, Diabetologia, Oncologia e Pneumologia di Pisa che da circa tre anni hanno istituito un ambulatorio dedicato ai pazienti che sviluppano complicanze endocrinologiche e diabetologiche in corso di trattamento immunoterapico.

Lo studio è stato realizzato sotto l’attenta supervisione di Francesco Latrofa, professore associato di Endocrinologia e con l’aiuto della specializzanda Laura Pierotti.
“Un ringraziamento – conclude Brancatella - va inoltre a tutti i medici delle Unità operative di Endocrinologia 1 e 2 e Diabetologia, dirette dai professori Ferruccio Santini, Claudio Marcocci e Stefano del Prato, che in questi anni hanno lavorato nell’ambulatorio dedicato: le dottoresse Isabella Lupi, Lucia Antonangeli, Sandra Brogioni, Chiara Sardella, Lucia Montanelli, Eleonora Molinaro, la professoressa Rossella Elisei, i dottori Michele Aragona, Nicola Viola, Daniele Sgrò e Mauro Casula. Un ringraziamento, infine, alla dottoressa Filomena Cetani per la sua attività di supervisore nel mio percorso di dottorato”.

 

 

È stata un’occasione per discutere del futuro e delle prospettive della chirurgia digitale, con alcuni dei massimi esperti di robotica e di informatica che contribuiscono a rendere Pisa uno dei centri di eccellenza più importanti del settore: martedì 24 maggio, nell'Aula Magna Storica del Palazzo La Sapienza, si è svolto il convegno "Next Generation Surgery. From robotics to interconnected digital surgery" dedicato ai nuovi sviluppi della chirurgia, resi possibili dall’impiego diffuso delle tecnologie digitali.

Dopo una intruduzione di Paolo Mancarella, rettore dell'Università di Pisa, sono intervenuti Dino Pedreschi, professore di Informatica all’Università di Pisa, e in collegamento da Philadelphia Antonio Bicchi, professore di Robotica all’Università di Pisa, e Arianna Menciassi, professoressa al Biorobotics Institute della Scuola Superiore S. Anna. Ospite speciale dell’iniziativa è stato Gary Guthart, Chief Executive Officer di Intuitive, l'azienda che produce il sistema di chirurgia robotica Da Vinci utilizzato anche a Pisa nel Centro di eccellenza della AOUP.

"Sessantotto anni fa, con la nascita del primo computer italiano, qui a Pisa venivano gettate le basi di una solida tradizione tecnologica che, sostenuta da un’impostazione interdisciplinare, ha fatto della nostra città una delle capitali italiane dell’informatica, degli studi sull’Intelligenza Artificiale e della robotica, con un’attenzione particolare alla sua applicazione in ambito sanitario - ha commentato il Rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella - Se oggi possiamo parlare da protagonisti dei nuovi sviluppi della chirurgia, resi possibili dall'impiego delle più moderne tecnologie digitali, lo dobbiamo a tutto ciò e ad uno staff medico di altissima specializzazione e levatura umana, oltre che a quella propensione al futuro che da sempre caratterizza il nostro Ateneo e la nostra Azienda Ospedaliero-Universitaria".

Il Centro di Chirurgia Robotica dell’AOUP, diretto dalla professoressa Franca Melfi, è un centro di formazione che ogni settimana ospita chirurghi provenienti da tutta Europa grazie a un programma consolidato di training in cui professionisti qualificati, con le competenze acquisite, possono garantire attività di formazione per tutte le discipline. Esso di fatto rappresenta la sede fisiologica di integrazione per la ricerca e l’applicazione clinica grazie alle collaborazioni con l’Ateneo, gli istituti e le scuole di eccellenza presenti sul territorio pisano. Il potenziamento del settore della robotica per l’AOUP è iniziato nel lontano 2001 con l'acquisto del primo sistema robotico "Da Vinci" e in questi anni si è concretizzato in un Centro per la chirurgia e per i trapianti robotici di riferimento europeo per la formazione, con quattro sistemi robotici in dotazione. “Quello di Pisa è uno degli esempi più eccellenti di innovazione applicata alla salute che oggi chiede alla scienza, alla tecnologia e alla medicina risposte certe, sicure, efficaci – commenta la professoressa Franca Melfi – Tali risposte non possono arrivare senza l’apporto della ricerca e dell’applicazione ai bisogni di salute attraverso la didattica e l’addestramento continuo, con la formazione di chirurghi, anestesisti, infermieri, tecnici, ingegneri, informatici e tutte le risorse umane che ruotano su una piattaforma robotica intorno al letto operatorio e alla consolle”

Al via la rassegna “Il salotto musicale”, un ciclo di tre concerti gratuiti nei musei di Pisa. Si comincia il 27 maggio alle 21 al Museo delle Navi Antiche (Lungarno Ranieri Simonelli, 16) con “Nays”, un concerto musica tradizionale e d'ispirazione popolare interpretata da Anna Ulivieri al flauto, Linda Leccese al violino, Giulia Dini al violoncello, Dario Paganin alla chitarra e voce e Federico Monzani alle percussioni. Il concerto sarà preceduto da una introduzione al museo a cura del direttore Andrea Camilli e dalla proiezione del video “Nays”. Prima del concerto, il museo sarà aperto con ingresso a pagamento dalle 15.30 alle 21.00. Per informazioni è possibile consultare il sito del museo: https://www.navidipisa.it/.

La rassegna proseguirà il 25 giugno alle 21 alla Domus Mazziniana (Via Giuseppe Mazzini, 71), con il concerto “C’era una volta l’Italia...sulle note del cinema che la racconta”, con musiche di Rota, Piovani e Morricone interpretate da Anna Ulivieri al flauto, Maria Di Bella al violino, Giulia Casini al violoncello, Dario Paganin al boutzuki e voce, Stefano Quaglieri alla chitarra e Federico Monzani alle percussioni. Il concerto sarà preceduto da una introduzione al museo a cura del direttore Pietro Finelli e dalla proiezione del video “Quando tornammo a nascere”.

L’ultimo concerto del 24 settembre alle 18 in Gipsoteca (piazza San Paolo all’Orto, 20), in collaborazione con Laboratorio MuseOggi del Dipartimento di Civiltà e forme del sapere, è “Classic#Jazz”, con musiche di Bach, Pergolesi, Ravel, Debussy, Delibes interpretate da Anna Ulivieri al flauto, Luigi Pieri ai clarinetti e sax, Stefano Quaglieri alla chitarra, Nino Pellegrini al contrabbasso e Massimiliano Fantolini al pianoforte. Il concerto sarà preceduto da una introduzione alla collezione della Gipsoteca a cura della dottoressa Chiara Tarantino e dalla proiezione del video “Classic#Jazz”.

‘Il Salotto Musicale’ è un progetto dell’Associazione culturale “Chi vuol esser lieto sia…” nato nel 2015 da un'idea di Anna Ulivieri e Chiara Tarantino in collaborazione con l’Università di Pisa (Laboratorio MuseOggi del Dipartimento di Civiltà e forme del sapere, Sistema museale di Ateneo e Gipsoteca di Arte Antica). I video sono stati realizzati con il patrocinio e il contributo del Comune di Pisa da Marco Rosati, musicista e autore cinematografico, sceneggiatore, operatore e montatore video.

 

La consegna simbolica di una copia della Costituzione italiana tradotta in lingua ucraina ha suggellato la scelta dell’Università di Pisa di mettere il volume a disposizione degli alunni ucraini iscritti nelle scuole italiane. È stato il rettore dell’Ateneo, Paolo Maria Mancarella, ad affidare la pubblicazione, mercoledì 25 maggio all’Istituto Comprensivo Niccolò Pisano di Marina di Pisa, nelle mani dell'ispettrice dell’Ufficio Scolastico Regionale, Lorenza Lorenzini. Con loro c’era il professor Saulle Panizza, direttore del Centro per l’Innovazione e la Diffusione della Cultura (CIDIC) Unipi e tra i curatori della pubblicazione. Alla manifestazione sono inoltre intervenuti Sandra Munno, assessore alle Politiche socioeducative e scolastiche del Comune di Pisa, Massimiliano Angori, presidente della Provincia di Pisa, e Alessandra Nardini, assessora all’Istruzione, Università e Ricerca e Cultura della Memoria della Regione Toscana. Lucio Bontempelli, dirigente scolastico dell’Istituto di Marina, ha fatto da moderatore e tutti gli interventi sono stati tradotti in ucraino a cura di un interprete.

L’Istituto Comprensivo Niccolò Pisano di Marina di Pisa è stato scelto perché è una delle scuole toscane con un elevato numero di alunni ucraini, circa una ventina suddivisi tra la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado. Alla manifestazione erano presenti gli studenti ucraini, insieme ai familiari e ad alcuni compagni in rappresentanza delle classi di appartenenza.

La Costituzione italiana tradotta in lingua ucraina, a cura dei professori Saulle Panizza e Roberto Romboli con traduzione di Oleksandra Rekut, è stata edita dalla Pisa University Press, Polo Editoriale del CIDIC. L’Ateneo pisano l’ha messa a disposizione degli studenti e della popolazione di quella nazione, con testo in open access liberamente scaricabile, con l’obiettivo di dare un concreto segnale di attenzione e vicinanza, per facilitare il dialogo tra le culture e per concorrere all’integrazione delle ucraine e degli ucraini che si stanno rifugiando nel nostro Paese.

Sono già state consegnate oltre mille copie in Toscana, grazie agli accordi intercorsi con l’assessora Nardini, e sono molte le richieste pervenute dagli Uffici Scolastici di altre regioni.

L’assessora Alessandra Nardini, dopo aver ringraziato l’Università di Pisa ha affermato davanti a ragazze e ragazzi presenti in sala: “Oggi vi doniamo quanto di più prezioso abbiamo, la nostra Costituzione, la base della nostra convivenza civile, arrivata dopo il periodo più buio e vergognoso della nostra storia: il nazifascismo. Ci sono state donne e uomini che, nella Resistenza, hanno combattuto per consegnarci un Paese libero e democratico e poi ‘madri’ e ‘padri’ costituenti che hanno voluto questa Carta dove troverete valori e principi fondamentali, partendo da una consapevolezza: mai più deve accadere ciò che è successo. Libertà, uguaglianza, democrazia, diritti, come ad esempio il diritto allo studio, che niente, nemmeno una guerra, deve negarvi. Siamo orgogliosi di avervi accolti nelle nostre scuole”. "Nella Costituzione italiana - ha concluso - troverete un articolo importante: l'articolo 11, dove si dice che il nostro Paese ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Oggi voglio leggere questo articolo come un augurio, affinché tutti lavorino ancora più incessantemente, a partire dall'Europa, perché attraverso la diplomazia cessi la guerra e si arrivi alla pace”.

Doppio appuntamento venerdì 27 maggio per il 174° anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara, uno dei ‘momenti storici’ dell’Università di Pisa. La mattina dalle 9 alla Domus Mazziniana (Via Giuseppe Mazzini, 71) si aprono i lavori del convegno la Dimensione militare del Risorgimento, il pomeriggio dalle 15,30 le celebrazioni si spostano al Palazzo della Sapienza (Via Curtatone e Montanara, 15) con la deposizione delle corone, la lectio 1848-49 - l'ultima guerra napoleonica del professore Massimo Caboara e la seconda parte del convegno.

Il convegno, in memoria dello storico francese Hubert Heyriès, è organizzato dall’Università di Pisa e dalla Domus in collaborazione con l’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano e il Centro Interuniversitario di Studi storico-militari. Al centro dei lavori le recenti linee di ricerca sulla storia militare del Risorgimento che negli ultimi anni sta riscoprendo una nuova vitalità contaminandosi con altre prospettive, come la storia culturale o i gender studies, a partire dalla partecipazione femminile e dal ruolo delle ‘donne in armi’. Sempre in tema militare, l’intervento di Massimo Caboara sarà sulla prima guerra d’indipendenza come ultima propaggine, dal punto di vista della tecnologia militare, tattico e strategico, della grande stagione di guerre di fine ‘700 e inizio ‘800.

La commemorazione della battaglia di Curtatone e Montanara giunta quest’anno alla 174esimo anniversario ricorda il coraggio dei membri del Battaglione Universitario Toscano che partirono volontari per andare a combattere sui campi lombardi. Tra di loro 384 studenti e 30 docenti dell'Ateneo pisano che il 22 marzo 1848, nell’Aula Magna della Sapienza, divenuta “storica” proprio in memoria di quella riunione, decisero di accorrere in appoggio alle truppe piemontesi impegnate contro l’esercito austriaco. Il sacrificio di molti di loro, dei quali diversi non ancora ventenni, guidati da Ottaviano Fabrizio Mossotti, docente di Fisica matematica e Meccanica celeste, si impose all’opinione pubblica del tempo e il loro esempio divenne subito uno dei simboli del rinnovamento morale e civile del Paese.

Per info: https://www.unipi.it/index.php/unipieventi/event/6468-174-anniversario-della-battaglia-di-curtatone-e-montanara

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