Dottorati UNIPI: Anna Pau vince premio per la miglior tesi dell’Associazione italiana di studiosi del diritto dell'Unione europea
La dottoressa ha svolto il lavoro all’Università di Pisa con la supervisione della professoressa Sara Poli
La dottoressa Anna Pau ha vinto un premio dell’Associazione italiana di studiosi del diritto dell'Unione europea per la miglior tesi di dottorato in scienze giuridiche che ha svolto all’Università di Pisa con la supervisione della professoressa Sara Poli.
La tesi, dal titolo “The quest for consistency in EU external relations: selected case studies” affronta il tema della coerenza dell'azione esterna dell'Unione europea prendendo in considerazione, tra i vari casi di studio, anche i rapporti tra l'Unione Europea da un lato, e la Palestina e Israele dall'altro.'
Anna Pau, classe 1994 di Prato, si è laureata presso l’Università degli Studi di Siena e ha quindi ottenuto il Dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa. Attualmente è all’Università di Bologna con assegno di ricerca biennale.
L’Associazione Italiana degli Studiosi di Diritto dell’Unione Europea (AISDUE), nata a Roma nel 2018, ha come principale obiettivo di approfondire lo studio e di diffondere la conoscenza degli aspetti giuridici del processo di integrazione europea, nonché di favorire la collaborazione scientifica e la rappresentanza accademica degli studiosi del diritto dell’Unione europea presso le istituzioni e gli organismi, nazionali ed europei, competenti.
Premio “Giacomo Leopardi” per tesi di laurea magistrale/specialistica e dottorato - XVII edizione
Il Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati (CNSL), nell’ambito della promozione delle eccellenze e con l’intento di favorire la ricerca scientifica di alto livello, indìce, con il patrocinio di Regione Marche, Provincia di Macerata, Comune di Recanati e Università di Macerata, la XVII edizione del Premio “Giacomo Leopardi” per tesi di laurea magistrale/specialistica e di dottorato.
Il bando è disponibile al link https://centrostudileopardiani.itxvii-ed-premio-g-leopardi-per-tesi-di-laurea-e-dottorato
Il termine ultimo per la presentazione della domanda è il 4 maggio 2025.
Per ulteriori informazioni contattare l'ndirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Lucia Arcarisi e la sua startup Weabios tra i protagonisti del premio Woman Value Company 2024
Lucia Arcarisi, ingegnere e CEO della startup innovativa Weabios, spin-off dell'Università di Pisa, nata dal percorso del Contamination Lab, è stata premiata come una delle 30 aziende selezionate alla tappa del Centro Italia del prestigioso Woman Value Company 2024, promosso dalla Fondazione Marisa Bellisario, in collaborazione con Intesa Sanpaolo. L'ottava edizione del premio ha ricevuto quest'anno oltre 1.400 candidature da tutta Italia, mettendo in evidenza le realtà imprenditoriali femminili che si sono distinte per innovazione e sostenibilità.
L'evento si è tenuto nello storico Palazzo Incontri di Firenze, che ha accolto alcune delle figure più influenti del panorama imprenditoriale femminile italiano. Tra l’altro, Lucia Arcarisi ha avuto l'onore di essere invitata come speaker per condividere l'esperienza e il percorso della sua startup, Weabios, nata come uno spin-off dell'Università di Pisa.
Durante il suo intervento, Lucia Arcarisi ha raccontato come Weabios stia rivoluzionando il benessere posturale in azienda attraverso tecnologie indossabili avanzate. Il prodotto di punta della startup, Revelar, è un dispositivo tessile intelligente progettato per migliorare la salute posturale dei lavoratori, ridurre l'assenteismo e contribuire alla qualità della vita nei luoghi di lavoro. Questa innovazione rappresenta un concreto passo avanti nell’ambito della sostenibilità aziendale, favorendo non solo il benessere individuale, ma anche la produttività complessiva delle imprese.
Il premio Woman Value Company rappresenta un riconoscimento all’impegno delle aziende che scelgono di adottare politiche di inclusione e parità di genere, promuovendo il talento femminile e l'innovazione sostenibile. "Essere selezionata tra le 30 migliori realtà imprenditoriali del Centro Italia è un grande onore e una conferma del nostro lavoro", ha dichiarato Lucia Arcarisi al termine dell'evento.
Weabios è stata premiata non solo per la sua capacità di innovare, ma anche per il suo impegno nel creare un ambiente di lavoro equo, che valorizzi il ruolo delle donne in azienda e investa nel loro talento.
“Questo premio mi rende emozionata – afferma Lucia Arcarisi – perché è un premio sulla fiducia che altri hanno riposto in me. In primis la mia filiale di Intesa San Paolo di Pisa, con cui si è instaurato un ottimo rapporto di collaborazione, e sicuramente i miei soci, Alessandro Tognetti, Nicola Carbonaro e Marco Laurino, che, fin dal primo giorno, mi hanno dato piena fiducia di crescere, di portare avanti questa realtà e anche di sbagliare.”
Il premio Woman Value Company, si pone come un faro per tutte quelle aziende che guardano al futuro con una visione inclusiva e sostenibile. Weabios, con la leadership di Lucia Arcarisi, è senza dubbio una di queste realtà, pronta a scrivere un nuovo capitolo dell'innovazione italiana.
Scoperti i più antichi antenati del bue domestico
I più antichi antenati del bue domestico sono stati scoperti nella valle dell’Indo e nella mezzaluna fertile in Mesopotamia: si tratta di resti di uro (Bos primigenius) risalenti a circa 10mila anni fa. La ricerca pubblicata sulla rivista Nature e condotta dal Trinity College di Dublino e dall’Università di Copenaghen, ha coinvolto Luca Pandolfi, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, che da tempo si occupa dell’evoluzione e dell’estinzione dei grandi mammiferi continentali anche in relazione ai cambiamenti climatici.
Cranio di uro conservato al Museo di Storia Naturale dell'Università di Breslavia, Polonia (foto L. Pandolfi)
Gli uri addomesticati erano animali abbastanza simili a quelli selvatici, ma un po’ più piccoli, soprattutto con corna meno sviluppate ad indicare una maggiore mansuetudine. Giulio Cesare nel De Bello Gallico (De Bello Gallico, 6-28) descrive infatti l’uro selvatico come un animale di dimensioni di poco inferiori all’elefante, veloce e di natura particolarmente aggressiva. Dai resti fossili emerge che gli uri selvatici potevano raggiungere un’altezza di poco meno di due metri, i 1000 kg di peso ed avere corna lunghe più di un metro. La loro presenza ha dominato le faune dell’Eurasia e del Nord Africa a partire da circa 650 mila anni fa, per poi subire un forte declino dalla fine del Pleistocene, circa 11mila anni fa, fino alla sua estinzione in età moderna. L’ultimo esemplare di cui si ha notizia fu abbattuto il Polonia nel 1627.
Pitture rupestri di Lascaux (Francia) con raffigurazioni di uro. Image credit: Prof Saxx CC BY-SA 3.0
“Lo studio su Nature ha analizzato per la prima volta questa specie per comprenderne la storia evolutiva e genetica attraverso resti fossili rinvenuti in diversi di siti in Eurasia, Italia inclusa, e Nord Africa”, dice Luca Pandolfi.
Dai reperti, che includono scheletri completi e crani ben conservati, sono stati estratti campioni di DNA antico. La loro analisi ha quindi permesso di individuare quattro popolazioni ancestrali distinte che hanno risposto in modo diverso ai cambiamenti climatici e all’interazione con l’uomo. Gli uri europei, in particolare, subirono una diminuzione drastica sia in termini di popolazione che di diversità genetica durante l’ultima era glaciale, circa 20 mila anni fa. La diminuzione delle temperature ridusse infatti il loro habitat spingendoli verso la Penisola Italiana e quella Iberica da cui successivamente ricolonizzarono l’intera Europa.
“Nel corso del Quaternario, epoca che va da 2 milioni e mezzo di anni fa sino ad oggi, l’uro è stato protagonista degli ecosistemi del passato, contraendo ed espandendo il proprio habitat in relazione alle vicissitudine climatiche che hanno caratterizzato questo periodo di tempo – conclude Pandolfi - le ossa di questi maestosi animali raccontano ai paleontologi la storia del successo, adattamento e declino, di una specie di cui noi stessi abbiamo concorso all’estinzione e rivelano la complessità e fragilità delle relazioni che legano gli organismi viventi al clima del nostro Pianeta”.
Scoperti i più antichi antenati del bue domestico: i resti nella valle dell’Indo e in Mesopotamia risalgono a 10mila anni fa
La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, ha coinvolto il paleontologo dell’Università di Pisa, Luca Pandolfi
I più antichi antenati del bue domestico sono stati scoperti nella valle dell’Indo e nella mezzaluna fertile in Mesopotamia: si tratta di resti di uro (Bos primigenius) risalenti a circa 10mila anni fa. La ricerca pubblicata sulla rivista Nature e condotta dal Trinity College di Dublino e dall’Università di Copenaghen, ha coinvolto Luca Pandolfi, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa, che da tempo si occupa dell’evoluzione e dell’estinzione dei grandi mammiferi continentali anche in relazione ai cambiamenti climatici.
Gli uri addomesticati erano animali abbastanza simili a quelli selvatici, ma un po’ più piccoli, soprattutto con corna meno sviluppate ad indicare una maggiore mansuetudine. Giulio Cesare nel De Bello Gallico (De Bello Gallico, 6-28) descrive infatti l’uro selvatico come un animale di dimensioni di poco inferiori all’elefante, veloce e di natura particolarmente aggressiva. Dai resti fossili emerge che gli uri selvatici potevano raggiungere un’altezza di poco meno di due metri, i 1000 kg di peso ed avere corna lunghe più di un metro. La loro presenza ha dominato le faune dell’Eurasia e del Nord Africa a partire da circa 650 mila anni fa, per poi subire un forte declino dalla fine del Pleistocene, circa 11mila anni fa, fino alla sua estinzione in età moderna. L’ultimo esemplare di cui si ha notizia fu abbattuto il Polonia nel 1627.
“Lo studio su Nature ha analizzato per la prima volta questa specie per comprenderne la storia evolutiva e genetica attraverso resti fossili rinvenuti in diversi di siti in Eurasia, Italia inclusa, e Nord Africa”, dice Luca Pandolfi.
Dai reperti, che includono scheletri completi e crani ben conservati, sono stati estratti campioni di DNA antico. La loro analisi ha quindi permesso di individuare quattro popolazioni ancestrali distinte che hanno risposto in modo diverso ai cambiamenti climatici e all’interazione con l’uomo. Gli uri europei, in particolare, subirono una diminuzione drastica sia in termini di popolazione che di diversità genetica durante l’ultima era glaciale, circa 20 mila anni fa. La diminuzione delle temperature ridusse infatti il loro habitat spingendoli verso la Penisola Italiana e quella Iberica da cui successivamente ricolonizzarono l’intera Europa.
“Nel corso del Quaternario, epoca che va da 2 milioni e mezzo di anni fa sino ad oggi, l’uro è stato protagonista degli ecosistemi del passato, contraendo ed espandendo il proprio habitat in relazione alle vicissitudine climatiche che hanno caratterizzato questo periodo di tempo – conclude Pandolfi - le ossa di questi maestosi animali raccontano ai paleontologi la storia del successo, adattamento e declino, di una specie di cui noi stessi abbiamo concorso all’estinzione e rivelano la complessità e fragilità delle relazioni che legano gli organismi viventi al clima del nostro Pianeta”.
Didascalie:
Cranio di uro conservato al Museo di Storia Naturale dell'Università di Breslavia, Polonia (foto L. Pandolfi).
Pitture rupestri di Lascaux (Francia) con raffigurazioni di uro. Image credit: Prof Saxx CC BY-SA 3.0.
"Welcome Day" at Polo Piagge: The University of Pisa Welcomes the International Students
At an event filled with traditional dances and costumes, 130 newly enrolled students from various European and non-European countries joined in. The University of Pisa welcomed its first international students for the 2024-2025 academic year at a “Welcome Day” held at Polo Piagge, organized by the International Promotion Unit. Participants included students from diverse countries, including Congo, Ethiopia, India, Kazakhstan, Morocco, Mongolia, and Pakistan. Representatives from the Youth Health Society of Pisa, CUS Pisa, and three student representatives from the Department of Civilizations and Forms of Knowledge attended, welcoming the new arrivals to the Pisa student community.
(Photo by Aamir Ali Yousuf).
Some students from the IISMA program presented a traditional Indonesian dance. The event was enlivened by other students wearing traditional attire from their respective countries, turning the Welcome Day into an opportunity for cultural discovery and exchange, like a journey through continents and traditions.
(Photo by Aamir Ali Yousuf).
For the 2024-2025 academic year, over 600 international students are already enrolled at the University of Pisa, with another 400 enrollments pending. These numbers confirm a positive trend in recent years, showing a steady increase in international students at the university. Last academic year, enrollments almost doubled compared to the previous year, and as of now, four months before the deadline for visa-seeking students on February 28, 2025, attendance has already doubled compared to past years.
(Photo by Aamir Ali Yousuf).
International students are supported through the WIS! (Welcome International Students!) office, open three mornings a week at Palazzina Modica. Staff from the International Promotion Unit, along with part-time students who collaborate with the office, provide assistance at every step of the enrollment process, helping newcomers navigate the University of Pisa and start their university experience in the best possible way.
Ad Anna Ethelwyn Baccaglini-Frank il premio Montessori-Margreth dei Lincei
È stato assegnato alla professoressa Anna Ethelwyn Baccaglini-Frank, ordinaria di Didattica e Storia della matematica dell’Università di Pisa, il prestigioso Premio «Maria Montessori e Alfredo Margreth», assegnato dall’Accademia Nazionale dei Lincei ai docenti che si sono distinti per il loro lavoro nell’innovazione didattica nelle scuole dell’infanzia ed elementari.
Da quest’anno presidente del corso di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze delle Formazione primaria dell’Ateneo pisano, la professoressa Baccaglini-Frank, come si legge nelle motivazioni pubblicate dai Lincei per l’assegnazione del premio, “persegue da anni progetti chiari ed esaustivi sull’insegnamento e apprendimento della matematica e geometria nella scuola primaria e dell’infanzia. Gli approcci adottati contemplano anche l’ausilio di strumenti informatici, tra cui il robottino GGBot per l’apprendimento della geometria di sua invenzione, brevettato dall’Università di Pisa. Particolarmente apprezzabile il prezioso coinvolgimento dei docenti, che possono seguire corsi di formazione e consultare gratuitamente guide multimediali. Cruciale è poi la selezione di docenti che verranno formati per alcuni anni allo scopo di disseminare a loro volta le linee guida di una buona didattica della matematica inclusiva nelle varie Regioni d’Italia. Degni di nota sono i percorsi dedicati ad alunni in condizioni di difficoltà di apprendimento (e.g., discalculia) elaborati con ricercatori in psicologia e in didattica della matematica, di cui già si può apprezzare l’impatto conseguito”. Il Premio Montessori-Margreth 2024 dei Lincei, assegnato da una Commissione nominata dalla Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali dell’Accademia, è stato conferito in una cerimonia ufficiale che si è svolta lo scorso 7 novembre.
“Sono estremamente orgogliosa di questo riconoscimento – commenta la professoressa Anna Baccaglini-Frank - perché, oltre alla passione per la ricerca di base, ho sempre dedicato molte energie e impegno alla propagazione e all’implementazione di buone pratiche didattiche per migliorare l’insegnamento e apprendimento della matematica. Tra i vari progetti che ho coordinato e che coordino, PerContare e PerContarePRO giocano un ruolo fondamentale, consentendomi di portare la ricerca in pratica, lavorando al fianco di altri ricercatori e vari meravigliosi e instancabili insegnanti, con cui desidero condividere questo premio”.
“Un importante riconoscimento per la professoressa Baccaglini-Frank – commenta il professor Giovanni Gaiffi, Direttore del Dipartimento – e anche per tutto il Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa, che per il secondo anno consecutivo vede premiare i suoi docenti per i risultati apprezzabili e l’innovativo lavoro di studio e ricerca nell’ambito della didattica della matematica nelle scuole dell’infanzia e primaria. È motivo d’orgoglio per il Dipartimento e per tutto l’Ateneo il fatto che questo specifico premio dell’Accademia dei Lincei, attivo da due edizioni, sia stato vinto solo a Pisa: nel 2023 il premio dei Lincei è infatti stato assegnato al professor Pietro Di Martino, ordinario di Didattica e Storia della Matematica.
L’assegnazione dell’edizione 2024 del Premio Montessori-Margreth dei Lincei alla professoressa Baccaglini-Frank rappresenta quindi un ulteriore conferma del valore dei metodi di insegnamento e dell’innovativo approccio alla didattica della matematica che contraddistingue il Gruppo di Ricerca e Sperimentazione in Didattica della Matematica dell’Università di Pisa”.
Entrambi i nostri docenti premiati dai Lincei, coordinano il CARME - Center for Advanced Research in Mathematics Education, Centro di ricerca istituito nel 2021 dall'Università di Pisa in accordo con Uniser Pistoia e da cui è nato un importante accordo tra l’Ateneo e Ufficio Scolastico Regionale della Toscana per la promozione della ricerca, della sperimentazione e l’innovazione didattica nella progettazione e gestione dei processi di insegnamento e apprendimento della matematica.
New molecule found to slow the progression of Retinitis Pigmentosa
REPISTAT is a new molecule capable of slowing the progression of Retinitis Pigmentosa, a rare genetic disease that can lead to complete blindness over the years. The discovery was made in a study entitled “Targeting Relevant HDACs to Support the Survival of Cone Photoreceptors in Inherited Retinal Diseases: Identification of a Potent Pharmacological Tool with In Vitro and In Vivo Efficacy”, which was selected for the cover of the Journal of Medicinal Chemistry. The molecule was designed and synthesised by a pharmaceutical chemistry research group for biological testing at the University of Siena, in collaboration with the Department of Pharmacy at the University of Pisa, and with the CNR Institute of Neuroscience in Pisa, University College London and the University of Ferrara.
The tests were carried out in vitro and in animal models, and it is hoped that in the future REPISTAT will form the basis of a new drug formulation, perhaps in the form of an eye drop, capable of delaying the progression of the disease.
“Retinitis Pigmentosa is a rare genetic disease for which there is still no definitive cure, caused by about 200 mutations in about sixty genes. The most effective treatment is gene therapy, which is very expensive, and for this reason only a few therapies have currently been developed for just two of said mutations,” explains Professor Ilaria Piano from the Department of Pharmacy at the University of Pisa. “However, there are elements common to all forms of Retinitis Pigmentosa, such as inflammatory and oxidative processes or apoptosis, i.e. the mechanism that regulates programmed cell death. The molecule we have developed can act as an epigenetic modulator and intervene in these processes through this mechanism, opening up the possibility of treating patients on a large scale, regardless of the gene mutation”.
The research is the result of RePiSTOP, a 2022 research project of national interest funded by the Ministry of University and Research.
Amiloidosi cardiaca: serve maggior attenzione al benessere psicologico di pazienti e caregiver
Circa un terzo dei pazienti con Amiloidosi Cardiaca e dei loro caregiver presenta livelli clinici di ansia e circa il 40% livelli clinici di depressione. E questo si associa “alla percezione dei sintomi cardiaci più gravi di quanto oggettivamente rilevato e a una peggiore relazione con il caregiver”.
A dirlo è Martina Smorti, Professore in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione dell'Università di Pisa e membro del gruppo di lavoro permanente sull’Amiloidosi cardiaca che, il 6 novembre scorso, è intervenuta alla presentazione del Position Paper “Medicina di genere «anziano»: l’esempio dell’amiloidosi cardiaca". Una pubblicazione che ha visto, per la prima volta, pazienti, clinici, società scientifiche e Istituzioni, lavorare insieme a un documento di istanze che esplicita la necessità di tutela delle persone anziane con malattie rare e complesse, a partire dalla necessità di diagnosi precoce e di garantire ai pazienti e ai loro caregiver il supporto psicologico.
Il documento è stato presentato a Roma, presso la Camera dei Deputati, in occasione di un evento organizzato su iniziativa dell’onorevole Ilenia Malavasi (Commissione XII Affari Sociali) in collaborazione con Omar - Osservatorio Malattie rare.
"I dati oggi in nostro possesso ci mostrano come i pazienti affetti da Amiloidosi Cardiaca arrivino alla diagnosi già molto provati, dal punto di vista psicologico - ha spiegato la professoressa Martina Smorti durante il suo intervento - Questo è dovuto al fatto che il percorso che precede la diagnosi è spesso una vera e propria 'odissea diagnostica'. Lo stesso responso medico costituisce, poi, un carico importante: si tratta infatti di una diagnosi di malattia rara con possibilità di trasmissione ai propri familiari".
"Numeri alla mano – prosegue la docente - i pazienti con Amiloidosi, nel 30% dei casi, presentano dei sintomi clinici di ansia e, nel 44% dei casi, di depressione. Si tratta di dati importanti, perché ansia e depressione costituiscono fattori di rischio per la non aderenza alle terapie mediche e ai trattamenti farmacologici. Ansia e depressione, infatti, a certi livelli, possono portare a percepire il proprio stato di salute come peggiore rispetto alla realtà dei fatti. Col rischio di sviare i clinici nelle loro scelte terapeutiche".
"Oltre a questo - conclude Martina Smorti -, va tenuto conto che alla gravità dei sintomi clinici e psicologici dei pazienti si lega anche il benessere dei caregiver, che hanno un ruolo fondamentale nel supporto emotivo e psicosociale delle persone anziane affette da Amiloidosi. Per il loro coinvolgimento emotivo nella malattia rischiano anche loro, infatti, di sviluppare sintomi di ansia e depressione che si ripercuotono, a loro volta, sulla salute fisica del paziente. E’ dunque necessario attivare, presso tutti i centri di riferimento, dei percorsi di supporto psicologico che affianchino pazienti e caregiver durate tutto il percorso della malattia".
La sintesi del lavoro del gruppo di lavoro è esplicitata nel Position Paper, in cui si analizzano dettagliatamente le sette istanze condivise dai membri del Gruppo di lavoro: migliorare i tempi di diagnosi dell’amiloidosi; coinvolgere i medici di medicina di base nel percorso di diagnosi precoce; garantire ai pazienti un equo accesso ai percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali; garantire ai pazienti fragili una presa in carico olistica; garantire ai pazienti e ai loro caregiver il supporto psicologico; continuare a fare awareness sull’amiloidosi; creare normativa sull’ageismo, con particolare riferimento alle malattie rare. L’intero lavoro è spiegato nella Pubblicazione.
Individuata una nuova molecola capace di rallentare la progressione della retinite pigmentosa
Si chiama REPISTAT, è una nuova molecola capace di rallentare la progressione della retinite pigmentosa, una rara patologia genetica che può portare negli anni alla totale cecità. La scoperta arriva da uno studio, che si è guadagnato la copertina del Journal of Medicinal Chemistry. A progettare e sintetizzare la molecola è stato un gruppo di ricerca di chimica farmaceutica dell’Ateneo di Siena in collaborazione, per le prove biologiche, con il Dipartimento di Farmacia dell’Ateneo pisano, e con l’Istituto di Neuroscienze del CNR - Pisa, la University College London e l’Università di Ferrara.
La sperimentazione è stata condotta in vitro e su modelli animali e la speranza è che in futuro REPISTAT possa essere alla base della formulazione di un nuovo farmaco, magari un collirio, capace di ritardare l’evoluzione della malattia.
“La retinite pigmentosa è una rara malattia genetica tuttora priva di una cura risolutiva, a causarla sono circa 200 mutazioni su una sessantina di geni, la cura più efficace è la terapia genica, con costi altissimi però, tanto che sono state attualmente sviluppate delle terapie solo per due mutazioni – spiega la professoressa Ilaria Piano del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa – ci sono tuttavia degli elementi che accomunano tutte le forme di retinite pigmentosa, come ad esempio i processi infiammatori, ossidativi o l’apoptosi, cioè il meccanismo che regola la morte programmata delle cellule. La molecola che abbiamo sviluppato è in grado di agire come modulatore epigenetico e attraverso questo meccanismo interviene proprio su questi processi aprendo un’opportunità per trattare su larga scala i pazienti, indipendentemente dalla mutazione genica”.
La ricerca è frutto di RePiSTOP, un progetto di ricerca di interesse nazionale del 2022 finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca.