Google premia una ricerca dell’Università di Pisa
Ancora un premio da Google al gruppo di ricerca del dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa guidato dal professor Paolo Ferragina, che ormai da molti anni ha in attivo una collaborazione scientifica con l’azienda americana. Il progetto premiato si chiama “From Brotli to personalized data compression” ed è incentrato su Brotli, un innovativo formato di compressione sviluppato da Google per ottimizzare la navigazione web, aumentando la compressione dei dati e riducendo i tempi di trasmissione e decompressione all'interno del browser.
“Siamo molto soddisfatti di questo nuovo riconoscimento che Google ha attribuito alle nostre ricerche, questa volta nel contesto dell'Information Theory e della Data Compression – ha commentato Paolo Ferragina. Si tratta di studi portati avanti da più di 15 anni e che, dopo un'inevitabile fase speculativa che ha generato diverse pubblicazioni su importanti conferenze e riviste internazionali dell'Informatica teorica, stanno trovando interessanti applicazioni, quali appunto quelle su cui lavoreremo insieme ai ricercatori di Google. Mi aspetto anche, come spesso accade in collaborazioni industriali prestigiose, che questa ricerca possa individuare nuovi e più avvincenti problemi teorici da investigare nel futuro”.
La collaborazione del gruppo di ricerca del professor Ferragina con Google va avanti dal 2010 grazie a due Faculty Award che avevano premiato (negli anni 2010 e 2013) i risultati ottenuti in un altro campo di indagine, ossia quello dell'annotazione semantica di testi e sue applicazioni ai motori di ricerca. Questa collaborazione ha portato già ad altri risultati scientifici quali la realizzazione dell'annotatore per testi TagMe, che ha servito circa 400 milioni di query in questi sei anni di attività, e dell'annotatore semantico per interrogazioni ai motori di ricerca SMAPH, che ha vinto il primo premio dell'ERD Challenge Query Track (istituito dalla conferenza ACM SIGIR 2014), sviluppato in collaborazione con ricercatori Google e del gruppo del professor Hinrich Schutze dell’eUniversità di Monaco.
“La soddisfazione per questo riconoscimento è doppia perché esso va a consolidare ed espandere il rapporto di ricerca con Google interessando ora un altro ambito di indagine diverso dal precedente e sottolineando così l’eccellenza della ricerca algoritmica pisana sulla memorizzazione compressa, l'indicizzazione, e la ricerca su un ampio spettro di big data (testi, grafi, raw data) – aggiunge Ferragina – Tale collaborazione ha favorito in questi anni anche scambi di dottorandi, alcuni dei quali hanno ricevuto offerte di lavoro da Google, dimostrando così la qualità non soltanto delle nostre ricerche ma anche della nostra formazione dottorale in Informatica. Spero che questo nuovo ambito di indagine incrementerà le opportunità per i nostri giovani ricercatori”.
Ne hanno parlato:
InToscana.it
StampToscana.it
QuiNewsPisa.it
PisaInformaFlash.it
«Una Costituzione migliore?»
Da più di trent’anni il tema delle riforme della Costituzione è all’attenzione del dibattito pubblico. Commissioni bicamerali, comitati governativi, gruppi di lavoro hanno cercato di definire soluzioni diverse per il funzionamento delle nostre istituzioni repubblicane. Fino ad oggi, l’unico risultato prodotto è la riforma del Titolo V della Costituzione, approvata nel 2001. Ora, il Parlamento è giunto ad un passo da una riforma che, con ogni probabilità, sarà sottoposta a referendum popolare: con essa si intende superare il bicameralismo paritario, si ridefiniscono i rapporti tra Stato e Regioni, si aboliscono il CNEL e le Province, si interviene su altri aspetti non del tutto marginali del testo costituzionale. Una riforma piuttosto ampia (ben 45 articoli della Costituzione su 139 verrebbero modificati, un terzo), che ha suscitato reazioni contrastanti, sia nell’opinione pubblica che nel mondo scientifico di riferimento.
Il volume “Una Costituzione migliore? Contenuti e limiti della riforma costituzionale” (Pisa University Press, 2016) di Emanuele Rossi, docente di Diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna, cerca di spiegare, con un linguaggio semplice ma rigoroso, i contenuti della riforma, analizzandone i punti di forza e di debolezza, le scelte opportune e gli errori commessi. Il suo obiettivo è di aiutare a decidere, in un senso o nell’altro, quando si andrà a votare per il referendum nell’autunno 2016.
Pubblichiamo qui di seguito la considerazione conclusiva del libro, che il 7 giugno è stato presentato a Palazzo Montecitorio, con interventi del ministro Maria Elena Boschi, Luciano Violante, Massimo Luciani, Paolo Fontanelli. Moderava l’incontro il giornalista Bruno Manfellotto.
Guarda il video della presentazione alla Camera.
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Come nel caso delle precedenti riforme, anche la presente è stata ed è oggetto di valutazioni contrastanti, sia in ambito politico (ma questo è del tutto scontato, considerati i criteri che muovono tale valutazioni) come anche, però, in ambito costituzionalistico (in merito alle posizioni espresse in ambito giuridico e costituzionale v. Plutino, 2014: 135 ss.). Tralascio le prime, mentre dico due parole sulle seconde.
Le tesi più estreme indicano i rischi della riforma in atto da un lato sul versante dell’assetto complessivo della Costituzione, ritenendo che con la riforma si produrrebbe una “devastazione costituzionale” (Ferrara, 2015). D’altro canto, si sottolineano i rischi sull’assetto dei poteri: secondo l’appello redatto da Gustavo Zagrebelsky e sottoscritto da altri autorevoli costituzionalisti, e veicolato da Libertà e giustizia, “le riforme in campo sono tutte orientate all’umiliazione del Parlamento, nella sua prima funzione, la funzione rappresentativa”, in quanto “la cancellazione della elezione diretta dei senatori, la drastica riduzione dei componenti — lasciando immutato il numero dei deputati — la composizione fondata su persone selezionate per la titolarità di un diverso mandato (e tratta da un ceto politico di cui l’esperienza dimostra la prevalente bassa qualità) colpiscono irrimediabilmente il principio della rappresentanza politica e gli equilibri del sistema istituzionale. Il vero obiettivo della riforma è lo spostamento dell’asse istituzionale a favore dell’esecutivo”. Va precisato che tali posizioni sono sostenute con riguardo al “combinato disposto” riforma costituzionale - legge elettorale Italicum, che produrrebbe, secondo tali autori, gli effetti indicati.
Altri (mi riferisco in particolare al Presidente emerito della Corte costituzionale Ugo de Siervo, in una lettera-appello inviata a tutti i costituzionalisti) esprime una valutazione complessiva assai negativa sul testo di riforma, ma “fondata sul merito di alcune delle maggiori scelte che vengono operate nel testo di revisione costituzionale e non, invece, su valutazioni essenzialmente politiche”. Indicando nel dettaglio le ragioni di tale critica, egli conclude ritenendo che la riforma costituzionale “non risolverebbe molti problemi che dice di voler affrontare e addirittura produrrebbe nuovi gravi danni alle nostre istituzioni democratiche. Alcuni dei contenuti del disegno di legge costituzionale che potrebbero anche essere condivisi non possono minimamente giustificare l’introduzione nella nostra Costituzione di norme e istituzioni inadeguate, inefficaci o indegne di una piena e moderna democrazia”.
Sul versante opposto si possono registrare le posizioni di altri costituzionalisti, che hanno a più riprese sottolineato gli effetti positivi della riforma complessivamente considerata, rilevando che essa, costituendo l’approdo di molti anni di dibattiti riformatori, offre risposte soddisfacenti ai problemi di carattere istituzionale emersi nel corso dell’esperienza repubblicana (l’instabilità politica, i limiti del bicameralismo paritario, il mancato riconoscimento della presenza delle autonomie regionali in Parlamento, e così via); si pone in continuità con le riforme realizzate o tentate nella grandi democrazie a forma di Stato decentrata (Ceccanti, 2015), ed “avvicina l’Italia alle grandi democrazie europee e ci permette di affrontare con strumenti più efficaci l’Europa” (Caravita, 2016). Qualcuno ha addirittura parlato di un “miracolo” (“davvero siamo vicini al miracolo di una riforma del Parlamento”: Fusaro, 2016).
Nel corso dei lavori di discussione ed approvazione parlamentare, notevole è stato il contributo dei costituzionalisti al dibattito sulla riforma; contributo rivolto, come anche in queste pagine si è cercato di dar conto, a segnalare i limiti delle singole soluzioni individuate: e ciò sia nel corso delle molte audizioni parlamentari come anche con numerosi interventi nella varie riviste giuridiche e su organi di informazione. E tuttavia questa massa di interventi non ha contribuito ad una buona qualità dell’articolato finale: ferme restando infatti le “grandi scelte politiche” – sulle quali possono esprimersi posizioni diverse, in relazione all’ottica da cui le si guardi –, sembra infatti evidente che il testo uscito dal Parlamento è, perlomeno da un punto di vista tecnico e quindi di funzionalità del sistema, assai deficitario. Come ben ha sintetizzato un autorevole costituzionalista, se le finalità generali del progetto sono ben giustificate, bisogna anche riconoscere che nel disegno di legge vi sono “scelte viziate da veri e propri errori di sintassi costituzionale” (Cheli, 2014).
Tale considerazione porta molti a domandarsi (e a domandare ai costituzionalisti) come sia possibile che ciò avvenga, e se non vi siano meccanismi in grado di supportare (ed eventualmente controllare) l’attività di chi è chiamato a scrivere ed approvare le disposizioni costituzionali. Come ho cercato di indicare nel corso dell’esposizione, infatti, vi sono alcuni evidenti errori oggettivi nel testo: come è possibile che (almeno) questi non siano stati evitati?
La risposta a queste domande non è facile, né può essere questa la sede per darvi risposta. Certamente vi è un problema di qualità della classe politica, come anche vi è un problema di funzionalità degli uffici di supporto all’attività legislativa (funzionalità che prescinde dalla qualità, talvolta eccellente, dei singoli funzionari parlamentari). Considerando poi che l’attuale disegno di legge riformatorio è stato predisposto e seguìto da vicino dal Governo, anche durante la discussione parlamentare, si deve parlare altresì di “qualche improvvisazione concettuale ed una notevole inadeguatezza tecnica” da parte dell’esecutivo (De Siervo, 2015b). Ma forse si dovrebbe ragionare di un problema assai più complesso, e cioè della capacità di operare riforme costituzionali così ampie in un contesto politico come quello dato. E, più in generale, ci si dovrebbe interrogare se revisioni costituzionali organiche possano essere realizzate in assenza di un momento costituente vero e proprio, vale a dire in condizioni storiche e sociali a ciò adeguate: detto in altri termini, se riforme come queste possano essere prodotte dal potere costituito e non richiedano invece l’esercizio di potere costituente.
Limitando qui il discorso a piani più modesti, quello che ci si deve augurare, in vista del referendum che con ogni probabilità si andrà a celebrare, è che in relazione ad esso il dibattito si concentri sui contenuti della riforma, e non su questioni politiche legate ad un leader o ad un altro, alla necessità di far vincere uno schieramento politico o all’opportunità di farlo perdere. L’art. 138 della Costituzione richiede che gli elettori si esprimano con un sì o con un no su una legge di riforma della Costituzione: questo, e solo questo, dovrebbe essere l’oggetto della decisione. Che poi questo voto abbia riflessi anche su altro è possibile e forse anche inevitabile, e comunque è sempre avvenuto: ma una cosa è votare sì o no alla riforma se su di essa si è d’accordo o meno; altro è votare sì o no perché si vuol far cadere un governo o si vuole premiare questo o quel leader. La differenza mi pare abbastanza evidente.
La speranza è che queste pagine possano aiutare ciascuno a decidere consapevolmente se la legge di riforma faccia della nostra una Costituzione migliore oppure no. E su tale giudizio esprimere il proprio voto.
Emanuele Rossi
Al via il progetto europeo ArchAIDE
Prende ufficialmente il via il progetto ArchAIDE (Archaeological Automatic Interpretation and Documentation of cEramics) finanziato dalla Comunità Europa nel programma Horizon 2020. Il progetto, di cui il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa è coordinatore, verrà presentato pubblicamente alla stampa e alla comunità scientifica al kick off meeting di martedì 14 giugno 2016, alle ore 10 presso la Gipsoteca di Arte Antica in Piazza San Paolo all’Orto 20. Sono partner del progetto istituti di ricerca e aziende private di 5 paesi: Consiglio Nazionale delle Ricerche – ISTI (Italy), Tel Aviv University (Israel), University of York (United Kingdom), Universitat de Barcelona (Spain); Universitaet zu Koeln (Germany); Baraka Arqueologos s.l. (Spain); Elements centro de gestio i difusio de patrimoni cultural (Spain); Inera srl (Italy).
Il progetto, di durata triennale, svilupperà una App altamente innovativa che mira a rivoluzionare la pratica archeologica attraverso il riconoscimento automatico dei frammenti ceramici, elementi chiavi per la datazione e la comprensione dei contesti storici. L’obiettivo è quello di aiutare gli archeologi a ridurre tempi e costi di una parte fondamentale del loro lavoro attraverso uno strumento molto pratico, utilizzabili con facilità direttamente sul campo e in qualunque parte del mondo, realizzato delle più avanzate tecnologie ICT. ArchAIDE mira inoltre a migliorare l’accesso e la valorizzazione del patrimonio archeologico europeo attraverso la creazione e l’implementazione di un database open data che permetterà il riutilizzo di tutte le informazioni che verranno prodotte sia dal team di progetto sia dagli users della App.
“ArchAIDE è un progetto ambizioso che si rivolge a tutti gli operatori del mondo archeologico, dai liberi professionisti alle ditte archeologiche, dai ricercatori ai curatori museali, ai funzionari pubblici, in un’ottica di collaborazione globale le cui parole chiave sono innovazione, sostenibilità e condivisione”, spiega la professoressa Letizia Gualandi dell’Ateneo pisano, coordinatrice del progetto.
Insieme a lei alla presentazione saranno presenti i professori dell’Università di Pisa Paolo Barale e Alessandro Polsi e per le istituzioni e le aziende partner Julian D. Richards (University of York), Lior Wolf (Tel Aviv University), Jaume Buxeda i Garrigós (Universitat de Barcelona), Matteo Delle Piane (Consiglio Nazionale delle Ricerche – ISTI), Michael Heinzelmann (Universitaet zu Koeln), Miguel Ángel Hervás (Baraka Arqueologos s.l.), Llorenç Vila Socias (Elements centro de gestio i difusio de patrimoni cultural), Massimo Zallocco (Inera srl).
Per la prima volta in Italia un corso di laurea formerà i futuri climatologi
Prima in Italia, l’Università di Pisa formerà i futuri climatologi. Dal prossimo anno accademico 2016-17 sarà attivato uno specifico “Curriculum Climatologico” nell’ambito del corso di laurea magistrale in Scienze Ambientali a cui gli studenti possono già iscriversi.
“Con questa iniziativa intendiamo colmare una lacuna formativa in ambito accademico dato che attualmente in Italia, al contrario che in altri paesi, non esiste un corso di laurea in Climatologia la nostra offerta didattica rappresenta dunque un unicum nel panorama nazionale”, ha sottolineato la professoressa Marta Pappalardo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.
Negli ultimi decenni, l’impatto sociale di discipline quali la Climatologia e la Meteorologia è enormemente cresciuto, tanto che argomenti come il riscaldamento globale e le previsioni del tempo sono sempre più spesso oggetto di discussione pubblica. All’interno di questo quadro i futuri climatologi saranno esperti capaci di prefigurare l’andamento del clima stagionale a medio e lungo termine basandosi anche sull’analisi di scenari passati grazie allo studio di discipline quali la paleoclimatologia. A livello professionale, fra i molti sbocchi possibili, da sottolineare quelli del settore agroalimentare o dell’energia, per programmare ad esempio le produzioni o lo stoccaggio legate alla stagionalità.
Il nuovo “Curriculum Climatologico” sarà presentato 15 giugno alle 11 al dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa in via S. Maria 53. Intervengono i professori Michele Marroni, direttore del dipartimento, Marta Pappalardo, Sergio Pinna, il giornalista Renzo Castelli e Bernardo Gozzini del Consorzio LAMMA.
Per la prima volta in Italia un corso di laurea formerà i futuri climatologi
Prima in Italia, l’Università di Pisa formerà i futuri climatologi. Dal prossimo anno accademico 2016-17 sarà attivato uno specifico “Curriculum Climatologico” nell’ambito del corso di laurea magistrale in Scienze Ambientali a cui gli studenti possono già iscriversi.
“Con questa iniziativa intendiamo colmare una lacuna formativa in ambito accademico dato che attualmente in Italia, al contrario che in altri paesi, non esiste un corso di laurea in Climatologia la nostra offerta didattica rappresenta dunque un unicum nel panorama nazionale”, ha sottolineato la professoressa Marta Pappalardo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.
Negli ultimi decenni, l’impatto sociale di discipline quali la Climatologia e la Meteorologia è enormemente cresciuto, tanto che argomenti come il riscaldamento globale e le previsioni del tempo sono sempre più spesso oggetto di discussione pubblica. All’interno di questo quadro i futuri climatologi saranno esperti capaci di prefigurare l’andamento del clima stagionale a medio e lungo termine basandosi anche sull’analisi di scenari passati grazie allo studio di discipline quali la paleoclimatologia. A livello professionale, fra i molti sbocchi possibili, da sottolineare quelli del settore agroalimentare o dell’energia, per programmare ad esempio le produzioni o lo stoccaggio legate alla stagionalità.
Il nuovo “Curriculum Climatologico” sarà presentato il 15 giugno alle 11 al dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa in via S. Maria 53. Intervengono i professori Michele Marroni, direttore del dipartimento, Marta Pappalardo, Sergio Pinna, il giornalista Renzo Castelli e Bernardo Gozzini del Consorzio LAMMA.
Docufilm "Vengo anch'io"
Il 15 giugno alle 21, nell'aula 10 del Polo Ricci (via del Collegio Ricci 10), l'associazione studentesca LiberLabor, in collaborazione con il Teatro dell'Assedio, invita all'incontro preliminare per la realizzazione e la produzione del Docufilm "Vengo anch'io", incentrato sulla vita degli studenti ed in generale di chi vive a Pisa.
Prospettive, valori, ambizioni, desideri, relazione con la città saranno alcuni dei principali temi trattati, sino a rendere formazione artistica, competenze tecniche e indagine analitica del territorio una astuta ed equilibrata miscellanea volta ad un circolo virtuoso che vede gli studenti protagonisti sia come realizzatori dell’opera video sia come avventori nelle interviste.
Un lavoro dunque che nasce all’Università e cresce per strada proponendosi di raccontare con intelligenza ironica e spietato realismo una città come Pisa, provinciale crocevia di culture e genti provenienti da ogni parte di Italia e non solo.
Il regista Michelangelo Ricci curerà la direzione artistica del progetto e i laboratori di formazione.
L'iniziativa è organizzata con il contributo dell'Università di Pisa e del DSU Toscana.
Info
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La Società italiana di Dermatologia premia un ricercatore dell’Unipi
Si è svolto a Genova il 91° il congresso annuale di Sidemast, la Società Italiana di Dermatologia, all’interno del quale è stato assegnato un premio di euro 10.000, che interessava i giovani ricercatori su una tematica inerente il prurito.
La commissione ha valutato gli elaborati presentati e ha votato all’unanimità il progetto intitolato “Valutazione dell’espressione dei principali mediatori pruritogenici in patologie infiammatorie croniche cutanee: rilevanti implicazioni riguardanti la patogenesi del prurito in settings immunologici diversi, e potenziale identificazione di nuove strategie terapeutiche”, presentato da Andrea Chiricozzi, ricercatore in Dermatologia presso il dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa, che ha ricevuto il premio dal Presidente Sidemast, professor Giampiero Girolomoni.
L’obiettivo di questo progetto è quello di descrivere i diversi mediatori coinvolti (immunologici e neurologici) nel meccanismo patogenetico del prurito associato a varie dermatosi croniche cutanee come il lichen, la dermatite atopica, e la psoriasi. La migliore comprensione di questi meccanismi patogenetici potrebbe avere rilevanti implicazioni, portando all'identificazione di nuovi target terapeutici.
La Società italiana di Dermatologia premia un ricercatore dell’Università di Pisa
Si è svolto a Genova il 91° il congresso annuale di Sidemast, la Società Italiana di Dermatologia, all’interno del quale è stato assegnato un premio di euro 10.000, che interessava i giovani ricercatori su una tematica inerente il prurito. La commissione ha valutato gli elaborati presentati e ha votato all’unanimità il progetto intitolato “Valutazione dell’espressione dei principali mediatori pruritogenici in patologie infiammatorie croniche cutanee: rilevanti implicazioni riguardanti la patogenesi del prurito in settings immunologici diversi, e potenziale identificazione di nuove strategie terapeutiche”, presentato da Andrea Chiricozzi, ricercatore in Dermatologia presso il dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa, che ha ricevuto il premio dal Presidente Sidemast, professor Giampiero Girolomoni. L’obiettivo di questo progetto è quello di descrivere i diversi mediatori coinvolti (immunologici e neurologici) nel meccanismo patogenetico del prurito associato a varie dermatosi croniche cutanee come il lichen, la dermatite atopica, e la psoriasi. La migliore comprensione di questi meccanismi patogenetici potrebbe avere rilevanti implicazioni, portando all'identificazione di nuovi target terapeutici.
COMUNICATO E INVITO STAMPA: Al via il progetto ArchAIDE
Prende ufficialmente il via il progetto ArchAIDE (Archaeological Automatic Interpretation and Documentation of cEramics) finanziato dalla Comunità Europa nel programma Horizon 2020. Il progetto, di cui il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa è coordinatore, verrà presentato pubblicamente alla stampa e alla comunità scientifica al kick off meeting di martedì 14 giugno 2016, alle ore 10 presso la Gipsoteca di Arte Antica in Piazza San Paolo all’Orto 20. Sono partner del progetto istituti di ricerca e aziende private di 5 paesi: Consiglio Nazionale delle Ricerche – ISTI (Italy), Tel Aviv University (Israel),University of York (United Kingdom), Universitat de Barcelona (Spain); Universitaet zu Koeln (Germany); Baraka Arqueologos s.l. (Spain); Elements centro de gestio i difusio de patrimoni cultural (Spain); Inera srl (Italy).
Il progetto, di durata triennale, svilupperà una App altamente innovativa che mira a rivoluzionare la pratica archeologica attraverso il riconoscimento automatico dei frammenti ceramici, elementi chiavi per la datazione e la comprensione dei contesti storici. L’obbiettivo è quello di aiutare gli archeologi a ridurre tempi e costi di una parte fondamentale del loro lavoro attraverso uno strumento molto pratico, utilizzabili con facilità direttamente sul campo e in qualunque parte del mondo, realizzato delle più avanzate tecnologie ICT.
ArchAIDE mira inoltre a migliorare l’accesso e la valorizzazione del patrimonio archeologico europeo attraverso la creazione e l’implementazione di un database open data che permetterà il riutilizzo di tutte le informazioni che verranno prodotte sia dal team di progetto sia dagli users della App.
“ArchAIDE è un progetto ambizioso che si rivolge a tutti gli operatori del mondo archeologico, dai liberi professionisti alle ditte archeologiche, dai ricercatori ai curatori museali, ai funzionari pubblici, in un’ottica di collaborazione globale le cui parole chiave sono innovazione, sostenibilità e condivisione”, spiega la professoressa Letizia Gualandi dell’Ateneo pisano, coordinatrice del progetto.
Insieme a lei alla presentazione saranno presenti i professori dell’Università di Pisa Paolo Barale e Alessandro Polsi e per le istituzioni e le aziende partner Julian D. Richards (University of York), Lior Wolf (Tel Aviv University), Jaume Buxeda i Garrigós (Universitat de Barcelona), Matteo Delle Piane (Consiglio Nazionale delle Ricerche – ISTI), Michael Heinzelmann (Universitaet zu Koeln), Miguel Ángel Hervás (Baraka Arqueologos s.l.), Llorenç Vila Socias (Elements centro de gestio i difusio de patrimoni cultural), Massimo Zallocco (Inera srl).
Elezione del rettore dell'Università di Pisa: si va al secondo turno
Nulla di fatto al primo turno di votazioni per l'elezione del rettore dell'Università di Pisa per il periodo 2016-2022, in cui per Statuto era richiesta la maggioranza assoluta dei voti esprimibili. Il professor Paolo Maria Mancarella ha ottenuto 879 preferenze, seguito dai professori Giuseppe Iannaccone con 329 preferenze, Mauro Tulli con 253 preferenze e Donato Aquaro con 113 preferenze. Per essere eletto erano necessari 921 voti, pari alla metà più uno rispetto ai 1841 voti esprimibili.
Quest'ultimo dato risulta dal diverso peso del voto di alcune componenti della comunità universitaria. Nelle elezioni del rettore, infatti, il voto dei ricercatori a tempo determinato di cui alla lettera a, comma 3 dell'articolo 24 della legge n.240/2010, è ponderato nella misura di 1 voto ogni 2 espressi, mentre quello del personale tecnico-amministrativo a tempo indeterminato, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, è ponderato nella misura di 1 voto ogni 7 espressi, a eccezione dei rappresentanti in Senato Accademico che hanno voto pieno.
Nel primo turno, il totale delle schede scrutinate è stato di 2572 sui 3184 aventi diritto. Le schede bianche sono state 36 e gli astenuti 6.
Sulla base dell'esito del primo turno di votazioni, sono ammessi al secondo turno i candidati che abbiano riportato almeno il 10% dei voti esprimibili e dunque i professori Giuseppe Iannaccone, Paolo Maria Mancarella e Mauro Tulli.
Nel secondo turno di votazioni, in programma da lunedì 13 a giovedì 16 giugno, il rettore viene eletto a maggioranza assoluta dei voti espressi. In caso di mancata elezione, e purché la somma dei voti ottenuti dai due candidati maggiormente votati superi il 50% dei voti espressi, si procede al ballottaggio tra i due candidati maggiormente votati.