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prova dinamicaL’ente di ricerca giapponese JAMSTEC (Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology) ha attivato un accordo di collaborazione scientifica con il dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa per testare gli elementi tubolari di perforazione che utilizza per effettuare le indagini geologiche sottomarine.

Ciro Santus Tomoya InoueDa quest’anno, nel laboratorio di prove meccaniche dell’Ateneo pisano i ricercatori coordinati dal professore Ciro Santus, con il supporto dello spin off ACTA Srl, testano le attrezzature che servono per eseguire i carotaggi della crosta terrestre fino a 7.500-10.000 metri di profondità. JAMSTEC conduce questa attività allo scopo di investigare la consistenza dei diversi strati geologici per poi dedurre, ad esempio, importanti informazioni sulla meccanica dei terremoti. Le perforazioni esplorative si svolgono a bordo della nave “Chikyu” (termine che in giapponese significa “Alla scoperta della Terra”) e le attrezzature utilizzate, aste di perforazione “leggere” (Drill Pipe) e “pesanti” (Drill Collar), sono le stesse impiegate per la perforazione estrattiva petrolifera e di gas naturale.nave Chikyu copy

“Il nostro laboratorio è un unicum a livello internazionale – ha spiegato Ciro Santus – a Pisa siamo in grado di testare queste attrezzature in piena scala, fino a 240 mm di diametro, e di fornire dati di resistenza di primario interesse per gli ingegneri della perforazione di JAMSTEC”.

Le macchine del laboratorio del dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale sono state inizialmente ideate e sviluppate per motivi di ricerca dai professori Leonardo Bertini e Marco Beghini per conto della multinazionale italiana Eni, e successivamente per altre aziende del settore, quali la francese Vallourec - VAM Drilling.

Il loro principio di funzionamento è basato sul fenomeno della risonanza e le frequenze operative (25-30 Hz) permettono tempi di prova accettabili per il raggiungimento di vari milioni di cicli, che rappresentano l’ordine di grandezza della vita utile delle attrezzature di perforazione.

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nei video le macchine del laboratorio del dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale:

https://www.youtube.com/watch?v=JK3ADADOkfA

https://www.youtube.com/watch?v=69p_CmxLS5c

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Foto:

In alto a destra, una prova dinamica in cui la zona di connessione al centro, oggetto del test, è sollecitata fino al raggiungimento della frattura a fatica

In alto a sinistra, il professore Ciro Santus a fianco dell’Ingegnere Tomoya Inoue dell’ente nazionale giapponese JAMSTEC

In basso a destra, la nave giapponese Chikyu per perforazioni Deep See a scopo scientifico

 

L’ente di ricerca giapponese JAMSTEC (Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology) ha attivato un accordo di collaborazione scientifica con il dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa per testare gli elementi tubolari di perforazione che utilizza per effettuare le indagini geologiche sottomarine.

Da quest’anno, nel laboratorio di prove meccaniche dell’Ateneo pisano i ricercatori coordinati dal professore Ciro Santus, con il supporto dello spin off ACTA Srl, testano le attrezzature che servono per eseguire i carotaggi della crosta terrestre fino a 7.500-10.000 metri di profondità. JAMSTEC conduce questa attività allo scopo di investigare la consistenza dei diversi strati geologici per poi dedurre, ad esempio, importanti informazioni sulla meccanica dei terremoti. Le perforazioni esplorative si svolgono a bordo della nave “Chikyu” (termine che in giapponese significa “Alla scoperta della Terra”) e le attrezzature utilizzate, aste di perforazione “leggere” (Drill Pipe) e “pesanti” (Drill Collar), sono le stesse impiegate per la perforazione estrattiva petrolifera e di gas naturale.

“il nostro laboratorio è un unicum a livello internazionale – ha spiegato Ciro Santus – a Pisa siamo in grado di testare queste attrezzature in piena scala, fino a 240 mm di diametro, e di fornire dati di resistenza di primario interesse per gli ingegneri della perforazione di JAMSTEC”.

Le macchine del laboratorio del dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale sono state inizialmente ideate e sviluppate per motivi di ricerca dai professori Leonardo Bertini e Marco Beghini per conto della multinazionale italiana Eni, e successivamente per altre aziende del settore, quali la francese Vallourec - VAM Drilling. Il loro principio di funzionamento è basato sul fenomeno della risonanza e le frequenze operative (25-30 Hz) permettono tempi di prova accettabili per il raggiungimento di vari milioni di cicli, che rappresentano l’ordine di grandezza della vita utile delle attrezzature di perforazione.

Macchine del laboratorio del dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale

https://www.youtube.com/watch?v=JK3ADADOkfA

https://www.youtube.com/watch?v=69p_CmxLS5c

Dida Foto:

Nave giapponese Chikyu per perforazioni Deep See a scopo scientifico, (in basso a Il Prof. Ciro Santus a fianco dell’Ingegnere Tomoya Inoue dell’ente nazionale giapponese JAMSTEC

Una prova dinamica in cui la zona di connessione al centro, oggetto del test, è sollecitata fino al raggiungimento della frattura a fatica.

L'analisi dell'impatto economico dell'Ateneo, condotta dalla professoressa Ada Carlesi,  prorettore per le politiche di bilancio, è la prima parte del Rapporto di Sostenibilità, uno studio che tratta delle ricadute economiche e sociali della presenza e delle attività dell'Ateneo sul territorio pisano.

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È in esposizione libera e gratuita, all'ingresso del dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, in via Santa Maria 53, una rara meteorite lunare che i ricercatori pisani hanno trovato in Antartide nel 2013, durante una spedizione scientifica del Programma Nazionale delle Ricerche in Antartide nell'area di ghiaccio blu di Mount DeWitt in Terra Vittoria settentrionale.

La meteorite si chiama Mount DeWitt 12007 (abbreviato DEW12007) e pesa 94.2 grammi. Gli studi condotti da giovani ricercatori del dipartimento - in particolare da Alberto Collareta e Maurizio Gemelli, con il coordinamento dei professori Massimo D'Orazio e Luigi Folco - hanno documentato, con articoli pubblicati su riviste internazionali, che DEW12007 è un campione di suolo lunare. Questo suolo, detto regolite lunare, è il prodotto della continua deposizione di frammenti della crosta lunare lanciati dalle varie regioni della superficie dagli impatti cosmici che hanno tempestato la Luna sin dalla sua origine, 4.5 miliardi di anni fa. Il suolo campionato da DEW12007 consiste di innumerevoli frammenti rocciosi millimetrici, forse di tutte le diverse rocce che affiorano sulla superficie lunare, e, pertanto, offre la possibilità di studiare la varietà di composizione della crosta lunare.

La conoscenza della crosta lunare è di grande importanza per le scienze planetarie, in quanto permette di studiare i processi di differenziazione planetaria avvenuti agli albori del sistema solare tra 4.6. e 4.4 miliardi di anni fa, nonché di ricostruire la catastrofica storia collisionale avvenuta nei primi 600 milioni di anni del sistema solare nello spazio vicino alla Terra. Da questo punto di vista, l’Antartide rappresenta un terreno privilegiato per la raccolta di meteoriti, piccoli frammenti di asteroidi, comete e pianeti che forniscono informazioni uniche sulla origine e sull'evoluzione del sistema solare.

ugo faragunaUgo Faraguna (foto) del dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa si è aggiudicato il premio della Società Italiana di Fisiologia (SIF) 2016 riservato a giovani ricercatori under 40.

A fronte di 19 candidature provenienti da tutta l’Italia, il ricercatore pisano ha vinto 1000 euro piazzandosi primo ex-aequo con la dottoressa Flavia Antonucci dell’Università degli studi di Milano.

Classe 1979 e laureato a Pisa dove ha fatto ritorno dopo un periodo trascorso all’Università del Wisconsin negli Stati Uniti, Ugo Faraguna ha ricevuto il riconoscimento durante 67mo congresso della SIF che si è svolto a Catania alla fine di settembre.

In questa stessa occasione Faraguna ha presentato le sue ricerche più avanzate sui meccanismi che regolano il sonno a una platea di oltre 250 scienziati riuniti a convegno impegnati nei diversi campi della ricerca biomedica fra cui Carlo Maria Croce (Columbus, OH, Usa), Stefano Pluchino (Cambridge, UK) e Ulrich Pohl (Munich, Germany).

 

Ugo Faraguna del dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università di Pisa si è aggiudicato il premio della Società Italiana di Fisiologia (SIF) 2016 riservato a giovani ricercatori under 40. A fronte di 19 candidature provenienti da tutta l’Italia, il ricercatore pisano ha vinto 1000 euro piazzandosi primo ex-aequo con la dottoressa Flavia Antonucci dell’Università degli studi di Milano. Classe 1979 e laureato a Pisa dove ha fatto ritorno dopo un periodo trascorso all’Università del Wisconsin negli Stati Uniti, Ugo Faraguna ha ricevuto il riconoscimento durante 67mo congresso della SIF che si è svolto a Catania alla fine di settembre. In questa stessa occasione Faraguna ha presentato agli studiosi riuniti a convegno le sue ricerche più avanzate sui meccanismi che regolano il sonno.

meteorite1aÈ in esposizione libera e gratuita, all'ingresso del dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, in via Santa Maria 53, una rara meteorite lunare che i ricercatori pisani hanno trovato in Antartide nel 2013, durante una spedizione scientifica del Programma Nazionale delle Ricerche in Antartide nell'area di ghiaccio blu di Mount DeWitt in Terra Vittoria settentrionale.

La meteorite si chiama Mount DeWitt 12007 (abbreviato DEW12007) e pesa 94.2 grammi. Gli studi condotti da giovani ricercatori del dipartimento - in particolare da Alberto Collareta e Maurizio Gemelli, con il coordinamento dei professori Massimo D'Orazio e Luigi Folco - hanno documentato, con articoli pubblicati su riviste internazionali, che DEW12007 è un campione di suolo lunare. Questo suolo, detto regolite lunare, è il prodotto della continua deposizione di frammenti della crosta lunare lanciati dalle varie regioni della superficie dagli impatti cosmici che hanno tempestato la Luna sin dalla sua origine, 4.5 miliardi di anni fa. Il suolo campionato da DEW12007 consiste di innumerevoli frammenti rocciosi millimetrici, forse di tutte le diverse rocce che affiorano sulla superficie lunare, e, pertanto, offre la possibilità di studiare la varietà di composizione della crosta lunare.

meteorite2aLa conoscenza della crosta lunare è di grande importanza per le scienze planetarie, in quanto permette di studiare i processi di differenziazione planetaria avvenuti agli albori del sistema solare tra 4.6. e 4.4 miliardi di anni fa, nonché di ricostruire la catastrofica storia collisionale avvenuta nei primi 600 milioni di anni del sistema solare nello spazio vicino alla Terra. Da questo punto di vista, l’Antartide rappresenta un terreno privilegiato per la raccolta di meteoriti, piccoli frammenti di asteroidi, comete e pianeti che forniscono informazioni uniche sulla origine e sull'evoluzione del sistema solare.

È stato conferito allo storica della Scienza Italiana, la professoressa Paula Findlen, il Premio internazionale Galileo Galilei dei Rotary Club Italiani, giunto alla 55esima edizione. Contemporaneamente, è stata assegnata allo scienziato Giovanni Losurdo l'undicesima edizione del Premio Galileo Galilei per la scienza. La cerimonia di conferimento si è tenuta sabato 1° ottobre, nell'Aula Magna dell'Ateneo

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 La professoressa Paula Findlen, docente della Stanford University, ha contribuito a riportare al centro dell’interesse internazionale alcuni aspetti essenziali della cultura scientifica italiana di età moderna. Grazie alle sue pubblicazioni, che riprendono gli approfondimenti degli studiosi italiani di grande prestigio, è stata riproposta un’immagine

innovativa del nostro Rinascimento e delle sue esperienze in campo scientifico.

Il professor Giovanni Losurdo è primo ricercatore dell’Infn di Pisa e già dottore di ricerca in Fisica alla Scuola Normale. Lavora allo studio delle onde gravitazionali sin dalla sua tesi di laurea, vantando collaborazioni con i principali laboratori coinvolti nel settore che fanno capo al Caltech, al Mit, alla University of Western Australia, alla Tokyo University e alla University of Glasgow.

La professoressa Findlen ha inoltre rivolto una particolare attenzione al ruolo delle donne nella scienza italiana con uno sguardo di carattere sociale e intellettuale. A valutarla meritevole del premio Galilei, all’unanimità, sono stati Marco Beretta, Massimo Bucciantini, Maria Conforti, Claudio Pogliano e Saverio Sani.

Dal 2006 il professor Losurdo ha coordinato le operazioni che hanno dato vita ad «Advanced Virgo», il progetto pensato per rendere dieci volte più sensibile l’interferometro «Virgo» divenendone nel 2009 project leader. A decretare la sua vittoria, su altre decine di candidati, sono stati Alexander Blumen, Muhsin Harakeh, Claude Le Bris, B.S. Sathyaprakash, Jean Yves Vinet e Saverio Sani (segretario del premio) che hanno designato all’unanimità l’insigne scienziato.

 

 

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Garantire la qualità dei prodotti e, insieme, un maggior rispetto dell’ambiente attraverso il confronto tra pratiche di agricoltura biologica e tecniche convenzionali. È questo l’obiettivo di un progetto di ricerca internazionale a cui è stato chiamato a collaborare il Centro di ricerche agro-ambientali “Enrico Avanzi” dell’Università di Pisa, scelto come prima stazione sperimentale in Europa e tra le primissime nel mondo, che si aggiunge alle due selezionate finora in Canada e a una terza negli Stati Uniti. Per illustrare i dettagli del progetto, oltre che per avviare la fase operativa della collaborazione, sarà a Pisa nei prossimi giorni il dottor Klaus Lorenz, del “Carbon Management e Sequestration Centre” della Ohio State University, che lunedì 3 ottobre, dalle ore 10 alle ore 12, terrà une conferenza nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali, dal titolo “Il sequestro del carbonio del terreno per la sicurezza alimentare e per il clima”.
Secondo le più accreditate fonti scientifiche, circa un quarto delle emissioni totali dei cosiddetti “gas serra” è dovuto alle attività agricole, con una forte incidenza dei processi legati alla gestione dei suoli e della sostanza organica in essi contenuta o applicata mediante la fertilizzazione. L’agricoltura, al pari di altre attività, può quindi contribuire alla riduzione del livello complessivo delle emissioni di “gas serra”, avvalendosi di tecniche in grado di “sequestrare” l’anidride carbonica dall’atmosfera e di trasformarla in altri composti stabili del carbonio. Il dottor Lorenz sta appunto sviluppando uno studio mirato alla definizione delle variazioni dello stock di carbonio organico nei terreni gestiti secondo sistemi convenzionali e biologici. Il progetto mira a dimostrare che le tecniche di coltivazione biologica permettono di immagazzinare, e quindi di imprigionare, maggiori quantità di carbonio nel terreno, limitando la sua dispersione nell’aria e di conseguenza gli effetti nocivi sull’atmosfera. In particolare, la ricerca intende monitorare gli effetti delle due diverse tipologie di coltivazione, sul medesimo terreno, nel medio e lungo periodo, comunque dopo un tempo minimo di cinque anni, e – ulteriore elemento di novità del progetto del dottor Lorenz - a una profondità di circa un metro, che è tripla rispetto alle sperimentazioni effettuate finora, ferme a 30 centimetri.
Il Centro Avanzi è stato selezionato come stazione sperimentale per le sue peculiari caratteristiche, per le tecniche rigorose e di avanguardia che in esso vengono praticate e per avere a disposizione, al suo interno, terreni simili in cui convivono coltivazioni biologiche e altre tradizionali. Per rispondere alle esigenze della ricerca sono stati individuati i campi del progetto “Mediterranean Arable Systems COmparison Trial” (MASCOT), attivo già dal 2000, sui quali nei prossimi giorni i ricercatori pisani e americani effettueranno un primo campionamento.
“Siamo molto orgogliosi per essere stati selezionati nell’ambito del progetto di ricerca sviluppato dal dottor Lorenz – ha commentato il professor Marco Mazzoncini, direttore del Centro Avanzi – a dimostrazione del fatto che la nostra struttura è conosciuta e apprezzata anche all’estero per le sue ricerche di lungo periodo, strumento sempre più importante nel campo della moderna ricerca agronomica”.

Venerdì 30 settembre, alle ore 16.00, in Piazza XX Settembre, di fronte alle Logge dei Banchi, i colleghi giornalisti sono invitati a partecipare all’inaugurazione di BRIGHT, la Notte dei ricercatori. Nell’occasione saranno presenti le autorità e i rappresentanti delle università e dei centri di ricerca promotori della manifestazione, che daranno il via ufficiale alle attività che animeranno le strade e le piazze della città fino a mezzanotte.
Il programma compelto di BRIGHT è disponibile a questo link: http://www.bright-toscana.it/pisa/

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