Prestigioso riconoscimento per tre docenti del Dipartimento di Informatica
I professori Roberto Barbuti, Roberta Gori e Paolo Milazzo del Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa hanno vinto il premio per il “risultato teorico dell’anno” assegnato dalla International Membrane Computing Society (IMCS), grazie al lavoro “Multiset Patterns and Their Application to Dynamic Causalities in Membrane Systems”.
L’International Membrane Computing Society (IMCS) è un’associazione internazionale costituita da ricercatori che si occupano di “Membrane Computing”, un modello di calcolo sviluppato a partire dai primi anni 2000. Il paradigma di “Membrane Computing”, ispirato da modelli biologici, ha trovato innumerevoli applicazioni in svariati campi scientifici, dall’informatica alla biologia e alla medicina.
Ogni anno la IMCS assegna tre premi: il premio per la migliore tesi di dottorato, “The PhD Thesis of the Year”, il premio per il miglior risultato teorico, “The Theoretical Result of the Year” e il premio per la migliore applicazione, “The Application of the Year”.
«Desidero conglatularmi con i colleghi e amici che hanno conseguito questo prestigioso riconoscimento - commenta il rettore Paolo Mancarella - La soddisfazione è anche doppia considerando che il Dipartimento di Informatica è anche il mio dipartimento e ancora una volta dimostra la sua eccellenza e avanguardia a livello internazionale”.
Avviso di fabbisogno interno per l'attività "Disseminazione delle conoscenze prodotte dal Centro di Ricerca UBIQUAL"
Fantaguida ad Ingegneria 2018/19
Fantaguida ad Ingegneria 2018/19
L'associazione Sinistra per... l'integrazione e le culture presenta la pubblicazione "Fantaguida ad Ingegneria 2018/19", una rivista realizzata con i contributi per le attività studentesche dell'Ateneo di Pisa.
Info: http://www.sinistraper.org
Una ricerca pubblicata su 'Scientific Reports' rivela l'antica sede del Portus Pisanus
L’antico porto di Pisa, il famoso Portus Pisanus, dalla controversa ubicazione e da molti confuso con lo scalo fluviale di San Rossore che ha restituito le straordinarie navi romane, è stato ritrovato e connesso all’evoluzione della laguna di Santo Stefano ai Lupi, una località del livornese a sud di Coltano. La scoperta, frutto di un approccio multidisciplinare che ha coinvolto dati geologici e storico-archeologici, è stata rivelata in uno studio appena pubblicato su "Scientific Reports". La ricerca geoarcheologica, coordinata da David Kaniewski dell’Università di Tolosa, ha visto la partecipazione degli studiosi dell’Università di Pisa, Monica Bini, Marinella Pasquinucci e Giovanni Sarti, assieme a quella di Veronica Rossi dell’Università di Bologna.
Nell'antichità e nel medioevo Pisa e il suo territorio si avvalsero di un sistema di porti e approdi marittimi e fluviali la cui ubicazione e vitalità variò nel tempo in relazione alle continue, progressive trasformazioni geomorfologiche della fascia litoranea, tra cui l'avanzamento della fascia costiera e l'evoluzione dei corsi fluviali. Fra questi scali, le fonti antiche citano in particolare quello ubicato in un'area naturalmente protetta, ormai da tempo interrata, corrispondente alla periferia nord nord est di Livorno. Le stesse fonti lo denominarono Portus Pisanus, indicandone con precisione la distanza dal porto di Vada, a sud, e dalla foce dell'Arno del tempo, a nord.
Il nome di Portus Pisanus è attestato dal V-VII secolo d.C., ma potrebbe essere più antico. Le fonti antiche lo descrivono come un porto sicuro, ampio e ricco di traffici. Già alla metà del 1700 Targioni Tozzetti, grande naturalista studioso delle fonti antiche, aveva osservato alla periferia nord est di Livorno, in località Santo Stefano ai Lupi, le imponenti rovine di un abitato antico e molti reperti archeologici che attribuì al Portus Pisanus di età romana. Scavi condotti alcuni anni fa dalla Soprintendenza per il Beni Archeologici della Toscana (dottoressa Silvia Ducci) e dalla Università di Pisa (professoressa Marinella Pasquinucci) hanno confermato questa ubicazione e messo in luce alcuni edifici romani pertinenti all'abitato del Portus Pisanus, la relativa necropoli, una piccola banchina in pietre e pali di legno, e alcuni settori di un fondale frequentato da imbarcazioni dal VI secolo a.C. al VI d.C., cosparsi di frammenti ceramici, anfore, pietre da zavorra gettate in acqua durante le operazioni di imbarco/sbarco merci.
Nonostante questa ricchezza di dati storici e archeologici, sino a oggi non era mai stata documentata nel sottosuolo la presenza di una laguna compatibile con l’insediamento portuale. Lo studio dettagliato di un carotaggio realizzato in un punto chiave della pianura alluvionale ha permesso infatti di ricostruire in 9 metri di successione stratigrafica 8.000 anni di storia, che raccontano le principali tappe evolutive dell’area che ospitò il porto antico di Pisa.
In particolare, i dati di sottosuolo suggeriscono che il porto fu fondato intorno al 200 a.C. in una laguna protetta naturalmente e collegata al Mar Ligure. Nel periodo compreso tra il 1000 e il 1250 a.C., tuttavia, la costa circostante cambiò significativamente, spostandosi verso ovest e limitando l'accesso al porto che cominciò a interrarsi. Nel XVI secolo la laguna era oramai quasi scomparsa e aveva lasciato il posto a un lago costiero, decretando la fine del Portus Pisanus e la costruzione e poi lo sviluppo del nuovo porto marittimo di Livorno ubicato più verso sud ovest.
"La chiave per la soluzione del problema - hanno commentato gli studiosi che hanno condotto la ricerca - è stata l’approccio multidisciplinare che si è basato su una combinazione di dati geologici e biologici per ricostruire i livelli relativi del mare per un periodo di 10.500 anni e quindi per decifrare gli effetti dell’andamento del livello del mare nel formare il bacino del porto. Questi dati sono stati integrati con quelli storici e archeologici e con lo studio di 8000 anni di sedimenti per ricostruire nel dettaglio le dinamiche evolutive del bacino fino alla sua scomparsa. Sebbene la struttura portuale divenne uno dei siti più importanti per il mondo mediterraneo e rimase tale per molti secoli, i dati mostrano che lo stesso processo geografico che ha portato alla sua formazione ha poi decretato anche la sua fine. Il Portus Pisanus era destinato a scomparire a causa delle dinamiche costiere e fluviali a lungo termine. Lo studio di tali dinamiche è un elemento fondamentale per capire l’evoluzione futura di questo tratto di costa e proprio in questa direzione il gruppo di ricerca continuerà i suoi studi".
Selezione per contratto a tempo determinato annuale cat. C presso il Dipartimento di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni
https://www.unipi.it/ateneo/bandi/conc-pub/categoriac/Selezione-17/index.htm
Selezione per 3 contratti a tempo det. cat. D annuali presso la Direzione Edilizia e telecomunicazioni (impianti elettrici e meccanici). Scad. 6/09
www.unipi.it/ateneo/bandi/conc-pub/cat-d/
Selezione n. 3 unità di personale con contratto di lavoro a tempo det. della durata di 12 mesi per le esigenze della Direzione Area di Medicina. Scad. 6/09
Michela Schiff Giorgini e le missioni archeologiche in Sudan
Sono stati pubblicati sulle pagine web dell'Archivio fotografico dell'Università di Pisa (https://www.sba.unipi.it/it/risorse/archivio-fotografico/persone-in-archivio/schiff-giorgini-michela) i carteggi e i documenti relativi alle campagne di scavo condotte tra il 1957 e il 1976 da Michela Schiff Giorgini, con il patrocinio dell'Ateneo pisano, a Soleb e Sedeinga in Sudan. Si tratta di circa 150 lettere scritte o ricevute dall'archeologa, corredate da una ventina di foto, da numerosi ritagli di giornale e dalla riproduzione di una decina di saggi pubblicati all’epoca sulle riviste specialistiche. I materiali sono stati rinvenuti negli "Atti generali" dell'Ateneo, digitalizzati e messi in rete da Daniele Ronco, curatore dell'Archivio fotografico e tecnico del Sistema Bibliotecario di Ateneo. Inoltre, nello stesso Archivio sono consultabili una breve biografia e una bibliografia su Michela Schiff Giorgini e la documentazione legata alla laurea honoris causa in Lettere e filosofia che l'Università le conferì nel 1971.
Michela Schiff Giorgini, nata a Padova nel 1923 e morta ad Alicante in Spagna nel 1978, è stata personalità originale e multiforme, passata dall'iniziale carriera di attrice al matrimonio con il banchiere Giorgio Schiff Giorgini, figlio di un professore di Chimica dell’Università di Pisa, fino alla grande passione per l'archeologia. Nel 1957 ha promosso, sovvenzionato e diretto la prima missione archeologica nella Nubia sudanese, a Soleb, con il patrocinio dell’Università di Pisa e il sostegno di studiosi di grande prestigio, quali Jozef Janssen, Jean Leclant e Clement Robichon. Gli scavi sono durati due decenni e hanno portato a importanti scoperte per le scienze egittologiche, oltre a una serie di brillanti e dotte pubblicazioni in riviste specializzate. Michela Schiff Giorgini ha inoltre donato all'Ateneo la ricca collezione di reperti che il governo sudanese concesse alla spedizione e che sono oggi conservati nelle collezioni egittologiche in una raccolta intitolata alla stessa archeologa.
Attraverso i documenti in rete si può ora ripercorrere l'avventura degli scavi in Sudan condotti da Michela Schiff Giorgini, a partire dalla lettera scritta nell'agosto del 1957 al rettore dell'Ateneo, Enrico Avanzi, per comunicare l'avvio della missione nell'ottobre successivo e per richiedere l'alto patrocinio dell'Università di Pisa, "il cui nome si impone nel mondo intero e a cui personalmente sono attaccata da un profondo legame sentimentale". La copiosa corrispondenza e i rapporti periodici sui lavori di scavo descrivono in dettaglio l'attività svolta negli anni, fino ad arrivare alla lettera del novembre 1976 al rettore Ranieri Favilli in cui si annuncia "con profonda tristezza" la fine della missione per il marzo dell'anno dopo e l'intenzione dell'autrice di abbandonare gli scavi per dedicarsi interamente alla scrittura dei volumi su Soleb.