Parte all'Orto e Museo Botanico dell'Ateneo il progetto di digitalizzazione dell'erbario
Partirà all'inizio di settembre il progetto di digitalizzazione dell'erbario dell'Orto e Museo Botanico dell'Università di Pisa, finanziato con un contributo di 60 mila euro dalla Fondazione Pisa nell'ambito del bando dedicato ai Beni culturali. Il progetto avrà una durata triennale con un costo totale di 150 mila euro.
La tecnica dell’erbario è stata inventata nell’Ateneo pisano nella metà del Cinquecento, con finalità legate all’insegnamento della botanica, e si è successivamente diffusa in tutto il mondo allargando le sue funzioni ad altri campi, oltre a quello iniziale puramente didattico. Attualmente l’erbario dell’Università di Pisa ("Herbarium Horti Botanici Pisani") è costituito da circa 300 mila campioni raccolti dalla fine del Settecento ed è uno dei più importanti in Italia per consistenza e qualità delle collezioni. È suddiviso in due principali settori: un erbario generale e una sezione di erbari storici e collezioni separate. Un notevole sviluppo alla loro funzionalità e valorizzazione è dato dalla possibilità di catalogazione informatizzata delle collezioni, che permette di documentare in maniera precisa tutte le notizie riguardanti ogni esemplare.
Su questo fronte nell’ultimo anno sono stati fatti notevoli progressi e il contributo concesso dalla Fondazione Pisa per la realizzazione del nuovo progetto permetterà di migliorare e ampliare significativamente le modalità di fruizione dell’erbario pisano verso il grande pubblico.
“In particolare - ha commentato il professor Lorenzo Peruzzi, direttore dell'Orto e Museo Botanico - il progetto prevede la digitalizzazione di una delle collezioni più preziose conservate nella nostra struttura: l’erbario di Michele Guadagno, acquisito nel 1939 sotto la direzione di Alberto Chiarugi. Si tratta di circa 35 mila campioni, raccolti prevalentemente in Italia centro-meridionale. La loro completa digitalizzazione permetterà di avere a disposizione una grossa mole di informazioni circa la biodiversità della nostra penisola e renderà fruibile circa il 10% delle nostre collezioni totali anche al grande pubblico, che potrà visitare virtualmente il nostro erbario”.
Già in passato l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa hanno ricevuto finanziamenti dalla Fondazione Pisa per sviluppare progetti di consolidamento e conservazione della sua struttura e delle sue collezioni. Il finanziamento concesso quest’anno premia dunque gli sforzi degli ultimi due anni di attività del centro universitario, durante i quali sono state potenziate l’accessibilità e la visibilità della struttura attraverso iniziative rivolte al pubblico. Tra queste anche le “Domeniche al verde”, realizzate su stimolo del Comune, che hanno portato all’apertura gratuita per tutta la cittadinanza ogni prima domenica del mese, incrementando il numero di visitatori di oltre il 70%. Recentemente è stata inoltre ristrutturata la nuova parte espositiva del Museo Botanico, a cui possono accedere i visitatori con un unico biglietto di ingresso.
Parte all'Orto e Museo Botanico la digitalizzazione dell'erbario
Partirà all'inizio di settembre il progetto di digitalizzazione dell'erbario dell'Orto e Museo Botanico dell'Università di Pisa, finanziato con un contributo di 60 mila euro dalla Fondazione Pisa nell'ambito del bando dedicato ai Beni culturali. Il progetto avrà una durata triennale con un costo totale di 150 mila euro.
La tecnica dell’erbario è stata inventata nell’Ateneo pisano nella metà del Cinquecento, con finalità legate all’insegnamento della botanica, e si è successivamente diffusa in tutto il mondo allargando le sue funzioni ad altri campi, oltre a quello iniziale puramente didattico. Attualmente l’erbario dell’Università di Pisa ("Herbarium Horti Botanici Pisani") è costituito da circa 300 mila campioni raccolti dalla fine del Settecento ed è uno dei più importanti in Italia per consistenza e qualità delle collezioni. È suddiviso in due principali settori: un erbario generale e una sezione di erbari storici e collezioni separate. Un notevole sviluppo alla loro funzionalità e valorizzazione è dato dalla possibilità di catalogazione informatizzata delle collezioni, che permette di documentare in maniera precisa tutte le notizie riguardanti ogni esemplare.
Su questo fronte nell’ultimo anno sono stati fatti notevoli progressi e il contributo concesso dalla Fondazione Pisa per la realizzazione del nuovo progetto permetterà di migliorare e ampliare significativamente le modalità di fruizione dell’erbario pisano verso il grande pubblico.
“In particolare - ha commentato il professor Lorenzo Peruzzi, direttore dell'Orto e Museo Botanico - il progetto prevede la digitalizzazione di una delle collezioni più preziose conservate nella nostra struttura: l’erbario di Michele Guadagno, acquisito nel 1939 sotto la direzione di Alberto Chiarugi. Si tratta di circa 35 mila campioni, raccolti prevalentemente in Italia centro-meridionale. La loro completa digitalizzazione permetterà di avere a disposizione una grossa mole di informazioni circa la biodiversità della nostra penisola e renderà fruibile circa il 10% delle nostre collezioni totali anche al grande pubblico, che potrà visitare virtualmente il nostro erbario”.
Già in passato l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa hanno ricevuto finanziamenti dalla Fondazione Pisa per sviluppare progetti di consolidamento e conservazione della sua struttura e delle sue collezioni. Il finanziamento concesso quest’anno premia dunque gli sforzi degli ultimi due anni di attività del centro universitario, durante i quali sono state potenziate l’accessibilità e la visibilità della struttura attraverso iniziative rivolte al pubblico. Tra queste anche le “Domeniche al verde”, realizzate su stimolo del Comune, che hanno portato all’apertura gratuita per tutta la cittadinanza ogni prima domenica del mese, incrementando il numero di visitatori di oltre il 70%. Recentemente è stata inoltre ristrutturata la nuova parte espositiva del Museo Botanico, a cui possono accedere i visitatori con un unico biglietto di ingresso.
Avviso di fabbisogno interno per il progetto di ricerca “Valutazione prognostica dell’impiego di scaffold tridimensionali e gel iniettabili sulle lesioni croniche della pelle mediante nuove tecnologie di imaging biomedicale - Acronimo: PREVISION”
Avviso di fabbisogno interno per il progetto La presenza ebraica a Scarlino nel Medioevo e nell’età moderna attraverso le fonti del materiale archivistico di Scarlino conservato presso l’Archivio di Stato di Grosseto: riordino e studio del materiale
Avviso di fabbisogno interno per il progetto di ricerca: “Correlazione tra risultato dell’indagine ecografica del collo in pazienti già trattati con tiroidectomia per carcinoma della tiroide e valori di tireoglobulina circolante”
Scoperta: la “wood wide web” vive in simbiosi con le piante e le nutre, ma ha vita propria e indipendente
Ha una vita propria e indipendente rispetto alle piante che nutre. La sorprendete scoperta di un team tutto pisano e tutto al femminile riguarda la “wood wide web”, la rete fungina così soprannominata dalla rivista “Nature” che vive nel suolo in simbiosi con le radici trasferendo acqua e nutrienti alle piante.
Autrici dello studio appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale "Nature", sono tre microbiologhe, la professoressa Manuela Giovannetti come coordinatrice e Alessandra Pepe, entrambe dell’Università di Pisa, e Cristiana Sbrana del CNR.
Il Wood Wide Web
“Queste nuove conoscenze, oltre a fornire dati preziosi sulla capacità di sopravvivenza a lungo termine della rete assorbente fungina, ci indicano la strada da seguire per il mantenimento della fertilità biologica del suolo - spiega la professoressa Giovannetti - una strada che deve tener conto dei rapporti di cooperazione tra piante e microrganismi benefici, nell’ottica della loro utilizzazione nella produzione sostenibile di cibo di alta qualità”.
La ricerca è durata due anni e si è svolta nei laboratori di Microbiologia del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Ateneo pisano, dove è stato messo a punto un sistema sperimentale in vivo per visualizzare e monitorare la crescita e la vitalità della rete fungina.
Il Wood Wide Web
“Le piante si nutrono principalmente utilizzando le capacità del fungo benefico simbionte di esplorare il terreno, assorbire i nutrienti e trasferirli alle radici attraverso una rete di cellule allungate tubulari interconnesse - racconta la dottoressa Cristiana Sbrana, ricercatrice del CNR - Il nostro studio ha affrontato una domanda cruciale: la vita di tale rete è dipendente dalla vita della pianta ospite? Oppure, alla morte della pianta (come avviene dopo la raccolta per molte colture), la rete mantiene la sua vitalità e funzionalità?”.
“Gli esperimenti effettuati durante le nostre ricerche hanno dimostrato che la vita della “wood wide web” è disaccoppiata dalla vita della pianta - ha concluso Alessandra Pepe, che ha svolto parte del suo dottorato proprio su questo argomento - Anche 5 mesi dopo la rimozione della parte aerea della pianta, la rete è capace di mantenere la sua vitalità e funzionalità, e di stabilire nuove simbiosi con altre piante”.
Scoperta: la “wood wide web” vive in simbiosi con le piante e le nutre, ma ha vita propria e indipendente
Ha una vita propria e indipendente rispetto alle piante che nutre. La sorprendete scoperta di un team tutto pisano e tutto al femminile riguarda la “wood wide web”, la rete fungina così soprannominata dalla rivista “Nature” che vive nel suolo in simbiosi con le radici trasferendo acqua e nutrienti alle piante.
Autrici dello studio appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale "Nature", sono tre microbiologhe, la professoressa Manuela Giovannetti come coordinatrice e Alessandra Pepe, entrambe dell’Università di Pisa, e Cristiana Sbrana del CNR.
“Queste nuove conoscenze, oltre a fornire dati preziosi sulla capacità di sopravvivenza a lungo termine della rete assorbente fungina, ci indicano la strada da seguire per il mantenimento della fertilità biologica del suolo - spiega la professoressa Giovannetti - una strada che deve tener conto dei rapporti di cooperazione tra piante e microrganismi benefici, nell’ottica della loro utilizzazione nella produzione sostenibile di cibo di alta qualità”.
La ricerca è durata due anni e si è svolta nei laboratori di Microbiologia del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Ateneo pisano, dove è stato messo a punto un sistema sperimentale in vivo per visualizzare e monitorare la crescita e la vitalità della rete fungina.
“Le piante si nutrono principalmente utilizzando le capacità del fungo benefico simbionte di esplorare il terreno, assorbire i nutrienti e trasferirli alle radici attraverso una rete di cellule allungate tubulari interconnesse - racconta la dottoressa Cristiana Sbrana, ricercatrice del CNR - Il nostro studio ha affrontato una domanda cruciale: la vita di tale rete è dipendente dalla vita della pianta ospite? Oppure, alla morte della pianta (come avviene dopo la raccolta per molte colture), la rete mantiene la sua vitalità e funzionalità?”.
“Gli esperimenti effettuati durante le nostre ricerche hanno dimostrato che la vita della “wood wide web” è disaccoppiata dalla vita della pianta - ha concluso Alessandra Pepe, che ha svolto parte del suo dottorato proprio su questo argomento - Anche 5 mesi dopo la rimozione della parte aerea della pianta, la rete è capace di mantenere la sua vitalità e funzionalità, e di stabilire nuove simbiosi con altre piante”.
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Riferimenti della pubblicazione:
Alessandra Pepe, Manuela Giovannetti, Cristiana Sbrana (2018). Lifespan and functionality of mycorrhizal fungal mycelium are uncoupled from host plant lifespan. SCIENTIFIC REPORTS, 8: 10235. DOI:10.1038/s41598-018-28354-5
Link: https://rdcu.be/2zuG
Una ricerca ha rivelato l'antica sede del Portus Pisanus
L’antico porto di Pisa, il famoso Portus Pisanus, dalla controversa ubicazione e da molti confuso con lo scalo fluviale di San Rossore che ha restituito le straordinarie navi romane, è stato ritrovato e connesso all’evoluzione della laguna di Santo Stefano ai Lupi, una località del livornese a sud di Coltano. La scoperta, frutto di un approccio multidisciplinare che ha coinvolto dati geologici e storico-archeologici, è stata rivelata in uno studio appena pubblicato su "Scientific Reports". La ricerca geoarcheologica, coordinata da David Kaniewski dell’Università di Tolosa, ha visto la partecipazione degli studiosi dell’Università di Pisa, Monica Bini, Marinella Pasquinucci e Giovanni Sarti, assieme a quella di Veronica Rossi dell’Università di Bologna.
Nell'antichità e nel medioevo Pisa e il suo territorio si avvalsero di un sistema di porti e approdi marittimi e fluviali la cui ubicazione e vitalità variò nel tempo in relazione alle continue, progressive trasformazioni geomorfologiche della fascia litoranea, tra cui l'avanzamento della fascia costiera e l'evoluzione dei corsi fluviali. Fra questi scali, le fonti antiche citano in particolare quello ubicato in un'area naturalmente protetta, ormai da tempo interrata, corrispondente alla periferia nord nord est di Livorno. Le stesse fonti lo denominarono Portus Pisanus, indicandone con precisione la distanza dal porto di Vada, a sud, e dalla foce dell'Arno del tempo, a nord.
Il nome di Portus Pisanus è attestato dal V-VII secolo d.C., ma potrebbe essere più antico. Le fonti antiche lo descrivono come un porto sicuro, ampio e ricco di traffici. Già alla metà del 1700 Targioni Tozzetti, grande naturalista studioso delle fonti antiche, aveva osservato alla periferia nord est di Livorno, in località Santo Stefano ai Lupi, le imponenti rovine di un abitato antico e molti reperti archeologici che attribuì al Portus Pisanus di età romana. Scavi condotti alcuni anni fa dalla Soprintendenza per il Beni Archeologici della Toscana (dottoressa Silvia Ducci) e dalla Università di Pisa (professoressa Marinella Pasquinucci) hanno confermato questa ubicazione e messo in luce alcuni edifici romani pertinenti all'abitato del Portus Pisanus, la relativa necropoli, una piccola banchina in pietre e pali di legno, e alcuni settori di un fondale frequentato da imbarcazioni dal VI secolo a.C. al VI d.C., cosparsi di frammenti ceramici, anfore, pietre da zavorra gettate in acqua durante le operazioni di imbarco/sbarco merci.
Nonostante questa ricchezza di dati storici e archeologici, sino a oggi non era mai stata documentata nel sottosuolo la presenza di una laguna compatibile con l’insediamento portuale. Lo studio dettagliato di un carotaggio realizzato in un punto chiave della pianura alluvionale ha permesso infatti di ricostruire in 9 metri di successione stratigrafica 8.000 anni di storia, che raccontano le principali tappe evolutive dell’area che ospitò il porto antico di Pisa.
In particolare, i dati di sottosuolo suggeriscono che il porto fu fondato intorno al 200 a.C. in una laguna protetta naturalmente e collegata al Mar Ligure. Nel periodo compreso tra il 1000 e il 1250 a.C., tuttavia, la costa circostante cambiò significativamente, spostandosi verso ovest e limitando l'accesso al porto che cominciò a interrarsi. Nel XVI secolo la laguna era oramai quasi scomparsa e aveva lasciato il posto a un lago costiero, decretando la fine del Portus Pisanus e la costruzione e poi lo sviluppo del nuovo porto marittimo di Livorno ubicato più verso sud ovest.
"La chiave per la soluzione del problema - hanno commentato gli studiosi che hanno condotto la ricerca - è stata l’approccio multidisciplinare che si è basato su una combinazione di dati geologici e biologici per ricostruire i livelli relativi del mare per un periodo di 10.500 anni e quindi per decifrare gli effetti dell’andamento del livello del mare nel formare il bacino del porto. Questi dati sono stati integrati con quelli storici e archeologici e con lo studio di 8000 anni di sedimenti per ricostruire nel dettaglio le dinamiche evolutive del bacino fino alla sua scomparsa. Sebbene la struttura portuale divenne uno dei siti più importanti per il mondo mediterraneo e rimase tale per molti secoli, i dati mostrano che lo stesso processo geografico che ha portato alla sua formazione ha poi decretato anche la sua fine. Il Portus Pisanus era destinato a scomparire a causa delle dinamiche costiere e fluviali a lungo termine. Lo studio di tali dinamiche è un elemento fondamentale per capire l’evoluzione futura di questo tratto di costa e proprio in questa direzione il gruppo di ricerca continuerà i suoi studi”.
L’Università di Pisa e la Scuola di specializzazione in Medicina interna piangono la scomparsa di Alberto Fanfani, giovane specializzando scomparso nel crollo del ponte Morandi di Genova
L’Università di Pisa, il rettore Paolo Mancarella e il professor Stefano Taddei, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina interna, piangono la scomparsa di Alberto Fanfani, medico specializzando a Pisa, che è tra le vittime del crollo del ponte Morandi di Genova, e partecipano con affetto e solidarietà all’immenso dolore che ha colpito la sua famiglia.
Alberto Fanfani, fiorentino di 33 anni, si era laureato in Medicina e chirurgia all’Università di Firenze e trasferito a Pisa dopo aver ottenuto il posto alla Scuola di specializzazione in Medicina Interna. Aveva appena cominciato a frequentare il quinto e ultimo anno della Scuola di specializzazione.
Alberto Fanfani percorreva il ponte Morandi probabilmente per andare in vacanza con la fidanzata, Marta Danisi, anche lei tra le vittime del crollo, un’infermiera conosciuta proprio a Pisa lavorando nello stesso ambiente. Originaria della Sicilia, Marta Danisi è stata residente a Pisa fino a primavera, quando si è trasferita in Piemonte.
“Siamo tutti sconvolti per la tragica scomparsa di Alberto Fanfani e non sappiamo darcene una ragione – hanno scritto il professor Stefano Taddei e i colleghi che quotidianamente lo frequentavano - Alberto era un collega con il quale condividevamo le nostre giornate fatte di lavoro, di impegno, di studio, ma anche di momenti sereni e gioiosi come è normale in un gruppo di lavoro dove la maggior parte delle persone sono giovani medici in formazione che trasmettono le loro aspettative professionali e soprattutto umane per un futuro che si stanno costruendo ed è dietro la porta. Alberto era uno di loro e si caratterizzava per doti umane non comuni, rappresentate da una correttezza, educazione e affidabilità fuori dal comune. Nonostante le capacità professionali fossero decisamente elevate, l’aspetto umano è quello che senz’altro colpiva di più in questo giovane medico ed è per questo che la sua perdita è una tragedia ancor più grande. Di fronte a questa terribile fatalità, il nostro impegno è che il ricordo di Alberto e la sua presenza rimangano sempre con noi, a dimostrazione che l’affetto e il legame umano profondo possono aiutare a superare anche gli eventi più tragici.”
RadioEco cerca nuovi speaker, redattori e tecnici
RadioEco, la web radio dell’Università di Pisa, lancia una campagna di recruitment per nuovi speaker, redattori e tecnici che vogliano entrare a far parte dello staff della radio e contribuire a far crescere un progetto nato dagli studenti e portato avanti dalla loro voce. Per chi fosse appassionato di musica, giornalismo, multimedia, informatica, fotografia, videomaking, social media e comunicazione, RadioEco mette a disposizione un laboratorio per imparare, crescere e coltivare queste passioni. Chi volesse candidarsi, può compilare entro il 10 settembre questo modulo: http://bit.ly/CandidaturaRadioEco1819.
Nello specifico sono ricercati i seguenti profili: per l’area IT sviluppatori java, python, C, C++, swift, web designer, HTML, markdown, CSS, javascript, NodeJS e data analyzer al fine di partecipare alla programmazione di applicazioni Android e iOS e per manutenzione e progettazione del sito web della radio. L’area tecnica offre inoltre la possibilità di fare esperienza attiva di fonico di studio, fonico di presa diretta, missaggio audio, videomaking/editing con il fine di produrre contenuti fruibili dal pubblico di RadioEco. Infine si cercano anche blogger, fotografi e videomaker, speaker, social media manager e content creator.
Arrivata al decimo anno di attività, RadioEco ha vissuto una vera e propria evoluzione: ad oggi conta più di 400 collaboratori negli anni passati e circa 100 solo nella precedente stagione. RadioEco ha condotto nel tempo innumerevoli interviste ad artisti, politici, personaggi televisivi e sportivi, tutte fruibili attraverso il sito internet radioeco.it La web radio conta più di 19.000 followers sui diversi social network e intrattiene ogni anno una serie di collaborazioni con realtà locali e festival noti a livello nazionale e internazionale, ai quali i redattori possono partecipare al fine di raccontarli al meglio.
«Entrare a far parte di questa associazione vuol dire avere a disposizione due studi dove informatici, esperti in comunicazione, videomaker, fonici e speaker partecipano attivamente alla produzione crossmediale di nuovi contenuti al fine di arricchire l’offerta formativa dell’Università di Pisa, e di conseguenza le proprie capacità tecniche - scrivono dalla radio - Ma RadioEco è molto di più. È un gruppo che trova la sua anima nella condivisione di progetti dentro e fuori Pisa, un punto di riferimento culturale di una città che ancora ricorda il FRU - Festival delle Radio Universitarie - che nel 2012 portò diecimila persone nelle strade dell'università del cherubino. Con l'aiuto di tutti RadioEco organizza eventi, feste e concerti che ripagano l’impegno investito con la soddisfazione e il divertimento».