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C’è anche l’Università di Pisa tra i partner di PRIMAGE, il progetto finanziato dall’Unione europea nell’ambito di Horizon 2020 che mira a creare una biobanca oncologica per immagini. PRIMAGE (PRedictive In-silico Multiscale Analytics to support cancer personalized diaGnosis and prognosis, Empowered by imaging biomarkers) avrà una durata complessiva di 4 anni, con un finanziamento totale di 10 milioni di euro, di cui 640.000 saranno destinati all’Università di Pisa e al dipartimento di Ricerca traslazionale diretto dal professor Gaetano Privitera, uno dei partner principali del progetto in quanto impegnato nel coordinamento dello sviluppo della biobanca. 

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Il team PRIMAGE del dipartimento di Ricerca traslazionale, da sinistra la professoressa Fabiola Paiar, direttore della UO di Radioterapia della AOUP, il professor Emanuele Neri, direttore della SD Radiodiagnostica 3 della AOUP e responsabile scientifico del progetto, la professoressa Paola Erba, professore associato in servizio presso la UO di Medicina Nucleare.

«Il nostro obiettivo è dar vita a una biobanca di immagini basata su cloud per supportare il processo decisionale nella gestione clinica dei tumori solidi maligni, offrendo strumenti predittivi per assistere diagnosi, prognosi, scelta delle terapie e follow-up del trattamento – spiega il professor Emanuele Neri, professore di Diagnostica per immagini e radioterapia dell’Ateneo e coordinatore del progetto – Tale strumento si basa sullo sviluppo e sulla validazione di nuovi biomarcatori di imaging mediante algoritmi di radiomica e radiogenomica, correlando multipli big data (clinici, epidemiologici, genetici, di imaging). I dati raccolti consentiranno di creare dei profili o modelli digitali dei pazienti oncologici e potranno essere utilizzati come riferimento per la personalizzazione dei trattamenti, la stratificazione del rischio allo sviluppo di neoplasie, la stima della prognosi e della responsività ai trattamenti».

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Schema del sistema di supporto alla diagnosi che verrà sviluppato nell’ambito del progetto PRIMAGE.

Il progetto prevede inoltre l’implementazione di algoritmi di intelligenza artificiale in grado di effettuare simulazioni e analisi dei multipli dati della biobanca, sviluppando un sistema “intelligente” di supporto alla diagnosi (in-silico decision making). Uno strumento che consentirà alla diagnostica per immagini di aumentare la precisione nella diagnosi e nel follow-up della malattia oncologica, e all’oncologo di sviluppare, su modelli digitali, le terapie personalizzate. Il progetto ambisce inoltre a fornire alla comunità scientifica (secondo il principio dell’Open Science) uno strumento open source di ricerca per la prevenzione e per lo sviluppo di nuove terapie del cancro.

PRIMAGE nasce da una consolidata collaborazione che il professor Emanuele Neri, insieme a Fabiola Paiar e a Paola Anna Erba, anche loro professori del dipartimento di Ricerca traslazionale, hanno attivato con l’Università di Valencia (Ospedale La Fe) e l’Azienda Spin-off della stessa università, QUIBIM (QUantitative Imaging Biomarkers In Medicine). Tra i vari partners del progetto anche l’European Institute of Biomedical imaging and Research, che coordina le attività di ricerca della Società Europea di Radiologia (di cui il professor Neri è chairman del “eHealth and Informatics Subcommitte”). Il gruppo di ricerca ha di recente ottenuto un finanziamento dell’Associazione Italiana per la ricerca sul cancro su un progetto dedicato allo sviluppo di nuovi biomarcatori di imaging nelle neoplasie prostatiche, coordinato dalla Prof.ssa Erba.

«Un particolare ringraziamento da parte del team PRIMAGE va all’Unità Servizi per la Ricerca dell’Università di Pisa – specifica il professor Neri – in particolare alla dottoressa Chiara Caccamo, che ha supportato i ricercatori nella submission del progetto».


 

 

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C’è anche una giovane laureata dell’Università di Pisa tra i sei vincitori di “Italy made Me", il premio promosso dall'associazione degli scienziati italiani nel Regno Unito (Ais-UK) destinato ai ragazzi che si sono formati in Italia e hanno poi continuato il loro percorso di studi in UK. Serena Lucotti, 30 anni e originaria di Vinci, ha conseguito la laurea triennale e magistrale a Pisa e nel 2012 si è trasferita all’Università di Oxford per svolgere un dottorato di ricerca al Dipartimento di Oncologia.
Lo studio che le è valso il premio mira a comprendere i meccanismi alla base dell’effetto anti-metastatico dell’aspirina. Durante questo progetto Serena Lucotti ha studiato il ruolo delle piastrine, delle cellule endoteliali e delle cellule mieloidi durante lo sviluppo delle metastasi polmonari nei modelli preclinici. A consegnare i riconoscimenti ai giovani ricercatori è stato l’ambasciatore italiano a Londra Raffaele Trombetta.
Serena Lucotti ha conseguito la laurea triennale in Scienze biologiche molecolari nel 2009, discutendo la tesi dal titolo “Effetto biologico e molecolare dell’RNAa sull’attivazione trascrizionale e traduzionale di p21 in 5 diverse linee tumorali” con il professore Giuseppe Rainaldi dell’Istituto di Fisiogia Clinica del CNR di Pisa. Ha poi proseguito gli studi, conseguendo nel 2011 la laurea magistrale in Biologia molecolare e cellulare con una tesi sui pattern di espressione dei miRNA intracellulari ed extracellulari in linee tumorali di prostata esposte a farmaci citotossici, discussa col professor Giuseppe Rainaldi e la dottoressa Milena Rizzo, sempre del CNR di Pisa. Dopo il dottorato di ricerca a Oxford, Serena inizierà un postdoc all’università Weill Cornell Medicine a New York e il suo grande sogno sarebbe aprire un suo laboratorio di ricerca dedito a scoprire terapie per la prevenzione e la cura delle metastasi tumorali.
La giovane ricercatrice è molto legata affettivamente all’Università di Pisa, a cui è molto grata per l’ottima preparazione scientifica ricevuta: “Gli anni trascorsi a Pisa sono stati i più felici della mia vita, non soltanto per aver vissuto in una città stupenda, ma soprattutto per aver conosciuto persone meravigliose che posso oggi chiamare amici e mentori. Il percorso di crescita scientifica e personale che ho effettuato all’Università di Pisa ha gettato delle basi solide per la mia carriera accademica e mi ha permesso di essere dove sono adesso. Ai giovani studenti e futuri ricercatori, soprattutti quelli lontano da casa, vorrei dire: date sempre del vostro meglio e non arrendetevi mai, specialmente davanti a un risultato negativo, che la perseveranza e il duro lavoro, nel lungo termine, fanno sì che le vostre aspirazioni si realizzino”.

Per il Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa arrivano importanti finanziamenti dalla Fondazione Pisa e dalla Regione Toscana. Il primo progetto, di durata triennale, riguarda la riqualificazione degli spazi verdi della Certosa Monumentale di Pisa ed è stato finanziato dalla Fondazione Pisa con 140.000 euro. Soggetto capofila del progetto è il Museo di Storia Naturale, in collaborazione con diversi partner: dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni; dipartimento di Ingegneria civile e industriale; dipartimento di Civiltà e forme del sapere; dipartimento di Scienze della terra; dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali; Centro di ricerche agro-ambientali “E. Avanzi”.

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Il progetto prevede di realizzare la riqualificazione degli spazi verdi e il ripristino dei servizi ecosistemici della Certosa, andando a creare nuovi spazi espositivi, educativi e produttivi. Uno studio di indagine sulle vie dell’acqua che alimentavano la Certosa permetterà di realizzare un sistema irriguo a uso agricolo nelle parti esterne coinvolte nel progetto. Il ripristino del sistema idraulico permetterebbe inoltre di rimettere in funzione le peschiere utilizzate dai monaci (i quali seguivano una dieta vegetariana) per l’allevamento dei pesci d’acqua dolce.

Saranno coinvolti numerosi spazi, molti dei quali diventeranno fruibili al pubblico proprio grazie al progetto. Il primo, già accessibile al pubblico, è il Giardino del Monte Pisano, situato a pianoterra a fianco della Galleria storica, in una posizione ideale per essere inserito nel circuito di visita del Museo e per essere accessibile anche ai portatori di handicap. Nello spazio sarà realizzato un giardino con circa 30 specie arboree/arbustive e oltre 40 specie erbacee spontanee del Monte Pisano con un percorso multisensoriale corredato di cartellini e pannelli descrittivi.

L’altro settore che verrà valorizzato è l’arboreto già esistente che conta circa 500 ulivi e un centinaio di alberi da frutto. Gli interventi saranno mirati alla ricostituzione della funzionalità estetica e fisiologica delle piante già esistenti e all’aggiunta di circa 50 nuove specie arboree.

Verranno inoltre recuperati e messi a coltivazione circa 4.000 m2 nei cosiddetti “orti”, dove verrà creato un orto multisensoriale di erbe aromatiche allo scopo di valorizzare la diversità floristica che storicamente caratterizzava gli spazi verdi della Certosa, nonché le peculiarità della flora aromatica tipica del Monte Pisano. L’orto sarà visibile ai visitatori dall’alto e i suoi prodotti saranno raccolti, trasformati e commercializzati all’interno dei circuiti di vendita dell’Università di Pisa.
Infine, in continuità con l’arboreto, verrà allestito un piccolo hortus sanitatis con alcune specie officinali tradizionalmente coltivate dai monaci e trasformate nella “farmacia” interna alla Certosa. Il settore sarà corredato di cartellini e pannelli descrittivi al fine di creare un percorso educativo multisensoriale con valore storico, culturale e scientifico.

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Il secondo progetto, dedicato a ricerche sul pubblico del Museo, si intitola “APPGRADE”: APPlicazione per la valutazione del GRadimento dell’Audience con Dispositivi Elettronici. Tale progetto, dell’importo complessivo di 55.000 euro, è stato finanziato dalla Regione Toscana - Settore Patrimonio culturale, Siti UNESCO, Arte contemporanea, Memoria, nell’ambito del bando Musei in azione 2018. Il bando era mirato al miglioramento e al potenziamento della fruizione dei contenuti culturali attraverso attività di audience development, tramite l’individuazione di strategie innovative, metodi di engagement e azioni di monitoraggio e profilazione dei visitatori, anche attraverso l’uso di strumentazioni e tecnologie digitali.

L’attuale politica culturale del Museo ha un forte orientamento verso l’inclusione del pubblico e dal 2017, grazie all’attivazione del progetto di alta formazione PARTECIPIAM (Piano di Analisi e Ricerca sulle TECniche Innovative Per Incrementare l’Audience nei Musei), con due borse di studio dedicate, il Museo ha iniziato un’attività di analisi approfondita sulla tipologia dei visitatori e sulla loro percezione dell’esperienza museale.
Il progetto APPGRADE si integra nelle ricerche già avviate e prevede la raccolta di informazioni importanti sulle esperienze di visita dei pubblici tramite l’utilizzo di un metodo innovativo per la valutazione del gradimento dei visitatori, che integra tecniche tradizionali con l’utilizzo di nuove tecnologie.

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Le due borsiste del progetto PARTECIPIAM.

Verrà infatti sviluppata un’applicazione che permetta al visitatore di effettuare una visita partecipativa e dinamica. Il visitatore che parteciperà alla ricerca visiterà il Museo in autonomia, con la possibilità di fotografare gli elementi espositivi più e meno graditi, sfruttando le funzionalità dell’applicazione installata sul tablet fornito dal Museo. Al termine della visita, il partecipante verrà accolto da un operatore presso una postazione debitamente allestita e sarà invitato a selezionare le fotografie per lui più significative, in positivo e in negativo. Sulla base di queste foto l’operatore effettuerà una intervista durante la quale verranno raccolte le motivazioni degli scatti. Al termine dell’intervista, il visitatore sarà ricompensato per la sua disponibilità con la stampa delle foto da lui prescelte che saranno personalizzate graficamente, grazie ad un’ulteriore funzione della APP. Il partecipante avrà anche la possibilità di condividere la propria “storia all’interno del Museo” attraverso i canali social.

I dati così ottenuti permetteranno di delineare il profilo dei visitatori, valutare la customer satisfaction, analizzare i percorsi di visita all’interno del Museo, individuare punti di forza e criticità delle esposizioni. Questi dati potranno fornire un importante supporto alle scelte future che il Museo vorrà attuare per quanto riguarda la realizzazione dei nuovi allestimenti, il miglioramento dei servizi offerti e l’investimento in attività culturali, tenendo conto del profilo e dei bisogni del pubblico reale del Museo. Tale ricerca costituisce inoltre il punto di partenza per sviluppare nuove strategie tese a fidelizzare il pubblico occasionale, coinvolgere il non pubblico e consolidare il ruolo del Museo come polo culturale di diffusione della conoscenza volto alla valorizzazione del patrimonio conservato e allo sviluppo sociale, culturale ed economico del territorio.

«I finanziamenti ottenuti arrivano a conferma del forte impulso di crescita avviato negli ultimi anni con la ristrutturazione e l’apertura di nuovi settori espositivi e un’attenzione sempre più crescente al pubblico – commenta il direttore Roberto Barbuti - La capacità e la volontà progettuale del Museo vengono nuovamente premiate con il finanziamento di questi due importanti progetti da parte della Fondazione Pisa e della Regione Toscana».

Si è appena inaugurata la quarta edizione dell’International Programme in Humanities (IPH), che quest'anno conta 17 giovani studenti di diverse nazionalità, provenienti da Giappone, Cina, Vietnam, Russia, Kazakistan, Turchia, Bulgaria, Macedonia, Serbia, Spagna e Irlanda. L'International Programme in Humanities (IPH), coordinato dal professor Arturo Marzano del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, è il primo anno di una laurea triennale nelle discipline umanistiche, interamente in inglese e rivolto a studenti stranieri.

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I nuovi studenti dell'IPH con al centro il professor Arturo Marzano.

Gli studenti sperimenteranno una full immersion nella lingua italiana grazie ai corsi del Centro Linguistico Interdipartimentale, che li preparerà a proseguire il secondo e terzo anno dei rispettivi corsi di laurea in italiano. I corsi di laurea dell'International Programme in Humanities sono attualmente tre: Scienze dei Beni Culturali (SBC), Discipline dello Spettacolo della comunicazione (DISCO) e Storia (STO). Alla fine del primo anno, gli studenti conseguiranno 60 CFU, 48 dei quali provenienti dai corsi in lingua inglese attivati presso il dipartimento di CFS, e 12 dai corsi di lingua italiana presso il CLI.

I partecipanti di quest’anno sono: Kioko Yoshida, Pablo Moreno, Catherine Yemets, Ipek Zeynep Aytekin, Marko Naumowski, Anastasiia Grishchenko, Kerem Karaduman, Kieu Anh Le Do, Reneta Borisova Ognyanova, Abed Alrahman Alkabra, Meruyert Nurtazyna, Katya Libyahovska, Jia Chenhao, Stefan Jedzic, Maria Khabibullina, Walter Chidakwa, Do Thi Hien.

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C’è anche una giovane laureata dell’Università di Pisa tra i sei vincitori di “Italy made Me", il premio promosso dall'associazione degli scienziati italiani nel Regno Unito (Ais-UK) destinato ai ragazzi che si sono formati in Italia e hanno poi continuato il loro percorso di studi in UK. Serena Lucotti, 30 anni e originaria di Vinci, ha conseguito la laurea triennale e magistrale a Pisa e nel 2012 si è trasferita all’Università di Oxford per svolgere un dottorato di ricerca al Dipartimento di Oncologia.

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Serena Lucotti (la seconda da sinistra) subito dopo la premiazione all'ambasciata di Londra.

Lo studio che le è valso il premio mira a comprendere i meccanismi alla base dell’effetto anti-metastatico dell’aspirina. Durante questo progetto Serena Lucotti ha studiato il ruolo delle piastrine, delle cellule endoteliali e delle cellule mieloidi durante lo sviluppo delle metastasi polmonari nei modelli preclinici. A consegnare i riconoscimenti ai giovani ricercatori è stato l’ambasciatore italiano a Londra Raffaele Trombetta.

Serena Lucotti ha conseguito la laurea triennale in Scienze biologiche molecolari nel 2009, discutendo la tesi dal titolo “Effetto biologico e molecolare dell’RNAa sull’attivazione trascrizionale e traduzionale di p21 in 5 diverse linee tumorali” con il professor Giuseppe Rainaldi dell’Istituto di Fisiogia Clinica del CNR di Pisa. Ha poi proseguito gli studi, conseguendo nel 2011 la laurea magistrale in Biologia molecolare e cellulare con una tesi sui pattern di espressione dei miRNA intracellulari ed extracellulari in linee tumorali di prostata esposte a farmaci citotossici, discussa col professor Giuseppe Rainaldi e la dottoressa Milena Rizzo, sempre del CNR di Pisa. Dopo il dottorato di ricerca a Oxford, Serena inizierà un postdoc all’università Weill Cornell Medicine a New York e il suo grande sogno sarebbe aprire un suo laboratorio di ricerca dedito a scoprire terapie per la prevenzione e la cura delle metastasi tumorali.

La giovane ricercatrice è molto legata affettivamente all’Università di Pisa, a cui è molto grata per l’ottima preparazione scientifica ricevuta: “Gli anni trascorsi a Pisa sono stati i più felici della mia vita, non soltanto per aver vissuto in una città stupenda, ma soprattutto per aver conosciuto persone meravigliose che posso oggi chiamare amici e mentori. Il percorso di crescita scientifica e personale che ho effettuato all’Università di Pisa ha gettato delle basi solide per la mia carriera accademica e mi ha permesso di essere dove sono adesso. Ai giovani studenti e futuri ricercatori, soprattutti quelli lontano da casa, vorrei dire: date sempre del vostro meglio e non arrendetevi mai, specialmente davanti a un risultato negativo, perché la perseveranza e il duro lavoro, nel lungo termine, fanno sì che le vostre aspirazioni si realizzino.”

Mercoledì 12 settembre a Pisa è una giornata di eventi nell’ambito di “San Rossore 1938”.
Alle 17.30 al Giardino Scotto (Sotterraneo del Bastione Sangallo, Lungarno Fibonacci, 2) si inaugura la mostra “Ebrei in Toscana XX-XXI Secolo”, a cura di ISTORECO. Alle 18.30, nello stesso luogo, si svolgerà la presentazione del libro “San Rossore 5 settembre 1938. Il seme cattivo delle leggi razziali in Italia” a cura di Mafalda Toniazzi (Pisa University Press, 2018). Presenta il Paolo Pezzino, presidente Istituto Nazionale "Ferruccio Parri" - Rete degli Istituti Storici per la Resistenza e per l'Età Contemporanea.
Alle 20.30 al Cinema Arsenale (Vicolo Scaramucci, Pisa) parte il ciclo film e presentazioni “Italia anno 5779” con i saluti e gli interventi di Paolo Mancarella, rettore Università di Pisa, Alessandra Veronese, direttore del Centro Interdipartimentale di Studi Ebraici, e i professori dell’Ateneo pisano Michele Battini, Fabrizio Franceschini, Sandra Lischi. Alle 22 la serata si concluderà con la proiezione del film “La lunga notte del 43” di Florestano Vancini (1960), da Una notte del ’43 di Giorgio Bassani

Si è appena concluso l’International meeting on antimicrobial peptides (IMAP 2018), tenutosi a Edimburgo dal 2 al 4 settembre 2018, che ha visto la partecipazione di Lucia Grassi, dottoranda del corso di dottorato in Scienze cliniche e traslazionali dell’Università di Pisa. Lucia Grassi ha presentato i risultati di uno studio collaborativo tra l’Università di Pisa, con il coordinamento della professoressa Giovanna Batoni del dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia, e l’Università di Ghent in Belgio, con il professor Tom Conye e Aurelie Crabbé del “Laboratory of Pharmaceutical Microbiology, Department of Pharmaceutical analysis”.
Lo studio, presentato come poster, ha vinto il primo premio per la rilevanza e l’originalità dei risultati ottenuti ed è stato sponsorizzato dal “Protein & Peptide Science Group of the Royal Society of Chemistry”. Le ricerche hanno suscitato grande interesse tra i partecipanti al congresso in quanto aprono la possibilità di testare nuove molecole peptidiche con attività antibiotica in sistemi di tessuti tridimensionali in vitro permettendo di riprodurre fedelmente le condizioni trovate in vivo nei tessuti dei pazienti.
Ad oggi il trattamento di infezioni croniche, quali quelle che affliggono il polmone dei pazienti con fibrosi cistica o le ferite dei pazienti con diabete, è altamente problematico in quanto i ceppi batterici coinvolti risultano spesso multi-resistenti agli antibiotici attualmente disponibili. Lo studio di Lucia Grassi apre la possibilità di facilitare l’identificazione di nuovi composti ad attività antibiotica da indirizzare verso studi preclinici o trials clinici riducendo al contempo l’uso di animali da esperimento.

Stiamo scoprendo che i nostri crani ospitano cervelli che danno ancora risposte ancestrali, non adattative all'era in cui viviamo. In pratica abbiamo alcuni comportamenti, residui di risposte arcaiche, che ci porteranno a distruggere il pianeta e, di conseguenza, noi stessi, realizzando così una versione del tutto inedita dell'evoluzione: l'autoestinzione di una specie. E’ questa, in estrema sintesi, la provocatoria teoria avanzata da Paolo Rognini del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, che nel merito ha appena pubblicato un articolo sulla rivista scientifica “Biological Theory”. Il nuovo modello - denominato Vestigial Drifting Drives (VDD), letteralmente “pulsioni arcaiche alla deriva” - fa riferimento all’idea che i comportamenti, al pari degli altri caratteri di una specie, subiscono trasformazioni che talvolta sfuggono alla logica della sopravvivenza del più adatto, possono cioè “andare alla deriva” non appena vengono rimosse le “funi” che li tenevano fissati al “molo” delle necessità.

“Già Konrad Lorenz negli anni ’70 del secolo scorso – spiega Paolo Rognini - ipotizzò che alcuni comportamenti umani, apparentemente non funzionali, fossero residui di moduli che erano stati adattativi in un passato più o meno remoto, fra cui, ad esempio, le paure irrazionali dell'infanzia o la fobia dei serpenti e dei ragni”.

E così, in modo analogo, secondo Rognini, sarebbero esempi di comportamenti residuali e non adattivi per la specie umana l’eccessiva rapacità nei confronti delle risorse e l’impulso all’espansione. Queste tendenze che nel Paleolitico ci hanno garantito la sopravvivenza oggi invece, complice il progresso tecnico, porterebbero al sovrasfruttamento delle risorse e alla sovrappopolazione, minacciando così di portare il pianeta Terra verso il definitivo collasso.

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Nello specifico, la tesi di Paolo Rognini di declina secondo queste argomentazioni.

Rapacità. La storia mostra che talvolta i gruppi umani - a causa del sovrasfruttamento delle risorse - possono implodere, autoestinguendosi: ciò è accaduto, per esempio, agli Anasazi del Nord America, agli abitanti dell'Isola di Pasqua, ai norvegesi della Groenlandia. Oggi, ciò potrebbe accadere su larga scala viste le dimensioni globali che la crisi ecologica ha assunto. Ma perché gli esseri umani prelevano più del necessario fino ad esaurire una determinata risorsa? Tra i 2 milioni ed i 50.000 anni fa abbiamo fatto parte integrante dell'ecosistema e, anche se super-predatori, siamo rimasti soggetti al controllo dell'ambiente come tutti gli altri animali. Poi, le regole del gioco sono cambiate: da trasformato, Homo è divenuto trasformatore dell'ambiente e della materia divenendo un super-estrattore. La qualità e la quantità di questa super-estrazione, ha quindi portato ad uno sfrenato sfruttamento delle risorse, da cui il "consumare e fuggire" tipico delle "società tecnologicamente avanzate" e responsabile della cosiddetta "vampirizzazione del pianeta".

Aumento demografico. Oggi stiamo assistendo ad un scontro tra la tendenza all'espansione comune ad ogni forma di vita, specie umana compresa, come atteggiamento residuo e una situazione demografica globale totalmente cambiata che potrebbe portare a un definitivo collasso ecologico entro pochi decenni. Negli ultimi 10.000 anni, l’umanità è infatti passata da pochi milioni di individui a oltre sette miliardi e mezzo. Dal punto di vista del nostro rapporto con l’ambiente questo si traduce in una serie di criticità quali la scomparsa di migliaia di specie viventi ogni anno, la deforestazione, il riscaldamento globale, la perdita di biodiversità, la desertificazione e l'inquinamento.

“Gli esseri umani sono depositari di alcuni elementi organici e comportamentali che non sembrano essere cambiati dall'era del Pleistocene – aggiunge Rognini – in questo senso le Vestigial Drifting Drives potrebbero essere una sorta di "software bioculturale" inadatto all'ambiente attuale”.

“Se non aggiorneremo il software delle nostre false convinzioni come "l'inesauribilità delle risorse", “l'espansione illimitata della specie" o il "vorace accaparramento di risorse" - conclude Rognini - la specie umana potrebbe rischiare l'auto-estinzione: un fenomeno che si rivelerebbe unico nella storia delle specie viventi, riducendoci a un semplice esperimento evolutivo”.

Si avvicina e si arricchisce di convegni e settori la seconda edizione del Festival Internazionale della Robotica in programma a Pisa dal 27 settembre al 3 ottobre 2018. La “sette giorni” della Torre Pendente il 28 settembre fa tappa, con due appuntamenti, nel Parco Regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli. 


“I Robot Agricoli per l’agricoltura sostenibile del domani” è il titolo del work-shop che si svolgerà nella Sala Gronchi sotto la guida di Manuela Giovannetti, Professore Ordinario di  Microbiologia Agraria dell’Università di Pisa e Direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca Nutrafood Nutraceutica e Alimentazione per la Salute e del comitato scientifico composto da Enrico Giunta, Giacomo Lorenzini, Giovanni Maffei Cardellini, Federico Martinelli, Giovanni Benelli e Alberto Pardossi.

I robot agricoli stanno aumentando i raccolti di produzione per gli agricoltori in vari modi. Dai droni ai trattori autonomi passando per i robot colturali, la tecnologia viene impiegata in applicazioni creative e innovative. I robot agricoli non
sostituiscono l’impiego della manodopera ma automatizzano compiti lenti, ripetitivi e noiosi per gli agricoltori, consentendo loro di concentrarsi maggiormente sul miglioramento dei rendimenti di produzione. Progressi della robotica, della infotronica e delle tecnologie di telerilevamento per la diagnosi rapida e precoce delle malattie nelle colture ma anche moderni approcci di integrazione tra genomica funzionale e conoscenze pratiche della tradizione agricola africana sono alcuni dei temi che saranno trattati da docenti, ricercatori ed esperti internazionali la mattina del 28 settembre.

Infine, dal 28 al 30 settembre dalle 10 alle 19, sarà possibile toccare con mano l’affascinante campo della robotica agricola a servizio dell’uomo e dell’ambiente alla Stazione Leopolda grazie a mostre, video rappresentativi e prototipi esposti. Una parte dello stand sarà dedicata all’impiego dei robot in campo entomologico, con particolare riferimento allo studio di predazione, parassitismo, corteggiamento e asimmetrie comportamentali.

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Manuela Giovannetti, Professore Ordinario di  Microbiologia Agraria dell’Università di Pisa e Direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerca Nutrafood Nutraceutica e Alimentazione per la Salute

Sempre il 28 settembre, dalle 16 alle 19.30, nella Sala Gronchi (e nello spazio all’aperto antisante) del Parco Regionale Migliarino San Rossore Massaciuccoli, veterinari, ingegneri, ricercatori e medici parleranno, sotto la guida del responsabile scientifico, già professore ordinario di Medicina Veterinaria, Mario Arispici, di interventi assisti con gli animali.

“Dall’incontro dei diversi saperi, nati e cresciuti nelle Università di Pisa, si sviluppano nuove tecniche e soluzioni innovative a problemi sanitari e sociali che, solo pochi anni fa, non erano neppure immaginabili – interviene il professor Mario Arispici -. Largo spazio a coloro che non hanno paura di pensare e di confrontarsi in sfide che ormai hanno gli stessi confini del mondo”. 
Il workshop verterà sulla complessità mostrata dalla relazione fra essere umano e cane o
cavallo ed esplorerà le possibilità offerte dalla bioingegneria per monitorare e misurare il comportamento e le attività durante lo scambio emotivo, attraverso le risposte del Sistema Nervoso Autonomo. 

Fiore all’occhiello del convegno sarà la presentazione di FEELS, il progetto sviluppato e coordinato dal Professore Enzo Pasquale Scilingo e dall’ingegner Antonio Lanatà del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione del Centro Piaggio dell’Università di Pisa con la collaborazione del medico veterinario e ricercatore, Paolo Baragli, dell’Ingegner Alberto Greco dell’azienda spin-off dell'Università di Pisa Feel-ING, del professor Biagio D’Aniello dell’Università di Napoli e del professor Angelo Gemignani dell’Università di Pisa.

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Mario Arispici, responsabile scientifico di interventi assisti con gli animali, già professore ordinario di Medicina Veterinaria all'Università di Pisa

“L’interazione emotiva fra essere umano e cavallo/cane può essere misurata attraverso bio-tecnologie non invasive, supportate da complesse analisi dei segnali biomedici – spiega il comitato scientifico - attraverso la misura delle variazioni dei parametri cardio polmonari del cavallo possiamo produrre bio-feedback (attraverso stimoli acustici, vibratili o luminosi) che forniscono alla persona, che sta interagendo con l’animale, informazioni sullo stato emotivo di quest’ultimo”. "Troppe volte la mancata integrazione tra discipline diverse ha impedito di raggiungere obiettivi scientifici ambiziosi con rilevanti ricadute nella società – spiegano Antonio Lanatà ed Enzo Pasquale Scilingo del Centro Piaggio - In questo workshop vogliamo mostrare come metodi matematici e ingegneristici sviluppati prevalentemente in ambito umano vengono messi a disposizione della scienza medica e veterinaria per creare una base comune in grado di affrontare problematiche complesse e non sempre facilmente misurabili come quella dell'interazione psico-fisica uomo-animale e del contagio emotivo tra specie diverse".

“Migliorare le conoscenze psico-fisiologiche dell’interazione e verificare la presenza di forme di contagio emotivo su base empatica, tra l’essere umano da una parte, il cavallo e il cane dall’altra, è la nostra proposta di workshop – conclude Paolo Baragli, medico veterinario, ricercatore del dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Pisa -. Ponendo, infatti, la nostra attenzione sul lavoro svolto da cane e cavallo nell’interazione con l’essere umano, si percepisce come la relazione che si crea coinvolga in profondità aspetti psichici ed emotivi. Oggi questo obiettivo è possibile grazie a un approccio scientifico multidisciplinare in cui entrano in gioco specifiche competenze tecniche che consentiranno d’integrare l’analisi del comportamento di soggetti animali e umani, con i segnali provenienti dal sistema nervoso autonomo e quelli delle variabili legate al coinvolgimento emotivo”.

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Paolo Baragli, medico veterinario, ricercatore del dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Pisa.

Per seguire il Festival: www.festivalinternazionaledellarobotica.it, Facebook Instagram.

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