A Paolo Dario il 'Campano d'Oro' 2015
È stato conferito al professor Paolo Dario il "Campano d'Oro" 2015, il prestigioso e ambito riconoscimento che l’Associazione laureati dell’Ateneo pisano (ALAP) assegna ogni anno, in collaborazione con l'Università, a illustri personalità che si sono laureate a Pisa. La cerimonia si è svolta negli Arsenali Repubblicani, di recente riportati a nuova vita dopo un'opera di riqualificazione. Il professor Dario è professore ordinario di Robotica Biomedica alla Scuola Superiore Sant'Anna, direttore dell’Istituto di BioRobotica della stessa Scuola e del Polo Sant’Anna Valdera. I suoi principali interessi di ricerca si sono rivolti al campo della biorobotica e della robotica per chirurgia, per microendoscopia e per riabilitazione. Studioso di rilievo internazionale, su questi temi ha pubblicato oltre 180 articoli su riviste internazionali e 300 fra capitoli di libri internazionali e articoli in atti di congressi internazionali, ricevendo premi scientifici per alcuni di essi. Il professor Dario è anche titolare di circa 50 brevetti internazionali.
La cerimonia è stata aperta dai saluti del rettore Massimo Augello, cui è seguita la Laudatio tenuta dal professor Franco Mosca. Subito dopo, il presidente dell'ALAP, Paolo Ghezzi ha letto le motivazioni del conferimento e consegnato al premiato la medaglia che raffigura la Torre del Campano. L’intervento del professor Dario ha preceduto l'omaggio musicale preparato dal Coro dell'Università di Pisa, diretto dal maestro Stefano Barandoni.
Nel suo intervento, il rettore ha sottolineato la riconosciuta eccellenza sia del Centro di Ricerche in Bioingegneria e Robotica "Enrico Piaggio" dell'Università di Pisa, sia dell'Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant'Anna, diretto appunto dal professor Paolo Dario, e ricordato le comuni radici: "queste due strutture - ha detto - hanno un'origine comune, che deriva dalla tradizione che Pisa vanta nel campo dell'ingegneria e che ha come momento fondativo l'istituzione nel lontano 1965 – e dunque esattamente 50 anni fa - del 'Centro per l'automatica', nato nella Facoltà di Ingengeria con l'obiettivo di svolgere studi e ricerche sull'automazione nell'industria. Il Centro, che venne intitolato a Enrico Piaggio, fu fortemente voluto dall'allora rettore, il professor Alessandro Faedo, che ne fu anche il primo Direttore".
Dopo aver sintetizzato i tratti fondamentali della sua biografia di studioso, il professor Augello ha concluso che "in definitiva, il professor Paolo Dario si è dimostrato per molti aspetti un 'lucido visionario', riuscendo a tracciare in anticipo sentieri poi battuti dai più all'interno delle nostre Istituzioni. Con la sua attività, ha saputo indicare a tutti noi il percorso da seguire per rinnovare e accrescere il prestigio di cui le università pisane godono nel mondo, partendo dalla capacità di progettare e di muoverci come un sistema coeso".
Leggendo le Motivazioni del riconoscimento, il presidente ALAP, Paolo Ghezzi, ha evidenziato che "Paolo Dario è senza dubbio uno dei principali artefici dello sviluppo tecnologico e applicativo nel settore della robotica mondiale... Le sue ricerche internazionali, i suoi studi e le sue pubblicazioni scientifiche sono divenute punto di riferimento per intere generazioni di ingegneri, medici e tecnici del settore anche se a lui si deve un tributo particolare per il grande intuito nello sviluppo industriale e applicativo della robotica e delle ricerche correlate. In particolare nel settore biomedico".
Il premio del “Campano d'Oro” è stato istituito nel 1971 come riconoscimento a ex allievi dell’Ateneo pisano che si siano distinti nel campo della cultura, della scienza, dell’industria e delle professioni. “È una delle più significative iniziative organizzate dall'ALAP in collaborazione con l’Università – ha commentato il presidente dell’ALAP, Paolo Ghezzi – Negli anni sono stati premiati personaggi come Carlo Rubbia, Giuliano Amato, Marcello Pera, Tiziano Terzani, Remo Bodei, Antonio Cassese, oltre ad Andrea Bocelli e Vando D'Angiolo, Edda Bresciani ai quali è andato il Campano negli ultimi tre anni. ALAP è un’associazione che fa ormai parte del tessuto cittadino. Le varie cerimonie che organizza, come le ‘Nozze d’Oro e d’argento con la laurea’ e la stessa celebrazione di Curtatone e Montanara, vogliono sottolineare questa mission culturale. Anche la nostra rivista ‘Il Rintocco del Campano’ è un faro posto sul presente attraverso il nostro passato”.
ECHOES e TOI tra i 4 finalisti del Premio Nazionale per l’Innovazione
ECHOES e TOI, i progetti nati da due start up dell’Università di Pisa vincitori della Start Cup Toscana 2015, hanno partecipato al Premio Nazionale per l’Innovazione (PNI) 2015 che si è tenuto a Rende, in provincia di Cosenza, venerdì 4 dicembre, classificandosi tra i 4 finalisti a livello nazionale per la categoria ICT, in cui erano stati selezionati 16 concorrenti. L’evento è stato organizzato in collaborazione con l’Università della Calabria e con il supporto della Regione Calabria.
Il PNI è il prestigioso riconoscimento istituito nel 2003 da PNICube – l’Associazione Italiana degli Incubatori Universitari – per diffondere la cultura d’impresa in ambito universitario e accorciare le distanze tra ricerca e mercato. Quest’anno sono 63 i progetti che hanno avuto accesso alla finale del premio, progetti vincitori delle 18 competizioni regionali (StartCup) che coinvolgono oltre 50 tra università, incubatori e istituzioni quali il CNR, l’Enea e l’Istituto Italiano di Tecnologia, e che hanno visto quest’anno la partecipazione di 3.253 imprenditori, o aspiranti tali, per un totale di 1.278 idee e 608 business plan presentati.
Obiettivo del PNI è sostenere la nascita di imprese ad alto contenuto di innovazione e promuovere lo sviluppo economico dei territori delle competizioni locali. Inoltre il PNI mira a diffondere la cultura d’impresa in ambito accademico e a favorire il rapporto tra i ricercatori, il mondo dell’impresa e della finanza.
Echoes, già riconosciuta spin off del Consorzio nazionale interuniversitario per le telecomunicazioni (CNIT) e in fase di accreditamento per l’Università di Pisa, è nata come start up innovativa nel mese di luglio. I soci fondatori hanno sviluppato le proprie competenze nel dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e presso il laboratorio RaSS del CNIT, nel ruolo di ricercatori e dottorandi impegnati in progetti di ricerca e sviluppo nelle tematiche relative alla sensoristica radar e al telerilevamento.
La società sta sviluppando un radar FMCW interferometrico multicanale per applicazioni di imaging 3D oltre a un radar passivo DVB-T multicanale per sorveglianza costiera. I principali requisiti consistono in un sistema innovativo di monitoraggio strutturale/ambientale a corto e cortissimo range, mediante l’utilizzo di algoritmi che permettono la sorveglianza di aree e strutture in tutte le condizioni climatiche e di visibilità, attraverso l'utilizzo di sensori radar ad alta risoluzione e basso impatto ambientale.
TOI – Things on Internet è una start up nata nel 2014 per iniziativa di un gruppo di ingegneri e designer dell’Università di Pisa. La missione di TOI è sviluppare prodotti software per dar vita all’Internet delle cose. L'idea proposta alla Start Cup Toscana si basa sull’applicazione in diversi settori di mercato di soluzioni intelligenti caratterizzati dalla presenza di una serie di microcontrollori e sensori che interagisce sia con gli utilizzatori e l'ambiente circostante, con il supporto di infrastrutture cloud.
La principale tecnologia utilizzata per lo sviluppo dei prodotti è VIPER, di cui TOI è licenziataria esclusiva in Europa. VIPER è un software Open Source molto innovativo che permette lo sviluppo di microcontrollori e soluzioni interattive in linguaggio di programmazione Python. Nel piano di sviluppo triennale, la soluzione interattiva hardware + software interattivo è applicata al settore della refrigerazione industriale, al settore nautico e quello retail. Il vantaggio strategico si basa sulla possibilità di adattare la stessa filosofia di sviluppo a mercati differenti, garantendo quindi la scalabilità commerciale.
All’Università di Pisa apre lo sportello Informhabile
All’Università di Pisa apre lo sportello Informhabile, un punto informativo sullo sport pensato per le persone disabili che sarà presto operativo presso gli uffici dell’USID, l’Unità di Servizi per l’integrazione degli studenti con disabilità. Lo sportello è stato istituito grazie a un protocollo d’intesa con il CIP, il Comitato Italiano Paraolimpico (Comitato Provinciale di Pisa e il Comitato Regionale Toscana), che è stato firmato giovedì 3 dicembre, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità.
Alla cerimonia hanno partecipato il rettore Massimo Augello, il professor Paolo Mancarella, delegato per la Disabilità dell’Università di Pisa, Massimo Porciani, presidente del CIP Toscana, Carlo Macchi, presidente del CIP della Provincia di Pisa e alcuni studenti atleti impegnati nei campionati paraolimpici, tra cui Alessia Biagini, quattro volte campionessa italiana di scherma.
Lo sportello Informhabile sarà operativo negli orari di apertura dell’USID e, oltre a fornire all’utenza tutte le informazioni relative alle attività sportive per disabili, avrà come ulteriore obiettivo sensibilizzare le realtà territoriali su queste tematiche.
“L’USID è da anni impegnato nella promozione di politiche attive per l’integrazione in ambito universitario degli studenti con disabilità e tra queste c’è anche lo sport, un veicolo eccezionale di integrazione”, ha ricordato il rettore Massimo Augello.
“Le attività sportive specifiche per i disabili sono promosse dal nostro Ateneo attraverso il CUS e spesso hanno visto i nostri studenti primeggiare in campionati nazionali come la scherma e l’ippica – ha aggiunto il professor Paolo Mancarella – L’accordo che firmiamo oggi con il CIP permetterà ai ragazzi di avere a disposizione personale preparato e materiale informativo specifico per documentarsi sulle possibilità di fare sport nella nostra università”.
“L’iniziativa dello sportello Informhabile fa parte del più ampio Progetto SportHabile, avviato dal CIP con istituzioni e associazioni del territorio per promuovere la riabilitazione e l’integrazione dei disabili attraverso lo sport – ha commentato Massimo Porciani – Uno sportello come “Informhabile” trova dunque una collocazione ideale nelle università, dove i giovani con disabilità vivono già la loro completa integrazione nel mondo accademico”.
Nelle foto:
In alto, da sinistra: Alessia Biagini, il prof. Paolo Mancarella, il rettore Massimo Augello, Massimo Porciani, Carlo Macchi.
In basso un momento della firma.
Ne hanno parlato:
Tirreno Pisa
Nazione Pisa
Pisa Today
PisaInformaFlash.it
A proposito di omeopatia
Negli scorsi giorni due articoli de "Il Venerdì" di Repubblica e de "Il Tirreno" hanno puntato i riflettori sul master dell'Ateneo, di recente istituzione, "La nuova farmacia fra salute e benessere" e in particolare sulla decisione di affrontare nell'ambito di questo corso il tema dell'omeopatia. Da una parte, si è schierato chi crede che sia necessario offrire al farmacista un bagaglio di conoscenze che vada oltre quelle della “farmacia tradizionale”, anche per rispondere alle esigenze e alle richieste dei circa nove milioni di italiani che hanno optato per le terapie omeopatiche; dall’altra chi - come lo scrittore Marco Malvaldi - pensa invece che l’omeopatia sia "acqua fresca", pur rispettando chi sceglie queste cure “alternative”, la cui validità non è stata mai provata scientificamente. Come dire: qualcuno può anche credere ai benefici di questa pratica, ma non in un dipartimento universitario, tanto più in uno scientifico, in cui i principi sono esattamente all’opposto di quelli dell’omeopatia.
Publichiamo di seguito un intervento del professor Federico Da Settimo, direttore del master in questione, che intende precisare alcune inesattezze contenute negli articoli, fornire una serie di dati e contribuire in questo modo a un più generale dibattito sul tema dell'omeopatia.
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Quando alcuni docenti del master su “La nuova farmacia fra salute e benessere” hanno avuto modo di vedere gli articoli pubblicati negli scorsi giorni su "Il Venerdì" e su "Il Tirreno" inizialmente hanno pensato: “Basta che se ne parli”, poi hanno pensato “Basta che se ne parli correttamente”, condividendo l’opinione di molti docenti del dipartimento che hanno ritenuto l’informazione assolutamente fuorviante.
Allora alcuni dati per non rimanere nell’ambito della fiction. Intanto il master su 1500 ore di didattica dedica 45 ore all’argomento “medicinali omeopatici e prodotti per la medicina complementare”. È vero che esistono master tenuti esclusivamente sull’omeopatia in Università italiane (Siena, Bergamo), in convenzione con Università italiane quali il dipartimento di Chimica dell’Università la Sapienza di Roma, in Università straniere (Barcellona) insieme a una moltitudine di diplomi universitari in numerose Università Europee (Germania, Francia).
Uno sguardo alla legislazione: la normativa italiana accogliendo quella europea (2001/83/CE e successive direttive di modifica) nel decreto legislativo 219/2006 definisce i prodotti omeopatici come veri e propri medicinali limitandone la dispensazione al farmacista.
Nonostante questi dati, il dottor Marco Malvaldi e altri stanno conducendo "a mezzo stampa" una veemente crociata, in cui avversano pervicacemente l'idea che in un dipartimento di Farmacia dell'Università di Pisa sia stata proposta e approvata l'istituzione di questo master. Sono opinioni personali espresse legittimamente e accoratamente sul mondo del farmaco e sulla realtà accademica, che tuttavia denotano alcune grosse carenze di informazione.
È infatti un dato di fatto che i prodotti omeopatici siano autorizzati dal nostro Ministero della Salute (nonché dalle autorità sanitarie di diversi avanzati paesi europei). Tali prodotti sono a pieno titolo definiti medicinali omeopatici, e in base a questa definizione possono essere dispensati da parte di farmacisti. Non si capisce, pertanto, la ragione per cui i farmacisti non debbano essere istruiti in sedi formative istituzionali su tutti gli aspetti chimico-farmaceutici, tecnologici, legislativi e farmacologici che riguardano tali prodotti.
Tuttavia, fino ad oggi, la formazione del personale sanitario su questo argomento è quasi ad esclusivo appannaggio di soggetti esterni al mondo universitario, che normalmente operano proprio nel settore dei medicinali omeopatici e che, pur avendo certamente competenza specifica su questo tipo di prodotto, potrebbero non garantire una posizione imparziale, necessaria per lo sviluppo di una opinione informata, consapevole e libera dei professionisti sanitari. Proprio per questo, a differenza di quel che pensa Malvaldi, in seno a una ampia discussione maturata in una seduta del Consiglio del dipartimento di Farmacia, è stato deciso di attivare, nell'ambito del master in questione, un piccolo modulo dedicato alla medicina omeopatica. E proprio nell'ambito di tale modulo, accanto a lezioni condotte da docenti esterni omeopati, è stato deciso di affiancare lezioni svolte da farmacologi del dipartimento, docenti universitari perfettamente allineati con le posizioni assunte dalla Società Italiana di Farmacologia nei confronti dell'omeopatia.
Questi docenti avranno il compito di illustrare con rigore scientifico agli studenti del master (per altro, tutti laureati in Farmacia o in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche, quindi perfettamente in possesso di solide basi scientifiche che consentiranno loro di ascoltare in modo critico e consapevole, senza necessità di tutele da parte di terzi) le metodologie utilizzate e i risultati ottenuti nei più rappresentativi studi clinici finalizzati ad accertare l'efficacia di medicinali omeopatici. Saranno discusse inoltre le posizioni espresse in materia dalle Società Scientifiche competenti, presentando le opinioni di autorevoli (e non autoreferenziali) scienziati che operano nel campo del farmaco, che notoriamente hanno nei confronti della medicina omeopatica atteggiamenti molto cauti e scettici.
Al contrario di quanto riportato in più testate giornalistiche, in cui è stato descritto un quadro apocalittico di "Università spaccata in due", la necessità di dare questa pluralità di informazione (Universitas ... non è stata chiamata così a caso!) è stata ampiamente condivisa; e in effetti, l'istituzione del master, così concepito, è stata approvata dalla stragrande maggioranza del dipartimento di Farmacia, e - guarda caso - proprio da quella parte del personale docente e ricercatore che svolge attività di ricerca di alto livello specificatamente nel campo delle discipline del farmaco.
Un'ultima riflessione: la scienza non raggiunge mai "uno stato penoso", come è stato pure affermato, quando - forte del proprio rigore e delle proprie argomentazioni - si confronta apertamente, in buona fede e umilmente con posizioni divergenti o alternative. Il degrado del pensiero umano è sempre è solo stato il frutto di arroganza, intolleranza, totalitarismo e autoreferenzialità.
Federico Da Settimo
direttore del master
Il ruolo dell'olfatto nella scelta del partner
Un gruppo di ricerca italo-tedesco ha per la prima volta svelato l’importanza dei segnali olfattivi per il riconoscimento dei parenti da parte degli uccelli. Lo studio, firmato da Anna Gagliardo del dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano, Barbara A. Caspers dell’Università di Bielefeld in Germania e E. Tobias Krause del Friedrich-Loeffler-Institut tedesco, è stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista internazionale “Behavioral Ecology and Sociobiology”.
La ricerca ha preso in esame il comportamento riproduttivo dei diamanti mandarini, uccelli passeriformi della famiglia degli Estrildidi. Nel corso dell’esperimento le femmine sono state divise in due gruppi, ad alcune è stato inibito l’olfatto, mentre altre potevano sentire gli odori. Ciascuna femmina è stata poi posta in una gabbia con due maschi, uno dei quali estraneo alla femmina, mentre l’altro era un fratello sconosciuto in quanto nato in un’altra nidiata.
“I risultati – ha spiegato Anna Gagliardo – sono stati sorprendenti. Le femmine che potevano sentire gli odori con l’olfatto non si sono accoppiate e hanno sviluppato comportamenti aggressivi nei confronti dei maschi. Quelle deprivate dell’olfatto si sono invece accoppiate con uno dei due maschi, senza distinzione fra il fratello o estraneo, come ha rivelato l’analisi del Dna dei piccoli nati”.
Secondo i ricercatori sarebbe stato sufficiente l’odore del maschio consanguineo, anche se sconosciuto, per indurre un comportamento aggressivo da parte delle femmine e un conseguente fallimento della riproduzione. La capacità delle femmine di riconoscere un fratello dall’odore e la repulsione per l’odore di un familiare in fase riproduttiva eviterebbe l’inbreeding, ovvero l’accoppiamento tra consanguinei che come è noto, diminuisce la probabilità di sopravvivenza della progenie.
“Che l’olfatto sia fondamentale per riconoscere i parenti è noto da tempo per diverse specie di mammiferi – ha concluso Anna Gagliardo – Con questo studio abbiamo dimostrato per la prima volta che segnali chimici emessi da un potenziale partner possono svolgere un ruolo importante nella selezione compagno anche negli uccelli”.
Il ruolo dell'olfatto nella scelta del partner
Un gruppo di ricerca italo-tedesco ha per la prima volta svelato l’importanza dei segnali olfattivi per il riconoscimento dei parenti da parte degli uccelli. Lo studio, firmato da Anna Gagliardo del dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano, Barbara A. Caspers dell’Università di Bielefeld in Germania e E. Tobias Krause del Friedrich-Loeffler-Institut tedesco, è stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista internazionale “Behavioral Ecology and Sociobiology”.
La ricerca ha preso in esame il comportamento riproduttivo dei diamanti mandarini, uccelli passeriformi della famiglia degli Estrildidi. Nel corso dell’esperimento le femmine sono state divise in due gruppi, ad alcune è stato inibito l’olfatto, mentre altre potevano sentire gli odori. Ciascuna femmina è stata poi posta in una gabbia con due maschi, uno dei quali estraneo alla femmina, mentre l’altro era un fratello sconosciuto in quanto nato in un’altra nidiata.
“I risultati – ha spiegato Anna Gagliardo – sono stati sorprendenti. Le femmine che potevano sentire gli odori con l’olfatto non si sono accoppiate e hanno sviluppato comportamenti aggressivi nei confronti dei maschi. Quelle deprivate dell’olfatto si sono invece accoppiate con uno dei due maschi, senza distinzione fra il fratello o estraneo, come ha rivelato l’analisi del Dna dei piccoli nati”.
Secondo i ricercatori sarebbe stato sufficiente l’odore del maschio consanguineo, anche se sconosciuto, per indurre un comportamento aggressivo da parte delle femmine e un conseguente fallimento della riproduzione. La capacità delle femmine di riconoscere un fratello dall’odore e la repulsione per l’odore di un familiare in fase riproduttiva eviterebbe l’inbreeding, ovvero l’accoppiamento tra consanguinei che come è noto, diminuisce la probabilità di sopravvivenza della progenie.
“Che l’olfatto sia fondamentale per riconoscere i parenti è noto da tempo per diverse specie di mammiferi – ha concluso Anna Gagliardo – Con questo studio abbiamo dimostrato per la prima volta che segnali chimici emessi da un potenziale partner possono svolgere un ruolo importante nella selezione compagno anche negli uccelli”.
L’Egitto dei miti e dei falsi miti
Mercoledì 2 dicembre alle 17, la Gipsoteca di Arte antica dell’Università di Pisa in (piazza San Paolo all’Orto 20) ospiterà il terzo e ultimo incontro del ciclo di conferenze "L'Egitto dei miti e dei falsi miti" organizzato dall’Ateneo pisano e dall'Archeoclub d'Italia. Per l’occasione l’egittologo Emanuele Casini parlerà di "Creature ibride nell'antico Egitto: l'uccello androcefalo raffigurante il Ba".
Secondo gli antichi egizi, la persona era costituita da una molteplicità di elementi che si separavano al momento della morte. Tra questi c'è il Ba, rappresentato come essere ibrido, un uccello con testa umana, e solitamente tradotto con il termine "anima", ma che rappresenta in realtà un vero e proprio alter ego del defunto. Nel corso dell’incontro sarà quindi analizzata questa figura, la sua iconografia e le sue attestazioni attraverso i secoli fino all'epoca romana.
Con il 'Labor Day' gli studenti del dipartimento di Scienze agrarie incontrano le aziende
Giovedì 3 dicembre il dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agroambientali dell’Università di Pisa organizza il “Labor Day”, una giornata in cui gli studenti potranno incontrare i rappresentanti di note aziende del settore agroalimentare e delle biotecnologie vegetali. L’iniziativa, che ha lo scopo di favorire l’inserimento dei ragazzi nel mondo del lavoro, rientra nell’ambito delle azioni di orientamento per gli studenti dei corsi di laurea in Biotecnologie vegetali e microbiche e Biosicurezza e qualità degli alimenti, con un intervento del Servizio di Job Placement d’Ateneo.
La giornata, ospitata nell’Aula Magna del dipartimento, in via del Borghetto 80, si aprirà alle ore 9 con i saluti del direttore, Rossano Massai, e della professoressa Anna Maria Ranieri, presidente dei corsi di laurea promotori dell’iniziativa. Coordinati dal professor Giovanni Vannacci, presidente della commissione «Rapporti con il mondo del lavoro» del dipartimento, i relatori illustreranno poi la realtà del contesto in cui operano e successivamente, nella sessione di “Job speed dating”, saranno a disposizione dei giovani interlocutori per fornire risposte ai quesiti proposti nonché possibili suggerimenti volti ad arricchire il loro patrimonio culturale e professionale. Interverranno i rappresentanti di Esselunga, Certis Europe, Mukki, Laboratori Archa, del Centro per l’impiego della Provincia di Pisa e del Servizio di Job Placement dell’Università di Pisa.
Conservare il valore nutritivo del polline d’api
Mettere a punto processi tecnologici innovativi per il trattamento e la conservazione del polline d’api fresco destinato alla alimentazione umana. E’ questo l’obiettivo del progetto biennale Proapi recentemente finanziato dalla Regione Toscana e che coinvolge il dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa e il Consorzio Polo Tecnologico Magona di Cecina.
“Dal punto di vista nutrizionale, il polline è un integratore alimentare perfettamente bilanciato per l’alimentazione umana: zuccheri, proteine, aminoacidi essenziali e non, lipidi, vitamine, minerali e antiossidanti sono presenti in rapporti ottimali, come in poche altre sostanze vegetali”, ha spiegato il dottor Angelo Canale responsabile del progetto insieme al professore Cristiano Nicolella.
Tuttavia malgrado l’interesse crescente verso questo prodotto non esiste una standardizzazione del processo di disidratazione a livello aziendale per le diverse tipologie di polline, requisito necessario per minimizzare le perdite di valore nutritivo del prodotto commercializzato. Proapi ha quindi l’obiettivo di individuare le tecniche adatte a preservare le proprietà del polline fresco, come la liofilizzazione e l’uso delle microonde, capaci di garantire al contempo la conservabilità e la sicurezza alimentare del prodotto.
“In particolare, i trattamenti di liofilizzazione messi a punto sui pollini di salice e castagno – ha aggiunto Angelo Canale - hanno già fornito risultati molto incoraggianti, con riduzioni del contenuto idrico paragonabili a quelli dei trattamenti termici convenzionali, mantenendo di fatto inalterati il valore nutrizionale in proteine, flavonoidi e lipidi e le caratteristiche sensoriali come aroma e sapore”.
La liofilizzazione, a partire da polline fresco conservato a -20 °C, permette infatti ai piccoli cristalli di ghiaccio di sublimare direttamente dalla fase solida alla fase gassosa, al fine di ottenere polline conservabile a temperatura ambiente. Il rapido riscaldamento ottenibile in sistemi a microonde permette invece di ridurre il contenuto di acqua a valori di sicurezza con temperature moderatamente basse (circa 26 °C) e a tempi brevi, circa 30 minuti, mitigando sensibilmente le perdite di valore nutrizionale.
Conservare il valore nutritivo del polline d’api, ora c’è un progetto
Mettere a punto processi tecnologici innovativi per il trattamento e la conservazione del polline d’api fresco destinato alla alimentazione umana. E’ questo l’obiettivo del progetto biennale Proapi recentemente finanziato dalla Regione Toscana e che coinvolge il dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa e il Consorzio Polo Tecnologico Magona di Cecina.
“Dal punto di vista nutrizionale, il polline è un integratore alimentare perfettamente bilanciato per l’alimentazione umana: zuccheri, proteine, aminoacidi essenziali e non, lipidi, vitamine, minerali e antiossidanti sono presenti in rapporti ottimali, come in poche altre sostanze vegetali”, ha spiegato il dottor Angelo Canale responsabile del progetto insieme al professore Cristiano Nicolella.
Tuttavia malgrado l’interesse crescente verso questo prodotto non esiste una standardizzazione del processo di disidratazione a livello aziendale per le diverse tipologie di polline, requisito necessario per minimizzare le perdite di valore nutritivo del prodotto commercializzato. Proapi ha quindi l’obiettivo di individuare le tecniche adatte a preservare le proprietà del polline fresco, come la liofilizzazione e l’uso delle microonde, capaci di garantire al contempo la conservabilità e la sicurezza alimentare del prodotto.
“In particolare, i trattamenti di liofilizzazione messi a punto sui pollini di salice e castagno – ha aggiunto Angelo Canale - hanno già fornito risultati molto incoraggianti, con riduzioni del contenuto idrico paragonabili a quelli dei trattamenti termici convenzionali, mantenendo di fatto inalterati il valore nutrizionale in proteine, flavonoidi e lipidi e le caratteristiche sensoriali come aroma e sapore”.
La liofilizzazione, a partire da polline fresco conservato a -20 °C, permette infatti ai piccoli cristalli di ghiaccio di sublimare direttamente dalla fase solida alla fase gassosa, al fine di ottenere polline conservabile a temperatura ambiente. Il rapido riscaldamento ottenibile in sistemi a microonde permette invece di ridurre il contenuto di acqua a valori di sicurezza con temperature moderatamente basse (circa 26 °C) e a tempi brevi, circa 30 minuti, mitigando sensibilmente le perdite di valore nutrizionale.