All'ippodromo di San Rossore i test di ingresso dell'Università di Pisa
«San Rossore apre le porte ai test di ingresso dell'Università di Pisa: una scenografia suggestiva immersa nella natura per gli studenti che dal primo settembre si troveranno ad affrontare le prove per accedere ai corsi a numero chiuso» spiega il presidente del Parco Lorenzo Bani. Tutto grazie alla collaborazione tra Università di Pisa, Comune di Pisa, Ente Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli ed Alfea che in queste settimane hanno risolto in tempi record i nodi organizzativi, a partire dalle pratiche di nulla osta e di comunicazione alla ASL, facendo tesoro dell'esperienza maturata in grandi eventi come l'endurance mondiale.
Michele Conti, Sindaco di Pisa: «Il ritorno nella nostra città dei test d’ingresso dell’Università di Pisa è un risultato importante e non scontato, frutto di un lavoro di squadra degli enti coinvolti. La nostra Amministrazione fin dall’insediamento ha lavorato affinché si concretizzasse il progetto di riportare a Pisa, nella sua sede naturale, questa importante attività dell’Ateneo. Ne ho parlato a lungo con il Rettore Mancarella che ringrazio per la sensibilità e per l’impegno in favore della nostra comunità. Considero una buona notizia anche che il Parco si apra ad attività strategiche per il nostro territorio, un segnale che auspico trovi continuità nel corso del mandato del nuovo consiglio di amministrazione da poco insediato. L’Università di Pisa, oltre a perseguire le finalità tradizionali della didattica e della ricerca di base, riesce a creare una rete di collegamenti con i vari sistemi in cui si articola la società, da quello economico a quello scolastico che sono fondamentali per la nostra città, soprattutto in un momento storico così delicato come quello che stiamo vivendo. Con questo risultato diamo un primo segnale forte alla città, guardando alla ripartenza autunnale con fiducia e ottimismo»
«Ce l’abbiamo fatta – ha commentato il Rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella – Riportare a Pisa i test d’ingresso ai corsi di laurea ad accesso programmato era una cosa a cui tenevo molto anche per la ricaduta economica che, potenzialmente, questi hanno sul territorio. Basti pensare che lo scorso anno i ragazzi iscritti erano oltre quattromila. La loro organizzazione, peraltro, ha rappresentato un importante banco di prova per la futura ripartenza della città. Siamo in una fase storica di rara delicatezza, in cui serve unire competenze e capacità per far ripartire la nostra città, il suo territorio e dare solidità al suo futuro. L’essere riusciti ad organizzarli in così poco tempo all’interno dell’Ippodromo di San Rossore grazie ad una straordinaria sinergia tra enti che hanno saputo fare squadra per raggiungere un obiettivo comune è un segnale di fiducia forte che diamo alla nostra comunità. Un grande in bocca al lupo alle ragazze e ai ragazzi che accoglieremo a San Rossore, il luogo giusto per iniziare la loro corsa verso un futuro di successo!».
Il presidente di Alfea, Cosimo Bracci Torsi, così commenta l’uso del prato dell’ippodromo con un’installazione mobile nei cui spazi saranno programmate 13 prove divise in 11 date: «L’iniziativa è stata valutata con favore dall’intero consiglio di Alfea. Da tempo questa società si sta muovendo per utilizzare le sue strutture anche verso manifestazioni che, pur non interferendo in alcun modo sulle attività ippiche e svolgendosi nel pieno rispetto dell’ambiente, valorizzino l’area relativa alla nostra concessione».
«Ci sarà la massima attenzione a tutte le sicurezze anti-Covid ed al rispetto dell'ambiente» continua il direttore del Parco Riccardo Gaddi. Il Comune di Pisa metterà a disposizione una navetta gratuita che porterà a San Rossore dal parcheggio scambiatore di via Pietrasantina, metodo principale per l'accesso per limitare l'accesso di mezzi privati. Per la sicurezza ci sarà un'area filtro anti-Covid con locale per l'isolamento, per l'ingresso un'area identificazione con 15 varchi separati e distanziati ed un'area accesso dedicata alle persone diversamente abili. L'area concorso di 8mila metri quadrati consentirà di raggiungere una capienza fino a 2400 persone mantenendo il distanziamento, con un'adeguata climatizzazione, gruppi elettrogeni insonorizzati ed i necessari impianti tecnologici (wifi, computer, audio e video). L'organizzazione a cura di Alfea mette a disposizione 4 monoblocchi da 10 bagni chimici, servizio antincendio e primo soccorso.
(Comunicato congiunto Ente Parco, Università di Pisa, Comune di Pisa, Alfea).
Calendario (11 date, 13 corsi)
Mercoledì 1 settembre: Medicina Veterinaria
Venerdì 3 settembre: Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria
Giovedì 9 settembre: Scienze Motorie
Lunedì 13 settembre: Scienze e tecniche di psicologia clinica e della salute
Martedì 14 settembre: Professioni sanitarie
Venerdì 17 settembre: Scienze della formazione primaria
Lunedì 20 settembre: Specializzazione sostegno scuola infanzia
Lunedì 20 settembre: Psicologia clinica e della salute
Giovedì 23 settembre: Scienze tecniche delle attività motorie preventive e adattate
Giovedì 23 settembre: Specializzazione sostegno scuola primaria
Venerdì 24 settembre: Specializzazione sostegno scuola secondaria di primo grado
Giovedì 30 settembre: Specializzazione sostegno scuola secondaria di secondo grado
Assegnata alla professoressa Buonanno, laureata pisana, la Medaglia Dirac
Per la prima volta la Medaglia Dirac, uno dei principali premi scientifici internazionali, è stata assegnata a una ricercatrice italiana, Alessandra Buonanno, che lavora in Germania, nell’Istituto Max Planck per la Fisica gravitazionale di Potsdam.
Conferita dal Centro Internazionale di Fisica Teorica Abdus Salam (Ictp), la medaglia Dirac ha premiato la professoressa Buonanno per le sue ricerche teoriche alla base della rilevazione delle onde gravitazionali. Oltre a essere la prima italiana, Buonanno è la seconda donna in assoluto a ricevere la medaglia Dirac.
Alessandra Buonanno è a capo della divisione di Astrofisica e Relatività Cosmologica dell’istituto tedesco Max Planck. Dopo la laurea e il dottorato di ricerca in Fisica all’Università di Pisa, la ricercatrice ha lavorato al Cern di Ginevra e poi in Francia, nell’Institut des Hautes Etudes Scientifiques (Ihes). Ha inoltre lavorato nel Laboratorio di Astrofisica e Cosmologia (APC) di Parigi (2001), nell’Università del Maryland (2005) e nel 2014 è stata nominata co-direttrice dell'Istituto Max Planck per la fisica gravitazionale di Potsdam.
“La Medaglia Dirac 2021 assegnata ad Alessandra Buonanno, che è stata studentessa e dottoranda presso il nostro Dipartimento nel periodo dei suoi studi in Fisica – ha commentato il direttore del Dipartimento di Fisica, professor Dario Pisignano - ci rende felici, e fieri del livello della formazione in Fisica che l’Università di Pisa riesce con continuità, ormai da decenni, ad erogare”.
"Spero che questo premio possa fornire un messaggio positivo a tutti i giovani, e in particolare alle giovani donne, che desiderano intraprendere la strada della scienza". La professoressa Buonanno in una foto di A. Klaer.
“La Medaglia Dirac premia un lungo e difficile lavoro di studio delle equazioni di Einstein applicate a coppie di buchi neri. I risultati ottenuti con sofisticati metodi matematici da Alessandra Buonanno e Thibault Damour, due dei quattro vincitori, sono la chiave per rilevare e decifrare il segnale portato dalle onde gravitazionali", ha spiegato il professor Francesco Fidecaro del Dipartimento di Fisica, impegnato nella collaborazione internazionale Virgo per la rilevazione delle onde gravitazionali. Masse, distanza, rotazione dei buchi neri osservati da Virgo e dalla collaborazione americana LIGO sono ottenute per buona parte con le formule di Buonanno e Damour. La formazione di Alessandra Buonanno in Fisica Teorica le ha permesso di dare un contributo fondamentale alla comprensione degli interferometri per onde gravitazionali. Nel 2001 ha mostrato (con Yanbei Chen del California Institute of Technology) che la configurazione ottica degli interferometri Virgo e LIGO può aggirare il limite quantistico imposto dal principio di indeterminazione di Heinsenberg su una massa libera. Ciò è dovuto alle correlazioni tra il rumore granulare dei fotoni e il rumore della pressione di radiazione, che fino ad allora erano state erroneamente trascurate. Le loro analisi hanno identificato un nuovo effetto ottico-meccanico (molla ottica), che è stato poi verificato sperimentalmente nell'interferometro da 40 metri di Caltech e negli esperimenti di cavità ottiche da tavolo. La soluzione proposta è ora uno standard per gli interferometri, presenti e futuri.
I notevolissimi risultati scientifici di Alessandra Buonanno sono dunque dovuti soprattutto alla sua capacità di affrontare e risolvere problemi di notevole difficoltà tecnica e concettuale, e i suoi anni pisani (1987-1996) sono stati sicuramente molto importanti per la sua formazione scientifica. Alessandra Buonanno ha beneficiato del clima presente nel corso di laurea in Fisica pisano, ricorda il professor Paolo Rossi, fisico teorico del Dipartimento di Fisica, “caratterizzato dal costante interscambio con i professori e tra i compagni di studi, spesso di alto livello.” In particolare, in quegli anni diversi giovani teorici si riunivano intorno alla figura carismatica di Giuseppe Curci (1950-2006), purtroppo precocemente scomparso, che con notevole visione avviò molti di loro prima verso la conoscenza di raffinate tecniche analitiche e poi verso l’applicazione delle più sofisticate tecniche numeriche ai problemi che non ammettevano una trattazione analitica. Un’altra figura di rilievo nel gruppo teorico era Michele Maggiore, che proprio in quegli anni aveva cominciato a interessarsi alla fisica delle onde gravitazionali. Allieva di Curci per la laurea e di Maggiore per il dottorato, Alessandra Buonanno ha saputo mettere bene a frutto gli insegnamenti pisani ed ottenere gli straordinari risultati che oggi le vengono così autorevolmente riconosciuti.
“Sono molto grata al Dipartimento di Fisica; gli anni di formazione a Pisa sono stati fondamentali per la mia carriera scientifica – ha detto Alessandra Buonanno - Spero che questo premio possa fornire un messaggio positivo a tutti i giovani, e in particolare alle giovani donne, che desiderano intraprendere la strada della scienza”. La professoressa ha aggiunto: “la passione, la determinazione, la fiducia in se stessi e la disciplina sono essenziali per ottenere importanti risultati nella ricerca. È cruciale eliminare le barriere culturali e sociali che non permettono a molte donne di sviluppare pienamente queste qualità, impedendo loro di scegliere o di continuare la carriera scientifica”.
Scienza in discussione? Dalla controversia sui vaccini all'emergenza Covid-19
La questione dei vaccini chiama in causa la relazione tra salute pubblica e autonomia individuale e tra evidenze scientifiche e loro traduzione in dispositivi e applicazioni sociali. Riemerso di recente in Italia con l’estensione dei vaccini obbligatori, il tema dell’«esitazione vaccinale» è stato ulteriormente alimentato dalla pandemia Covid-19, con le incertezze a livello di expertise e decisione politica – il cui rapporto mai come in questo frangente è apparso problematico – sulla somministrazione di vaccini sperimentati in tempi record. La rinuncia, in Italia come altrove, a imporla all'intera popolazione, così come l’avvertita necessità e la ritrosia a farlo per il personale sanitario, indicano che il problema è tutt'altro che semplice e marginale, investendo il rapporto tra stato, scienza e opinione pubblica e le modalità stesse di produzione della conoscenza scientifica.
La semplificazione mediatica, in termini di pro e anti-vax, o addirittura di pro e anti-scienza, non ne aiuta la comprensione. Guardando alla questione da diversi punti di vista – dalla governance della salute alla «post-verità», dalle professioni sanitarie alle rappresentazioni individuali e mediatiche dell’esitazione vaccinale – il volume fornisce strumenti per fare luce sulle radici teoriche e motivazionali delle varie posizioni, ritenendo insufficienti le campagne educative o le strategie di persuasione basate sull'assunto del «deficit di comprensione», cui fa da contraltare lo spostamento del confronto scientifico sul piano mediatico. Ne derivano deleterie enfatizzazioni e strumentalizzazioni.
Vi è la necessità di un modo diverso di affrontare il tema dei vaccini, non solo in termini di informazione e comunicazione ma di crescita culturale, credibilità delle istituzioni e relazione fiduciaria tra medici e pazienti. Il volume, a cura di Luigi Pellizzoni (professore di Sociologia dell’ambiente e del territorio all'Università di Pisa) e Rita Biancheri (professoressa di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all'Università di Pisa) intende contribuire all'ampliamento della prospettiva su un problema complesso, destinato ad assumere rilevanza crescente.
Qui di seguito pubblichiamo l’Introduzione al volume.
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Quella sui vaccini è, tra le controversie sull’uso sociale della scienza, una delle più antiche e accese. È bene ribadire il punto: non si tratta di una controversia scientifica in senso stretto; una controversia, cioè, che vede contrapporsi posizioni scientifiche differenti su questioni attinenti allo statuto di verità di determinate affermazioni teoriche o empiriche. Si tratta, invece, di una controversia sull’impiego del sapere scientifico e delle sue applicazioni tecniche per affrontare questioni di rilevanza sociale. Essa investe non la scienza in quanto tale, salvo forse posizioni estremamente minoritarie tese a sostenere la falsità di ogni affermazione scientifica sui vaccini, ma la scienza e la tecnica applicate alle politiche e alla regolazione della vita sociale: se, quando, come, in che misura i vaccini vadano prescritti, o imposti.
La diatriba, che in questi termini coinvolge non solo una parte della popolazione ma anche scienziati, si riaccende periodicamente, di solito in coincidenza con eventi di elevata presa sull’opinione pubblica: casi di morte o gravi patologie associati all’assunzione di vaccini; introduzione di obblighi vaccinali; epidemie. O un intreccio di queste ragioni. In Italia la diatriba è (ri)esplosa all’indomani dell’estensione dell’obbligo a 10 vaccini per i minori fino a 16 anni, introdotta dalla legge 119 del 2017. Mentre le polemiche al riguardo erano ancora molto accese è scoppiata l’emergenza pandemica Covid-19, cui è seguita la predisposizione di vaccini sperimentati in tempi record, a sua volta seguita da palpabili incertezze da parte delle autorità nazionali e internazionali sull’atteggiamento da assumere rispetto a eventi infausti associati alla somministrazione di alcuni di essi. Se e quale sarà l’impatto di questa vicenda sulla questione vaccinale nel suo assieme è impossibile dirlo in questo momento; tuttavia, la rinuncia, in Italia come altrove, a imporre l’obbligo vaccinale all’intera popolazione, nonostante le drammatiche conseguenze della pandemia, e l’esitazione a introdurlo anche solo per il personale sanitario (presso cui da sempre esiste una sia pur minoritaria resistenza alle vaccinazioni), sottende il riconoscimento dell’impatto potenzialmente negativo dell’obbligatorietà sul successo della campagna vaccinale; il che, a sua volta, implica l’ammissione che il problema è tutt’altro che trascurabile, limitato a un’esigua minoranza di persone.
Ma qual è il problema? La semplificazione mediatica in termini di pro e anti-vax non aiuta la comprensione del fenomeno. Non a caso, la letteratura più avveduta preferisce da tempo parlare di “esitazione vaccinale”, riferendosi al ventaglio di posizioni che si producono attorno alla questione. Questione che, all’origine, muove dal carattere unico dei vaccini rispetto a ogni altro intervento sanitario sul corpo umano: il fatto che si interviene su individui sani e non malati. Ciò inevitabilmente amplifica la rilevanza di effetti imprevisti e indesiderati. Le motivazioni addotte da chi è contrario all’obbligatorietà oppure alle modalità di somministrazione dei vaccini sono tuttavia articolate su più piani, con argomentazioni che, al di là della loro validità scientifica, devono essere interpretate anche attraverso l’apporto di categorie provenienti dall’ambito sociologico ed essere indagate come fenomeno complesso che investe, tra le altre variabili, le modalità stesse di produzione della conoscenza e il rapporto tra stato, scienza e opinione pubblica. Si tratta insomma di provare a capire le radici teoriche e motivazionali delle posizioni dissenzienti, anziché pensare che campagne di educazione o strategie di persuasione possano da sole “risolvere il problema”. Quest’ultima, tuttavia, pare essere la convinzione prevalente presso politici, scienziati e media, i quali sottoscrivono in tal modo l’assioma, ampiamente falsificato sul piano empirico che la diffidenza verso l’uso sociale della scienza derivi semplicemente da un “deficit di comprensione” dei suoi benefici generali e indiscutibili.
La contrapposizione fittizia tra pro e contro le vaccinazioni non solo limita la capacità di indagare la questione dell’esitazione ma altera le condizioni per realizzare un’interazione efficace che si fondi sui presupposti di chiarezza cui la scienza, tirata da più parti, rischia di non rispondere. In ogni caso, se l’ambito naturale del confronto scientifico sulla produzione della conoscenza si sposta sul piano mediatico, esso non può che produrre infodemia, cioè un disordine comunicativo che può determinare dissonanze sul piano cognitivo e comportamentale. È allora che l’informazione fornita dagli esperti sembra non essere sufficiente e le evidenze scientifiche non bastano a consentire una scelta ponderata e consapevole, diventando oggetto di strumentalizzazione politica ed enfatizzazione mediatica.
Emerge di conseguenza la necessità di un modo diverso di affrontare la questione, in termini non solo di informazione/comunicazione ma di crescita culturale. Si tratta di costruire una sinergia tra mondo della ricerca, imprese, terzo settore, operatori sanitari e cittadini, questi ultimi nella veste di individui e gruppi portatori di prospettive ed esigenze diverse. Il tema dei vaccini pone insomma una varietà di questioni, a cominciare dall’efficacia/efficienza del welfare sanitario, che si proiettano sulla credibilità delle istituzioni e la soddisfazione dell’utenza e le funzioni del medico, compresa – e in un ruolo tutt’altro che secondario – la relazione di fiducia con il paziente. La soluzione al problema dell’esitazione vaccinale, pertanto, non è semplice e non può essere solo legislativa, poiché non si tratta di contrapporre verità scientifica e false credenze ma di entrare nei meccanismi di produzione della conoscenza, dei metodi e dei finanziamenti della ricerca e, non ultimo, delle modalità di costruzione dell’opinione pubblica.
Per fare i conti con tutto ciò, a nostro avviso, è necessario un confronto interdisciplinare, al momento carente. Si tratta di ricomporre un dibattito frammentato in una serie di prospettive, da quella epidemiologica a quella psicologica, da quella istituzionale a quella comunicativa, al fine di costruire un quadro coerente e promuovere una riflessione collettiva senza pregiudiziali, in assenza della quale non è irragionevole attendersi una crescita di movimenti “antiscientifici”, o forse è più corretto dire “scettici” rispetto all’uso pubblico della scienza; crescita tanto più probabile quanto più tale uso è destinato a intensificarsi nel prossimo futuro.
Il volume non pretende naturalmente di offrire un quadro esaustivo sulla tematica né di fornire risposte alla questione dello scetticismo tecno-scientifico, ma propone un contributo teorico ed empirico in certa misura inedito, anche per l’ampiezza e la varietà delle prospettive di analisi impiegate, e quindi spunti di riflessione non necessariamente disponibili nella pur copiosa letteratura fiorita recentemente attorno al tema dell’esitazione vaccinale. Il testo prende spunto dall’insoddisfazione per l’approccio predominante a livello mediatico e presso una parte preponderante della letteratura scientifica e divulgativa, dove l’esitazione vaccinale è ridotta a questione di ignoranza scientifica e carenze comunicative. Inoltre, senza trascurare temi certamente importanti come il ruolo dei media, si desiderava approfondire aspetti quali l’evoluzione dei legami fiduciari tra medico e paziente nel contesto delle trasformazioni istituzionali del sistema sanitario, e più in generale la rilevanza di una visione alternativa a quella del “deficit”, centrata sulla percezione pubblica della rilevanza della scienza e della tecnica.
Per concludere la questione vaccinale, nel suo riproporsi in condizioni storiche e sociali sempre diverse, rappresenti non solo un tema centrale per le politiche della salute, tanto più rilevante in un periodo di risorgenti e insorgenti minacce epidemiche e pandemiche, ma anche un hot spot per interrogare questioni di portata più ampia, quali l’uso sociale della scienza e della tecnica, il ruolo dell’expertise nelle politiche pubbliche, la costruzione della responsabilità nelle decisioni individuali e collettive, l’impatto dei social media nella sfera pubblica, i cambiamenti nel modo di concepire e affrontare le sfide che si profilano all’interfaccia tra mondo biofisico e mondo sociale, il rapporto tra conoscenza e incertezza. Il presente volume spera di offrire un contributo alla riflessione su questi temi cruciali.
Luigi Pellizzoni e Rita Biancheri
Ripartono i campi settembrini al Museo di Storia Naturale
Dopo la sosta dovuta alla pandemia, finalmente ripartono “i campi settembrini” al Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa a Calci, organizzati prima dell’inizio della scuola per riabituarsi ad imparare divertendosi. I campi si svolgono in piena sicurezza e sono frutto delle collaborazioni ormai consolidate fra il Museo di Storia Naturale, Feronia aps e Cus Pisa.
Con Feronia aps il Museo propone tre settimane di attività già partite dal 23 agosto:
23 – 27 agosto
“Mostri, strane creature e animali spaventosi! Viaggio all’interno della mostra sull’Inferno dantesco.”
30 agosto – 3 settembre
“Chi l’ha “fatta” al Museo? Storie, stranezze e curiosità sull’innominabile.”
6 – 10 settembre
“Tutti sotto terra! Cosa si nasconde sotto i nostri piedi? Scopriamo insieme insetti, fossili, radici, tane e… molto altro!”
Con il Cus Pisa il Museo propone due settimane di attività a partire dal 30 agosto:
30 agosto – 3 settembre
“Mammiferi alla riscossa. Viaggio alla scoperta di carnivori ed erbivori.”
6 – 10 settembre
“La vita subacquea. Conosciamo da vicino rettili, anfibi e cetacei.”
Le settimane sono tutte diverse, ciascuna con un proprio filo conduttore e ci si può iscrivere anche a singole giornate.
I partecipanti potranno vivere una esperienza unica all’aria aperta negli spazi verdi intorno alla Certosa e all’interno del Museo per scoprire i segreti delle sue straordinarie collezioni con attività e laboratori loro dedicati. Gli obiettivi educativi prevedono una graduale preparazione dei bambini al rientro a scuola con divertimento, dedicando molte attività all’osservazione, al problem solving, all’apprendimento tra pari e al recupero del metodo critico e scientifico, fondamentali nello studio, anche elementare.
Il progetto è stato fortemente voluto dal Museo dell’Ateneo pisano ed è inserito dalla Regione Toscana nel più ampio circuito “S-passo al Museo” che prevede attività extrascolastiche di qualità. Si avvale infine delle innovative idee del progetto nazionale "Musei integrati", di cui è capofila il MUSE di Trento e a cui partecipa il Museo di Storia Naturale, progetto di ricerca e sostegno delle buone pratiche in ambito museale per lo sviluppo sostenibile, anche in ambito locale.
Tutte le attività saranno realizzate nel rispetto delle norme anticontagio COVID-19.
Tutte le informazioni sono disponibili sul sito del Museo alle pagine: https://www.msn.unipi.it/it/tornano-i-campi-estivi-al-museo/
L’Università di Pisa in vetta alla classifica “Academic Ranking of World Universities”
L’Università di Pisa – insieme alla Sapienza di Roma, all’Università di Milano e all’Università di Padova – si conferma al vertice tra gli atenei italiani nell’Academic Ranking of World Universities (ARWU), la classifica elaborata dalla Shanghai Ranking Consultancy, una delle più accreditate agenzie di rating internazionale per la valutazione di università ed enti di ricerca. Nell’edizione 2021 l’Università di Pisa ha ottenuto la posizione nella fascia tra il 151° e il 200° posto su scala mondiale.
Sono oltre 2.000 le università scrutinate quest’anno dall’agenzia asiatica, di queste soltanto 1.000 sono rientrate in classifica e 45 sono italiane. Al primo posto mondiale rimane l’Università di Harvard, seguita dalla Stanford University e dall’Università di Cambridge.
Il ranking ARWU è elaborato sulla base di sei indicatori: i premi Nobel e le Medaglie Fields di ex studenti (Alumni) o di ricercatori della singola università (Award), il numero di ricercatori altamente citati affiliati presso l’Ateneo (Hi-Ci), le pubblicazioni su “Nature & Science” (N&S), le pubblicazioni sulle riviste più citate nelle aree tecnico-scientifico e sociale (PUB), più un ulteriore indicatore che rapporta i precedenti cinque parametri allo staff accademico, fornendo una sorta di produttività di pro-capite (PCP).
Ranking di Taiwan: l’Università di Pisa in posizione 227 su scala mondiale
È uscita la classifica del NTU ranking stilata dalla National Taiwan University e l’Università di Pisa conferma il risultato positivo dello scorso anno piazzandosi nella 227° posizione a livello mondiale e 7° a livello nazionale. A differenza delle più popolari classifiche elaborate da Shanghai, QS e Times Higher Education, il "Performance Ranking of Scientific Papers for World Universities" della NTU si concentra solo sulla produttività e sulla qualità della produzione scientifica, basandosi su otto indicatori che misurano sotto diversi aspetti gli articoli scientifici pubblicati dai docenti e ricercatori di ogni ateneo.
Il ranking NTU si articola anche in una serie di classifiche per singola disciplina in cui l’Ateneo pisano ottiene ottimi risultati nell’ambito della Fisica (62° nel mondo e 2° in Italia), delle Scienze spaziali(106° nel mondo e 6° in Italia), delle Scienze vegetali e animali (116° nel mondo e 5° in Italia) e delle Scienze agricole (133° nel mondo e 12° in Italia).
Il ranking NTU arriva pochi giorni dopo la pubblicazione della classifica ARWU di Shanghai, dove l’Ateneo di Pisa ha ottenuto la posizione nella fascia tra il 151° e il 200° posto su scala mondiale e il primo a livello nazionale insieme alla Sapienza di Roma, all’Università di Milano e all’Università di Padova.
Tracce di lavorazione e impronte digitali: il progetto PROCESS svela i segni invisibili delle figurine in argilla egizie e nubiane
In missione di ricerca in alcuni prestigiosi musei europei – tra cui il Rijksmuseum van Oudheden di Leiden, il Musée Art & Histoire di Bruxelles, Ägyptische Museum Georg Steindorff di Leipzig e il Louvre di Parigi – un team di archeologi del Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa ha studiato gruppi di figurine in fango o argilla cruda egizie e nubiane, riuscendo a identificare le tracce di lavorazione e le impronte digitali degli autori di queste figurine di fango.
Lo studio è stato portato avanti nell’ambito del progetto di ricerca “PROCESS - Pharaonic Rescission: Objects as Crucibles of ancient Egyptian Societies”, diretto dal professor Gianluca Miniaci che, insieme a Vanessa Forte e Camilla Saler, ha studiato gruppi di figurine in fango o argilla cruda risalenti all'età del Medio Bronzo in Egitto (2000-1500 a.C.) e provenienti da diversi contesti archeologici egiziani e nubiani.
“Queste piccole statuette rappresentano soggetti multipli (uomini, animali, nemici da maledire, figure femminili propiziatorie), ma sono tutte accomunate dal materiale povero di cui sono fatte, il fango e l'argilla del Nilo, un materiale considerato "povero" – spiega il professor Gianluca Miniaci – Se infatti di solito l’opinione pubblica è affascinata dai “tesori” dell'antico Egitto, gioielli d'oro, d'argento, intarsiati con lapislazzuli e avorio, statue in alabastro e granito, sarcofagi del prezioso legno di cedro, il fango racchiude al suo interno altri tesori nascosti, che l'archeologo ha il compito di portare alla luce”.
Grazie all’utilizzo di un microscopio portatile Dinolite e la modellazione fotogrammetrica 3D, sono state identificate le tracce di lavorazione, uso e perfino le impronte digitali delle persone che avevano forgiato e usato queste figurine di fango. Chi erano coloro che le avevano forgiate e perché? “Grazie al progetto PROCESS stiamo recuperando quei segni quasi invisibili che invece gettano luce proprio sull'identità delle persone meno note dell'antico Egitto, come gli artigiani e gli abitanti dei villaggi, individui comuni troppe volte ignorati dalla storia dei grandi eventi – aggiunge Miniaci – Inoltre, lo studio di queste figurine sta rivelando fondamentali informazioni sulle credenze, i comportamenti e le aspettative dei comuni abitanti dell'antico Egitto, spesso oscurate dalle solenni dottrine professate dei faraoni e dagli alti funzionari”.
L’organizzazione e lo svolgimento del progetto sono stati possibili grazie alla collaborazione del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa e ai finanziamenti dell’ambito dello schema PRIN 2017 del MIUR.
Ateneo in lutto per la scomparsa del professor Piero Luigi Ipata
Venerdi 27 agosto è venuto a mancare il professor Piero Luigi Ipata, professore Emerito di Biochimica dell'Ateneo pisano e insignito dell'ordine del Cherubino. Le esequie si svolgeranno lunedì 30 agosto a Pisa, presso la Chiesa di Santo Stefano.
Pubblichiamo di seguito il ricordo del professor Ipata scritto dai colleghi, allievi e amici che nel Dipartimento di Biologia lo hanno avuto come compagno di viaggio.
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Il professor Piero Luigi Ipata, dal 2004 Professore Emerito di Biochimica presso l’Università di Pisa, insignito dell'Ordine del Cherubino nel 1991, il fautore dell’ingresso della Chimica Biologica in quella che è stata la Facoltà di Scienze dell’Ateneo pisano, scienziato di fama internazionale e amante appassionato della didattica della sua disciplina, la sera del 27 agosto 2021 si è spento circondato dall’affetto dei suoi cari.
Nato a Pescara nel 1932, laureatosi in Medicina e Chirurgia a Roma nel 1957, dopo esperienze all’estero e a Pisa, Perugia e Camerino (ateneo di cui era stato Rettore negli anni 1972-73), era tornato a Pisa, per rimanervi, nel 1974. Con lui scompare un pezzo di storia della biochimica italiana, un campione di disponibilità e tifoso sviscerato dell’istituzione a cui apparteneva. Un uomo sempre pronto a stupirsi del nuovo e che ha avuto la virtù di farsi guidare da ciò che l’evidenza del nuovo indicava, senza pregiudizi o forzature. Uno scienziato che ha insegnato ai suoi allievi il culto del controllo nella sperimentazione e la dedizione all’insegnamento.
Con lui scompare un amico di avventure alla ricerca di segreti che la natura centellina, sempre reticente, a chi si è intestardito a studiarla, un fratello maggiore con cui è stato bello condividere ansie, aspettative, successi e delusioni. Piero ha aspettato con trepidazione, insieme ai coautori del suo ultimo lavoro (siamo nel 2019), il verdetto del referaggio, e ha gioito con loro per il successo con fragorosa intensità, come un giovane ricercatore alle prime armi: così vogliamo ricordarlo.
I biochimici che nel Dipartimento di Biologia lo hanno avuto come compagno di viaggio
Robot impiantabili e capsule magnetiche per combattere il diabete
Grazie a uno studio nato dalla collaborazione tra l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, i Dipartimenti di Area Medica dell’Università di Pisa e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, è stato sviluppato un sistema robotico impiantabile (il primo al mondo con queste caratteristiche) in grado di infondere insulina a livello intraperitoneale nei pazienti affetti da diabete. Lo studio, pubblicato sulla rivista Science Robotics, apre nuovi scenari nella cura di una patologia che colpisce milioni di persone nel mondo: il dispositivo è composto infatti da un piccolo sistema impiantabile nel corpo umano e interfacciato con l’intestino che funge da pompa per l’insulina, e da pillole ingeribili cariche di insulina in grado di ricaricare il dispositivo quando il serbatoio della pompa si sta esaurendo.
Il dispositivo si pone come alternativa alle strategie attualmente impiegate per il controllo della glicemia, basate su iniezioni sottocutanee ripetute o su infusori indossabili. Questo consente di aggirare l’uso di porte di accesso, di cateteri, di aghi e siringhe. Il sistema sviluppato dai ricercatori coordinati da Arianna Menciassi, prorettrice vicaria della Scuola Superiore Sant’Anna, oltre a consentire una terapia localizzata e una infusione fisiologica può essere molto utile per le persone con diabete di tipo 1, in particolare per coloro che devono assumere insulina più volte al giorno.
“Lavoriamo da tempo nella robotica per terapia e chirurgia mini-invasiva – spiega Arianna Menciassi - Abbiamo sviluppato capsule per il monitoraggio gastrointestinale e sistemi magnetici per azionamenti remoti in chirurgia. Nell’ambito di una scuola di dottorato, nacque l’idea di pensare alle capsule come a degli shuttle che potevano rifornire degli organi interni artificiali, così da trattare patologie croniche di estrema rilevanza. Un finanziamento della Regione Toscana ci ha permesso di ottenere questi incoraggianti risultati”.
Robot impiantabili e capsule magnetiche per la cura del diabete
Il robot viene impiantato chirurgicamente a livello addominale nello spazio extraperitoneale e interfacciato all’intestino. Ha le caratteristiche di una pompa in grado di rilasciare insulina con elevata precisione. Quando il serbatoio della pompa va “in riserva”, una pillola ingeribile avrà il compito di rifornirlo attraverso uno speciale sistema di aggancio e trasferimento del farmaco dalla pillola al serbatoio del robot. Le pillole, ingerite normalmente, attraversano il tratto intestinale fino a una zona di “attracco” ricavata in un’ansa dell’intestino. Un meccanismo magnetico si attiva per catturare la capsula, aspirare l’insulina e riempire il serbatoio. A questo punto il meccanismo magnetico si disattiva e la capsula vuota riprende il suo percorso fino alla normale espulsione. In combinazione con un sensore per il glucosio e un algoritmo di controllo, la pompa libererà l’insulina nei tempi e nelle quantità necessarie per una corretta regolazione glicemica, operando così come il primo pancreas artificiale totalmente impiantabile.
Questo dispositivo è stato denominato PILLSID (PILl-refiLled implanted System for Intraperitoneal Delivery) e, al momento, è stato validato a livello preclinico.
“Questo sistema – spiega Veronica Iacovacci, post-doc dell’Istituto di BioRobotica e prima autrice dello studio - costituisce un significativo passo avanti nel campo dei sistemi robotici totalmente impiantabili e dei dispositivi per il rilascio controllato di farmaci. I risultati ottenuti a livello preclinico sono estremamente incoraggianti e di grande importanza sia dal punto di vista tecnologico che clinico. Un dispositivo di questo tip, potrebbe consentire nel futuro di sviluppare il primo pancreas artificiale totalmente impiantabile e potrebbe essere impiegato anche nel trattamento di altre patologie croniche e acute a carico degli organi intraperitoneali. I prossimi passi per raggiungere la pratica clinica? Riguarderanno un’accurata ingegnerizzazione del sistema, un miglioramento della tenuta stagna dell'impianto e delle interfacce con i tessuti del paziente, e infine una validazione preclinica a lungo termine per valutare i benefici prodotti dal sistema robotico nel trattamento di patologie croniche.”
Il sistema è stato progettato e sviluppato grazie alle competenze di robotica medica e bioingegneria dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna. Il protocollo preclinico, l’impianto del robot e il processo di controllo della glicemia sono frutto dell’intensa collaborazione con i Dipartimenti di Area Medica dell’Università di Pisa e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.
“La consolidata collaborazione multidisciplinare tra ingegneri, medici, chirurghi di tre tra le più importanti istituzioni accademiche e assistenziali di Pisa – dichiarano Emanuele Federico Kauffmann e Fabio Vistoli, ricercatori dell’Università di Pisa e chirurghi dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, responsabili della validazione preclinica del nuovo dispositivo - ha consentito di giungere rapidamente all’applicazione sperimentale di un dispositivo originale fondato su un principio applicativo potenzialmente utilizzabile in molteplici ambiti clinici al di là di quanto testato nel quadro specifico della cura del diabete mellito. I risultati registrati sono così incoraggianti da far prevedere di poter giungere in tempi altrettanto rapidi, dopo un’ulteriore fase di sviluppo e rifinitura, alla fase di piena applicazione clinica sull’uomo”.
“Quest’anno - commenta Stefano Del Prato, professore del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale della Università di Pisa e Direttore della U.O. di Malattie del Metabolismo e Diabetologia della AOUP, che ha partecipato alla ricerca con il dr. Michele Aragona - corre il centenario della scoperta dell’insulina, una tappa fondamentale nella storia della medicina e una svolta nella cura delle persone con diabete. Però, la terapia con insulina è complessa: richiede multiple iniezioni sottocutanee dell’insulina e un’attenta regolazione delle dosi in base a numerose misurazioni dei livelli di glicemia. Per questo sin dagli albori, la ricerca ha tentato di trovare soluzioni che permettessero una vita più agevole alla persona con diabete e un controllo della malattia più efficace. L’dea di un pancreas artificiale si sviluppò già 50 anni fa e ormai alcuni modelli sono prossimi all’impiego clinico. Ma la collaborazione tra Scuola Superiore Sant’Anna, Ateneo pisano e Azienda Ospedaliera apre, proprio in occasione di questo storico centenario, orizzonti ancor più ampi e promettenti per offrire un futuro migliore alle tante persone con diabete trattato con insulina”.
Dettagli dello studio:
Iacovacci, I. Tamadon, E. F. Kauffmann, S. Pane, V. Simoni, L. Marziale, M. Aragona, L. Cobuccio, M. Chiarugi, P. Dario, S. Del Prato, L. Ricotti, F. Vistoli, A. Menciassi, A fully implantable device for intraperitoneal drug delivery refilled by ingestible capsules, Science Robotics 6, eabh3328 (2021);
Completato il restauro dell’ex collegio Pacinotti in piazza dei Cavalieri
Si è concluso a fine giugno il restauro dell’ex Collegio Pacinotti in Piazza dei Cavalieri sede del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa. I lavori realizzati grazie al contributo della Fondazione Pisa sono durati 479 giorni e hanno riguardato le facciate e il tetto.
“L’intervento si è svolto nel pieno rispetto del bene architettonico – ha detto l’Arch. Chiara Bernardini, Responsabile unico del procedimento - privilegiando il recupero e riutilizzo degli elementi originali e, solo laddove non possibile, prevedendo la sostituzione o integrazione con materiali di nuova fattura, compatibili comunque con il manufatto storico”.
La storia del Palazzo. L’edificio, noto oggi come ex Collegio Pacinotti, nacque nella seconda metà del Seicento dall’accorpamento di due case, fino ad allora indipendenti, per la realizzazione della nuova dimora dell’Auditore della Religione dei Cavalieri di Santo Stefano. I rimaneggiamenti ed adattamenti dei due secoli successivi hanno dato al fabbricato la sua configurazione attuale.
Dopo la soppressione dell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano, nella seconda metà dell’Ottocento, il palazzo è passato al patrimonio statale ospitando prima la sede degli uffici amministrativi provinciali, poi il Collegio Mussolini e successivamente, dal secondo dopoguerra, il Collegio Pacinotti fino al 1975, quando avvenne il trasferimento degli studenti nell’ex Conservatorio Sant’Anna in piazza Martiri della Libertà. Negli anni successivi l’ex Collegio Pacinotti ha ospitato l’Istituto di Matematica dell’Opera Universitaria e poi negli anni Ottanta il Dipartimento di Diritto Pubblico dell’Ateneo pisano.
Il restauro. Nel dettaglio, i lavori del tetto hanno comportato il completo smontaggio e rimontaggio, previa cernita e pulitura ed eventuale sostituzione, degli elementi in cotto e in legno. L’intera struttura è stata quindi rinforzata con uno strato di colla e una rete zincata, mentre sulla copertura è stata posta una nuova guaina impermeabilizzante. Oltre al consolidamento delle murature, i lavori hanno inoltre comportato l’installazione di un sistema di accesso e transito a minimo impatto visivo per ben integrarsi nel contesto monumentale della Piazza dei Cavalieri. Particolare attenzione è stata infine posta nel restauro dell’imponente gronda su piazza dei Cavalieri, ripulita dai vari strati pittorici sovrapposti e riadeguata cromaticamente.
Per quanto riguarda le facciate, i lavori hanno comportato l’integrazione dell’intonaco e la sua sostituzione con un tipo deumidificante macroporoso su tutto il fabbricato sino ad un’altezza di 1,50 metri. Oltre alla tinteggiatura con colori a base di polisilicati di potassio, i lavori sulla facciata si sono quindi conclusi con il restauro delle cornici di pietra arenaria.
I lavori sono stati seguiti per l’Ateneo dagli architetti Giulio Angeli, Chiara Bernardini, Sandro Saccuti, dal geometra Andrea Collavoli, dall’architetto Filippo Bertucci e e dall’ingegnere Paolo Del Debbio.