Contenuto principale della pagina Menu di navigazione Modulo di ricerca su uniPi
Giovedì, 07 Maggio 2015 13:05

«Languages of Political Economy»

Il volume "Languages of Political Economy. Cross-Disciplinary Studies on Economic Translations", edito dalla Pisa University Press. e curato da Elena Carpi e Marco Guidi dell'Ateneo pisano, raccoglie una serie di studi condotti da storici della economia, linguisti e storici della letteratura che hanno partecipato al programma LLP/Erasmus Progetto Multilaterale "EE-T. Economia e-Traduzioni in e da lingue europee, una piattaforma online" coordinato dall'Università di Pisa.

Al fine di comprendere appieno i testi economici del passato è molto importante sottolineare gli aspetti linguistici. Ogni testo infatti è stato tradotto dalla lingua originale in altre lingue europee, usando termini specifici che riflettono il contesto storico e politico del periodo. È quindi necessario un'analisi linguistica delle diverse traduzioni per comprendere la storia del pensiero economico così come è altrettanto importante ricostruire il contesto sociale, istituzionale e intellettuale delle traduzioni, al fine di capire le ragioni che hanno ispirato tali imprese e il pubblico a cui erano rivolte.

Il libro contiene saggi di Giulia Bianchi, Fabrizio Bientinesi, Elena Carpi, Marco Cini, Carolina Flinz, Alessandra Ghezzani, Cristina Guccione, Marco Guidi, Matteo Lefèvre e Monica Lupetti

Pubblichiamo qui di seguito un estratto dell'introduzione a firma di Elena Carpi e Marco Guidi.

******************

cover guidi[...] The content of the message conveyed by political economy was variable along time. In the 18th century the main focus was on the ability of the sovereign and its ministers to promote welfare through emulation, protection of national industry, jealousy of trade, colonial expansion, and war. At the beginning of the 19th century this attitude progressively faded away, replaced by the new gospel of laissez-faire, a vision that it would be limited to confine to the argument that markets are efficient in coordinating individual decisions and generating the "unintended result" of social welfare. What is reversed in this new consensus is the conception of government as the result of the visible hand of a paternal sovereign.

There is a "governmentality" in the natural laws of commerce and population that imposes itself as an impersonal and unalterable necessity, obliging individuals and governments to follow the virtuous path marked by them (Foucault 2004a, 2004b). This vision was in turn partially reversed by the critical attitudes that, both on the left and on the right wing of the political spectrum, arose in the last decades of the 19th century as a response to the so-called "social question", the dark side of the expansion generated by the industrial revolution and the development of world trade. And further evolutions occurred in the early 20th century as a response to the dramatic consequences of wars, revolutions and totalitarianisms.

The communication of these messages was the product of individuals and networks who actively promoted not only the spread of economic ideas, but also the creation of institutions that, both in civil society and in government, translated these ideas into new programmes and actions, with a view to generating welfare, justice, and progress. And the point is that an important part of this process of social construction was represented not only by successful ideas and ideologies, but also by consistent languages and tropes shared by entire communities, through which social mechanisms and the behaviour of individuals and groups were represented. There is no social organisation without a coherent representation of it in the mind of participants, and there is no representation without a coherent language. It is in this way that historians of economics meet experts in linguistics and literature, and feel an increasing necessity to cooperate with them.

A second, specific reason for this cooperation is determined by the typical transnational dimension of the spread of economic ideas and economic institutions. The maps traced by historical demographers for the expansion of the great viral diseases of the past across national borders are a model that could be applied to the circulation of economic notions and languages, and to the transmigration and adaptation of successful economic institutions to new contexts. Translations of treatises, textbooks, pamphlets and journal articles are essential elements of this virality (Guidi 2013). Historians of economics have started to pay attention to translations as vehicles for the circulation of economic ideas and tools for the promotion of ideologies, political programmes, and class or group interests (see Reinert 2011).

The cooperation with experts of languages and literature dramatically improves the understanding of these phenomena, by encouraging a more in-depth contrastive analysis of the source and target texts, of their internal structures and paratextual apparatuses, and of terminology, syntax and rhetoric. If language is the backbone of the social construction of reality, the migration of terms, tropes and slang is the fuel of institutional imitation and adaptation. It is a fact that neologisms are often the product of translations, or of those individuals and circles that produced translations. But neologisms and new languages are successful and survive (at least for a certain time) only provided that they are actively spoken in relevant contexts. This is an additional reason for promoting and constantly feeding a common area of research between experts of economics and experts of languages [...].

Elena Carpi, Marco E.L. Guidi

yukaInvitata dal Centro Linguistico d'Ateneo, ha ripercorso la storia della sua città e ha raccontato come è nato il suo manga didattico, un fumetto che insegna cosa sia l'energia atomica e quali siano le conseguenze delle radiazioni. Yuka Nishioka, professoressa all'Università di Nagasaki e autrice di fumetti, ha presentato all'Università di Pisa il volume "I dragoni atomici di Fukushima", appena pubblicato in Italia con una traduzione a cura del Centro di documentazione «Semi sotto la neve» di Pisa, aprendo il ciclo di eventi che varie istituzioni pisane promuovono per ricordare il settantesimo anniversario dei bombardamenti atomici Hiroshima e Nagasaki che cadono nel prossimo agosto. Ad accoglierla c'erano la professoressa Marcella Bertuccelli, direttore del CLi, e Yukari Saito, docente di lingua giapponese che tiene a Pisa un corso frequentato ogni anno da circa cento studenti.

Yuka Nishioka, nata a Nagasaki nel 1965 e cresciuta con i racconti degli hibakusha - coloro che sopravvissero al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki – ha spiegato come il mondo sia per lei cambiato l'11 marzo 2011, quando anche nella sua città è scattato l'allarme tsunami che ha colpito il Giappone nord-orientale. L'incidente alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi le ha fatto rivivere il terrore delle radiazioni, l'angoscia, l'indignazione, la disperazione. «Mi sembrava che il momento richiedesse un esame di coscienza a noi, nati e cresciuti nei luoghi colpiti dall'atomica – ha spiegato la fumettista – È stata poi l'esperienza con la "Peace Boat" a darmi l'idea di usare i manga come mezzo per informare le persone sul pericolo e sulle conseguenze delle radiazioni e da quel momento non ho mai smesso di scrivere libri su questo tema».

dragoni atomici 2L'autrice ha poi illustrato le sue tecniche di disegno, mostrando al pubblico numerosi bozzetti: «Normalmente parto dall'osservazione di una fotografia reale, trovandomi spesso a scoprire particolari mai notati prima – ha spiegato la Nishioka – Nello studio preparatorio dei miei manga, mi sono accorta ad esempio che nei paesaggi di Nagasaki bombardata le linee rette erano sparite, che non le avrei potute disegnare perché erano state annientate dalla potenza dell'esplosione».

Per gli studenti di giapponese del CLi e per tutti appassionati della cultura nipponica l'incontro con Yuka Nishioka è stata una occasione unica per poter dialogare e confrontarsi con un'autrice di manga. I corsi di lingua giapponese, attivi al CLi dal 2003-2004, hanno sempre ricevuto un'attenzione speciale da parte degli studenti di Pisa. Il numero degli iscritti è andato crescendo nel tempo attestandosi su una media di un centinaio ogni anno, per un totale di quasi 1000 nel decennio.

bertuccelli fukushima

Yukari Saito tiene corsi articolati su 8 livelli di difficoltà, al termine dei quali molti studenti sono invitati a sostenere a Roma l'esame per ottenere la certificazione internazionale di lingua giapponese JLPT (Japanese Language Proficiency Test), ottenendo in genere risultati eccellenti. Il CLi intende inoltre rafforzare la posizione di questa lingua mediante collaborazioni con l'ambasciata giapponese e con la Fondazione Italia-Giappone.

«Nonostante che a Pisa non sia attivo un corso di laurea in lingua giapponese, tra i nostri ex studenti ci sono diverse persone che attualmente abitano e lavorano in Giappone – ha commentato Yukari Saito - A mio parare una conoscenza basilare solida della lingua giapponese raggiungibile al CLi, accompagnata da una specializzazione in altre discipline (soprattutto scientifiche), possa offrire ai giovani uno sbocco lavorativo concreto in Giappone».

(Nelle foto: in alto Yuka Nishioka, al centro la copertina del libro, in basso Yuka Nishioka con Marcella Bertuccelli e Yukari Saito)

Giovedì 7 maggio, dalle ore 17.00 alle ore 19.30, nell'Aula Magna del Polo Piagge, si terrà l'incontro "Quale dialogo con l'Islam?", un'iniziativa promossa dal Centro Interdisciplinare di Scienze per la pace dell'Università di Pisa, dal dipartimento di Giurisprudenza, i corsi di laurea in Giurisprudenza e Scienze per la pace e il Comune di Pisa. Nel corso dell'incontro verrà proiettato il film documentario "Sceicco Ibrahim, Fra' Jihad" (in arabo, con sottotitoli in italiano) di Andres Rump, che descrive l'esperienza di dialogo cristiano islamico maturata nel contesto del Monastero di Deir Mar Musa, fondato da padre Paolo Dall'Oglio. Sarà presente Francesca Peliti dell'associazione Khalil Allah - L'Amico di Dio.
Dopo la visione del film il professor Eugenio Ripepe presenterà il volume "Padre Paolo Dall'Oglio. Uomo di dialogo ostaggio in Siria", a cura di Chiara Lapi, appena uscito per la Pisa University Press. Il volume ricorda la figura dei padre Paolo Dall'Oglio, il gesuita rapito in Siria il 29 luglio 2013, di cui non si hanno più notizie. Fortemente impegnato nel dialogo, padre Paolo frequentava regolarmente l'Università di Pisa e i curatori del volume hanno voluto esprimergli solidarietà riflettendo sulla sua testimonianza di credente in Gesù, innamorato dell'Islam, della Siria, della democrazia e della pace.

Martedì, 05 Maggio 2015 09:06

Capire l'economia attraverso il linguaggio

Giovedì 7 maggio alle 16 nell'aula "G. Savi" dell'Orto Botanico dell'Università di Pisa in via Luca Ghini verrà presentato il libro "Languages of Political Economy. Cross-Disciplinary Studies on Economic Translations" edito dalla Pisa University Press. Il volume, curato da Elena Carpi e Marco Guidi dell'Ateneo pisano, raccoglie una serie di studi condotti da storici della economia, linguisti e storici della letteratura che hanno partecipato al programma LLP/Erasmus Progetto Multilaterale "EE-T. Economia e-Traduzioni in e da lingue europee, una piattaforma online" coordinato dall'Università di Pisa.
Al fine di comprendere appieno i testi economici del passato è molto importante sottolineare gli aspetti linguistici. Ogni testo infatti è stato tradotto dalla lingua originale in altre lingue europee, usando termini specifici che riflettono il contesto storico e politico del periodo. È quindi necessario un'analisi linguistica delle diverse traduzioni per comprendere la storia del pensiero economico così come è altrettanto importante ricostruire il contesto sociale, istituzionale e intellettuale delle traduzioni, al fine di capire le ragioni che hanno ispirato tali imprese e il pubblico a cui erano rivolte.
Il libro contiene saggi di Giulia Bianchi, Fabrizio Bientinesi, Elena Carpi, Marco Cini, Carolina Flinz, Alessandra Ghezzani, Cristina Guccione, Marco Guidi, Matteo Lefèvre e Monica Lupetti. A presentare il volume, insieme agli autori e ai curatori, ci saranno M. Josefa Gómez de Enterría Sánchez dell'Universidad de Alcalá, Giovanni Iamartino dell'Università di Milano e Antonio Trampus dell'Università Ca' Foscari di Venezia.

È ancora la Fisica la disciplina in cui eccelle l'Università di Pisa nei QS World University Rankings by Subject, la classifica redatta dall'agenzia Quacquarelli Symonds che da cinque anni valuta le università del mondo anche nei singoli ambiti disciplinari. L'Ateneo pisano si è posizionato infatti al 30° posto in «Physics & Astronomy», confermando il suo prestigio in un settore con una tradizione cha da Galileo arriva fino ai giorni nostri. Nella classifica 2015 c'è un salto in avanti anche dell'Informatica – un'altra delle discipline di eccellenza a Pisa – che sale tra il 51° e 100° posto.
In tutto l'Università di Pisa ottiene posizionamenti in 13 delle 36 discipline valutate dall'agenzia, andando a coprire tutti gli ambiti disciplinari. Per l'edizione 2015, il QS World University Rankings by Subject ha preso in esame 3.551 università nel mondo, inserendo in classifica 894 istituzioni in totale. L'indagine si basa principalmente su qualità della ricerca, indici di occupabilità dei laureati, numero di citazioni e impegno a favore dell'internazionalizzazione.
La buona performance dell'Università di Pisa è confermata anche dagli altri 11 posizionamenti di prestigio raggiunti nei vari settori: nel settore "Engineering & Technology" sale l'Ingegneria elettrica ed elettronica, tra 101°-150° posto, mentre l'Ingegneria meccanica, aeronautica e della produzione compare tra il 201°-250° posto. Nelle "Natural Sciences", oltre al successo della Fisica, l'Ateneo ottiene tra la 101° e 150° posizione nella Matematica e tra la 151° e la 200° nella Chimica.
Rispetto allo scorso anno l'Ateneo pisano sale nella Medicina che, nel settore delle "Life Sciences & Medicine", si piazza al 101°-150° posto. Stabile invece la disciplina di Farmacia, che si mantiene nella posizione 151°-200°, mentre compare per la prima volta Scienze biologiche, tra il 301° e il 350° posto. Nei ranking delle "Arts and Humanities" l'Ateneo si posiziona tra il 151° e il 200° posto in Filosofia e in Lingue Moderne, e tra il 201° e 250° posto in Lingua e letteratura inglese. Rimane stabile la Statistica, che nelle "Social Sciences and Management" è tra la 151° e 200° posizione.

Lunedì, 04 Maggio 2015 11:47

The new robot hands are «soft»

soft hand 1How do we pick up a coin from the table? The easiest way is to slide it towards the edge of the surface, taking advantage of the fact that the table is smooth and flat. And put on a pair of shoes? The easiest way is to place your hand or finger between your foot and the back of the shoe. These are only a few of the apparently simple movements in which our hands make the most of the characteristics of the environment and objects to perform different types of manipulation. This is the key point of the European project 'SOMA' (SOft MAnipulation), which starts officially on the 1st May and which aims to develop an innovative system of artificial manipulation which is both simple and easy to program as well as being reliable and robust.

The Italian partners in the project, coordinated by the University of Berlin, are the University of Pisa and the Italian Institute of Technology of Genoa, who have been collaborating for a number of years on the study and creation of robot hands like the 'pisa-iit softhand', the winning project of the ERC Advanced Grant "SOFTHANDS", which, with a simple and robust structure, and a single motor, is capable of carrying out natural movements and grasping objects of everyday use.


bicchi"The key concept is the 'soft manipulation', " claims Antonio Bicchi, Professor of Robotics at the Research Centre 'E. Piaggio' of the University of Pisa and Senior Scientist at the IIT. "Manipulation which is able to adapt to the different physical characteristics of the environment in the same way as the human one does. This is made possible by the fact that the principal characteristics responsible for the ability to manipulate are not given by algorithms "inserted" into the hand, but are found directly in the physical structure of the hand itself, and they emerge from the interaction of these characteristics and those of the objects in the real environment which have to be manipulated. The environmental characteristics influence the design of the hand in the same way that the physical characteristics of water influence the design of the shape of a boat."


ICRA children copiaThis paves the way for a new generation of industrial and service robots capable of operating in real environments along with human beings. Among the partners of the SOMA project there are in fact two industrial enterprises which will supply the first testing ground for the technology developed. The first is Ocado, the largest worldwide chain of supermarkets. The potential applications of SOMA in the field of agriculture and the food industry, for example manipulating objects such as fruit, with irregular shapes and which is easily damaged, are considerable. The second testing ground will evaluate the safety of the new manipulation systems in contexts where the robots must coexist and interact with human beings, thanks to the collaboration with Disney.

The partners in the SOMA project are the Technische Universität Berlin (Coordinator), the University of Pisa, the Italian Institute of Technology IIT, the German Aerospace Center, the Institute of Science and Technology Austria, Ocado Ltd. OCADO United Kingdom, Disney Research DISNEY Switzerland.

QS2015È ancora la Fisica la disciplina in cui eccelle l'Università di Pisa nei QS World University Rankings by Subject, la classifica redatta dall'agenzia Quacquarelli Symonds che da cinque anni valuta le università del mondo anche nei singoli ambiti disciplinari. L'Ateneo pisano si è posizionato infatti al 30° posto in «Physics & Astronomy», confermando il suo prestigio in un settore con una tradizione cha da Galileo arriva fino ai giorni nostri. Nella classifica 2015 c'è un salto in avanti anche dell'Informatica – un'altra delle discipline di eccellenza a Pisa – che sale tra il 51° e 100° posto.

In tutto l'Università di Pisa ottiene posizionamenti in 13 delle 36 discipline valutate dall'agenzia, andando a coprire tutti gli ambiti disciplinari. Per l'edizione 2015, il QS World University Rankings by Subject ha preso in esame 3.551 università nel mondo, inserendo in classifica 894 istituzioni in totale. L'indagine si basa principalmente su qualità della ricerca, indici di occupabilità dei laureati, numero di citazioni e impegno a favore dell'internazionalizzazione.

La buona performance dell'Università di Pisa è confermata anche dagli altri 11 posizionamenti di prestigio raggiunti nei vari settori: nel settore "Engineering & Technology" sale l'Ingegneria elettrica ed elettronica, tra 101°-150° posto, mentre l'Ingegneria meccanica, aeronautica e della produzione compare tra il 201°-250° posto. Nelle "Natural Sciences", oltre al successo della Fisica, l'Ateneo ottiene tra la 101° e 150° posizione nella Matematica e tra la 151° e la 200° nella Chimica.

Rispetto allo scorso anno l'Ateneo pisano sale nella Medicina che, nel settore delle "Life Sciences & Medicine", si piazza al 101°-150° posto. Stabile invece la disciplina di Farmacia, che si mantiene nella posizione 151°-200°, mentre compare per la prima volta Scienze biologiche, tra il 301° e il 350° posto. Nei ranking delle "Arts and Humanities" l'Ateneo si posiziona tra il 151° e il 200° posto in Filosofia e in Lingue Moderne, e tra il 201° e 250° posto in Lingua e letteratura inglese. Rimane stabile la Statistica, che nelle "Social Sciences and Management" è tra la 151° e 200° posizione.

2 Salone Torino 16.05.2015Pubblicato con il logo del Coordinamento University Press Italiane - che ha ideato e promosso il progetto affidandone la realizzazione e la distribuzione alla Pisa University Press - il volume "SPASSIONATI. Nuovi cittadini nella democrazia che verrà", curato da Gianna Fregonara, raccoglie le interviste a dodici note personalità del mondo culturale e politico che hanno accettato di confrontarsi sul tema della disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche.

Giuliano Amato, Vittorino Andreoli, Corrado Augias, Laura Boldrini, Emma Bonino, Domenico De Masi, Oscar Farinetti, Beppe Severgnini, Paola Severino, Nadia Urbinati, Luciano Violante Amira Yahyaoui rispondono da diversi punti di vista e osservazione a un interrogativo chiave sul quale è stato chiesto di indagare a Gianna Fregonara: nutrire poca o nessuna passione per la vita pubblica, la politica e le istituzioni potrebbe essere anche un vantaggio per i giovani di oggi? Gli 'Spassionati', e dunque capaci di maggior senso critico, saranno provvisti delle virtù necessarie per potersi districare nella democrazia che verrà?

I dodici intervistati hanno risposto con una disponibilità che è andata ben oltre le più ottimistiche aspettative, e con risultati che si sono rivelati anch'essi superiori a quelli che poteva essere lecito attendersi. I proventi di questa operazione editoriale saranno destinati al finanziamento di un progetto educativo individuato d'intesa con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca sulla base di un accordo ad hoc.

Il volume è stato presentato a Torino, al Salone Internazionale del Libro, sabato 16 maggio, con la partecipazione di Beppe Severgnini, Corrado Augias, Vittorino Andreoli e Gianna Fregonara. (Nelle foto di Marcella Lorenzi alcuni momenti della presentazione).

Pubblichiamo qui di seguito l'introduzione al volume a firma di Gianna Fregonara.


*************

cover spassionati

Se è vero che per i saggi c'è sempre tempo per trarre una lezione dalla storia, si può anche provare a ricavare qualche insegnamento, o almeno qualche indicazione, dalla cronaca e dagli anni che stiamo vivendo. È questa l'idea all'origine delle dodici interviste di questo libro, dodici colloqui con testimoni significativi del nostro tempo: dialogando con loro sulle istituzioni, così come sono ora e come si stanno adeguando ai cambiamenti causati da fenomeni epocali come la globalizzazione, la caduta delle frontiere e la rivoluzione digitale, si può provare a immaginare come sarà il mondo di domani, che avrà come protagonisti i ragazzi di oggi. Quale sarà la storia che racconteranno?

Il punto di partenza di questa analisi del rapporto tra cittadini e istituzioni è la scarsa passione dei giovani per la vita pubblica, la politica e le istituzioni stesse, che si scopre nel voto, nei sondaggi e in qualsiasi ricerca che li riguardi: secondo un recente sondaggio condotto dall'Ispo, due giovani su tre in Italia non hanno fiducia nelle istituzioni e meno di uno su cinque crede nei partiti, mentre è la Presidenza della Repubblica l'unica istituzione che ha ancora una rispettabilità riconosciuta anche dai giovani.

Così, proprio nel momento in cui si affaccia all'età adulta una generazione complessivamente molto più preparata e istruita di quelle che l'hanno preceduta e in cui le istituzioni, grazie all'innovazione tecnologica, alla globalizzazione e a cambiamenti sociali di portata storica, dovrebbero essere alla portata di tutti, i ragazzi sembrano voler cercare una distanza. Da qui il titolo di questa raccolta di testimonianze: Spassionati. "Spassionati", un aggettivo che connota e, se è possibile, identifica in un unico insieme i ragazzi di oggi. "S-passionati" vuol dire disinteressati, certo. Ma può significare anche "non faziosi" perché "non partigiani". Che sia necessariamente un difetto è tutto da dimostrare. Riuscire a mantenere una distanza, magari volutamente, potrebbe anche rivelarsi un privilegio, addirittura una virtù, in un tempo che invece queste distanze tende ad annullarle: uno spazio mentale più ampio, un maggior senso critico potrebbero diventare oggi, o meglio ancora domani, doti di cui non si potrà fare a meno.

"Spassionati", dunque, non vuol dire soltanto indifferenti. Può assumere addirittura un risvolto molto impegnativo, oltre che positivo: può voler significare – basta consultare il vocabolario della Treccani – addirittura avere un atteggiamento di giustizia ed equità. Ma non è detto che questo sia il cammino con il quale i giovani troveranno altre motivazioni e finiranno per "appassionarsi" di nuovo alle istituzioni e al bene pubblico, inventando un loro modello di partecipazione. Il timore del disinteresse dei giovani non è nuovo.

1 Salone Torino 16.05.2015Sono celebri le parole di allarme di Piero Calamandrei nel discorso che tenne nel 1955 agli studenti nella sede dell'Umanitaria di Milano. Già sessant'anni fa uno dei padri della nostra Costituzione si domandava se i ragazzi non fossero un po' troppo distanti dall'impegno pubblico, un po' "spassionati": "Una delle offese che si fanno alla Costituzione è l'indifferenza alla politica. L'indifferentismo è un po' una malattia dei giovani. 'La politica è una brutta cosa. Che me n'importa della politica?', quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l'oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l'altro stava sul ponte e si accorgeva che c'era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: 'Ma siamo in pericolo?' E questo dice: 'Se continua questo mare tra mezz'ora il bastimento affonda'. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: 'Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda'. Quello dice: 'Che me ne importa? Unn'è mica mio!'".

Le cause dell'allontanamento dei giovani dalle istituzioni sono molte e sono state, con risultati alterni, anche molto indagate. Ma per la generazione dei cosiddetti "Millennials", cioè per i ragazzi del Duemila, c'è qualcosa di nuovo e di diverso: non si tratta solo di quell'evoluzione critica ma fisiologica che ha portato a grandi scontri e altrettanto importanti innovazioni negli ultimi cinquant'anni. Si corre per la prima volta il rischio di una cesura più radicale con l'esperienza passata su cui si è fondato il cammino della democrazia nel nostro continente. I ragazzi, lo spiega Giuliano Amato nell'intervista che segue, si trovano a essere cittadini di un'Europa che non hanno costruito loro, che è a loro disposizione ma che nelle sue forme istituzionali non coincide con la realtà vissuta ogni giorno: da Bruxelles e Strasburgo non arriva loro alcun racconto della storia europea, nessun indizio della fatica della costruzione del percorso comune del nostro continente fatto di slanci in avanti e di passi indietro. Non è più questione di contrapposizione tra l'identità nazionale e quella europea, di scontro tra la visione federalista e la visione minimalista che abbiamo ereditato dopo lo shock planetario della Seconda Guerra Mondiale.

È tuttavia difficile dire se i ragazzi di oggi rischiano davvero di essere i "nuovi Barbari", di cui ha parlato Eugenio Scalfari sull'"Espresso", e cioè "una generazione di giovani vigorosi che scelgono nuove forme di linguaggio e lottano per costruire un futuro del tutto diverso dal nostro lascito": "Confesso – scrive Scalfari – che questa visione positiva dei barbari ha trovato fin qui scarso riscontro [...] Una società imbarbarita può avere una visione politica del bene comune? Ne dubito. Una visione del bene comune comporta un'assunzione di responsabilità poco compatibile con l'imbarbarimento. Le società imbarbarite sono piuttosto sedotte dal populismo e dall'antipolitica. Gli interessi particolari soverchiano quelli generali, lo Stato è considerato un nemico, la Costituzione un vincolo inutile, la legalità una parola vuota, una sorta di plastilina che ciascun interesse lobbistico modella a proprio uso e consumo". Barbari, non bamboccioni, non per forza degli incivili, ma persone appartenenti ad un'"altra civiltà", nel senso di un altro modo di pensare che non si sente del tutto erede di quello dei padri o delle generazioni precedenti e che arriva, in qualche caso, a immaginare di poter far senza alcune delle strutture che finora hanno regolato la società occidentale.

3 Salone Torino 16.05.2015
















Non la pensa così per esempio Beppe Severgnini: lui che da giornalista ha seguito i giovani nell'ultima rivoluzione d'Europa, quella che ormai 25 anni fa ha portato alla caduta del Muro di Berlino, crede che i giovani di allora e quelli di oggi "si somiglino, anche se non lo sanno": "Oggi come allora nessun ventenne pensa di essere uno dei tanti ventenni della storia dell'umanità". Ma nonostante adesso siano sicuramente più rapidi e sintetici, i ragazzi si trovano a navigare senza bussola in acque incerte e agitate, cercando la loro via. La fine del binomio Est/Ovest che per molti di noi era tradotto ideologicamente in buono/cattivo, la sconfitta del comunismo e di tanti "ismi" non hanno portato effettivamente, almeno per ora, a un nuovo ordine.

Se è vero, come pensa il sociologo Domenico De Masi, che il futuro dei giovani, cioè il futuro del lavoro, dipende più dalle stampanti a 3D che non dalle norme del Jobs Act, allora è anche vero chela cesura tra giovani e vecchi non è altro che l'incomunicabilità tra chi ha vissuto nel mondo "analogico" e chi è "nativo digitale": questa separazione non significa soltanto che gli uni sanno usareil computer e muoversi sulla rete e gli altri no. In un mondo "gelatinoso" per dirla con Zygmunt Bauman, in cui il lavoro non creativo diminuisce di anno in anno grazie (o a causa) dell'innovazione, l'economia è guidata molto più dalle invenzioni che dalle regole, per buone e adeguate che esse possano essere. E quello dei giovani è proprio un modo di vivere diverso, che non può che interferire con la dimensione sociale di ognuno di noi, e dunque anche nei rapporti con le istituzioni.

Sicuramente i cambiamenti sociali continui "trascineranno" i giovani a trovare la loro nuova modalità di convivenza (leggere l'intervista dello psichiatra Vittorino Andreoli). Ma, anche senza dover condividere la tesi dell'imprenditore Oscar Farinetti che il sistema è sul punto di "rimbalzare" avendo toccato il fondo, non possiamo non domandarci quale sia lo stato delle istituzioni e la visione della società alla quale i ragazzi di oggi appartengono. Che istituzioni lasciamo alle generazioni che verranno? Siamo a un passaggio epocale in cui si è esaurito il modello di società che si era cristallizzato dopo la Seconda Guerra Mondiale, che aveva giustificato anche tante inefficienze o compromessi in nome della democrazia occidentale e che oggi sono destinati a non resistere a lungo, se non trovano altri fondamenti che ne consolidino il valore. Guardando al nostro Paese, i cambiamenti, a volte non coerenti, che hanno modificato le istituzioni anche radicalmente negli ultimi trent'anni si possono considerare superiori per l'impatto a una riforma organica delle stesse. Non solo è cambiato il modo di funzionare del nostro sistema parlamentare, ma le altre modifiche istituzionali, dall'introduzione di elementi di federalismo fino alla doppia modifica della legge elettorale, hanno ridotto il ruolo dei partiti e addirittura spostato i luoghi di decisione e infine anche modificato la classe politica.

Tutto questo è avvenuto in un clima di emergenza e di delegittimazione reciproca dei partiti – come ci racconta nelle pagine che seguono Luciano Violante –, in uno scontro destra/sinistra che oggi appare anacronistico. E, insieme alla crisi economica più grave dell'ultimo secolo e alla diffusione delle nuove forme di comunicazione digitale, ha portato, in Italia ma anche negli altri Paesi europei, alla nascita di nuovi movimenti di ispirazione più estremista e populista, che tendono tra l'altro a "smontare", senza proporre alternative, quei valori di solidarietà – valori costituzionali che oggi vengono sempre più spesso scambiati per debolezze e "buonismo", come ci ricorda la presidente della Camera Laura Boldrini – e di impegno a condividere la stessa sorte che nel sistema attuale sono risultati fondamentali anche per garantire i diritti, se non proprio a tutti, almeno a tanti.

La filosofa della politica Nadia Urbinati, nelle pagine che seguono, scommette su uno scenario in cui a un certo punto anche le istituzioni, compresi i partiti e l'informazione, dovranno evolversi ma restare come elemento necessario di mediazione – quasi un cuscinetto sociale e ideale – per permettere ai cittadini e dunque alla struttura degli Stati di cambiare senza disintegrarsi o trasformarsi in regimi populisti e autoritari. Nel silenzio degli intellettuali che, secondo quello che racconta il giornalista e scrittore Corrado Augias, per lo più "sono finiti a casa perché risentono dell'atmosfera generale e dopo una stagione in cui ritenevano di intervenire su qualsiasi problema nel vasto mondo, ora si sono rintanati... e vanno in giro a vendere i loro libri", resta da interrogarsi sulla teoria spietata a proposito della fine dell'"homo politicus" elaborata dal francese Christian Salmon nel suo ultimo libro La politica nell'era dello storytelling (Fazi, 2014). Anche senza tirare le estreme conseguenze dell'autore, fa riflettere la sua analisi: dopo la fine della contrapposizione frontale tra due modelli di pensiero, mentre gli Stati perdono di sovranità, la politica come l'abbiamo conosciuta negli ultimi due secoli "giunge al capolinea" e "i potenti non hanno più le sembianze dei sovrani ma quelle di soggetti di conversazione, di personaggi di serie Tv sui quali proiettiamo i nostri desideri contraddittori", non sono più a capo di istituzioni che fanno leggi e governano ma la "loro autorità è appesa al fragile filo della credenza collettiva", per cui "non viene eletto chi convince delle proprie capacità di agire ma del suo potere illusionistico".

Salmon usa la favola dei Vestiti nuovi dell'imperatore come metafora della politica di oggi, costretta a essere volontaristica e a lanciare perenni e ripetuti segnali di ottimismo senza potersi fermare sulla realtà e sulle difficoltà effettive del momento, rischiando di portare alla lunga auna deriva di promesse irrealizzabili. Ha senso dunque fermarsi e, come dice il ministro della Giustizia del governo Monti Paola Severino, chiedersi se "più che una riforma non sia necessario e utile gettare i semi di una battaglia culturale che parta dall'educazione". O forse, come ci suggerisce Emma Bonino, dovremmo provare a rialzare lo sguardo anche oltre i nostri confini, da dove, per paradosso, arrivano alcune speranze di impegno: proprio da luoghi che oggi consideriamo molto instabili e rischiosi.

Basta leggere il racconto della blogger tunisina Amira Yahyaoui, trent'anni appena compiuti e vincitrice del premio Chirac per la prevenzione dei conflitti, sul lavoro svolto dalla sua Ong al fine di garantire la trasparenza e l'accountability dei parlamentari del suo Paese alle prese con la scrittura della nuova Costituzione e con lo sforzo complesso di proseguire sulla via della democrazia laica e moderna, contrastando giorno per giorno gli estremisti ei fondamentalisti. Perché per le generazioni che verranno il rischio forse non è il re nudo di cui parla Salmon, ma il Pifferaio dei fratelli Grimm: se non troveranno il loro modo di stare dentro le istituzioni, anche per cambiarle, potrebbero finire per non distinguere l'importanza delle battaglie fatte nell'ultimo secolo, di non considerare essenziali diritti che oggi sono scontati e dunque anche a buon mercato, di faticare a distinguere le lungaggini e le inefficienze da quei meccanismi di convivenza democratica che nessuno di noi sarebbe disposto a sacrificare. E proprio cominciando da questa consapevolezza vi invito a cominciare il viaggio nelle pagine degli "Spassionati".

Gianna Fregonara

Giovedì, 30 Aprile 2015 10:05

Le nuove mani robotiche sono «morbide»

soft hand Come facciamo a prendere una monetina dal tavolo? La cosa più semplice è far scivolare la moneta verso l'estremità, sfruttando la superficie liscia e piana del tavolo stesso. E per calzare un paio di scarpe? La cosa più facile è inserire una mano o un dito tra il piede e la parte posteriore della scarpa. Questi sono solo alcuni dei gesti all'apparenza semplicissimi in cui le nostre mani sfruttano le caratteristiche dell'ambiente e degli oggetti per compiere diversi tipi di manipolazioni. Questa la chiave del progetto europeo "SOMA" (SOft MAnipulation), che partirà ufficialmente il prossimo 1° maggio e che punta a sviluppare un sistema artificiale di manipolazione innovativo, che sia semplice e facile da programmare, ma nel contempo affidabile e robusto.

Partner italiani del progetto, coordinato dall'Università di Berlino, sono l'Università di Pisa e l'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, che da anni collaborano nello studio e realizzazioni di mani robotiche, come la "pisa-iit softhand", progetto vincitore dell'ERC Advanced Grant "SOFTHANDS", che, con una struttura semplicissima e robusta, e un solo motore, è in grado di compiere movimenti e prese naturali su tutti gli oggetti di uso quotidiano.

Antonio BicchiIl concetto chiave è quello "soft manipulation" – afferma Antonio Bicchi (nella foto a destra), professore di robotica al Centro Piaggio dell'Università di Pisa e Senior Scientist all'IIT – una manipolazione cioè in grado di adattarsi alle diverse caratteristiche fisiche dell'ambiente, allo stesso modo di quella umana. Ciò è reso possibile dal fatto che le caratteristiche principali responsabili della capacità di manipolazione non sono date da algoritmi "inseriti" nella mano, ma sono presenti direttamente nella struttura fisica della mano stessa, ed emergono dall'interazione tra queste caratteristiche e quelle degli oggetti nell'ambiente reale che devono essere manipolati. Le caratteristiche ambientali influiscono sul design della mano, così come nel progettare la forma di una barca si tengono presenti le caratteristiche fisiche dell'acqua.

ICRA childrenQuesto apre la via a una nuova generazione di robot industriali e di servizio in grado di operare in ambiente reale e con gli esseri umani. Tra i partner del progetto SOMA ci sono infatti due realtà industriali, che forniranno i primi banchi di prova per la tecnologia sviluppata. Il primo è Ocado, la più grande catena mondiale di supermercati. Consistenti sono infatti le potenzialità di applicazione di SOMA nell'agricoltura e nell'industria alimentare, per esempio per manipolare oggetti, come i frutti, di forma irregolare e molto facili da danneggiare. Il secondo banco di prova sarà la sicurezza dei nuovi sistemi di manipolazione in contesti un cui i robot devono coesistere e interagire con gli esseri umani, grazie alla collaborazione con Disney.

I partner del progetto SOMA sono la Technische Universität Berlin (Coordinator), l'Università di Pisa, l'Italian Institute of Technology IIT, German Aerospace Center, l'Institute of Science and Technology Austria, Ocado Ltd. OCADO United Kingdom, Disney Research DISNEY Switzerland.

Ne hanno parlato:
Le Scienze
InToscana.it
TirrenoPisa.it 
PisaToday.it
gonews.it 
Agenzia Impress
LaPrimaPagina.it

Lunedì 4 maggio alle 17.30, nell'Aula Magna del Palazzo Boilleau, in via Santa Maria 85, il Centro Linguistico d'Ateneo (CLi), organizza un seminario con Yuka Nishioka, professoressa all'Università di Nagasaki e autrice di fumetti, che presenterà il volume "I dragoni atomici di Fukushima", appena pubblicato in Italia con una traduzione a cura del Centro di documentazione «Semi sotto la neve» di Pisa.

Il volume è un manga per molti aspetti didattico, per la competenza con cui l'autrice spiega al lettore cosa è l'energia atomica e le conseguenze delle radiazioni (per questo l'autrice si è avvalsa di una supervisione scientifica). E per la ricostruzione storica: come un paese ancora sotto shock per gli attacchi atomici ascolta il discorso del presidente americano Eisenhower sugli «atomi per la pace» (nel 1953) e si getta nello sviluppo del nucleare civile.

L'autrice, nata a Nagasaki nel 1965 e cresciuta con i racconti degli hibakusha - coloro che sopravvissero al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki - spiega come il mondo sia per lei cambiato l'11 marzo 2011, quando anche nella sua città è scattato l'allarme tsunami che ha colpito il Giappone nord-orientale. L'incidente alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi le ha fatto rivivere il terrore delle radiazioni, l'angoscia, l'indignazione, la disperazione, scrive Yuka Nishioka. «Mi sembrava che il momento richiedesse un esame di coscienza a noi, nati e cresciuti nei luoghi colpiti dall'atomica» spiega: «Come potevo sottrarmi alla responsabilità per l'incidente se avevo tollerato l'energia nucleare, convinta che non potessero mai esserci incidenti nelle centrali?». Anche lei, come la piccola Ayumi protagonista del suo manga, ha cercato allora le informazioni che erano state nascoste a tutti i giapponesi ed è nata così la storia dei «dragoni atomici».

Questo sito utilizza solo cookie tecnici, propri e di terze parti, per il corretto funzionamento delle pagine web e per il miglioramento dei servizi. Se vuoi saperne di più, consulta l'informativa