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I disturbi del neurosviluppo sono un insieme ampio di patologie neurologiche e psichiatriche che si manifestano durante l’età dello sviluppo e di cui fanno parte le disabilità intellettive e i disturbi nello spettro autistico. Si tratta di condizioni complesse e molto diversificate tra loro, causate da un insieme di fattori sia genetici sia ambientali. Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e dell’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IN) coordinati dai dottori Alessandro Sessa e Vania Broccoli, in collaborazione con i gruppi delle università di Trento e Pisa – coordinati rispettivamente dal dottor Alessio Zippo e dal professor Massimiliano Andreazzoli – ha scoperto il meccanismo di azione di un gene (SETD5) la cui mutazione è associata ad alcune forme di disabilità intellettive spesso accompagnate da manifestazioni autistiche. I risultati dello studio pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista internazionale Neuron, dimostrano che SETD5 codifica per una proteina con un ruolo fondamentale e inatteso all’interno del nucleo dei neuroni: quello di assicurare la corretta trascrizione delle informazioni del DNA. La scoperta apre nuove prospettive nello studio di questi disturbi e getta le basi per l’identificazione di futuri bersagli terapeutici.

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Co-coltura di neuroni (in azzurro) e astrociti (in giallo) in cui si mostra che la proteina SETD5 (in rosso) è maggiormente espressa nei neuroni.

Le disabilità intellettive, come molti altri disturbi del neurosviluppo, sono condizioni altamente complesse: grazie al lavoro di gruppi di ricerca di tutto il mondo, oggi sappiamo che possono essere associate a mutazioni di moltissimi geni diversi. Tra questi c’è un gene chiamato SETD5, che quando non più funzionante dà origine a forme di disabilità intellettiva che colpiscono in particolare il linguaggio e il movimento, oltre a comportamenti tipici dello spettro ossessivo-compulsivo e dello spettro autistico. Sebbene questo sia noto da tempo, fino a oggi non era chiara quale fosse l’esatta funzione di SETD5, né il meccanismo per il quale, a fronte di mutazioni che mettono il gene fuori gioco, si manifestino problemi nello sviluppo del sistema nervoso.

Attraverso lo studio di sistemi cellulari e modelli animali della mutazione, i ricercatori hanno scoperto che SETD5 gioca un ruolo chiave per la struttura del DNA e quindi per il corretto recupero delle informazioni in esso presenti. Queste informazioni infatti, per poter essere utilizzate, devono prima essere trascritte in un'altra forma – l’RNA, una sorta di copia carbone del DNA – e portate fuori dal nucleo. SETD5 è coinvolto proprio nel regolare questo delicato processo di trascrizione delle informazioni.

«SETD5 rappresenta una sorta di “architetto molecolare” che regola la complessa organizzazione del DNA dei neuroni del nostro cervello. Quando è fuori gioco, le informazioni contenute nel DNA vengono trascritte in maniera alterata ed incompleta», spiega Alessandro Sessa, coordinatore della ricerca e primo autore dello studio. «Secondo quando abbiamo osservato, questo impatta in particolare sulla formazione e sul corretto funzionamento dei neuroni. Come conseguenza i topi privi del gene SETD5 mostrano comportamenti anomali sia dal punto di vista cognitivo che sociale».

Nonostante le mutazioni nel gene SETD5 rappresentino la causa genetica solo di una porzione dei casi disabilità intellettive e autismo, i meccanismi individuati potrebbero essere comuni anche ad altri geni che svolgono funzionalità simili, oltre a suggerire nuove ipotesi di ricerca: «Conoscere il meccanismo molecolare alla base di una patologia è il primo passo per individuare dei possibili bersagli terapeutici», conclude Sessa.
La ricerca è stata finanziata dal Ministero della Salute e da Fondazione Telethon.

Il ruolo del gruppo di ricerca pisano:
Il gruppo di ricerca coordinato dal professor Massimiliano Andreazzoli del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, di cui fanno parte il dottor Davide Martini e le dottoresse Chiara Gabellini e Cecilia Pucci - quest’ultima allieva perfezionanda all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant’Anna - ha contribuito allo studio dimostrando la conservazione evolutiva dell’espressione e della funzione di Setd5 nello zebrafish, un pesciolino d’acquario che negli ultimi anni è diventato uno dei principali sistemi modello utilizzati nella ricerca bio-medica. “La possibilità di ottenere un modello di zebrafish che ricapitoli i principali sintomi dei pazienti, insieme alla conoscenza dei meccanismi molecolari d’azione di Setd5 – spiega il professor Andreazzoli – permetterà in un prossimo futuro di eseguire screening mirati ad individuare molecole specifiche in grado di controbilanciare la riduzione di Setd5 che si osserva in questa popolazione di pazienti con disturbi dello spettro autistico”.

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Il gruppo di ricerca pisano (da sinistra a destra: Dott. Davide Martini, Dott.ssa Cecilia Pucci, Dott.ssa Chiara Gabellini, Prof. Massimiliano Andreazzoli).

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L'articolo su Neuron:

SETD5 regulates chromatin methylation state and preserves global transcriptional fidelity during brain development and neuronal wiring

Alessandro Sessa1,*, Luca Fagnocchi2,6,#, Giuseppina Mastrototaro1,#, Luca Massimino1, Mattia Zaghi1, Marzia Indrigo1, Stefano Cattaneo3, Davide Martini4, Chiara Gabellini4, Cecilia Pucci4,5, Alessandra Fasciani6, Romina Belli7, Stefano Taverna3, Massimiliano Andreazzoli4, Alessio Zippo2,6,* and Vania Broccoli1,8,9,*

1. Stem Cell and Neurogenesis Unit, Division of Neuroscience, San Raffaele Scientific Institute, Milan, Italy; 2. Istituto Nazionale di Genetica Molecolare, Milan, Italy; 3. Neuroimmunology Unit, Division of Neuroscience, San Raffaele Scientific Institute, Milan, Italy; 4. Cell and Developmental Biology Unit, Department of Biology, Pisa University, Pisa, Italy; 5. Sant’Anna School of Advanced Studies, Pisa, Italy; 6. Chromatin Biology & Epigenetics Lab, Department of Cellular, Computational and Integrative Biology (CIBIO), University of Trento, Trento, Italy; 7. MS and Proteomics Core Facility, CIBIO, University of Trento, Italy; 8. CNR Institute of Neuroscience, Milan, Italy; 9. Lead contact #Equal contribution * Senior authorship

Francesco Roma-Marzio, dottore di ricerca dell’Università di Pisa e attualmente nello staff dell'Orto e Museo Botanico, ha vinto il premio per la miglior tesi in Botanica conferito annualmente dalla Società Botanica Italiana. Il riconoscimento, che comporta un contributo di 500 euro, gli è stato consegnato nel corso del 114° Congresso della Società che si è svolto all'Orto Botanico di Padova dal 4 al 6 settembre. Francesco Roma-Marzio, classe 1982 e originario di Brindisi, ha svolto la sua ricerca sotto la guida dei professori Gianni Bedini e Lorenzo Peruzzi del Dipartimento di Biologia dell'Ateneo pisano. Il suo studio intitolato "Checklist and biosystematic studies of the woody flora of Tuscany (Italy)” ha riguardato l'elaborazione di un elenco critico aggiornato della flora legnosa (alberi e arbusti) della Toscana, con dettaglio provinciale, e l’approfondimento di due casi studio, il primo sulla classificazione del gruppo del ginepro ossifillo (Juniperus oxycedrus), il secondo sulla biologia riproduttiva del cisto laurino (Cistus laurifolius).

Francesco Roma-Marzio, dottore di ricerca dell’Università di Pisa e attualmente nello staff dell'Orto e Museo Botanico, ha vinto il premio per la miglior tesi in Botanica conferito annualmente dalla Società Botanica Italiana.

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Francesco Roma-Marzio a lavoro all'Università di Pisa, a destra durante la premiazione


Il riconoscimento, che comporta un contributo di 500 euro, gli è stato consegnato nel corso del 114° Congresso della Società che si è svolto all'Orto Botanico di Padova dal 4 al 6 settembre. Francesco Roma-Marzio, classe 1982 e originario di Brindisi, ha svolto la sua ricerca sotto la guida dei professori Gianni Bedini e Lorenzo Peruzzi del Dipartimento di Biologia dell'Ateneo pisano.
Il suo studio intitolato "Checklist and biosystematic studies of the woody flora of Tuscany (Italy)” ha riguardato l'elaborazione di un elenco critico aggiornato della flora legnosa (alberi e arbusti) della Toscana, con dettaglio provinciale, e l’approfondimento di due casi studio, il primo sulla classificazione del gruppo del ginepro ossifillo (Juniperus oxycedrus), il secondo sulla biologia riproduttiva del cisto laurino (Cistus laurifolius).

 

Più di 50 persone in rappresentanza di 25 partner di 15 diversi Paesi europei si sono ritrovati a Pisa dal 4 al 6 settembre per l’avvio del Desira, un nuovo progetto coordinato dall’Università di Pisa per favorire la trasformazione hi-tech del mondo rurale. Finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020 con circa 5 milioni di euro sino al 2023, Desira riunisce un vasto partenariato composto da enti di ricerca, istituzioni pubbliche, piccole e medie imprese e organizzazioni non governative. L’obiettivo del progetto è di valutare l’impatto della digitalizzazione nelle aree rurali, nell'agricoltura e nella silvicoltura per massimizzare i benefici della tecnologia al servizio del territorio secondo i principi della sostenibilità e dell’innovazione responsabile. La ricerca prevede la realizzazione di venti “laboratori viventi” nei vari paesi europei coinvolti, uno dei quali sarà anche in Toscana.
“Il caso di studio toscano – spiega il professor Gianluca Brunori del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa coordinatore scientifico di Desira - affronterà la gestione del rischio idrogeologico nelle aree montane per capire come la digitalizzazione possa migliorarne l’efficienza. Partner dell’ateneo per realizzare questo ‘laboratorio vivente’ è il Consorzio di Bonifica Toscana Nord”.
Per quanto riguarda l’Università di Pisa il progetto vede direttamente coinvolti dieci fra professori, ricercatori, assegnisti, dottorandi e tecnologi del gruppo PAGE (Pisa Agricultural Economics), un team da tempo impegnato sul tema dell’innovazione in agricoltura e in aree rurali. A livello cittadino sono inoltre coinvolti anche altri dieci ricercatori del CNR-ISTI, esperti di tecnologie informatiche.

 

Quali sono le nuove competenze che più avranno impatto sul settore della difesa? E quali le strategie migliori per disseminare nuove conoscenze e pratiche in un settore così ampio ed eterogeneo? Sono solo alcune delle domande alle quali risponderà il progetto ASSETS+ (Alliance for Strategic Skills addressing Emerging Technologies in Defence) il progetto europeo Erasmus+ appena finanziato con oltre 3 milioni di euro per i prossimi tre anni. Capofila del progetto è l’Università di Pisa, con il professor Gualtiero Fantoni (dipartimento di Ingegneria Civile ed Industriale) come coordinatore scientifico e un gruppo di ricerca multi-disciplinare, che coinvolge docenti e giovani ricercatori di vari dipartimenti dell’Ateneo. Tra le aziende del progetto: Rolls Royce, Airbus e Leonardo Elicotteri.
L’obiettivo è quello di istituire una filiera sostenibile delle risorse umane per l’industria della difesa. Il risultato del progetto sarà una piattaforma stabile e auto-sostenibile per il reclutamento e la crescita di dipendenti sia tra settori diversi e sia dalle start-up, alle PMI, alle grandi imprese. “Si partirà da un’analisi delle competenze che stanno maggiormente impattando il settore, soprattutto negli ambiti della robotica, dell'Intelligenza Artificiale e Industria 4.0 – spiega il professor Gualtiero Fantoni – Da lì si darà il via alla progettazione di corsi che andranno incontro alle esigenze delle aziende che lavorano nel settore e che sempre più chiedono metodi moderni di apprendimento. I corsi si baseranno sul Problem Based Learning, sul PrEtotyping, sulla creazione di comunità di pratica e di Innovation camp. Non ultimo, avremo un focus sulla incentivazione della mobilità, sia geografica sia fra aziende".
Il progetto avrà un impatto non solo su studenti, dottorandi e ricercatori, ma anche sulle moltissime PMI che lavorano nella supply chain del settore, nonché su dipendenti di multinazionali. In particolare, le PMI saranno rappresentate nel consorzio da un organismo, al fine di garantire la scala adeguata che spesso purtroppo non riescono ad avere date le loro dimensioni.
“Dopo Endure, BeFORE e Ulisse, si tratta del quarto progetto europeo sul tema sviluppo di nuove competenze, del quale sono responsabile scientifico per l’Università di Pisa – aggiunge il professor Fantoni – Questo sta creando un gruppo di ricerca multidisciplinare e giovane che comprende dottorandi e ricercatori, non solo dei dipartimenti di ingegneria, ma anche economisti, psicologi del lavoro, matematici e fisici. Ed è proprio di questi giorni la notizia della vincita del premio Nobile da parte di Filippo Chiarello. Teniamo molto inoltre a lavorare in sinergia con realtà del territorio come Gate Center di Pisa e la Fondazione Giacomo Brodolini, che da anni lavora sul tema delle competenze".

Più di 50 persone in rappresentanza di 25 partner di 15 diversi Paesi europei si sono ritrovati a Pisa dal 4 al 6 settembre per l’avvio del DESIRA, un nuovo progetto coordinato dall’Università di Pisa per favorire la trasformazione hi-tech del mondo rurale.

 

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I rappresentanti delle istituzioni che partecipano al progetto Desira riuniti al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali


Finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020 con circa 5 milioni di euro sino al 2023, DESIRA riunisce un vasto partenariato composto da enti di ricerca, istituzioni pubbliche, piccole e medie imprese e organizzazioni non governative. L’obiettivo del progetto è di valutare l’impatto della digitalizzazione nelle aree rurali, nell'agricoltura e nella silvicoltura per massimizzare i benefici della tecnologia al servizio del territorio secondo i principi della sostenibilità e dell’innovazione responsabile. La ricerca prevede la realizzazione di venti “laboratori viventi” nei vari paesi europei coinvolti, uno dei quali sarà anche in Toscana.

“Il caso di studio toscano – spiega il professor Gianluca Brunori del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa coordinatore scientifico di DESIRA- affronterà la gestione del rischio idrogeologico nelle aree montane per capire come la digitalizzazione possa migliorarne l’efficienza. Partner dell’ateneo per realizzare questo ‘laboratorio vivente’ è il Consorzio di Bonifica Toscana Nord”.

Per quanto riguarda l’Università di Pisa il progetto vede direttamente coinvolti dieci fra professori, ricercatori, assegnisti, dottorandi e tecnologi del gruppo PAGE (Pisa Agricultural Economics), un team da tempo impegnato sul tema dell’innovazione in agricoltura e in aree rurali. A livello cittadino sono inoltre coinvolti anche altri dieci ricercatori del CNR-ISTI, esperti di tecnologie informatiche.



Si è appena conclusa la quinta edizione della Scuola estiva “Le Scienze, il Museo e la Scuola” organizzata dal Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa. Si tratta ormai di un appuntamento fisso per molti insegnanti del primo ciclo (scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado), ma quest’anno si sono iscritti molti insegnanti alla loro prima esperienza al Museo. Quali sono le aspettative di un insegnante che decide di dedicare tre interi giorni di settembre alla propria formazione? Si tratta di tre giorni impegnativi, scanditi da un programma intensivo con relazioni di esperti, lavori di gruppo, laboratori didattici e visite alle esposizioni museali, nella suggestiva cornice della Certosa. Un questionario iniziale ha indicato che la principale delle aspettative è di tipo metodologico: ci si aspetta cioè di imparare COME insegnare in modo significativo le scienze a bambini e ragazzi. Si è consapevoli che l’insegnamento delle scienze affrontato senza una seria riflessione da parte dell’insegnante rischia di essere perlomeno inefficace e spesso ha l’effetto di disamorare i giovani allo studio delle scienze.

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La scommessa della Scuola estiva è quella di far vivere direttamente agli insegnanti esperienze concrete di apprendimento, basate sull’osservazione accurata di oggetti naturali e dei reperti museali, e sulla discussione di gruppo per la interpretazione e la costruzione della conoscenza. Gli esperti, interni ed esterni al Museo, che ogni anno collaborano alla buona riuscita del'inizaitiva, mettono a disposizione la loro conoscenza nell’inquadramento teorico iniziale, per risolvere i problemi che si incontrano durante i laboratori, e guidano le attività, gli insegnanti utilizzano quanto sperimentato e appreso per la costruzione di percorsi didattici per i vari ordini di scuola. La formula incontra il gradimento degli insegnanti, che la ritengono utile per il proprio lavoro didattico; la speranza è quella di contribuire al rinnovamento dell’insegnamento delle scienze, anche tenendo conto che la formazione degli insegnanti è uno dei compiti istituzionali dell’Università.

Ogni edizione della Scuola estiva affronta tre temi diversi. Quest’anno si partiva dalla preistoria, con una giornata dal titolo “Primitivo a chi?”. Ha introdotto i lavori Giovanna Radi, con una panoramica sull’evoluzione dell’uomo a partire dalle sue origini; ha proseguito Lucia Angeli presentando la nuova sala del Museo dedicata ai ritrovamenti nella “Grotta del Leone” (Asciano, Pisa), importante punto di riferimento per la preistoria toscana. Il pomeriggio è stato dedicato all’archeologia sperimentale, sotto la guida di Marcella Parisi. Gli insegnanti hanno realizzato, con le tecniche e i materiali della preistoria, vari oggetti: pitture, collane, strumenti musicali e vasi.

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La seconda giornata “Le forme dell’aria” è stata dedicata allo studio degli uccelli. Ha introdotto i lavori Chiara Sorbini rivelandoci che, come evidenziato nella nuova sala del Museo inaugurata nel mese di luglio, gli uccelli derivano dai dinosauri. Dimitri Giunchi, Lorenzo Vanni, Simone Farina hanno presentato poi le principali caratteristiche degli uccelli, direttamente sui reperti museali ed anche attraverso specifiche attività pratiche dedicate alla forma e alla funzione di ali, zampe e becchi.

La terza ed ultima giornata “Agrumi in tutti i sensi” ha preso spunto dagli agrumi presenti nella Certosa per introdurre alla biodiversità di questi frutti. Guido Flamini ha presentato il tema ed è stato possibile osservare le piante nelle celle e nei giardini della Certosa. Ha proseguito i lavori Angela Zinnai, e infine Isabella Taglieri e Monica Macaluso hanno proposto agli insegnanti alcuni test sensoriali dedicati al gusto e all’olfatto. Odori e sapori sono stati lo spunto per il laboratorio di scrittura creativa condotto da Luca Dini.

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Ogni giornata si è conclusa con un momento di confronto e progettazione didattica da parte degli insegnanti. Prima della ripresa pomeridiana dei lavori sono state proposte tre attività dedicate alla consapevolezza e al benessere, collegate agli argomenti della giornata: Yoga: “Il respiro, pratica arcaica di rilassamento” con Annalisa De Liso; Shiatsu: “Volare insieme, conoscersi, collaborare e creare gruppo con il do-in” con Monja Da Riva; Meditazione “La voce delle piante” con Irene Di Vittorio.

La Scuola è stata organizzata da: Elena Bonaccorsi, Silvia Sorbi, Angela Dini, Rosa Baviello, Lucia Stelli, Vincenzo Terreni, Luca Dini, Barbara Simili, Marilina D’Andretta e Alessandra Zannella.

Tutti i materiali dell'edizione 2019 della Scuola estiva e delle edizioni precedenti sono pubblicati a questo link. Tutti gli insegnanti sono invitati a visitare il sito, scaricare il materiale, utilizzarlo nelle loro classi e – se vogliono – collaborare con il Museo per la progettazione della prossima edizione della scuola.


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progetto assetsQuali sono le nuove competenze che più avranno impatto sul settore della difesa? E quali le strategie migliori per disseminare nuove conoscenze e pratiche in un settore così ampio ed eterogeneo? Sono solo alcune delle domande alle quali risponderà il progetto ASSETS+ (Alliance for Strategic Skills addressing Emerging Technologies in Defence) il progetto europeo Erasmus+ appena finanziato con oltre 3 milioni di euro per i prossimi tre anni. Capofila del progetto è l’Università di Pisa, con il professor Gualtiero Fantoni (dipartimento di Ingegneria civile e industriale) come coordinatore scientifico e un gruppo di ricerca multi-disciplinare, che coinvolge docenti e giovani ricercatori di vari dipartimenti dell’Ateneo. Tra le aziende del progetto: Rolls Royce, Airbus e Leonardo Elicotteri. 

L’obiettivo è quello di istituire una filiera sostenibile delle risorse umane per l’industria della difesa. Il risultato del progetto sarà una piattaforma stabile e auto-sostenibile per il reclutamento e la crescita di dipendenti sia tra settori diversi e sia dalle start-up, alle PMI, alle grandi imprese. 

fantoni 333“Si partirà da un’analisi delle competenze che stanno maggiormente impattando il settore, soprattutto negli ambiti della robotica, dell'Intelligenza Artificiale e Industria 4.0 – spiega il professor Gualtiero Fantoni – Da lì si darà il via alla progettazione di corsi che andranno incontro alle esigenze delle aziende che lavorano nel settore e che sempre più chiedono metodi moderni di apprendimento. I corsi si baseranno sul Problem Based Learning, sul PrEtotyping, sulla creazione di comunità di pratica e di Innovation camp. Non ultimo, avremo un focus sulla incentivazione della mobilità, sia geografica sia fra aziende".

Il progetto avrà un impatto non solo su studenti, dottorandi e ricercatori, ma anche sulle moltissime PMI che lavorano nella supply chain del settore, nonché su dipendenti di multinazionali. In particolare, le PMI saranno rappresentate nel consorzio da un organismo, al fine di garantire la scala adeguata che spesso purtroppo non riescono ad avere date le loro dimensioni.

Dopo EndureBeFORE e Ulisse, si tratta del quarto progetto europeo sul tema sviluppo di nuove competenze, del quale sono responsabile scientifico per l’Università di Pisa – aggiunge il professor Fantoni – Questo sta creando un gruppo di ricerca multidisciplinare e giovane che comprende dottorandi e ricercatori, non solo dei dipartimenti di ingegneria, ma anche economisti, psicologi del lavoro, matematici e fisici. Ed è proprio di questi giorni la notizia della vincita del premio Nobile da parte di Filippo Chiarello. Teniamo molto inoltre a lavorare in sinergia con realtà del territorio come Gate Center di Pisa e la Fondazione Giacomo Brodolini, che da anni lavora sul tema delle competenze".

Venerdì 6 settembre alle 17, nel complesso delle Benedettine, si terrà un’iniziativa dal titolo "Pisa e l'Intelligenza Artificiale". L’incontro, moderato da Franco Turini e Fosca Giannotti, vedrà gli interventi di Luigia Carlucci Aiello, Gianfranco Prini, Giuseppe Attardi, Maria Simi, Roberto Barbuti, Dino Pedreschi e Alessio Micheli.
L’incontro illustrerà come l'informatica pisana abbia contribuito anche alla nascita della ricerca in Intelligenza Artificiale, dando vita a molteplici scuole che hanno gemmato anche in molti altri atenei italiani definendo l'agenda di ricerca e l'innovazione della formazione superiore su temi fondazionali come i linguaggi per l'IA, la programmazione logica, la rappresentazione della conoscenza, l'elaborazione del linguaggio naturale, l'apprendimento automatico e la scienza dei dati.
L'evento è organizzato nell'ambito di "Informatica50", il ciclo di iniziative che lungo tutto il 2019 celebra il cinquantenario dell’istituzione a Pisa del primo corso di laurea in Scienze dell'Informazione in Italia.

E’ nata ArchAIDE, la prima App che sfrutta l’intelligenza artificiale e le tecnologie investigative per aiutare gli archeologi a risolvere uno dei “puzzle” più complessi che li impegna da sempre, cioè riconoscere e classificare le migliaia di frammenti ceramici che ogni giorno emergono dagli scavi in tutto il mondo. L’innovativo sistema è il risultato dell’omonimo progetto europeo ArchAIDE appena giunto a conclusione e coordinato dal Laboratorio MAPPA del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa. La App, basata su reti neurali e una tecnologia simile a quella utilizzata in ambito investigativo per il riconoscimento facciale, è già disponibile gratuitamente su AppStore and GooglePlay e proprio in questi giorni c’è il suo debutto ufficiale al XXV meeting annuale dell’Associazione europea degli archeologi (EAA) a che si svolge a Berna dal 4 al 7 settembre.
“Durante le indagini archeologiche – spiega la professoressa Letizia Gualandi del MAPPALab dell’Ateneo pisano – vengono ritrovati migliaia di frammenti ceramici prodotti nelle epoche più diverse, dalla preistoria ai giorni nostri, quasi come tessere di un puzzle che, se ricostruito, può fornire moltissime informazioni sulla vita nelle epoche passate, grazie alla app che abbiamo sviluppato l’idea è di aiutare gli archeologi a risolvere questo ‘rompicato’ cosa che attualmente richiede molto tempo e competenze molto specialistiche tanto che risulta quasi sempre impossibile catalogare tutte le ceramiche ritrovate”.
“Il funzionamento della App Archaide è molto semplice – spiega Gabriele Gattiglia ricercatore dell’Università di Pisa e Coordinatore del progetto - basta scattare una foto con un dispositivo mobile (smartphone o tablet) e inviarla al riconoscitore automatico per riconoscere il frammento e poter condividere in tempo reale i dati, creando così un archivio che può essere utilizzato da qualunque ricercatore, studioso o appassionato in qualunque luogo si trovi.”
Gli strumenti di ArchAIDE sono disponibili anche in versione Desktop, utilizzabili cioè da un semplice pc, permettendo di caricare anche fotografie archiviate nel passato.
“La App è stata sviluppata per riconoscere sia i frammenti decorati, sia quelli privi di decorazione. – conclude Francesca Anichini dell’Ateneo pisano, project manager di ArchAIDE - Al momento l’accuratezza del riconoscimento è intorno al 75%, ma sarà proprio grazie al sempre più ampio utilizzo da parte degli utenti che il sistema riuscirà a migliorare la propria performance, e da questo punto di vista stiamo già lavorando alla costruzione di un network di università, centri di ricerca e aziende che potranno contribuire all’arricchimento del database”.
Oltre al Laboratorio MAPPA dell’Università di Pisa, i partner del progetto ArchAIDE sono il Cnr-Istituto di Scienza e tecnologie dell’informazione, le università di Tel Aviv (Israele), York (Gran Bretagna), Barcellona (Spagna) e Koeln (Germania). Partecipano inoltre tre aziende, l’italiana Inera srl e le spagnole “Baraka Arqueologos” ed “ElementsCentre De Gestió i Difusió De Patrimoni Cultural”.

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