L’Università di Pisa 30° al mondo nella Fisica e tra i primi 100 nell’Informatica
È ancora la Fisica la disciplina in cui eccelle l'Università di Pisa nei QS World University Rankings by Subject, la classifica redatta dall'agenzia Quacquarelli Symonds che da cinque anni valuta le università del mondo anche nei singoli ambiti disciplinari. L'Ateneo pisano si è posizionato infatti al 30° posto in «Physics & Astronomy», confermando il suo prestigio in un settore con una tradizione cha da Galileo arriva fino ai giorni nostri. Nella classifica 2015 c'è un salto in avanti anche dell'Informatica – un'altra delle discipline di eccellenza a Pisa – che sale tra il 51° e 100° posto.
In tutto l'Università di Pisa ottiene posizionamenti in 13 delle 36 discipline valutate dall'agenzia, andando a coprire tutti gli ambiti disciplinari. Per l'edizione 2015, il QS World University Rankings by Subject ha preso in esame 3.551 università nel mondo, inserendo in classifica 894 istituzioni in totale. L'indagine si basa principalmente su qualità della ricerca, indici di occupabilità dei laureati, numero di citazioni e impegno a favore dell'internazionalizzazione.
La buona performance dell'Università di Pisa è confermata anche dagli altri 11 posizionamenti di prestigio raggiunti nei vari settori: nel settore "Engineering & Technology" sale l'Ingegneria elettrica ed elettronica, tra 101°-150° posto, mentre l'Ingegneria meccanica, aeronautica e della produzione compare tra il 201°-250° posto. Nelle "Natural Sciences", oltre al successo della Fisica, l'Ateneo ottiene tra la 101° e 150° posizione nella Matematica e tra la 151° e la 200° nella Chimica.
Rispetto allo scorso anno l'Ateneo pisano sale nella Medicina che, nel settore delle "Life Sciences & Medicine", si piazza al 101°-150° posto. Stabile invece la disciplina di Farmacia, che si mantiene nella posizione 151°-200°, mentre compare per la prima volta Scienze biologiche, tra il 301° e il 350° posto. Nei ranking delle "Arts and Humanities" l'Ateneo si posiziona tra il 151° e il 200° posto in Filosofia e in Lingue Moderne, e tra il 201° e 250° posto in Lingua e letteratura inglese. Rimane stabile la Statistica, che nelle "Social Sciences and Management" è tra la 151° e 200° posizione.
«SPASSIONATI. Nuovi cittadini nella democrazia che verrà»
Pubblicato con il logo del Coordinamento University Press Italiane - che ha ideato e promosso il progetto affidandone la realizzazione e la distribuzione alla Pisa University Press - il volume "SPASSIONATI. Nuovi cittadini nella democrazia che verrà", curato da Gianna Fregonara, raccoglie le interviste a dodici note personalità del mondo culturale e politico che hanno accettato di confrontarsi sul tema della disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche.
Giuliano Amato, Vittorino Andreoli, Corrado Augias, Laura Boldrini, Emma Bonino, Domenico De Masi, Oscar Farinetti, Beppe Severgnini, Paola Severino, Nadia Urbinati, Luciano Violante e Amira Yahyaoui rispondono da diversi punti di vista e osservazione a un interrogativo chiave sul quale è stato chiesto di indagare a Gianna Fregonara: nutrire poca o nessuna passione per la vita pubblica, la politica e le istituzioni potrebbe essere anche un vantaggio per i giovani di oggi? Gli 'Spassionati', e dunque capaci di maggior senso critico, saranno provvisti delle virtù necessarie per potersi districare nella democrazia che verrà?
I dodici intervistati hanno risposto con una disponibilità che è andata ben oltre le più ottimistiche aspettative, e con risultati che si sono rivelati anch'essi superiori a quelli che poteva essere lecito attendersi. I proventi di questa operazione editoriale saranno destinati al finanziamento di un progetto educativo individuato d'intesa con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca sulla base di un accordo ad hoc.
Il volume è stato presentato a Torino, al Salone Internazionale del Libro, sabato 16 maggio, con la partecipazione di Beppe Severgnini, Corrado Augias, Vittorino Andreoli e Gianna Fregonara. (Nelle foto di Marcella Lorenzi alcuni momenti della presentazione).
Pubblichiamo qui di seguito l'introduzione al volume a firma di Gianna Fregonara.
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Se è vero che per i saggi c'è sempre tempo per trarre una lezione dalla storia, si può anche provare a ricavare qualche insegnamento, o almeno qualche indicazione, dalla cronaca e dagli anni che stiamo vivendo. È questa l'idea all'origine delle dodici interviste di questo libro, dodici colloqui con testimoni significativi del nostro tempo: dialogando con loro sulle istituzioni, così come sono ora e come si stanno adeguando ai cambiamenti causati da fenomeni epocali come la globalizzazione, la caduta delle frontiere e la rivoluzione digitale, si può provare a immaginare come sarà il mondo di domani, che avrà come protagonisti i ragazzi di oggi. Quale sarà la storia che racconteranno?
Il punto di partenza di questa analisi del rapporto tra cittadini e istituzioni è la scarsa passione dei giovani per la vita pubblica, la politica e le istituzioni stesse, che si scopre nel voto, nei sondaggi e in qualsiasi ricerca che li riguardi: secondo un recente sondaggio condotto dall'Ispo, due giovani su tre in Italia non hanno fiducia nelle istituzioni e meno di uno su cinque crede nei partiti, mentre è la Presidenza della Repubblica l'unica istituzione che ha ancora una rispettabilità riconosciuta anche dai giovani.
Così, proprio nel momento in cui si affaccia all'età adulta una generazione complessivamente molto più preparata e istruita di quelle che l'hanno preceduta e in cui le istituzioni, grazie all'innovazione tecnologica, alla globalizzazione e a cambiamenti sociali di portata storica, dovrebbero essere alla portata di tutti, i ragazzi sembrano voler cercare una distanza. Da qui il titolo di questa raccolta di testimonianze: Spassionati. "Spassionati", un aggettivo che connota e, se è possibile, identifica in un unico insieme i ragazzi di oggi. "S-passionati" vuol dire disinteressati, certo. Ma può significare anche "non faziosi" perché "non partigiani". Che sia necessariamente un difetto è tutto da dimostrare. Riuscire a mantenere una distanza, magari volutamente, potrebbe anche rivelarsi un privilegio, addirittura una virtù, in un tempo che invece queste distanze tende ad annullarle: uno spazio mentale più ampio, un maggior senso critico potrebbero diventare oggi, o meglio ancora domani, doti di cui non si potrà fare a meno.
"Spassionati", dunque, non vuol dire soltanto indifferenti. Può assumere addirittura un risvolto molto impegnativo, oltre che positivo: può voler significare – basta consultare il vocabolario della Treccani – addirittura avere un atteggiamento di giustizia ed equità. Ma non è detto che questo sia il cammino con il quale i giovani troveranno altre motivazioni e finiranno per "appassionarsi" di nuovo alle istituzioni e al bene pubblico, inventando un loro modello di partecipazione. Il timore del disinteresse dei giovani non è nuovo.
Sono celebri le parole di allarme di Piero Calamandrei nel discorso che tenne nel 1955 agli studenti nella sede dell'Umanitaria di Milano. Già sessant'anni fa uno dei padri della nostra Costituzione si domandava se i ragazzi non fossero un po' troppo distanti dall'impegno pubblico, un po' "spassionati": "Una delle offese che si fanno alla Costituzione è l'indifferenza alla politica. L'indifferentismo è un po' una malattia dei giovani. 'La politica è una brutta cosa. Che me n'importa della politica?', quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l'oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l'altro stava sul ponte e si accorgeva che c'era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: 'Ma siamo in pericolo?' E questo dice: 'Se continua questo mare tra mezz'ora il bastimento affonda'. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: 'Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda'. Quello dice: 'Che me ne importa? Unn'è mica mio!'".
Le cause dell'allontanamento dei giovani dalle istituzioni sono molte e sono state, con risultati alterni, anche molto indagate. Ma per la generazione dei cosiddetti "Millennials", cioè per i ragazzi del Duemila, c'è qualcosa di nuovo e di diverso: non si tratta solo di quell'evoluzione critica ma fisiologica che ha portato a grandi scontri e altrettanto importanti innovazioni negli ultimi cinquant'anni. Si corre per la prima volta il rischio di una cesura più radicale con l'esperienza passata su cui si è fondato il cammino della democrazia nel nostro continente. I ragazzi, lo spiega Giuliano Amato nell'intervista che segue, si trovano a essere cittadini di un'Europa che non hanno costruito loro, che è a loro disposizione ma che nelle sue forme istituzionali non coincide con la realtà vissuta ogni giorno: da Bruxelles e Strasburgo non arriva loro alcun racconto della storia europea, nessun indizio della fatica della costruzione del percorso comune del nostro continente fatto di slanci in avanti e di passi indietro. Non è più questione di contrapposizione tra l'identità nazionale e quella europea, di scontro tra la visione federalista e la visione minimalista che abbiamo ereditato dopo lo shock planetario della Seconda Guerra Mondiale.
È tuttavia difficile dire se i ragazzi di oggi rischiano davvero di essere i "nuovi Barbari", di cui ha parlato Eugenio Scalfari sull'"Espresso", e cioè "una generazione di giovani vigorosi che scelgono nuove forme di linguaggio e lottano per costruire un futuro del tutto diverso dal nostro lascito": "Confesso – scrive Scalfari – che questa visione positiva dei barbari ha trovato fin qui scarso riscontro [...] Una società imbarbarita può avere una visione politica del bene comune? Ne dubito. Una visione del bene comune comporta un'assunzione di responsabilità poco compatibile con l'imbarbarimento. Le società imbarbarite sono piuttosto sedotte dal populismo e dall'antipolitica. Gli interessi particolari soverchiano quelli generali, lo Stato è considerato un nemico, la Costituzione un vincolo inutile, la legalità una parola vuota, una sorta di plastilina che ciascun interesse lobbistico modella a proprio uso e consumo". Barbari, non bamboccioni, non per forza degli incivili, ma persone appartenenti ad un'"altra civiltà", nel senso di un altro modo di pensare che non si sente del tutto erede di quello dei padri o delle generazioni precedenti e che arriva, in qualche caso, a immaginare di poter far senza alcune delle strutture che finora hanno regolato la società occidentale.
Non la pensa così per esempio Beppe Severgnini: lui che da giornalista ha seguito i giovani nell'ultima rivoluzione d'Europa, quella che ormai 25 anni fa ha portato alla caduta del Muro di Berlino, crede che i giovani di allora e quelli di oggi "si somiglino, anche se non lo sanno": "Oggi come allora nessun ventenne pensa di essere uno dei tanti ventenni della storia dell'umanità". Ma nonostante adesso siano sicuramente più rapidi e sintetici, i ragazzi si trovano a navigare senza bussola in acque incerte e agitate, cercando la loro via. La fine del binomio Est/Ovest che per molti di noi era tradotto ideologicamente in buono/cattivo, la sconfitta del comunismo e di tanti "ismi" non hanno portato effettivamente, almeno per ora, a un nuovo ordine.
Se è vero, come pensa il sociologo Domenico De Masi, che il futuro dei giovani, cioè il futuro del lavoro, dipende più dalle stampanti a 3D che non dalle norme del Jobs Act, allora è anche vero chela cesura tra giovani e vecchi non è altro che l'incomunicabilità tra chi ha vissuto nel mondo "analogico" e chi è "nativo digitale": questa separazione non significa soltanto che gli uni sanno usareil computer e muoversi sulla rete e gli altri no. In un mondo "gelatinoso" per dirla con Zygmunt Bauman, in cui il lavoro non creativo diminuisce di anno in anno grazie (o a causa) dell'innovazione, l'economia è guidata molto più dalle invenzioni che dalle regole, per buone e adeguate che esse possano essere. E quello dei giovani è proprio un modo di vivere diverso, che non può che interferire con la dimensione sociale di ognuno di noi, e dunque anche nei rapporti con le istituzioni.
Sicuramente i cambiamenti sociali continui "trascineranno" i giovani a trovare la loro nuova modalità di convivenza (leggere l'intervista dello psichiatra Vittorino Andreoli). Ma, anche senza dover condividere la tesi dell'imprenditore Oscar Farinetti che il sistema è sul punto di "rimbalzare" avendo toccato il fondo, non possiamo non domandarci quale sia lo stato delle istituzioni e la visione della società alla quale i ragazzi di oggi appartengono. Che istituzioni lasciamo alle generazioni che verranno? Siamo a un passaggio epocale in cui si è esaurito il modello di società che si era cristallizzato dopo la Seconda Guerra Mondiale, che aveva giustificato anche tante inefficienze o compromessi in nome della democrazia occidentale e che oggi sono destinati a non resistere a lungo, se non trovano altri fondamenti che ne consolidino il valore. Guardando al nostro Paese, i cambiamenti, a volte non coerenti, che hanno modificato le istituzioni anche radicalmente negli ultimi trent'anni si possono considerare superiori per l'impatto a una riforma organica delle stesse. Non solo è cambiato il modo di funzionare del nostro sistema parlamentare, ma le altre modifiche istituzionali, dall'introduzione di elementi di federalismo fino alla doppia modifica della legge elettorale, hanno ridotto il ruolo dei partiti e addirittura spostato i luoghi di decisione e infine anche modificato la classe politica.
Tutto questo è avvenuto in un clima di emergenza e di delegittimazione reciproca dei partiti – come ci racconta nelle pagine che seguono Luciano Violante –, in uno scontro destra/sinistra che oggi appare anacronistico. E, insieme alla crisi economica più grave dell'ultimo secolo e alla diffusione delle nuove forme di comunicazione digitale, ha portato, in Italia ma anche negli altri Paesi europei, alla nascita di nuovi movimenti di ispirazione più estremista e populista, che tendono tra l'altro a "smontare", senza proporre alternative, quei valori di solidarietà – valori costituzionali che oggi vengono sempre più spesso scambiati per debolezze e "buonismo", come ci ricorda la presidente della Camera Laura Boldrini – e di impegno a condividere la stessa sorte che nel sistema attuale sono risultati fondamentali anche per garantire i diritti, se non proprio a tutti, almeno a tanti.
La filosofa della politica Nadia Urbinati, nelle pagine che seguono, scommette su uno scenario in cui a un certo punto anche le istituzioni, compresi i partiti e l'informazione, dovranno evolversi ma restare come elemento necessario di mediazione – quasi un cuscinetto sociale e ideale – per permettere ai cittadini e dunque alla struttura degli Stati di cambiare senza disintegrarsi o trasformarsi in regimi populisti e autoritari. Nel silenzio degli intellettuali che, secondo quello che racconta il giornalista e scrittore Corrado Augias, per lo più "sono finiti a casa perché risentono dell'atmosfera generale e dopo una stagione in cui ritenevano di intervenire su qualsiasi problema nel vasto mondo, ora si sono rintanati... e vanno in giro a vendere i loro libri", resta da interrogarsi sulla teoria spietata a proposito della fine dell'"homo politicus" elaborata dal francese Christian Salmon nel suo ultimo libro La politica nell'era dello storytelling (Fazi, 2014). Anche senza tirare le estreme conseguenze dell'autore, fa riflettere la sua analisi: dopo la fine della contrapposizione frontale tra due modelli di pensiero, mentre gli Stati perdono di sovranità, la politica come l'abbiamo conosciuta negli ultimi due secoli "giunge al capolinea" e "i potenti non hanno più le sembianze dei sovrani ma quelle di soggetti di conversazione, di personaggi di serie Tv sui quali proiettiamo i nostri desideri contraddittori", non sono più a capo di istituzioni che fanno leggi e governano ma la "loro autorità è appesa al fragile filo della credenza collettiva", per cui "non viene eletto chi convince delle proprie capacità di agire ma del suo potere illusionistico".
Salmon usa la favola dei Vestiti nuovi dell'imperatore come metafora della politica di oggi, costretta a essere volontaristica e a lanciare perenni e ripetuti segnali di ottimismo senza potersi fermare sulla realtà e sulle difficoltà effettive del momento, rischiando di portare alla lunga auna deriva di promesse irrealizzabili. Ha senso dunque fermarsi e, come dice il ministro della Giustizia del governo Monti Paola Severino, chiedersi se "più che una riforma non sia necessario e utile gettare i semi di una battaglia culturale che parta dall'educazione". O forse, come ci suggerisce Emma Bonino, dovremmo provare a rialzare lo sguardo anche oltre i nostri confini, da dove, per paradosso, arrivano alcune speranze di impegno: proprio da luoghi che oggi consideriamo molto instabili e rischiosi.
Basta leggere il racconto della blogger tunisina Amira Yahyaoui, trent'anni appena compiuti e vincitrice del premio Chirac per la prevenzione dei conflitti, sul lavoro svolto dalla sua Ong al fine di garantire la trasparenza e l'accountability dei parlamentari del suo Paese alle prese con la scrittura della nuova Costituzione e con lo sforzo complesso di proseguire sulla via della democrazia laica e moderna, contrastando giorno per giorno gli estremisti ei fondamentalisti. Perché per le generazioni che verranno il rischio forse non è il re nudo di cui parla Salmon, ma il Pifferaio dei fratelli Grimm: se non troveranno il loro modo di stare dentro le istituzioni, anche per cambiarle, potrebbero finire per non distinguere l'importanza delle battaglie fatte nell'ultimo secolo, di non considerare essenziali diritti che oggi sono scontati e dunque anche a buon mercato, di faticare a distinguere le lungaggini e le inefficienze da quei meccanismi di convivenza democratica che nessuno di noi sarebbe disposto a sacrificare. E proprio cominciando da questa consapevolezza vi invito a cominciare il viaggio nelle pagine degli "Spassionati".
Gianna Fregonara
Le nuove mani robotiche sono «morbide»
Come facciamo a prendere una monetina dal tavolo? La cosa più semplice è far scivolare la moneta verso l'estremità, sfruttando la superficie liscia e piana del tavolo stesso. E per calzare un paio di scarpe? La cosa più facile è inserire una mano o un dito tra il piede e la parte posteriore della scarpa. Questi sono solo alcuni dei gesti all'apparenza semplicissimi in cui le nostre mani sfruttano le caratteristiche dell'ambiente e degli oggetti per compiere diversi tipi di manipolazioni. Questa la chiave del progetto europeo "SOMA" (SOft MAnipulation), che partirà ufficialmente il prossimo 1° maggio e che punta a sviluppare un sistema artificiale di manipolazione innovativo, che sia semplice e facile da programmare, ma nel contempo affidabile e robusto.
Partner italiani del progetto, coordinato dall'Università di Berlino, sono l'Università di Pisa e l'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, che da anni collaborano nello studio e realizzazioni di mani robotiche, come la "pisa-iit softhand", progetto vincitore dell'ERC Advanced Grant "SOFTHANDS", che, con una struttura semplicissima e robusta, e un solo motore, è in grado di compiere movimenti e prese naturali su tutti gli oggetti di uso quotidiano.
Il concetto chiave è quello "soft manipulation" – afferma Antonio Bicchi (nella foto a destra), professore di robotica al Centro Piaggio dell'Università di Pisa e Senior Scientist all'IIT – una manipolazione cioè in grado di adattarsi alle diverse caratteristiche fisiche dell'ambiente, allo stesso modo di quella umana. Ciò è reso possibile dal fatto che le caratteristiche principali responsabili della capacità di manipolazione non sono date da algoritmi "inseriti" nella mano, ma sono presenti direttamente nella struttura fisica della mano stessa, ed emergono dall'interazione tra queste caratteristiche e quelle degli oggetti nell'ambiente reale che devono essere manipolati. Le caratteristiche ambientali influiscono sul design della mano, così come nel progettare la forma di una barca si tengono presenti le caratteristiche fisiche dell'acqua.
Questo apre la via a una nuova generazione di robot industriali e di servizio in grado di operare in ambiente reale e con gli esseri umani. Tra i partner del progetto SOMA ci sono infatti due realtà industriali, che forniranno i primi banchi di prova per la tecnologia sviluppata. Il primo è Ocado, la più grande catena mondiale di supermercati. Consistenti sono infatti le potenzialità di applicazione di SOMA nell'agricoltura e nell'industria alimentare, per esempio per manipolare oggetti, come i frutti, di forma irregolare e molto facili da danneggiare. Il secondo banco di prova sarà la sicurezza dei nuovi sistemi di manipolazione in contesti un cui i robot devono coesistere e interagire con gli esseri umani, grazie alla collaborazione con Disney.
I partner del progetto SOMA sono la Technische Universität Berlin (Coordinator), l'Università di Pisa, l'Italian Institute of Technology IIT, German Aerospace Center, l'Institute of Science and Technology Austria, Ocado Ltd. OCADO United Kingdom, Disney Research DISNEY Switzerland.
Ne hanno parlato:
Le Scienze
InToscana.it
TirrenoPisa.it
PisaToday.it
gonews.it
Agenzia Impress
LaPrimaPagina.it
«I dragoni atomici di Fukushima» in un incontro al CLi
Lunedì 4 maggio alle 17.30, nell'Aula Magna del Palazzo Boilleau, in via Santa Maria 85, il Centro Linguistico d'Ateneo (CLi), organizza un seminario con Yuka Nishioka, professoressa all'Università di Nagasaki e autrice di fumetti, che presenterà il volume "I dragoni atomici di Fukushima", appena pubblicato in Italia con una traduzione a cura del Centro di documentazione «Semi sotto la neve» di Pisa.
Il volume è un manga per molti aspetti didattico, per la competenza con cui l'autrice spiega al lettore cosa è l'energia atomica e le conseguenze delle radiazioni (per questo l'autrice si è avvalsa di una supervisione scientifica). E per la ricostruzione storica: come un paese ancora sotto shock per gli attacchi atomici ascolta il discorso del presidente americano Eisenhower sugli «atomi per la pace» (nel 1953) e si getta nello sviluppo del nucleare civile.
L'autrice, nata a Nagasaki nel 1965 e cresciuta con i racconti degli hibakusha - coloro che sopravvissero al bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki - spiega come il mondo sia per lei cambiato l'11 marzo 2011, quando anche nella sua città è scattato l'allarme tsunami che ha colpito il Giappone nord-orientale. L'incidente alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi le ha fatto rivivere il terrore delle radiazioni, l'angoscia, l'indignazione, la disperazione, scrive Yuka Nishioka. «Mi sembrava che il momento richiedesse un esame di coscienza a noi, nati e cresciuti nei luoghi colpiti dall'atomica» spiega: «Come potevo sottrarmi alla responsabilità per l'incidente se avevo tollerato l'energia nucleare, convinta che non potessero mai esserci incidenti nelle centrali?». Anche lei, come la piccola Ayumi protagonista del suo manga, ha cercato allora le informazioni che erano state nascoste a tutti i giapponesi ed è nata così la storia dei «dragoni atomici».
Le nuove mani robotiche sono «morbide»
Come facciamo a prendere una monetina dal tavolo? La cosa più semplice è far scivolare la moneta verso l'estremità, sfruttando la superficie liscia e piana del tavolo stesso. E per calzare un paio di scarpe? La cosa più facile è inserire una mano o un dito tra il piede e la parte posteriore della scarpa. Questi sono solo alcuni dei gesti all'apparenza semplicissimi in cui le nostre mani sfruttano le caratteristiche dell'ambiente e degli oggetti per compiere diversi tipi di manipolazioni. Questa la chiave del progetto europeo "SOMA" (SOft MAnipulation), che partirà ufficialmente il prossimo 1° maggio e che punta a sviluppare un sistema artificiale di manipolazione innovativo, che sia semplice e facile da programmare, ma nel contempo affidabile e robusto.
Partner italiani del progetto, coordinato dall'Università di Berlino, sono l'Università di Pisa e l'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, che da anni collaborano nello studio e realizzazioni di mani robotiche, come la "pisa-iit softhand", progetto vincitore dell'ERC Advanced Grant "SOFTHANDS", che, con una struttura semplicissima e robusta, e un solo motore, è in grado di compiere movimenti e prese naturali su tutti gli oggetti di uso quotidiano.
Il concetto chiave è quello "soft manipulation" – afferma Antonio Bicchi, professore di robotica al Centro Piaggio dell'Università di Pisa e Senior Scientist all'IIT – una manipolazione cioè in grado di adattarsi alle diverse caratteristiche fisiche dell'ambiente, allo stesso modo di quella umana. Ciò è reso possibile dal fatto che le caratteristiche principali responsabili della capacità di manipolazione non sono date da algoritmi "inseriti" nella mano, ma sono presenti direttamente nella struttura fisica della mano stessa, ed emergono dall'interazione tra queste caratteristiche e quelle degli oggetti nell'ambiente reale che devono essere manipolati. Le caratteristiche ambientali influiscono sul design della mano, così come nel progettare la forma di una barca si tengono presenti le caratteristiche fisiche dell'acqua.
Questo apre la via a una nuova generazione di robot industriali e di servizio in grado di operare in ambiente reale e con gli esseri umani. Tra i partner del progetto SOMA ci sono infatti due realtà industriali, che forniranno i primi banchi di prova per la tecnologia sviluppata. Il primo è Ocado, la più grande catena mondiale di supermercati. Consistenti sono infatti le potenzialità di applicazione di SOMA nell'agricoltura e nell'industria alimentare, per esempio per manipolare oggetti, come i frutti, di forma irregolare e molto facili da danneggiare. Il secondo banco di prova sarà la sicurezza dei nuovi sistemi di manipolazione in contesti un cui i robot devono coesistere e interagire con gli esseri umani, grazie alla collaborazione con Disney.
I partner del progetto SOMA sono la Technische Universität Berlin (Coordinator), l'Università di Pisa, l'Italian Institute of Technology IIT, German Aerospace Center, l'Institute of Science and Technology Austria, Ocado Ltd. OCADO United Kingdom, Disney Research DISNEY Switzerland.
Il test antifrode per l'olio vola negli Stati Uniti
Il nuovo metodo per l'analisi dell'olio extravergine di oliva messo a punto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Università di Pisa è stato inserito fra le innovazioni del settore della Società Americana dei Chimici dell'Olio (AOCS) e così Valentina Domenici, ricercatrice dell'Ateneo pisano e coordinatrice dello studio, dal 3 al 6 maggio sarà al Congresso di Orlando dell'AOCS per illustrare tutti gli aspetti della ricerca.
"La metodologia che abbiamo ideato – spiega Valentina Domenici – è molto veloce e poco costosa rispetto alle pratiche analitiche esistenti tanto che, in prospettiva, potrebbe essere usata direttamente nei punti vendita. L'olio viene inserito in una celletta di quarzo, si registra uno spettro di assorbimento UV-visibile e con il nostro metodo otteniamo in modo immediato le quantità dei suoi quattro pigmenti principali (luteina, feofitina-a, feofitina-b e β-carotene). Queste informazioni servono a valutare con precisione la qualità dell'olio e vedere, ad esempio, se ha subito trattamenti termici. Stiamo inoltre ottimizzando la procedura per verificare la sua efficacia nell'individuazione di alcune frodi, come la miscelazione di oli extravergine di oliva e di oli di semi."
Ma l'interesse per lo studio non è solo americano. Il 18 febbraio scorso, una rappresentanza del gruppo di ricerca è stata infatti convocata dalla Commissione Agricoltura del Senato per avere informazioni dettagliate sulla nuova metodologia, nell'ambito del contrasto alle contraffazioni all'olio d'oliva extravergine. Oltre a Valentina Domenici, stanno contribuendo alla ricerca Mario Cifelli, Cristina Lazzerini, Carlo Alberto Veracini e Maurizio Zandomeneghi del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Ateneo pisano (nella foto, i ricercatori dell'Università di Pisa all'uscita della Commissione Agricoltura del Senato, da sinistra a destra, Maurizio Zandomeneghi, Mario Cifelli, Valentina Domenici).
Ne hanno parlato:
Nazione.it
GreenReport.it
StampToscana.it
AgenziaImpress.it
TeatroNaturale.it
Imbottigliamento.it
PisaInformaFlash.it
ControCampus.it
PianetaUniversitario.it
Il metodo antifrode per l'olio extravergine di oliva vola negli Stati Uniti
Il nuovo metodo per l'analisi dell'olio extravergine di oliva messo a punto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Università di Pisa è stato inserito fra le innovazioni del settore della Società Americana dei Chimici dell'Olio (AOCS) e così Valentina Domenici, ricercatrice dell'Ateneo pisano e coordinatrice dello studio, dal 3 al 6 maggio sarà al Congresso di Orlando dell'AOCS per illustrare tutti gli aspetti della ricerca.
"La metodologia che abbiamo ideato – spiega Valentina Domenici – è molto veloce e poco costosa rispetto alle pratiche analitiche esistenti tanto che, in prospettiva, potrebbe essere usata direttamente nei punti vendita. L'olio viene inserito in una celletta di quarzo, si registra uno spettro di assorbimento UV-visibile e con il nostro metodo otteniamo in modo immediato le quantità dei suoi quattro pigmenti principali (luteina, feofitina-a, feofitina-b e β-carotene). Queste informazioni servono a valutare con precisione la qualità dell'olio e vedere, ad esempio, se ha subito trattamenti termici. Stiamo inoltre ottimizzando la procedura per verificare la sua efficacia nell'individuazione di alcune frodi, come la miscelazione di oli extravergine di oliva e di oli di semi."
Ma l'interesse per lo studio non è solo americano. Il 18 febbraio scorso, una rappresentanza del gruppo di ricerca è stata infatti convocata dalla Commissione Agricoltura del Senato per avere informazioni dettagliate sulla nuova metodologia, nell'ambito del contrasto alle contraffazioni all'olio d'oliva extravergine. Oltre a Valentina Domenici, stanno contribuendo alla ricerca Mario Cifelli, Cristina Lazzerini, Carlo Alberto Veracini e Maurizio Zandomeneghi del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Ateneo pisano.
Più la lattuga è rossa e più velocemente contrasta i radicali liberi
Più la lattuga è rossa e più è veloce il suo effetto antiossidante e di reazione nei confronti dei radicali liberi, gli agenti responsabili dell'invecchiamento e del danno cellulare che determina l'insorgere di numerose malattie. Questo è quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa (foto da sinistra Mike Frank Quartacci, Cristina Sgherri e Annamaria Ranieri) svolto in collaborazione con il Dipartimento di Biologia Vegetale e Ecologia dell'Università dei Paesi Baschi e il laboratorio di Spettroscopia EPR-ENDOR NMR del CNR di Pisa. I risultati di questa ricerca, cominciata nel 2011, sono stati recentemente pubblicati sulla rivista "Journal of Agricultural and Food Chemistry" in un articolo dal titolo "Phenolic composition and related antioxidant properties in differently coloured lettuces: a study by Electron Paramagnetic Resonance (EPR) kinetics".
"La lattuga è ricca di composti che presentano 'attività antiradicalica' come i fenoli, tra i quali le antocianine, e vitamine come la A e la C - ha spiegato la professoressa Annamaria Ranieri dell'Ateneo pisano che ha coordinato la ricerca - tuttavia, come abbiamo dimostrato più la pigmentazione è rossa e più aumenta la presenza di antiossidanti caratterizzati da un'alta velocità di reazione nei confronti dei radicali liberi, con il risultato che l'attività antiossidante totale risulta maggiore nella lattuga a foglia rossa rispetto a quella verde-rossa e verde".
Lo studio ha analizzato tre varietà differenti di lattuga - la "Batavia", dal colore verde, la "Marvel of Four Seasons", verde-rossa, e la rossa "Oak Leaf" - attraverso tecniche di Electron Spin Resonance (EPR) e per la prima volta ha dimostrato la relazione fra il comportamento cinetico degli estratti di lattuga, differentemente pigmentata, e la relativa composizione in metaboliti antiossidanti.
"Ma attenzione – ha concluso Annamaria Ranieri - la diversa velocità nell'azione di contrasto dei radicali liberi non significa che alcuni antiossidanti siano preferibili ad altri e infatti, a seconda della loro solubilità nella matrice organica e alla diversa capacità detossificante, gli antiossidanti veloci, come le cianidine, sono capaci di reagire rapidamente con i radicali proteggendo le cellule dall'ossidazione, mentre quelli ad azione lenta, come i carotenoidi, possono avere un'azione più prolungata nel tempo a livello del nostro organismo".
Ne hanno parlato:
Ansa.it
RepubblicaFirenze.it
YahooNotizie.com
AdnKronos.it
Focus.it
Panorama.it
Messaggero.it
Piùsanipiùbelli.it
IlTempo.it
Tirreno.it
InToscana.it
AgroNotizie.it
AgricolturaNews.it
GreenReport.it
PisaInformaFlash.it
Il colore della lattuga determina la rapidità del suo effetto antiossidante: più la lattuga è rossa e più velocemente contrasta i radicali liberi
Più la lattuga è rossa e più è veloce il suo effetto antiossidante e di reazione nei confronti dei radicali liberi, gli agenti responsabili dell'invecchiamento e del danno cellulare che determina l'insorgere di numerose malattie. Questo è quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa svolto in collaborazione con il Dipartimento di Biologia Vegetale e Ecologia dell'Università dei Paesi Baschi e il laboratorio di Spettroscopia EPR-ENDOR NMR del CNR di Pisa. I risultati di questa ricerca, cominciata nel 2011, sono stati recentemente pubblicati sulla rivista "Journal of Agricultural and Food Chemistry" in un articolo dal titolo "Phenolic composition and related antioxidant properties in differently coloured lettuces: a study by Electron Paramagnetic Resonance (EPR) kinetics".
"La lattuga è ricca di composti che presentano 'attività antiradicalica' come i fenoli, tra i quali le antocianine, e vitamine come la A e la C - ha spiegato la professoressa Annamaria Ranieri dell'Ateneo pisano che ha coordinato la ricerca - tuttavia, come abbiamo dimostrato più la pigmentazione è rossa e più aumenta la presenza di antiossidanti caratterizzati da un'alta velocità di reazione nei confronti dei radicali liberi, con il risultato che l'attività antiossidante totale risulta maggiore nella lattuga a foglia rossa rispetto a quella verde-rossa e verde".
Lo studio ha analizzato tre varietà differenti di lattuga - la "Batavia", dal colore verde, la "Marvel of Four Seasons", verde-rossa, e la rossa "Oak Leaf" - attraverso tecniche di Electron Spin Resonance (EPR) e per la prima volta ha dimostrato la relazione fra il comportamento cinetico degli estratti di lattuga, differentemente pigmentata, e la relativa composizione in metaboliti antiossidanti.
"Ma attenzione – ha concluso Annamaria Ranieri - la diversa velocità nell'azione di contrasto dei radicali liberi non significa che alcuni antiossidanti siano preferibili ad altri e infatti, a seconda della loro solubilità nella matrice organica e alla diversa capacità detossificante, gli antiossidanti veloci, come le cianidine, sono capaci di reagire rapidamente con i radicali proteggendo le cellule dall'ossidazione, mentre quelli ad azione lenta, come i carotenoidi, possono avere un'azione più prolungata nel tempo a livello del nostro organismo".
L'Ordine del Cherubino a dieci docenti dell'Ateneo
Si è svolta venerdì 24 aprile, dalle ore 11 nell'Aula Magna del Polo Fibonacci, la cerimonia di conferimento dell'Ordine del Cherubino e di nomina dei Professori Emeriti. L'incontro è stato aperto dalla proiezione del nuovo video di presentazione dell'Ateneo, cui è seguito il saluto del rettore Massimo Augello, in cui, come da tradizione, è stata sviluppata una sintetica riflessione sullo stato dell'Università di Pisa e del sistema universitario italiano.
La cerimonia è proseguita con il saluto ai quattro nuovi Professori Emeriti e il conferimento dell'Ordine del Cherubino a dieci illustri docenti dell'Ateneo.
L'Ordine del Cherubino, unica onorificenza concessa dall'Università di Pisa, è assegnato ai docenti che hanno contribuito ad accrescere il prestigio dell'Ateneo per i loro particolari meriti scientifici e culturali o per il loro contributo alla vita e al funzionamento dell'Ateneo.
Quest'anno i professori insigniti dell'Ordine del Cherubino sono, in ordine di anzianità di chiamata, Francesco Pegoraro, del dipartimento di Fisica; Pierpaolo Degano, del dipartimento di Informatica; Mirko Tavoni, del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica; Romano Giglioli, del dipartimento di Ingegneria dell'Energia, dei Sistemi, del Territorio e delleCostruzioni; Giacomo Lorenzini, del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali; Giuseppe Petralia, del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere; Giancarlo Galli, del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale; Marco Enrico Luigi Guidi, del dipartimento di Economia e Management; Gino Fornaciari, del dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia; Sandra Vitolo, del dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale.
La nomina a Professore Emerito mira a dare rilievo pubblico a questa figura, caratterizzata innanzitutto per aver svolto in modo esemplare i propri compiti istituzionali, e subito dopo, per la riconosciuta eccellenza del curriculum scientifico, la rilevante responsabilità e il prestigio internazionale dei ruoli ricoperti. I docenti che sono stati nominati Professore Emerito sono Umberto Breccia, Paolo Corsini, Marcello Giorgi e Cesare Letta.